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Che vallan quella terra sconsolata : vallan [cost?]

Commedia dell’Angelica

77 Che vallan quella terra sconsolata : vallan [cost?]

78 Le mura mi parea, che ferro fosse . 84 Dicean: chi è costui, che senza morte 85 Va per lo regno de la morta gente ? 91 Solo sen torni per la folle strada : 94 Pensa Lettor, s'i mi disconfortai 95 Nel suon de le parole maladette : 96 Che non credetti ritornarci mai .

credetti

111 Che'l sì, e'l no nel capo mi tentiona . 113 Ma ei non stette là con essi guari , 114 Che ciascun dentro a pruova si ricorse . 118 Gliocchi a la terra, & le ciglia havea rase 119 D'ogni baldanza; & dicea n'e sospiri , 122 Non sbigottir:ch'i vincerò la pruova ; 124 Questa lor tracotanza non è nova : 127 Sovr'essa vedestù la scritta morta :

77 Celani attribuisce la postilla al v. 78. - 78 Celani La mura. - 95 Celani maledette. - 124 Celani nuova.

NOTE

10 Tasso sottolinea e riporta in margine l’aggettivo, che è da intendersi nel senso di sudice poiché sono acque nere e melmose.

17 Da un confronto con la postilla tassiana posta al medesimo verso della Commedia Sessa, in cui Tasso commenta «(per) semplice t», si deduce che il poeta è interessato dalla consonante scempia della parola.

23 Il poeta sottolinea e annota in margine questa forma verbale che sta per rammarica.

37-40 Una linea verticale al margine sinistro riunisce i vv. 37-40. 41-42 La postilla è posta sul margine destro dei vv. 41-42 e allude

con ogni probabilità a tutto il passo segnato dalla linea verticale. La riflessione tassiana sulla mancata compassione di Dante nei confronti degli iracondi trova più ampio respiro nell’analoga postilla alla Commedia Sessa, in cui il poeta annota: «Arist(otele) se mi ricordo stima maggiore il vitio della concupiscibile che dell’irascibile. Perché niega la compassione all’iracondo che non negò al goloso et al libidinoso, e che non negherà ai peccati più gravi forse non ciò in universale à gli iracondi ma in particolare per qualche pas[sione?]». Cfr. IV 20; V 141; VI 58-59; VIII 37-42; XIII 84; XVI 52-57.

77 La postilla è seguita da una parola di difficile comprensione, da riferire forse al verso successivo.

Canto IX

19 Questa question fec'io : & quei; di rado 20 Incontra ; mi rispose, che di nui

25 Di poco era di me la carne nuda : la carne nuda dell'anima

31 Questa palude, che'l gran puzzo spira , 32 Cinge d'intorno la città dolente ; 36 Ver l'alta torre a la cima rovente ; 37-42 Ove in un punto furon dritte ratto

Tre furie infernal di sangue tinte ; Che membra feminili haveano, & atto ; Et con hidre verdissime eran cinte : Serpentelli, ceraste havean per crine ; Onde le fiere tempie eran’avinte . N.

45 Guarda, mi disse, le feroci Erine .

Erines

48 Thesiphon'è nel mezzo: & tacque a tanto . 54 Mal non vengiammo in Theseo l'assalto .

58 Cosi disse'l maestro, & egli stessi

egli stessi

45 Celani Erine, . - 58 Celani non registra la sottolineatura del Tasso alla propria postilla.

60 Che con le sue ancor non mi chiudessi . 61 O voi,c'havete gl'intelletti sani ,

62 Mirate la dottrina; che s'asconde

63 Sotto'l velame de gli versi strani .

<fictio?> Allegoria manifestata

75 Per indi,ove quel fumo è più acerbo .

p(er) indi

78 Fin ch'a la terra ciascuna s'abbica ; abbica

87 Ch'ì stessi fermo, & inchinassi ad esso .

co 'l terzo caso senza il mi

91 O cacciati del ciel, gente dispetta ; 92 Cominciò egli in su l'horribil soglia ; 97 Che giova ne le fata dar di cozzo ? 101 Et non fe motto a noi: ma fe sembiante

115 Fanno i sepolchri tutto'l loco varo ;

127 Et egli a me; qui son gli heresiarche

Heresiarche Bembo.

63 Celani Sotto'l velame de gli versi strani e non registra la cancellatura tassiana. - 75 Celani scioglie l’abbreviazione senza darne avviso. - 87 Celani co 'l terzo caso e senza il mi. - 91 Celani O cacciati dal ciel. - 115 Celani non registra la sottolineatura tassiana. - 127 Celani qui son gli Heresiarche e, nella postilla relativa, Heresiarche, Bembo.

133 Passammo tra' martiri , & glialti spaldi. spaldi

NOTE

25 Tasso commenta in margine il verso, interpretando di me con dell’anima. Nella Commedia Sessa leggiamo nel medesimo luogo la seguente postilla tassiana, che pare esprimere un dubbio: «se la carne è vesta dell’anima, come diremo, la carne esser nuda dell’anima».

37-42 Un segno verticale al margine sinistro riunisce i vv. 37-42; sul margine corrispondente è apposta di mano del Tasso una lettera N puntata, che potrebbe corrispondere a Nota, come a I 7 (in quel caso esplicitata), XII 73, XXIII 22. A sostegno di questa tesi si citano lo studio di L. Chines relativo al postillato tassiano di Plutarco (p. 239), quello di E. Ardissino sul postillato di Tasso all’Epitome di Sant’Agostino (p. 303) e l’edizione delle postille tassiane a Piccolomini a cura di di S. Miano (p. 260) che pongono attenzione sui frequenti segni di N.ta o N. posti in margine dal poeta e interpretati appunto con Nota: queste abbreviazioni rappresenterebbero per Tasso un mezzo per richiamare la propria attenzione.

45 Le Erinni, nome greco delle Furie, sono chiamate da Dante Erine sulla traccia del latino medievale Erines (Chiavacci Leonardi).

58 Tasso nota probabilmente che l’aggettivo stessi è usato al singolare, forma arcaica che ritroviamo anche in Paradiso V 52. Nel postillato alla Commedia Sessa entrambi i luoghi sono sottolineati.

61-63 Una linea verticale al margine sinistro raggruppa i vv. 61- 63. La chiosa è apposta sul margine inferiore della pagina, dove è presente un appunto del poeta poi cancellato. La postilla del Tasso precisa che Dante, dichiarando apertamente che al di sotto dei versi si nasconde un significato morale, esplicita l’allegoria. Nel postillato alla Commedia Sessa si legge al medesimo luogo «Nissun poeta ch’io mai visto fuor che Dante fa professione de l’allegoria anzi sempre la dissimulano». Solamente in un altro passo Dante farà di nuovo esplicito riferimento al significato allegorico di un episodio, cioè in Purgatorio VIII vv. 19-21: «Aguzza qui lettor ben gli occhi al vero / che 'l velo è hora ben tanto sottile / certo, che 'l trapassar dentro è leggero».

Anche questo luogo non passa inosservato al nostro Torquato, che nel postillato alla Commedia Sessa commenta «fa me(n)zione de l’Allegoria».

75 La preposizione per, qui sciolta, è realizzata dal Tasso con la ‘p’ ad asta tagliata. Il poeta sottolinea e riscrive anche l’avverbio di luogo che ha il senso di verso quella parte. 78 La forma verbale s’abbica significa fa di sé una bica. Tasso

nel postillato Sessa commenta lo stesso passo con le parole «bica cumulo di grano», traendole dall’esegesi del Landino. 87 Il passo è commentato anche nel postillato alla Commedia

Sessa «inchinare qua(n)do è senza la particella, ricerca il quarto caso nondimeno qui gli da il terzo».

127 Il plurale in -e dei nomi maschili in -a di derivazione latina è propria dell’uso arcaico e Tasso ricorda che Bembo è contrario a questa desinenza. Cfr. Bembo, Prose della volgar lingua, Libro III, iii: «Ma tuttavolta, in qualunque delle vocali cada il numero del meno nelle voci del maschio, quello del più sempre in I cade». Nel postillato alla Commedia Sessa si legge al medesimo verso: «ancora che il Bembo nieghi che alcun nome masculino nel plurale termini in e». Cfr XIX 113.

133 Gli spaldi erano «i ballatoi che correvano in cima alle mura; qui per sineddoche indicano genericamente le mura» (Chiavacci Leonardi).

Canto X

6 Parlami, & sodisfammi a miei desiri : idiotismo

15 Che l'anima col corpo morta fanno. fanno

36 Com' havesse l'onferno in gran dispitto : 62 Colui, ch'attende là, per qui mi mena ,

per qui

69 Non fiere gliocchi suoi il dolce lome ?

72-76 Supin ricadde: & piu non parve fora.

Ma quell'altro magnanimo; a cui posta Restato m’era; non mutò aspetto ,

Ne mosse collo, ne piegò sua costa : Et se, continuando al primo detto , im.

82 Et se tu mai nel dolce mondo regge ;

86-88 Che fece l'Arbia colorata in rosso ; Tal oration fa far nel nostro tempio .

Poi c'hebbe sospirando'l capo mosso ; mosso

6 Celani Idiotismo. - 72 Celani imit. - 82 Celani non registra la sottolineatura tassiana.

89-90 A cio non fu’io sol, disse; ne certo

Sanza cagion sarei con glialtri mosso : mosso

100-103 Noi veggiam; come quei, c'ha mala luce, Le cose, disse, che ne son lontano ; lontano avver(bio)

Cotanto anchor ne splende'l sommo duce : Quando s’appressan, o son; tutto è vano

113 Fat'ei saper, che'l fei, perch'io pensava

NOTE

6 Tasso riconosce nella locuzione il costrutto latino del doppio dativo; il verbo soddisfare è costruito normalmente in Dante in questo modo, secondo l’uso latino (Chiavacci Leonardi; Sapegno).

15 Il poeta sottolinea e riscrive sul margine destro la forma verbale fanno che ha il significato di ritengono. Nel postillato alla Commedia Sessa lo stesso passo è oggetto di attenzione da parte del Tasso che commenta: «Dice fanno quasi fingano perche questa opinione in se stessa non è vera et è fattura della imaginatione loro simile termine attribuisce Arist(otele) à Platone cio è che faccia l’Idee». Si osservi che i riferimenti alle dottrine aristotelica e platonica sono contenuti nelle note a stampa dell’edizione Sessa, sebbene non siano stati sottolineati dal poeta.

62 L’espressione latineggiante per qui, da intendersi come attraverso questo luogo, è sottolineata e replicata dal poeta a fianco del verso. Tasso, con una sottolineatura orizzontale sul margine destro della pagina, mette in rilievo la sua annotazione.

72-76 Una linea verticale al margine destro riunisce i vv. 72-76 e l’annotazione im (che, come imit, sta per imitazione) è posta accanto. L’edizione Celani riporta il raggruppamento di versi, ma reca la postilla imit in luogo di im. Cfr. XIV 22 per la sottolineatura di supin.

86-90 Un segno verticale al margine sinistro riunisce i vv. 86-90. Tasso, con una sottolineatura orizzontale sul margine sinistro della pagina, mette in rilievo la sua annotazione. Il poeta nota probabilmente la rima equivoca dei vv. 88 e 90. 100-103 Una linea verticale al margine sinistro raggruppa i vv. 100-

103 e l’annotazione è posta accanto. Tasso nota l’utilizzo dell’avverbio lontano in luogo dell’aggettivo lontane.

Canto XI

11 Sì, che s'ausi un poco prima il senso

22-26 D'ogni malitia, ch'odio in cielo acquista ,

Ingiuria è il fine; & ogni fin cotale

O con forza, o con frode altrui contrista. Ma perche frode è de l'huom proprio male ; Piu spiace a Dio: & però stan di sutto

27-33 Li fraudolenti; & piu dolor gli assale. D’e violenti il primo cerchio è tutto : Ma perche si fa forza a tre persone ; In tre gironi è distinto & costrutto. A Dio, a se, al prossimo si pone Far forza; dico in loro, & in lor cose ; Com’udirai con aperta ragione .

37-44 Onde homicide, & ciascun, che mal fiere ;

Guastatori, e predon, tutti tormenta Lo giron primo per diverse schiere. Puote huomo haver in se man violenta , Et n’e suoi beni: & però nel secondo Giron convien, che sanza pro si penta , Qualunque priva se del vostro mondo ; Biscazza, & fonde la sua facultate ; 45-67 Et piange là, dov'esser dee giocondo .

Puossi far forza ne la Deitade,

Col cor negando & bestemmiando quella, Et spregiando natura & sua bontate :

22 Celani registra erroneamente il raggruppamento tassiano a partire dal v. 26 anziché dal v. 22 . - 37 Celani registra erroneamente il raggruppamento tassiano a partire dal v. 40 anziché dal v. 37 .

Et però lo minor giron suggella Del segno suo & Sodoma, & Caorsa , Et chi spregiando Dio col cor favella . La frode, ond'ogni conscienza è morsa , Puo l'huomo usare in colui, che'n lui fida ; Et in quei, che fidanza non imborsa . Questo modo di retro, par, ch'uccida Pur lo vincol d'amor, che fa natura : Onde nel cerchio secondo s'annida Ipocrisia, lusinghe, & chi affattura ; Falsità; ladroneccio, & simonia ; Roffian, baratti, & simile lordura . Per l'altro modo quel amor s'oblia , Che fa natura; & quel, ch'è poi aggiunto , Di che la fede special si cria :

Onde nel cerchio minore; ov' è'l punto De l'universo, in su che Dite siede ; Qualunque trade, in eterno è consunto . E io; Maestro assai chiaro procede

82-83 Incontinentia, malitia, & la matta

Bestialitate; & come incontinenza

distingue Dante l'incontinenza dalla malitia secondo la materia non secondo l'habito

84-93 Men Dio offende, & men biasimo accatta ? Se tu riguardi ben questa sentenza ,

Et rechiti a la mente, chi son quelli , Che su di fuor sostegnon penitenza ;

Tu vedrai ben, perche da questi felli Sien dipartiti; & perche men crucciata

67 Celani registra erroneamente il raggruppamento tassiano fino al v. 66. - 82 Celani distingue Dante l'incontinenza dalla malitia sia secondo la materia non secondo l'abito.

La divina giustizia gli martelli . O sol, che sani ogni vista turbata , Tu mi contenti sì, quando tu solvi ;

Che non men,che saver, dubbiar m'aggrata.

100-112 Dal divino'ntelletto, e da su arte :

Et se tu ben la tua Fisica note; Tu troverai non dopo molte carte , Che l'arte vostra quella, quanto pote , Segue; come'l maestro fa il discente ; Si che vostr'arte a Dio quasi è nipote . Da questi due; se tu ti rechi a mente Lo Genesi dal principio; convene Prender sua vita, & avanzar la gente . Et perche l'usuriere altra via tene ; Per se natura, & per la sua seguace Dispregia; poi ch'in altro pon la spene .

Ma seguimi horamai; che'l gir mi piace ; hora mai

113-115 Ch’e Pesci guizzan su per l'orizzonta ; E'l carro tutto sovra'l coro giace , E’ l balzo via là oltre si dismonta .

NOTE

22-33 Una linea verticale al margine sinistro riunisce i vv. 22-33. Nel postillato alla Commedia Sessa Tasso commenta il v. 26, che qui è oggetto di una semplice sottolineatura: «e però stan di sotto lo star di sotto è argomento di maggior colpa». Il poeta nota dunque che i fraudolenti, stando nel cerchio più basso, sono più duramente puniti.

37-67 Un segno verticale al margine sinistro raggruppa i vv. 37-67. Al v. 44 Tasso sottolinea la forma verbale biscazza, che significa gioca in bisca, d’azzardo. Nel postillato alla Commedia Sessa, il termine è commentato con «parola ripresa dal Bembo ne le prose». Cfr. Bembo, Op. Cit., II v: «Il qual poeta [Dante n.d.c.] non solamente se taciuto avesse quello che dire acconciamente non si potea, meglio avrebbe fatto e in questo e in molti altri luoghi delle composizioni sue, ma ancora se egli avesse voluto pigliar fatica di dire con più vaghe e più onorate voci quello che dire si sarebbe potuto, chi pensato v'avesse, et egli detto ha con rozze e disonorate, sì sarebbe egli di molto maggior loda e grido, che egli non è; come che egli nondimeno sia di molto. Che quando e' disse: Biscazza, e fonde la sua facultate, Consuma o Disperde avrebbe detto, non Biscazza, voce del tutto dura e spiacevole; oltra che ella non è voce usata, e forse ancora non mai tocca dagli scrittori». 82-93 Una linea verticale riunisce i vv. 82-83 sul margine destro e

prosegue nella pagina successiva dal v. 84 al v. 93 sul margine sinistro. La postilla tassiana è scritta a fondo pagina, al di sotto dei versi a cui si riferisce. Tasso coglie la distinzione dantesca tra coloro che peccarono di incontinenza e quelli che peccarono di malizia: sebbene le anime siano accomunate dallo stesso abito, ossia il peccato, ciò che cambia è la natura della colpa, cioè la materia. Gli incontinenti infatti sono stati travolti in vita da una passione che non seppero contenere e il loro peccato, proprio perché originato dalla passione, è pertanto meno grave di quello di malizia, che coinvolge invece la deliberazione dell’intelletto ed è dunque un peccato di ragione.

100-115 Un segno verticale al margine sinistro riunisce i vv. 100-115. La chiosa è posta alla sinistra del v. 112.

Canto XII

25 Vid'io lo Minotauro far cotale :

far cotale

46 Ma ficca gliocchi a valle: che s'approccia approccia

63 Ditel costinci; se non, l'arco tiro . costinci

65 Farem noi a Chiron costà di presso : di presso

73-82 Dintorno al fosso vanno a mille a mille

Saettando; qual anima si svelle

Del sangue piu, che sua colpa sortille . Noi ci appressammo a quelle fiere snelle : Chiron prese uno strale; & con la cocca Fece la barba indietro a le mascelle . Quando s'hebbe scoperta la gran bocca , Disse a compagni: siete voi accorti , Che quel di rietro muove, cio ch'e tocca? Cosi non soglion far e pie d'e morti . N.

84 Ove le due nature son consorti ;

25 Celani non registra la sottolineatura del Tasso alla propria postilla. - 65 Celani dipresso. - 73 Celani non registra la postilla tassiana.

93 Dann'un d’e tuoi, a cu'noi siamo a * provo;

122 Tenean la testa, & ancor tutto'l casso :

casso

NOTE

25 Tasso sottolinea e riscrive in margine l’espressione far cotale che può avere il senso di fare lo stesso, attribuendo dunque al pronome neutro la funzione di avverbio, oppure diventare tale, conferendo al verbo fare il valore del latino fieri.

46 Tasso, con una sottolineatura orizzontale sul margine destro della pagina, mette in rilievo la sua annotazione. Per l’etimologia della forma verbale approccia si legga il commento di Sapegno: «voce rara in Dante, e sempre in rima (Inf. XXIII 48, Purg. XX 9); ma si legge in altri testi italiani antichi, per es. nelle laude di Cortona: “Signor, faite penitenzia, Ché s’approccia 'l grand’errore”». La Chiavacci Leonardi commenta invece: «verbo di uso letterario, derivato dal francese approcher (lat. med. adpropiare). Si trova usato in antico sia nella forma riflessiva (come qui e in Purg. XX 9) sia in quella assoluta (come in XXIII 48)». Cfr. più avanti, a XXIII 48.

63 Il poeta sottolinea e annota in margine l’avverbio costinci, che significa di costì, dal luogo dove voi siete.

65 Tasso sottolinea l’espressione di presso, che ha il senso di presso di lui. «Riprende e ribatte con la stessa fermezza il costinci del centauro» (Sapegno).

73-82 Una linea verticale al margine sinistro riunisce i vv. 73-82 e di lato vi è scritta la lettera N. Si veda la nota a IX 37. Cfr. I 7, IX 37, XXIII 22. Tav. 9.

93 L’espressione a provo è segnalata nell’edizione Giolito con un asterisco, poi ripreso dal commentatore in margine nelle note a stampa per spiegare lo stilema con cari («a provo: cioè cari»). Tasso, dopo aver sottolineato l’espressione dantesca che è oggetto di suo interesse, segnala il fatto con un segno di richiamo, simile a un +, sul margine destro del v. 93. In realtà il costrutto deriva dal latino ad prope e significa stare vicino, appresso (Sapegno; Chiavacci Leonardi).

122 Tasso sottolinea e riscrive in margine il termine casso, cioè busto. «Più esattamente indica la parte del corpo umano compresa tra le costole» (Chiavacci Leonardi). Cfr. XX 12.

Canto XIII

25 I' credo, ch'ei credette, ch'io credesse,

prima (per)sona.