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Con l’intento di annotare e fare ordine tra i libri postillati «da mani dotte e illustri, de’ quali vedeva essere nella Barberiniana grande e inestimabil copia»104, l’erudito bibliotecario Luigi Maria Rezzi, negli

anni Venti dell’Ottocento, rinvenne quella Commedia105 interamente

postillata dal Tasso, a cui facevano riferimento il Falconieri e gli altri studiosi sei-settecenteschi106. L’esemplare, stampato a Venezia nel

1564 presso Domenico Niccolino per i fratelli Marchiò Sessa e curato da Francesco Sansovino, presenta i commenti del Landino e del Vellutello, riuniti qui per la prima volta.

Dopo la straordinaria scoperta, Rezzi decise di donare la trascrizione delle postille a Giovanni Rosini, che in quegli anni stava curando l’opera omnia del Tasso:

Io sono d’avviso, Ch. Professore, non poter uomo, se non a torto, disdire, che voi avete assai bene meritato della gloria di Torquato Tasso. Imperocchè voi non solo, in vaga e comoda forma tutte le opere di lui ristampando, vi siete argomentato di allettare gli studiosi alla lettura di quelle […]; ma togliendo alcune all’oblio, sovvenendo ai difetti di altre, nettando parecchie da brutte macchie d’errore, schiarendo le oscure, e mostrando e predicando i pregi di ciascuna, avete con amorosissima cura procacciato di recarle a maggiore beltà, e quasi a vita novella. […] Per questo, capitatemi alle mani le postille fatte da lui alla Divina Commedia di Dante Alighieri, m’andò subito il pensiero a voi; e considerando che farei secondo la mente di Torquato […] deliberai meco medesimo ch’elle aveano ad esser vostre.107

104 L. M. Rezzi, A Giovanni Rosini Professore di eloquenza nella Università di Pisa,

in La Divina Commedia postillata da Torquato Tasso, Pisa, Capurro, 1830, p. 6.

105 Dante con l’espositione di Christoforo Landino, et di Alessandro Vellutello,

sopra la sua Comedia dell’Inferno, del Purgatorio, e del Paradiso, Venezia, Sessa, 1564.

106 Si vedano le pagine precedenti, relative alla storia del postillato dell’Angelica. 107 L. M. Rezzi, Op. Cit., pp. 1-2. Circa il prestigio di cui godeva il progetto della

raccolta delle opere tassiane curata dal Rosini, si legga l’introduzione di G. Maiocchi in Postille di Torquato Tasso sopra i primi XXIV canti della Divina Commedia di Dante Alighieri ora per la prima volta date alle stampe con alcune annotazioni a maggiore intelligenza delle medesime, Bologna, R. Masi, 1829, p. VII: «Era ben giusto che fortuna arridesse al valentuomo, che pone ogni cura onde metterci a parte di una più abbondante raccolta degli scritti dell’immortale Torquato».

Nel rimettere le postille del Tasso nelle mani di Rosini, lasciando dunque a lui «la gloria del pubblicarle»108, Rezzi ebbe premura di

specificare, nella lettera di accompagnamento, che le annotazioni tassiane consistevano per lo più in accenni, abbozzati con rapida penna, di sensazioni e pensieri che si andavano destando in Tasso alla lettura della Commedia e che le chiose di carattere esplicativo erano state per lo più ricavate dai commenti del Landino e del Vellutello più che dalla mente stessa del poeta.

Sebbene però il Rosini avesse accettato di buon grado l’alto e prestigioso compito di editare le postille tassiane alla Commedia, che pubblicò sia nel commento a un’edizione dell’opera dantesca da lui curata sia nel vol. XXX dell’opera omnia tassiana109, non mancarono

da parte dei suoi contemporanei severi giudizi sul suo operato. Si legga ad esempio il commento di Cesare Guasti, curatore della terza edizione della biografia tassiana composta dal Serassi, all’interno della sezione Catalogo de’ manoscritti, dell’edizioni e delle traduzioni in diverse lingue delle opere di Torquato Tasso:

Riuscì questa edizione, che d’altronde è la più completa, molto inferiore alla espettativa. Le critiche che ne fecero uomini valentissimi, mostrano come sia ancora da farsi una stampa degna delle Opere di Torquato.110

Ancora si veda la dura critica di Stefano Grosso che, mettendo in luce le carenze e i limiti di quel lavoro, auspica una nuova edizione di queste postille che «sia accompagnata al testo medesimo che il Tasso ebbe in uso, e sopra tutto sia adorna di quelle belle e savie considerazioni, illustrazioni, rettificazioni, che solo un uomo erudito, meditativo, sagace e giudizioso può e dee fare»111:

108 L. M. Rezzi, Op. Cit., p. 2. 109 Note 87 e 88 p. 29.

110 P. Serassi, La vita di Torquato Tasso, terza edizione curata e postillata da Cesare

Guasti, Firenze, Barbera, Bianchi e Comp., 1858 (1ª ed. 1785), p. 492.

111 S. Grosso, Degli studi di Giuseppe Iacopo Ferrazzi su Torquato Tasso e delle

postille di Torquato Tasso alla Comedia di Dante: lettere due, Bologna, Gaetano Romagnoli editore, 1881, pp. 32-33.

La lettera bellissima con che il professore romano [il Rezzi n.d.c.] narrò il suo ritrovamento e accompagnò il dono; le poche e brevissime, ma esatte e opportune annotazioni che aggiunse a quelle postille; ne fanno più vivamente dolere che non abbia voluto egli stesso porsi ad un’opera che avrebbe compiuta con lode. La quale il prescelto editore, ad onta, dirò così, delle savie avvertenze del dottissimo amico, non seppe meritare.

Il Tasso segnò le sue postille ne’ margini di tre edizioni veneziane de’ suoi tempi; cioè dell’edizione del Giolito, di quella del Sessa, di quella di Pietro da Fino. Il Rosini, non volendo (e in ciò fece bene) stamparle disgiuntamente dal testo della Commedia, perché lasciò in disparte il testo delle edizioni usate dal Tasso? Perché seguì invece il testo citato dagli academici della Crusca? O forseché il testo raffazzonato da’ Cruscanti è il quinto Evangelio? […] Un altro gravissimo difetto ha l’edizione delle postille di Torquato; difetto gravissimo, io ripeto, che le toglie gran parte dell’importanza. Già ho detto che il Rezzi accompagnò il suo dono con una mano di annotazioni esatte ed opportune, ma brevissime e poche. Egli stesso, uomo che era di acuto ingegno, ne avvertì il Rosini, esortandolo con gentili parole a compier l’opera. […] Ma al Rosini non piacque molto: e a giudicarne dalle magrissime noterelluccie (una serqua o poco più) sparse a molte miglia di distanza l’una dall’altra, e percettibili a mala pena col microscopio; non saprei se debba dirsi danno o fortuna degli studi danteschi che il professore pisano non sia andato nel suo lavoro troppo oltre al correggere delle bozze.112

I problemi filologici relativi alle glosse del Dante Sessa, sulla cui autenticità, come per le postille alla Commedia dell’Angelica, non si nutrono dubbi, convergono su un’indagine intorno alla datazione di tali annotazioni tassiane.

Negli anni Cinquanta dell’Ottocento Filippo Scolari non ebbe dubbi nell’attribuire la stesura di queste postille agli anni giovanili del Tasso, dichiarando inoltre che dovevano ritenersi successive a quelle presenti nella Commedia giolitina dell’Angelica:

il Dante poi del Sessa fu stampato in Venezia nel 1564; e poiché documenta il Serassi, che dal 1560 al 1564 Torquato passò la vita tra lo studio di Padova e quel di Bologna, da dove partivasi nell’anno dell’edizione del Sessa; è conseguente, che,

112 S. Grosso, Op. Cit., pp. 17-23. Sulla scia delle affermazioni di Grosso si legga

anche De’ Claricini Dornpacher, Lo studio di Torquato Tasso in Dante Alighieri, Padova, Tipografia del Seminario, 1889, pp. 58-59: «Tostochè ebbe il Rezzi trovate le postille di Torquato Tasso alle due edizioni della Divina Commedia di Dante, le inviò in dono al professore Giovanni Rosini, acciocché le pubblicasse in appendice della ristampa, che egli aveva curata di tutte le opere del grande epico. Ed affinché il lavoro del Tasso sulla Divina Commedia riuscisse più completo, aggiunse alle altre anche le postille scritte nell’esemplare stampato dal Giolito e rese pubbliche già dal De Romanis. […] Alle postille poi aggiunse alcune brevi annotazioni, quelle solamente che gli si erano offerte spontanee al pensiero nel leggerle. Gran mercè se il Rosini avesse seguito i sani criteri e le savie avvertenze del dotto romano in questa pubblicazione, chè non l’avremo così imperfetta e per conseguenza così poco utile».

provedutosi allora di quella nobile stampa in foglio, si dilettasse di farla centro delle sue seconde meditazioni sulla Divina Commedia, quando egli era di già nel fior dei 20 anni.113

Dello stesso parere fu, alcuni anni più avanti, anche Angelo Solerti che colse nel postillato Sessa un tentativo da parte del poeta sorrentino di addentrarsi più a fondo nel poema dantesco:

Pubblicata in quell’anno [1564 n.d.c.] una nuova edizione della Divina Commedia dai Sessa di Venezia, egli tutta la postillava, non fermandosi alla forma, come la prima volta, bensì penetrando nel senso e considerando l’arte del poeta […]114

Il compito di alterare le convinzioni dei critici ottocenteschi spettò a Dante Della Terza che, riferendosi alle opinioni dell’Oldcorn, ne ripropose e condivise le teorie, sostenendo l’anteriorità delle annotazioni della Commedia Sessa rispetto a quelle del Dante dell’Angelica, confermata dal carattere derivativo delle postille giolitine:

È opinione dell’Oldcorn, convalidata dal carattere derivativo delle annotazioni all’edizione del Giolito, che i postillati all’edizione Sessa precedano gli altri e rappresentino il massimo sforzo da parte del Tasso per impadronirsi del testo dantesco.115

In tempi piuttosto recenti Laura Scotti, prendendo in esame le chiose del postillato Sessa di cui ha sottolineato i vari stadi, che testimoniano gli interventi tassiani sul testo susseguitisi nel tempo, ha ripreso invece il cammino dei critici del XIX secolo, affermando che le postille alla Commedia Sessa sviluppano quei pensieri e interessi che Tasso aveva solamente accennato nelle annotazioni giolitine:

Il Tasso non sembra aver studiato l’ampia introduzione dei commentatori, che non reca sottolineature, ma certo ha letto attentamente i densi commenti che circondano il testo su due colonne, come dimostrano le frequenti sottolineature, le postille marginali, i rinvii dal testo alle note.

113 F. Scolari, La Divina Commedia difesa dalle censure appostevi da T. Tasso,

Rivista Ginnasiale, 1855, fasc. 5 e 6, p. 6.

114 A. Solerti, Vita di Torquato Tasso, Torino, Ermanno Loescher, 1895, vol. 1, p. 96. 115D. Della Terza, Tasso e Dante, in Id., Forma e memoria. Saggi e ricerche sulla

Esaminando tali postille si può affermare che questa edizione ha accompagnato il Tasso per un ampio periodo della sua vita, come strumento di studio.

Le note in margine al testo sono infatti, seppure non fittissime, continue per tutti i canti, e sono scritte con inchiostro e grafia ben diversi, a testimoniare gli interventi succedutisi nel tempo. Spesso si notano ripensamenti, correzioni apportate a chiose preesistenti, o continuazioni, ad ulteriore precisazione di un richiamo precedente.

La continuità con le postille alla edizione Giolito appare evidente, se non per la grafia, per unità di pensiero e di interessi, in quanto la chiave di lettura già presente

in nuce nelle chiose giovanili prosegue qui con ampliamenti significativi.116

Dopo aver eseguito un confronto fra i due postillati e tenendo forse presenti anche le opinioni della Scotti, Natascia Bianchi, alla fine degli anni Novanta, conclude che

[…] appare evidente come proprio dalle chiose all’ed. Giolito scaturiscano quelle all’ed. Sessa, che ne riprendono ed ampliano le brevi note ed i rapidi accenni […]117

trovando, inoltre, una plausibile spiegazione alla brusca interruzione delle postille alla Commedia conservate all’Angelica, poi riprese con maggiore respiro nelle chiose alla Commedia Sessa:

Il fatto, poi, che il Tasso, come testimonia il Betti, avesse abbandonato Pesaro in gran fretta, temendo, a torto, per la propria incolumità, oltre ad essere il motivo dell’interruzione delle note giolitine al canto XXIV dell’Inferno, può spiegare la genesi delle postille Sessa: il poeta della Liberata, ritrovata, lontano da Pesaro, la tranquillità, e, forse, essendo nella biblioteca dei suoi nuovi ospiti un’edizione della Commedia, quella Sessa, appunto, decise di riprendere il lavoro iniziato in casa Giordani, leggendo ed annotando il poema a lui caro.118

116 L. Scotti, Note sul Tasso, poeta e studioso, di fronte alla “Commedia” di Dante,

in “Studi tassiani”, 1987, p. 103.

117 N. Bianchi, Con Tasso attraverso Dante. Cronologia, storia ed analisi delle

postille edite alla “Commedia”, in “Studi tassiani”, 1998, p. 107.