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Questo esemplare della Commedia119, stampato a Venezia dall’editore

da Fino nel 1568 col commento postumo del Daniello e postillato ininterrottamente per tutte e tre le cantiche, fu trovato nel fondo Barberiniano della Vaticana dal bibliotecario Luigi Maria Rezzi, il quale, superate le incertezze iniziali, giunse ad attribuire la paternità delle annotazioni al Tasso. Con l’intento di farne dono a Giovanni Rosini, nel 1830 il Rezzi trascrisse tali postille unitamente a quelle apposte al Dante dell’edizione Sessa, anch’esse da lui rinvenute nello stesso fondo e, a proposito dell’attribuzione tassiana delle chiose della Commedia da Fino, dichiarava:

Delle postille contenute nel secondo esemplare, quanto all’essere scritte da Torquato, non ebbi a prima giunta certezza tale, da non mettermene in qualche dubbio. La scrittura, per lo più di grandezza men che mezzana, è fuori d’ogni contrasto propria dell’età in cui egli visse, ma ora mostra la sua mano, ed ora sembra che no. Avendo io rinvenuto nella Barberiniana, oltre parecchie Lettere e Prose e Poesie, parte già note e parte ignorate, da quaranta e più volumi postillati di sua mano, pareva non esser uopo che di breve confronto per certificarmi di tanto. […] Laonde a torre via il dubbio natomi nell’animo m’è stato mestieri di fare minuti e pazienti confronti: per li quali son venuto però alla fine conoscendo, che nelle forme delle lettere più particolarmente da lui usate e in ispezialtà delle majuscole, ne’ segni delle abbreviature, nella ortografia, ne’ falli ne’ quali soleva dare, o non raddoppiando, ove conveniva, le consonanti, o tralasciandone altre e talora le intere sillabe; da ultimo nel costume di mutare spesso di foggia formando le medesime lettere; la scrittura del secondo esemplare di Dante postillato a quella degli altri assai bene rassomiglia e si confà […]. Del resto, avvegnachè dopo le cose dette, potesse tuttavia rimanere su ciò qualche dubbio, non è certo, a mio avviso, da dubitare, che tali postille sieno opera, se non della mano, almeno della mente di Torquato Tasso.120

A sostegno di questa tesi, confrontando le postille dell’edizione Sessa con quelle della Commedia da Fino, Rezzi riuscì a cogliere una continuità contenutistica e grafica tra i due postillati:

119 Dante con l’espositione di M. Bernardino Daniello da Lucca, sopra la sua

Comedia dell’Inferno, del Purgatorio, e del Paradiso, Venezia, Pietro Da Fino, 1568.

120L. M. Rezzi, A Giovanni Rosini Professore di eloquenza nella Università di Pisa,

in La Divina Commedia postillata da Torquato Tasso, Pisa, Capurro, 1830, pp. 7- 9.

Dappoiché di prima alcune del secondo esemplare consuonano in più luoghi a meraviglia con quelle del primo, e buon numero di esse mirano in ambidue allo stesso fine, cioè o a schiarimento del testo, o a lode o a censura, con la sola differenza che nell’uno più e nell’altro meno sono a vicenda queste o quelle. Inoltre gran parte delle voci e maniere del dire o segnate soltanto, o tratte fuori senz’altra giunta dal testo, e scritte ne’ margini del primo, sono, quasi ad ogni canto, le dichiarate nel secondo, fra le quali alcune hanno eziandio in tutti due la stessa dichiarazione. Infine nell’uno e nell’altro si tiene modo uguale e nel segnare da lato più o meno terzetti, o di sotto le semplici voci o le sole forme del dire o i versi interi, e nello scrivere le postille in capo e in piè, nel destro e nel sinistro margine del libro, e nei vani lasciati dalla stampa fra il testo e i commenti, e, quello ch’è più notevole, nel trarre fuori dal testo e accennare in brevi detti le chiose stampate di commentatori, e allegare i versi sparsi nelle tre Cantiche, i quali fra loro ne’ concetti o nelle espressioni si rassomigliano.121

La grafia così misurata, la «qualità della materia» delle postille Da Fino e la rilevata predilezione del Tasso per le figure retoriche spinsero infine il Rezzi a ritenere lo studio su questa Commedia un «lavoro fatto in età giovanile»122.

L’intero corpus delle postille123 fu posto poi dal Rosini come

commento alla sua Divina Commedia stampata a Pisa124 e di nuovo

da lui pubblicato nel vol. XXX dell’opera omnia del Tasso125.

Nel corso dell’Ottocento, in seguito alla scoperta del Rezzi, altri si occuparono del postillato Da Fino, entrando soprattutto nel merito della datazione delle postille, più che sulla loro autenticità, data evidentemente per scontata. Tra questi Claricini Dornpacher che, sulla scia dello Scolari, secondo cui

poiché adunque […] le più copiose Postille del Tasso si trovano scritte sull’esemplare dell’edizione Da Fino, non avvi luogo ad esitanza nel farci a conchiudere, che le terze cure del Tasso intorno alla Divina Commedia si debbono riferire all’età sua quasi virile, e molto probabilmente a quel tempo, in cui attendeva a dar l’ultima mano alla Gerusalemme, cui concedeva, […] nel 1581 la

121L. M. Rezzi, Op. Cit., pp. 9-10. 122 L. M. Rezzi, Op. Cit., p. 9.

123 Comprensivo, cioè, anche delle note tassiane poste in margine dell’edizione

Giolito, conservata presso la Biblioteca Angelica di Roma.

124 La Divina Commedia di Dante Aligheri postillata da Torquato Tasso, Pisa,

Capurro, 1830.

125Opere di Torquato Tasso colle controversie sulla Gerusalemme, poste in miglior

ordine, ricorrette sull’edizione fiorentina, ed illustrate dal professor Giovanni Rosini, Pisa, Capurro, 1821-1833, voll. I-XXXIII.

publica luce, per sottrarla se non più, alla fame libraria che all’insaputa di lui l’aveva fatta comparire già un anno avanti.126

sostenne che il lavoro del Tasso sulla Commedia Da Fino dovesse collocarsi successivamente a quello sui postillati Giolito e Sessa, ma in anni precedenti a quelli ipotizzati dallo Scolari:

Nel 1564 esce alla luce la Divina Commedia coi tipi del Sessa, ed il Tasso, procuratosene un esemplare, lo postilla tutto. Quando per conseguenza nel 1568 si procurò l’edizione del Da Fino e la postillò, conosceva già bene Dante, era già molto innanzi nel sapere e, se più che altro sceglieva le figure rettoriche, lo faceva, giova il ripeterlo, per l’utile, che sperava ricavarne.127

Pochi anni più tardi anche Solerti, trattando delle occupazioni letterarie del poeta della Liberata durante il suo soggiorno a Padova, considerava come maturo lo studio tassiano sulla Commedia Da Fino:

Pubblicata in quell’anno una nuova edizione della Divina Commedia dai Sessa di Venezia, egli tutta la postillava […]; quattro anni dipoi nel 1568, procuravasi di nuovo l’edizione del Da Fino e più maturamente vi ripeteva lo studio della lingua e della locuzione.128

Analizzando il rapporto che intercorre fra Dante e Tasso, Della Terza, negli anni Settanta del Novecento, non poteva certamente esimersi dal segnalare l’esistenza di postillati tassiani al poema medievale; egli però, contrariamente a quanto propugnato da Rezzi, esprimeva alcuni dubbi, mossi essenzialmente dalle opinioni dell’Oldcorn, sull’autenticità delle annotazioni tassiane alla Commedia da Fino:

L’attenzione della critica tassiana si è costantemente rivolta ai postillati del Tasso ai primi 24 canti dell’Inferno lasciati in margine all’edizione della Divina Commedia preparata dal Giolito nel 1555. […] Assai più importanti di queste postille sono però quelle, estese a tutta la Commedia, lasciate dal Tasso in margine a un Dante con l’esposizione del Landino e del Vellutello apparso a Venezia nel 1564 presso i fratelli Sessa. Per le postille all’edizione Giolito mi sono servito della trascrizione del Celani […]; per quelle dell’edizione Sessa ho fatto ricorso alla trascrizione che

126 F. Scolari, La Divina Commedia di Dante Alighieri difesa dalle censure

appostevi da Torquato Tasso, Rivista Ginnasiale, 1855, fasc. 5 e 6, p. 6.

127 N. de’ Claricini Dornpacher, Lo studio di Torquato Tasso in Dante Alighieri,

Padova, Tipografia del Seminario, 1889, p. 57.

ha voluto generosamente fornirmene Anthony Oldcorn dalle carte barberiniane della Vaticana. […] Buone ragioni di carattere grafico mi ha fornito l’Oldcorn per comprovare il suo dubbio sull’autenticità delle postille alla Commedia stampata a Venezia da Pietro da Fino e trascritte come tassiane per l’edizione ottocentesca del Rosini da L. M. Rezzi.129

Dieci anni più tardi, in uno studio sui postillati tassiani alla Commedia, Laura Scotti intervenne sull’argomento, ricordando che

lo stesso Rezzi ebbe a manifestare i suoi dubbi in proposito, e che la Biblioteca Apostolica Vaticana non si è assunta la responsabilità di archiviare l’esemplare tra gli autografi tassiani.130

Pur esprimendo notevoli perplessità, la Scotti ammetteva, alla luce di un confronto tra alcune postille poste in margine al Dante da Fino, che rivelano l’attenzione del Tasso per le figure stilistiche e retoriche, e certe affermazioni presenti nei Discorsi del poema eroico in cui si rileva un accresciuto interesse teorico alle stesse del Tasso maturo, di non poter espungere senza alcun riserbo postille così significative e così “tassiane” per continuità di interessi, concludendo:

È dunque una coincidenza altamente sospetta che le postille Da Fino richiamino frequentemente proprio quegli elementi a cui il Tasso ha mostrato di attribuire fondamentale importanza, e per il resto si limitino a brevi glosse per chiarire termini inusitati, pur senza il trasporto entusiastico di molte postille Sessa, che annotavano in margine: “Bel verso”, “Bellissimo”.131

A partire probabilmente proprio dalle considerazioni della Scotti, Natascia Bianchi, che per ultima si è occupata della questione inerente all’attribuzione tassiana delle chiose a margine dell’edizione da Fino della Commedia, asserisce nel suo contributo:

Non poche perplessità ha suscitato anche in me l’esame del volume in questione: l’analisi grafica, condotta, nella Biblioteca Apostolica Vaticana, confrontando la scrittura delle postille con quella di un autografo certamente tassiano, sicuramente mi farebbe propendere per la non validità dell’attribuzione del Rezzi. […] Eppure un’attenta analisi dei contenuti ed un confronto non solo con le altre note alla Commedia, ma anche con altri scritti tassiani, evidenziano il ripresentarsi di

129D. Della Terza, Tasso e Dante, in Id., Forma e memoria. Saggi e ricerche sulla

tradizione letteraria da Dante a Vico, Roma, Bulzoni, 1979, p. 156, nota 14.

130L. Scotti, Note sul Tasso, poeta e studioso, di fronte alla “Commedia” di Dante,

in “Studi tassiani”, 1987, p. 108.

concetti e di interessi comuni ad una parte della produzione del poeta della Liberata.132

L’esame condotto sul postillato induce la Bianchi a propendere per la paternità tassiana delle postille e a ipotizzare una datazione della loro stesura, che ruoterebbe intorno agli anni Sessanta-Settanta del Cinquecento:

La presenza di temi comuni alle altre redazioni delle postille alla Commedia e le notazioni stilistiche e retoriche riconducibili ai Discorsi sull’arte poetica impediscono di espungere a cuor leggero questo esemplare da Fino dal corpus dei postillati tassiani. […] Tuttavia, a mio avviso, la maggiore attenzione rivolta al significato dei singoli lemmi danteschi, unita all’estrema continuità grafica del postillato, potrebbe far supporre che le chiose all’ed. da Fino della Commedia siano il primo tentativo documentato di assimilazione del poema da parte del Tasso. L’analisi stilistica dei versi di Dante condotta secondo dettami riscontrabili nella prima stesura dell’opera teorica tassiana, nei Discorsi sull’arte poetica, appunto, la cui composizione iniziò intorno agli anni '61-'62, ed i mancati riferimenti ai temi della “fama” e della “pietas”, che larga parte hanno avuto nelle altre postille alla Commedia, suggeriscono di ricondurre queste note agli anni compresi fra quel periodo ed il 1578, quando fu composto il Dialogo de la Nobiltà, nel quale il Tasso tratta in maniera esaustiva dei due temi sopra accennati. Questa datazione, infatti, consentirebbe di sciogliere i dubbi sulla scrittura: […] la grafia così regolare e serena non può che essere una caratteristica del poeta prima del suo ricovero a Sant’Anna […].133

132 N. Bianchi, Con Tasso attraverso Dante. Cronologia, storia ed analisi delle

postille edite alla “Commedia”, in “Studi tassiani”, 1998, pp. 119-120.