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La Chiesa dei SS Pietro e Paolo Descrizione dello stato di fatto*

Nel documento Il Castello di Sorana (pagine 123-127)

L’aspetto attuale della chiesa dei SS. Pietro e Paolo è ascrivibile ad un ampliamento della preesistente fabbrica romanica voluto nell’anno 1589 dal rettore di Sorana Domenico Pieri di Vellano1. All’esterno l’edificio appare come un compatto parallelepipe-

do costituito da blocchi di pietra serena a facciavista; il piccolo sagrato sul quale pro- spetta (posto tra via delle Scalette della chiesa e via di S. Paolo2) fiancheggia una lunga

e ripida scalinata che, correndo parallela al fronte stesso, conduce alla porta Fredda. Due costruzioni poste al di sotto del piano di campagna della piazzetta si trovano parzial- mente addossate all’edificio sul lato Sud-Ovest, lasciando libera la parte sommitale della parete che si affaccia sulla vallata. A Sud-Est vi sono la sacrestia e la canonica, mentre sul fianco Nord-Est passa il percorso di mezzacosta (via di S. Paolo) che cinge il primo abitato.

La facciata, con al centro il portale d’ingresso, conserva nella muratura l’entrata della chiesa trecentesca (portale oggi tamponato e decentrato verso sinistra rispetto all’asse dell’odierno impianto planimetrico) e parte della coeva parete realizzata in conci quadra- ti di arenaria, alti circa 20 cm e posti in opera con tecnica pseudo-isodoma. A sostegno dell’architrave monolitico del primitivo accesso, sormontato da un arco cieco a ferro di cavallo formato anch’esso da conci di pietra dalla stereotomia ben definita, è rimasta la mensola modanata sinistra (fig. 1).

Più tarda è la croce commemorativa marmorea posta al centro dell’antica porta, al di sotto della quale, negli ultimi anni del XIX secolo, è stata aggiunta un’epigrafe3 voluta

dall’allora vescovo di Pescia monsignor Giovanni Benini. Sulla parte alta della facciata vi è un’apertura squadrata, strombata verso l’interno e in asse con l’attuale accesso all’au- la; tale bucatura è oggi tamponata da una muratura intonacata sulla cui superficie sono visibili i resti di un affresco raffigurante i santi a cui è titolata la chiesa.

L’interno dell’edificio è ad un’unica navata scandita da quattro coppie di paraste con i rispettivi arconi, che sorreggono una volta a botte lunettata. Le unghie, che si aprono in corrispondenza di ciascun settore delimitato da paraste, presentano sul fronte una curva

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policentrica; tre delle cinque lunette presenti su entrambi i lati – alternate ai sottostanti altari laterali – ospitano delle finestre rettangolari che consentono l’illuminazione del- l’aula (figg. 2 e 6).

In asse all’ingresso, sul lato opposto della chiesa, si trova l’abside a pianta semicirco- lare coperta da una volta a catino. In questo spazio è posta, alle spalle dell’altare mag- giore, una tavola lignea raffigurante la Vergine con il Bambino nell’atto di porgere un anello a S. Caterina attorniata dai SS. Michele, Pietro e Paolo4. La superficie del catino

absidale, come quella del resto della chiesa, non è affrescata ma semplicemente tinteg- giata in bianco e decorata con cornici e lesene di colore grigio5. L’abside si trova nel ter-

zo medio della parete tergale, ma questa regolarità di dimensione e forma non concorda con una singolare “curvatura” del profilo della parete Est, in corrispondenza dell’ultimo settore racchiuso da lesene.

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Fig. 1 - Facciata principale della chiesa dei SS. Pietro e Paolo

Per ciò che concerne la pavimentazione, dei recenti saggi hanno riportato alla luce due livelli d’impiantito posti a quote notevolmente inferiori a quella dell’ultimo piano di calpestio. Il primo di essi, a differenza di quello attuale, è disposto su un unico livello, senza alcuna distinzione altimetrica tra area absidale e aula. Lo strato rinvenuto, formato da elementi in cotto di pezzatura quadrata di dimensione 24x24 cm, è risultato avvallato in più punti a causa di un probabile cedimento del sottofondo composto da terra battuta, ciottoli e pietra. Nella zona con un minor cedimento (nei pressi del fonte battesimale) lo scavo ha fatto emergere una pavimentazione ancora più antica formata da elementi in cotto di forma rettangolare che delimitano chiaramente il perimetro dell’aula trecentesca e mettono in evidenza una cresta di rasatura facente parte dell’originaria muratura peri- metrale. Quest’ultima, infatti, era costituita da una parete a “sacco” della quale furono asportati parte del riempimento e il “rivestimento” interno, riducendone notevolmente lo spessore. L’innalzamento, avvenuto nei secoli, del livello della pavimentazione di circa quaranta centimetri ha fatto sì che la parte inferiore degli altari – formati da due alti ba- samenti sormontati da colonne pseudo-ioniche che sostengono una trabeazione con tim- pano interrotto al centro da uno scudo6– rimanesse incorporata nel piano di calpestio7.

A differenza delle lesene parietali che rispettano i canoni del dorico, l’ordine degli al- tari non è assimilabile a nessuno degli “schemi architettonici” descritti nella trattatistica del XVI secolo8.

L’altare di S. Michele Arcangelo, spesso citato nelle visite pastorali e in alcuni docu- menti del ‘600, appartenne alla stessa compagnia che partecipò alle vicende costruttive della chiesa di Sorana9. A tale congregazione sarebbe legata la vicenda dell’apertura, al-

la metà del XVII secolo, di quattro finestre poste sul lato Sud-Ovest al fine di illuminare l’omonimo altare10. Proprio di fronte alla mensa di S. Michele Arcangelo si trova l’altare

voluto nell’anno 166711dalla famiglia Pieretti, sul quale è conservata una statua in ter-

racotta dipinta risalente al XVI secolo e raffigurante la Vergine con il Bambino (cfr. par.

L’immagine descritta).

Le altre due edicole, titolate alla compagnia del S.S. Crocifisso e a S. Michele, fian- cheggiano l’altare maggiore e sono caratterizzate dalla presenza al loro interno rispetti- vamente di una crocifissione lignea e di una statua di S. Antonio.

Il fonte battesimale si trova alla sinistra dell’ingresso principale ed è racchiuso da una cancellata metallica. La vasca in pietra con coperchio ligneo è posta al centro di una pic- cola nicchia12sormontata da una trabeazione sorretta da due semicolonne pseudo-ioni-

che poco aggettanti rispetto alla parete. Un’incisione presente sulla vasca consente di datare il fonte all’anno 165013(fig. 5).

Il pulpito venne descritto in maniera minuziosa dal Sansoni che ne attribuì la pater- nità a Tommaso da Pescia, intagliatore di pietra che lo realizzò tra il 1667 e il 1668:

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Capitolo II - Il castello di Sorana

“consideratosi dalla comunità di Sorana la vecchiezza del pulpito di legno che era posto dalla parte di ponente in mezzo tra l’altare della Madonna e quello di S. Michele e che era cosa indecente tenere un tal pulpito in una chiesa da una comunità che si era mo- strata sempre magnanima e generosa nelle sue passate cose, fu risoluto che si facesse il pulpito nuovo di pietra serena e si collocasse dirimpetto al vecchio e che si facesse con tutte le perfezioni senza guardare a spesa”14(fig. 3).

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Fig. 2 - Sezione longitudinale e pianta con indicazione degli altari: 1. Altare di S. Michele Arcangelo; 2. Altare di S. Michele; 3. Altare maggiore; 4. Altare della Compagnia del S.S. Crocifisso; 5. Altare della famiglia Pieretti

L’altare maggiore, posto centralmente alla zona absidale, fu realizzato nel 1879 in forme semplici utilizzando marmi policromi (fig. 4).

All’ingresso dell’aula, un palco sorretto da due colonne con capitelli lignei dorati in stile corinzio, oltre a schermare l’ingresso al luogo di culto (che avviene attraverso una “bussola”), ospita un piccolo organo raggiungibile da una scaletta posta sul lato Ovest della navata.

Fanno parte della chiesa di SS. Pietro e Paolo la sacrestia e la canonica. Quest’ultima, raggiungibile da un’apertura posta sulla parete absidale proprio al di sotto della tavola lignea raffigurante S. Caterina, è formata da una serie di stanze poste a piani diversi; la sacrestia, invece, si trova alla destra dell’altare maggiore. Da alcuni saggi che sono stati eseguiti sulle murature si è potuto osservare che, sopra la porta che conduce in quest’ul- timo ambiente, l’intonaco celava il disegno di una trabeazione.

Nel documento Il Castello di Sorana (pagine 123-127)