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I L CICLO DELLA STRUTTURAZIONE DELL ’ EMIGRAZIONE QUALIFICATA

È possibile elaborare un riconfigurazione delle dinamiche del processo migratorio dei lavoratori della conoscenza, esplorando la quadridimensionalità del ciclo di strutturazione proposto dalla Karen O’Reilly (2012), sulla base della rielaborazione di Rob Stones (2005), superandone i limiti e integrandola con le prospettive informate al realismo critico.

Tale approccio consente di cogliere l’interdipendenza tra i livelli micro-soggettivo e macro-strutturale, sviluppando il rapporto struttura/agency e valorizzando il livello meso- istituzionale delle infrastrutture di rete che possono abilitare, o inibire, le pratiche mobili dei migranti altamente qualificati.

Le dinamiche socio-economiche e demografiche (strutture esterne) influenzano le migrazioni qualificate e sono mediate dai frame istituzionali e simbolici (strutture interiorizzate) che possono consentire o meno gli spostamenti. Le soggettività, costituendosi attraverso i processi mobili e le pratiche biografiche individuali (agency attiva) e interagendo continuamente nel tempo con le strutture esterne, stimolano le trasformazioni nei contesti meso-istituzionali di partenza e di arrivo (outcomes).

Le strutture esterne sono le forze storico-spaziali che costituiscono il contesto pre- esistente all’agente e gli appaiono oggettive. Possono avere un’influenza sulle azioni, abilitandole o vincolandole ed operano attivamente sugli agenti che, a loro volta, le influenzano attraverso i loro schemi interpretativi e culturali, le concezioni valoriali, le norme e le risorse connesse al potere (Sewell, 1992; Stones, 2005). Le strutture esterne agiscono come dispositivi di significazione che definiscono normativamente i quadri interpretativi, orientando l’azione individuale e, a loro volta, sono percepite, identificate e classificate come tali dagli agenti.

Possono essere suddivise analiticamente in distanti o ravvicinate32, in base al loro grado di malleabilità nell’interazione con gli agenti. Le strutture esterne distanti includono le disuguaglianze globali, le richieste del mercato neoliberista, le dinamiche della trasformazione sociale connesse alla crisi economica, cui si accompagnano i cambiamenti culturali, le innovazioni tecnologiche, le ideologie dominanti, i rapporti di potere e le policy migratorie. Le strutture esterne ravvicinate riguardano i vincoli e le opportunità legati alla maggiore o minore possibilità di cambiare direttamente o indirettamente il contesto dell’azione: leggi, regole, accordi organizzativi e policy, infrastrutture e l’ambiente naturale.

Si possono ulteriormente distinguere in strutture hard, se conservano un elevato grado di autonomia rispetto alle azioni dei singoli agenti, non solo perché resistenti, ma in quanto l’agente potrebbe non essere consapevole della loro esistenza o, se consapevole, non essere in

32 Morawska (2009) stratifica le strutture in upper e more proximate riferendosi alle pressioni prodotte dalle

forze dei sistemi politico-economici, degli schemi culturali e degli avanzamenti tecnologici che delimitano ciò che per gli individui è possibile o impossibile fare sulla base delle loro valutazioni. Secondo l’autrice, queste perimetrazioni sono costellate da tensioni e contraddizioni intrinseche che le rendono in realtà lacunose o imperfette nella loro capacità di abilitare o vincolare l’agentività (Morawska, 2009). La distinzione analitica elaborata dalla Morawska risponde alla necessità di far luce sull’interazione fra struttura e agente nel corso della pratica quotidiana.

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grado di concepire la possibilità di cambiarle. Tali dinamiche rispetto alle migrazioni sono rinvenibili nei processi di smantellamento del mercato del lavoro nei paesi di origine e di destinazione, le cui conseguenze inattese possono riguardare l’inclusione del lavoratore qualificato che si trova ad essere impiegato in un occupazione dequalificata subendo una processo “sanzionatorio” (O’Reilly, 2012) di deskilling e risultando overqualified per quella posizione lavorativa. D’altra parte, le strutture esterne possono essere anche soft, quando le pressioni normative e la legislazione risulta vaga o imprecisa, mostrando maggiore duttilità e offrendo maggiore spazio all’agentività individuale. L’informalità assunta dal mercato del lavoro contemporaneo costringe il lavoratore migrante ad accettare contratti di lavoro con scarse garanzie pur di rispettare le proprie aspettative ed essere coerente con la propria carriera o completare il proprio percorso formativo all’estero, in accordo ad una forma di auto-responsabilizzazione/auto-imprenditorialità e in relazione alle possibilità di sopravvivenza. Queste forze dipendono dalle modalità in cui l’agente le percepisce, dal valore che li attribuisce e dalle risorse “critiche” che esso possiede. Il grado di malleabilità dipende dal grado di risorse/sapere-potere posseduto da un agente che gli permette di resistere alle forze esterne o di poterlo fare potenzialmente. Spesso però «le strutture esterne influenzano le vite degli agenti ad un tale grado che le persone non pensano nemmeno di volere qualcosa di differente» (ibidem: 25, trad. personale).

Considerando comunque che la vita sociale è un processo sostenuto dalle pratiche quotidiane degli agenti esercitate entro le reti sociali di riferimento, da cui attingono regole e risorse (di potere, normative e habitus), le strutture vengono continuamente trasformate o riprodotte dagli agenti. La malleabilità delle strutture, che dipende quindi da come sono percepite dall’agente (individualmente o collettivamente) e dalla capacità/potere di resisterli, sarà oggetto dell’indagine empirica proposta nell’ultimo capitolo del presente lavoro. La presenza di gap strutturali (Morawska, 2009) si verifica in caso di sovrapposizione, contraddizione o debolezza delle strutture che vedono così ridotta la propria capacità di vincolare o promuovere l’azione, fornendo una leva al loro possibile mutamento.

Le strutture interiorizzate mediano le strutture esterne e includono gli habitus e le conoscenze specifico-congiunturali internalizzate. Gli habitus33, frutto delle esperienze, delle abitudini e della socializzazione, includono le abilità, la conoscenza, il capitale umano, sociale, culturale e simbolico. Il grado in cui le persone possono agire trasformativamente dipende dal loro possesso di risorse/potere e dal livello di consapevolezza che hanno del contesto e delle norme interiorizzate. È il caso in cui il lavoratore, una volta emigrato, si confronterà con un contesto a lui estraneo e in cui dovrà necessariamente rinegoziare le abitudini che aveva nel paese di origine, e nella comunità di appartenenza, con quelle del paese di destinazione e della comunità di approdo. Se per Bourdieu l’effetto strutturante degli habitus (individuali o collettivi) è quello della riproduzione, l’esperienza della migrazione,

33 Stones (2005) estende il concetto Bourdesiano di habitus al risultato dell’interazione fra struttura e azioni

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secondo la O’Reilly (2012), è più legata alle potenziali possibilità trasformative praticate dalla singola persona.

Le conoscenze specifico-congiunturali interiorizzate sono le competenze orientative specifiche relative a caratteristiche, condizioni, vincoli e strutture esterne: ciò di cui è possibile conoscere e con cui s’impara a confrontarsi e a trattare in determinate circostanze (Stones, 2005). Sono i modi in cui l’agente percepisce un contesto specifico dell’azione in relazione al tempo e al luogo di questa. Lo svolgimento pratico della vita sociale dipende dal connubio di conoscenza e consapevolezza, acquisite in un certo periodo di tempo, di determinati eventi e circostanze, il «come andare avanti» (Giddens, 1990: xx), in un certo contesto. Questa dimensione corrisponde all’insieme dei modelli cognitivi di riferimento sulla base dei quali i lavoratori della conoscenza definiscono le proprie strategie di mobilità in relazione alle proprie motivazioni (auto-imprenditorialità, auto-sfruttamento, esperienze all’estero). Tali strutture internalizzate implicano da parte dell’agente una qualche conoscenza delle reti, dei ruoli, delle norme e delle relazioni di potere che gli consente, avvalendosi degli habitus, di comprendere e interpretare il senso del mondo e agire in conformità a questa comprensione in un determinato lasso temporale. La consapevolezza e conoscenza sono quelle specifiche del momento dell’azione, in cui l’individuo è inserito socialmente in una rete relazionale di potere, norme e interpretazioni. Lo sconvolgimento delle routine (e di ciò che è dato per scontato) prodotto dalla migrazione implica un adattamento da parte dei lavoratori mobili delle loro abitudini e obiettivi mano a mano che si trovano a valutare la propria situazione, reinterpretando, da una parte, gli schemi formali e socio-culturali e, dall’altra, le proprie risorse cognitive, simboliche e normative (Morawska, 2009).

Una prospettiva interessante sulle strutture come condizioni e risultati dell’azione è offerta dalla teorie dell’apprendimento situato di Lave e Wenger (2006) per i quali l’apprendimento, inteso come pratica sociale, avviene attraverso la “partecipazione periferica legittimata” ad una comunità di pratica, ovvero una comunità di persone che esercitano una pratica, nel contesto delle relazioni tra persone, attività e mondo, attraverso il tempo e in relazione con altre comunità di pratica. Nel corso della partecipazione individuale a una pratica socio-culturale, si esprimono le intenzioni di apprendere e si costruisce il significato dell’apprendimento. Questo processo sociale «sussume l’apprendimento di abilità consapevoli» (Lave e Wenger, 2006: 19) in un insieme di relazioni co-evolutive e sempre nuove. La partecipazione diventa cruciale e comporta la rinegoziazione del significato, nell’interazione costante di conoscenza ed esperienza, attribuendo rilievo al contesto sociale in cui la socializzazione ha luogo. Le comunità di pratica assumono il ruolo di medium tra individuo e mondo sociale organizzato: il divenire-membro di una comunità di pratica comporta la costruzione d’identità, conoscenze e senso di appartenenza. Il ruolo del mondo sociale nei processi di apprendimento è altrettanto cruciale per gli autori, che rilevano le interconnessioni esistenti tra gli schemi culturali di significato condivisi e il sistema politico- economico, in quanto la partecipazione periferica legittimata (Lave e Wenger, 2006) impegna sia lo sviluppo delle identità di persone consapevolmente abili nella pratica, sia la

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riproduzione sociale e culturale delle comunità stesse contribuendone al mutamento e alla trasformazione.

La comprensione del contesto nel corso del tempo richiede l’apprendimento diretto di questo da parte dell’agente e l’effettiva messa in atto di quanto appreso nella comunità. Ciò richiede di porre attenzione all’evoluzione dei rapporti di sapere e potere (O’Reilly, 2012). A questo proposito, come è stato messo in luce da Tomei (2016; 2017), si registra che, accanto alle dinamiche trasformative, messe in atto attraverso la partecipazione l’esperienza e l’interazione degli attori, operano i processi di “soggettivazione” – discussi, come verrà messo in luce più avanti, dalla riflessione critica delle relazioni di potere seguendo l’approccio post- Foucaultiano.

Le pratiche si riferiscono allo svolgimento delle azioni quotidiane nelle comunità di pratica che coinvolge l’agency attiva, le comunità di pratica e conoscenze specifico- congiunturali esterne. L’agency attiva indica le azioni quotidiane, sia di routine sia riflessive (consce, propositive e strategiche), compiute degli agenti. L’agency dei singoli è legata agli habitus perché ciascuno in qualsiasi momento detiene un certo numero di ruoli, è soggetto a un diverso range di norme e aspettative e conserva identità multiple incorniciate da differenti mappature socio-culturali (Stones, 2005) Tali strutture internalizzate sono messe in atto all’interno di comunità i cui membri hanno, ciascuno, strutture internalizzate, vincoli, opportunità, potere, conoscenze e riflessività propri. L’agire quotidiano riproduce e trasforma tali strutture socio-culturali e questa capacità trasformativa passa attraverso i gap strutturali (Morawska, 2009), le reazioni e le proiezioni individuali. La forma assunta dall’agentività rispetto a determinate circostanze è sempre circoscritta a eventi ed esperienze pregresse, ma la capacità immaginativa dei singoli di essere, fare, pensare e sentire è un elemento cruciale che può, in qualche misura, promuoverne il cambiamento (O’Reilly, 2012).

La O’Reilly (2012) rimanda alla concettualizzazione dell’agency umana da parte di Emirbayer e Mische (1998). I due autori la interpretano come un processo di coinvolgimento sociale, incastonato (embedded) nel tempo, che attinge:

1) dagli eventi passati, dalle esperienze e memorie, riattivando i pattern di pensiero/azione incorporati, contribuendo così a dare senso al mondo sociale e sostegno alle identità, alle interazioni e alle istituzioni;

2) dalla conoscenza che l’agente ha del presente, legata alla capacità di formulare giudizi pratici e normativi tra le traiettorie possibili di azione, in risposta alle richieste emergenti, ai dilemmi e alle ambiguità delle situazioni attuali in evoluzione;

e 3) dalla riflessione orientata al futuro legata alla capacità di immaginare possibili soluzioni alternative, testandole, valutandole e modificandole in relazione al mutamento delle circostanze e ai desideri, paure e speranze dell’agente (Emirbayer e Mische, 1998). L’elemento proiettivo (projection), la responsabilità (responsibility) nei confronti della comunità di appartenenza (Tomei, 2014), i desideri e la capacità di aspirare34 (De Leonardis

34 De Leonardis e Deriu (2012) tematizzano la “capacità di aspirare”di Appadurai come chiave per individuare il

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e Deriu, 2012; Carling e Collins, 2018) riducono la tendenza deterministica dell’incorporazione degli schemi culturali che possono conseguentemente subire modifiche attraverso la costante rimodulazione delle idee, dell’immaginazione e delle soluzioni proposte via, via che aumenta la consapevolezza individuale del contesto e delle sue trasformazioni.

Attraverso le singole esperienze migratorie, i lavoratori mobili generano pratiche sociali situate che vengono oggettivate nell’arco del processo d’espatrio, mettendo in atto comportamenti di contestazione o riproduzione dei modelli relazionali appresi attraverso la socializzazione nelle comunità di appartenenza e di approdo. La O’Reilly suggerisce di fare riferimento al lavoro di Wenger (2006) sulle comunità di pratica, per riflettere sui «vari contesti in cui agency e struttura interagiscono» (O’Reilly, 2012: 30, trad. personale). Le caratteristiche assunte dalle comunità di pratica, secondo l’autore, includono: la condivisione dell’esperienza, una vicinanza comunicativa che promuove le relazioni sociali e la cooperazione a fini immaginativi, di apprendimento e di problem solving rispetto a fenomeno complessi e imprevisti (Wenger, 2006). Si tratta di un coinvolgimento all’interno di un meso- contesto in cui tutti i partecipanti sono dotati di riferimenti normativi, abitudini e desideri, ruoli, storie, obiettivi, identità e status propri e fanno riferimento a determinati vincoli, e poteri. Entro questo coinvolgimento quotidiano, gli individui adattano i loro obiettivi e le loro aspettative in relazione alle esperienze, alle regole e alle pratiche altrui (O’ Reilly, 2012). Le comunità di pratica rappresentano il contesto nel quale l’agente è vincolato e abilitato dalle strutture esterne. Lo spazio delle comunità di pratica e la dimensione dell’agency sono cruciali per l’analisi dei comportamenti di riproduzione o trasformazione messi in atto dagli emigrati altamente qualificati nei confronti degli schemi culturali e dei modelli relazionali acquisiti attraverso la socializzazione nei contesti di provenienza. Essi configurano il contesto in cui poter ottenere le informazioni documentali delle pratiche di contestualizzazione e, eventualmente, mutamento della propria situazione rispetto alle esperienze del passato, le contingenze del presente (responsabilità, legami affettivi, successi e fallimenti) e le aspettative future (ulteriori progetti migratori, di transito o spostamenti temporanei).

I vincoli e le opportunità sono incorporati e messi in atto attraverso i ruoli giocati dagli agenti nelle comunità di pratica. L’attribuzione ai ruoli e ai posizionamenti, entro una certa misura, della capacità d’agire in senso trasformativo e riproduttivo consente di individuare nelle strutture specifico-congiunturali esterne «il livello intermedio fra le strutture e l’azione, all’interno delle comunità di pratica» (O’Reilly, 2012: 31). Si tratta delle responsabilità, delle prerogative e delle ruotine che le persone seguono nella pratica perché così ci si attende da loro in base al ruolo e alla posizione che ricoprono, all’impiego svolto, al modo in cui di esse si percepiscono le relazioni e i rapporti di potere.

Gli outcomes identificano gli effetti prodotti dalla strutturazione nel corso del tempo individuabili osservando l’influenza che le pratiche esercitano sulle strutture, riproducendole o trasformandole. L’azione e i modi dell’agire individuale influiscono sulle percezioni, le

esistenza. Gli attori sociali, con il supporto delle reti, si attivano per affrontare i loro problemi e, esplorando questa mobilitazione, praticata nella vita quotidiana, gli autori mostrano come le aspirazioni acquisiscono forma e forza dentro i processi in cui gli agenti perseguono obiettivi tangibili, facendo esperienza delle loro possibilità.

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aspettative, le strutture e gli habitus. A loro volta questi condizionano le conoscenze e le strutture specifico-congiunturali, influenzando il consolidamento o l’innovazione di quelle più ampie. I risultati del processo possono essere intenzionali o inattesi e riguardare tutte le dimensioni analizzate.

Dal punto di vista dei risultati prodotto dalle migrazioni qualificate, il presente lavoro indaga gli effetti trasformativi prodotti dalle attività dei lavoratori stessi nei circuiti della mobilità internazionale (Morawska, 2009). Gli effetti prodotti sulle strutture esterne sono per lo più indiretti e distanziati rispetto alla vita quotidiana e attengono alle retroazioni generate rispetto agli schemi culturali dominanti e al sistema istituzionale dei paesi coinvolti nei flussi, in particolare in quelli di origine. Come suggerisce Tomei (2017), l’attenzione può essere posta alla promozione e diffusione di un discorso pubblico che incoraggia o meno le future migrazioni qualificate, l’istituzionalizzazione di reti, anche informali, e comunità nei paesi di origine e destinazione, la circolazione di rimesse sociali e cognitive capace di stimolare la produzione di nuove norme, regole e risorse nelle routine delle comunità di pratica di riferimento degli emigrati altamente qualificati.

In conclusione, l’approccio considerato assume il coinvolgimento continuo dei più ampi processi sociali nella costituzione della vita sociale. Fornisce la base per lo sviluppo di una prospettiva che integri teorie sostantive e ricerca empirica, in grado di comprendere l’interrelazione a livello meso fra struttura e agency. In sintesi, come mostra la figura (Fig. 2), i processi sociali sono quindi letti metodologicamente attraverso un ciclo continuo costituito dall’interazione di strutture esterne, strutture interiorizzate negli agenti, pratiche e outcomes, in cui tutte queste dimensioni sono coinvolte costantemente.

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4.3PROCESSI DI “SOGGETTIVAZIONE”: INTEGRARE LA RIFLESSIONE FOUCAULTIANA ALLA