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P ROCESSI DI “ SOGGETTIVAZIONE ”: INTEGRARE LA RIFLESSIONE F OUCAULTIANA ALLA PROSPETTIVA DELLA STRUTTURAZIONE

L’approccio strutturazionista può essere completato grazie ad alcuni elementi della riflessione Foucaultiana, tenendo presente l’interazione fra relazioni di potere, schemi di verità e pratiche sociali, e osservando i percorsi biografici individuali degli emigrati altamente qualificati quali esiti della lotta fra:

1) le pressioni generate dall’adattamento al principio neo-liberista dell’auto- imprenditorialità, risultante dal processo d’incorporazione della cornice istituzionale del capitalismo cognitivo;

2) le resistenze individuali, orientate da una definizione valoriale e progettuale della cura di sé e delle proprie relazioni.

Prima di entrare nel dettaglio va sottolineato che l’opera complessiva di Michel Foucault è segnata dal passaggio da una concezione del dominio che vede contrapporsi l’individuo e la struttura di potere, ad una concezione della soggettività come trasformazione e riconfigurazione dei rapporti di potere. In Sorvegliare e Punire (2014), Foucault elabora un’analitica del potere (Catucci, 2000) studiando i dispositivi e ricostruendo la genesi della prigione e la fondazione, dall’inizio del XIX secolo, del sistema moderno di disciplinamento e controllo delle popolazioni. Concentrando l’attenzione sulla molteplicità dei micro-poteri che propagano le norme per capillarità attraverso tutta la società, sostiene che il potere sia localizzato nei meccanismi che funzionano a livello quotidiano (Mandosio, 2017). Oltre al mantenimento coercitivo dell’ordine, disciplina e controllo, si rendono gli individui spontaneamente ubbidienti grazie all’interiorizzazione delle norme che le istituzioni totali (carcere, esercito, fabbriche, ospedali, scuola, etc.) radicano in loro (Foucault, 2014).

Foucault studia analiticamente la natura del potere in relazione a quei «processi continui e ininterrotti che assoggettano i corpi, dirigono i gesti, reggono i comportamenti» (Foucault, 2009: 32), ricostruendo gli effetti “operativi” del potere che investono, costituiscono e identificano i corpi come soggetti-individui, e funzionano tramite loro e le loro pratiche (Hardt e Negri, 2002). Per Foucault il potere «transita» (Catucci, 2000: 88) attraverso gli individui e agisce attraverso una «molteplicità di rapporti di forza immanenti al campo in cui si esercitano e costitutivi della loro organizzazione; il gioco che attraverso lotte e scontri incessanti li trasforma, li rafforza, li inverte» (Foucault, 1996: 82).

L’analisi Foucaultiana ruota intorno ai concetti di governamentalità e biopolitica. (Foucault, 2005; 2014). Il termine governamentalità designa la trasformazione dell’esercizio dell'autorità, emersa preliminarmente nel periodo tardo-medievale e sviluppatasi nel corso del diciannovesimo secolo. Il potere esercitato dal sovrano su di un territorio – che rispondeva all’unico obiettivo della propria conservazione e richiedeva la sottomissione dei sudditi attraverso lo strumento della legge – trasferisce l’oggetto principale del proprio intervento sulla popolazione, moltiplicando i suoi fini e individuando un insieme di pratiche attraverso cui orientare le strategie comportamentali che gli individui, nell’esercizio della loro libertà,

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possono avere gli uni nei confronti degli altri e nel rapporto di ciascuno con sé. Il potere non è quindi solo potenza negativa - che si assicura l’obbedienza degli individui attraverso le tecniche disciplinari, il dominio, la violenza, la coercizione, la reclusione, la regolazione e l’addestramento, la sorveglianza continua e normalizzazione –, ma anche positiva, un dispositivo35 produttivo di soggettività, riferita alle influenze che orientano il comportamento individuale, intrecciate alle le forme di controllo e costruzione di sé (Catucci, 2000).

Con il concetto di biopolitica Foucault designa un «potere sulla vita»: ciò che «fa entrare la vita ed i suoi meccanismi nel campo dei calcoli espliciti e fa del potere/sapere un agente della trasformazione della vita umana» (Foucault, 1996: 126) e intende l’insieme delle pratiche di regolazione di tutti gli aspetti della vita della popolazione. Tale potere è volto a orientare le vite dei singoli individui, garantendo loro benessere e prospettando il miglioramento della popolazione nel suo complesso. Le tecniche della biopolitica intervengono a livello dei processi generali estendendosi alle nascite, alla mortalità, ai livelli di salute, all'educazione, ai sistemi di welfare, «sottoponendoli a un regime di protezione che […] elabora […] tecnologie fondate sul principio della sicurezza» (Catucci, 2000: 119). Ciò impegna i governi a occuparsi della popolazione come un oggetto di ricerca politico e scientifico, procedendo attraverso forme di regolazione, misurazioni statistiche e previsioni.

L’interesse principale di Foucault è impiegare congiuntamente queste concezioni per indagare la natura profonda dei rapporti di potere. Le relazioni di potere sono l’insieme delle pratiche attraverso cui gli esseri umani si riconoscono come soggetti ne sono anche il limite continuamente reversibile (Catucci, 2000). Foucault, dopo aver preso in esame le tecniche di “assoggettamento” (discipline e dispositivi di potere/sapere), prende in considerazione il processo di soggettivazione attraverso lo studio delle tecnologie del sé, in altre parole quell’insieme di tecniche, di procedure proposte o prescritte agli individui per fissare, conservare e trasformare la verità di se stessi: un processo di produzione di soggettività che opera come rapporto di padronanza e conoscenza di sé e del rapporto con gli altri . Le tecniche di sé «permettono agli individui di eseguire, con i propri mezzi o con l’aiuto degli altri, un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima – dai pensieri, al comportamento, al modo di essere – e di realizzare in tal modo una trasformazione di se stessi» (Martin et al., 1992: 13). Le soggettività resistono all’assoggettamento trasformandosi costantemente, ma soltanto all’interno di una relazione di potere, un rapporto con se stessi, in un dato momento. Queste relazioni di potere non sono chiuse, infatti «là dove c’è potere c’è anche resistenza» (Foucault, 1996: 84): la soggettività, costituitasi attraverso le pratiche di sé può resistere all’assoggettamento di un sistema coercitivo, modificando le relazioni di potere (Davidson, 2006).

Questa prospettiva riguarda l’azione esercitata dagli individui, rispetto al potere-sapere che li qualifica e ne definisce le identità, al fine di trovare spazi effettivi per l’esercizio di pratiche di emancipazione. Secondo Foucault (1996), l’esaurirsi del legame fra il soggetto e le

35 La nozione di dispositivo pervade l’intera opera Foucault e riguarda le tecniche e i saperi che, attraverso

modalità di calcolo, regolazione e razionalizzazione, consentono di orientare le condotte, i desideri, gli interessi e le credenze dei soggetti coinvolti e collaboranti.

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istituzioni sociali, politiche ed economiche offre uno spazio di resistenza per una costituzione di sé autonoma, attraverso strategie razionalmente slegate dall’adeguamento a uno schema di verità, praticando progetti di libertà, in altre parole, scelte libere che in una certa misura ridimensionano l’obbedienza al disciplinamento (Catucci, 2000).

La riflessione riguardo governamentalità, biopolitica e processo di soggettivazione consente quindi di evidenziare come la domanda sistemica della produzione neoliberista alimenti sia le macro-dinamiche socio-economiche, sia le risposte soggettive alle imposizioni simboliche e orientative incarnate dal paradigma discorsivo della società della conoscenza.

Consente, inoltre, di osservare l’interdipendenza della soggettività dei migranti con le dinamiche strutturali, correlando l’adesione dei migranti, nella loro decisione d’espatrio, al discorso pubblico dominante, informato dall’agenda neo-liberale, che promuove la mobilità come sfida imprenditoriale (Bailey, 2013).

La teoria del potere di Foucault contesta in particolare qualsiasi tentativo di considerare i vincoli strutturali completamente esterni e autonomi rispetto soggettività, poiché essi richiedono un assenso interno del soggetto in modo che sia garantita la loro efficacia. Nel contesto globale dell’economia della conoscenza, le forze strutturali orientano le persone, ne promuovono lo sviluppo libero e autonomo delle capacità conformemente alle pratiche e agli schemi ideologici che ne guidano l’adesione alle tendenze della trasformazione sociale in corso. In modo diverso, ma con i medesimi risultati, è stato indicato il grado con cui la biopolitica plasma le vite delle persone e ne sussume l’assenso soggettivo in funzione dei processi strutturali di estensione e intensificazione dell’accumulazione capitalista incentivati dalla stratificazione globale (Mezzadra e Neilson, 2014). Il corpo dei soggetti diventa il terreno del rapporto conflittuale fra le forze strutturali e l’agentività individuale in una situazione per cui questa è chiaramente elisa rispetto alle prime e allo stesso tempo non può essere concepita come autonoma da loro.

Se la teoria della pratica ha evidenziato le connessioni fra i vincoli contestuali e la soggettività, facendo emergere il carattere riflessivo della pratiche sociali privilegiando l’agentività, l’approccio di Foucault sviluppa ulteriormente tali rapporti e consente di prendere in considerazione più propriamente l’effetto vincolante nei confronti della soggettività prodotto delle strutture culturali, politiche e socio-economiche esterne (Tomei, 2016).

In quest’ottica, la mobilità internazionale della forza lavoro qualificata rappresenta sia la leva sia il risultato di un sapere che enfatizza l’intrapresa di strategie per la crescita personale e professionale, l’imprenditorialità di sé e la mobilità accondiscendendo le dinamiche neoliberiste del mercato del lavoro. In un famoso passaggio del suo corso sulla nascita della biopolitica (Foucault, 2005), tenutosi al Collège de France – dopo aver ricostruito storicamente la sostituzione e l’eterogeneizzazione dei meccanismi di governo tradizionali, impostati sull’etero-direzione, con quelli morali e culturali, legati ai processi d’interiorizzazione di responsabilità e disciplina che predispongono ad aderire

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all’assoggettamento –, Foucault analizza la migrazione36 nei termini di un progetto auto- imprenditoriale37:

“Tra gli elementi costitutivi del capitale umano, occorre considerare la mobilità […] e in particolare la migrazione. […] La migrazione rappresenta un costo […], un investimento e il migrante è un investitore. […] (Un) imprenditore di se stesso che fa […] scelte d’investimento per ottenere un miglioramento nei redditi. (ibidem: 190-191)

Secondo questa definizione, l’individuo introietta e agisce riflessivamente alle pressioni del regime neoliberista che, attraverso l’esercizio del potere, ne trasformano il corpo e la mente incitandolo, fisicamente e psicologicamente, ad agire e a lasciare il proprio paese di origine aderendo al regime di verità dell’imprenditorialità di sé.

Come è stato notato, le relazioni fra potere e soggettività non sono state sistematizzate in una riflessione coerente da Foucault (Mandosio, 2017) e, sebbene il suo approccio alla biopolitica e alla governamentalità offra uno spaccato interessante rispetto al grado in cui l’agenda neoliberale riesce a persuadere i soggetti a espatriare, in conformità alla rappresentazione imprenditoriale di sé, non permette di comprendere le modalità e i processi attraverso i quali emerge e opera il consenso all'agenda neoliberista nel contesto delle migrazioni contemporanee (Tomei, 2016).

Il caso dell’emigrazione qualificata italiana offre allora l’opportunità di rivelare le modalità con cui la biopolitica opera sulle vite delle persone attraverso le strutture interiorizzate mediando tra la loro agency e le forze strutturali. Inoltre, consente di provare a fare chiarezza sulle potenzialità performative e i vincoli della soggettività nell’esercizio di pratiche di resistenza alla pressione strutturale dell’assoggettamento. In merito a questi temi, Mezzadra e Neilson (2014) hanno fatto notare come «l’intreccio di rapporti di assoggettamento e pratiche di soggettivazione fa del soggetto un campo di battaglia» e nella pratica quotidiana dei migranti assume le caratteristiche di una «lotta di confine» che offre loro uno spazio di resistenza e negoziazione dei modi con cui i confini (urbani, interni, cognitivi) «segnano e costringono la loro vita» (Mezzadra e Neilson, 2014: 336-337).

Concettualizzare queste trasformazioni consente di approfondire le dinamiche interdipendenti della strutturazione allo scopo di arrivare a una maggiore comprensione degli outcomes. In questo spazio di riflessione, si rafforza l’ipotesi che l’esperienza molteplice degli emigrati qualificati italiani all’estero sia lo svolgersi dell’intreccio fra la pressione generata dal discorso pubblico che orienta le aspirazioni, i desideri e il mettersi in gioco, con le modalità in cui gli emigrati rappresentano la loro esperienza migratoria, accettandone successi e difficoltà, ritenendola l’unica scelta possibile da fare in un contesto di recessione economica e di trasformazione sociale. Alcuni studi hanno rilevato, infatti, che l’esperienza migratoria è

36 La migrazione è presa in considerazione da Foucault come tecnica biopolitica che permette di «ottenere la

subordinazione dei corpi e il controllo delle popolazioni» (Foucault, 1996: 124), articolando insieme disciplina e regolazione.

37 Foucault sostiene che nel neoliberismo l’homo oeconomicus è imprenditore di se stesso, la cui vita è concepita

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spesso frutto di una decisione presa su base individuale, indipendentemente dai legami forti (amicizie o parentele). Tale scelta può sostenuta da connessioni create durante una precedente periodo all’estero ed è indirizzata dall’Europa meridionale all’estero per cercare un impiego lavorativo in un contesto che garantisca uno sviluppo di carriera e una migliore qualità della vita (Recchi, 2013). Spesso, inoltre, è intrecciata a una sfiducia crescente e a una critica nei confronti della cultura del “sistema-paese” di provenienza (Ricucci, 2017). Più recentemente, è emerso come la nuova migrazione sia un percorso individuale che sovrappone ragioni di natura lavorativa e motivazioni legate allo stile di vita, assumendo caratteri peculiari che ridefiniscono il rapporto tra lavoro, abitudini di consumo e identità biografiche (Maddaloni, 2019).

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5. IL DISEGNO DELLA RICERCA

Nella sezione precedente sono stati raccolti i contributi volti a tracciare il paradigma interpretativo che fa da orizzonte teorico al caso particolare oggetto di analisi della presente tesi. La ricerca è indirizzata a studiare la coorte dei laureati italiani che risiede all’estero da più di 12 mesi con il duplice obiettivo di esplorare:

1) la struttura delle relazioni che connettono il volume e la traiettorie a livello internazionale dei flussi migratori qualificati con gli investimenti promossi in nome dell’economia della conoscenza.

2) I fattori che plasmano i percorsi di insediamento e integrazione degli emigrati qualificati italiani e le modalità di inclusione nelle società di approdo, tenendo in considerazione: il rapporto tra aspettative e realtà della vita quotidiana, il ruolo delle comunità di lavoro e appartenenza, l’importanza della ricostruzione delle identità e la possibilità di condotte riflessive rispetto alla pressione esercitata dal dispositivo neoliberista dell’auto- imprenditorialità.

Gli obiettivi indicati sono stati messi a fuoco attraverso due specifiche strategie d’indagine afferenti a metodologie di ricerca e prospettive differenti che rispondono, in una certa misura, all’individuazione di alcune dimensioni del ciclo di strutturazione. I risultati presentati sono un ambizioso tentativo di rispettare quadro teorico-metodologico presentato e discusso precedentemente ma non è stato chiaramente possibile mettere in luce ogni singola dimensione. Lo schema quadripartito del processo di strutturazione ha la funzione di fornire da base coerente per la raccolta d’informazioni e la loro sistematizzazione in modo da migliorare l’esplorazione delle singole parti.