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Il Cimitero urbano di Fano: descrizione architettonica e regolamento

descrizione architettonica e regolamento

Nel 1865 il Cimitero urbano appariva architettonicamente diverso da oggi; era costituito da due campi con quadrati a portico, sui quattro lati vi era un porticato col piano di calpestio con botole e il vano interrato e nelle pareti in corrispondenza delle botole il nome della famiglia e il nome dei singoli componenti.

Al centro si trovava il campo di inumazione, con passaggi di collegamento tra i campi e con un vialetto centrale e vari vialetti di distribuzione per permettere l‟accesso alle varie tombe. La regolamentazione emanata nel 1865 sul cimitero è preziosa e rappresentativa di questo periodo storico: infatti da questa possiamo davvero risalire a elementi non solo di carattere pratico, ma anche a questioni riguardanti i riti, gli usi e la diversa considerazione del luogo rispetto ad oggi.

Dal 1865 “cessano immediatamente le tumulazioni in tutte le Chiese ed in altri luoghi dell‟interno della città, come pure in tutte le Chiese dè sobborghi, sotto le comminatorie delle vigenti leggi di pubblica sicurezza.”3 La direzione del cimitero spettava esclusivamente al sindaco. Il consiglio comunale stabilisce le norme per il buon andamento del cimitero espresse appunto nel regolamento e nomina quattro deputati che devono occuparsi

sotterratori. Il cappellano custode del cimitero veniva nominato dal consiglio municipale e dipendeva dal sindaco, e cosa più importante aveva residenza fissa ed alloggio nel locale attiguo al cimitero stesso, “né potrà per qualsiasi titolo abbandonare il posto senza il consenso della Deputazione direttrice…”4, inoltre aveva diversi obblighi e responsabilità che oggi sarebbero considerate del tutto anacronistiche, ad esempio:

“Curerà che qualunque quantità di cera sia che venga offerta dalla pietà dei fedeli, sia che derivi da residui di quella fatta ardere durante la temporanea deposizione dei cadaveri nella sala mortuaria, abbia ad essere adoperata ad esclusivo servizio della Cappella stessa…” 5.

Egli custodiva anche le chiavi del cancello, della cappella e di tutti i locali annessi al cimitero, doveva vigilare che nessuno scrivesse segni sui muri interni senza permesso, osservare al ricevimento del cadavere il permesso o bolletta di sepoltura. Oltre agli obblighi ed alle mansioni del cappellano, il regolamento affronta un aspetto rilevante che manifesta una sorta di divisione sociale tra chi poteva permettersi le sepolture private e chi invece doveva accontentarsi delle fosse comuni. Le sepolture private potevano innanzitutto essere al coperto o allo scoperto; i proprietari di sepolture al coperto

4Ibidem, p. 8, articolo 17

5 Regolamento pel Cimitero della Città di Fano, Pesaro 1865, p. 8, Art. 21

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nelle logge potevano disporre del sotterraneo corrispondente per la tumulazione dei cadaveri, e dell‟area della loggia, per collocarvi monumenti ed iscrizioni dopo un‟approvazione della Deputazione Direttrice. Invece: “art. 66: Sopra le fosse comuni non sarà lecito elargire monumenti; sarà solo permesso collocarvi iscrizioni colorite su latta, ferro o legno, o piccole lapidi di pietra, che non eccedano metri 0,35 per lato, indicanti il nome e prenome, l‟età, la condizione delle persone defunte e l‟epoca della loro morte, nonché il nome di chi appone l‟iscrizione.”

Le autopsie si eseguivano proprio in una particolare camera previa autorizzazione del sindaco e naturalmente erano escluse al pubblico.

In generale, leggendo questo regolamento, si capiscono molte cose e si percepiscono differenze fondamentali rispetto ad oggi.

Sappiamo infatti che di solito le persone morivano in casa, e i cadaveri venivano letteralmente trasportati mediante carri e dovevano essere sistemati dentro delle casse in quanto l‟art. 90 vieta di trasportare scoperti i cadaveri, e questi debbono essere decentemente avvolti in “pannilani”, in modo che dal viso in fuori siano interamente coperti. Vi erano inoltre precisi orari per il trasporto, in inverno dalle dieci del mattino alle quattro della sera, d‟estate dalle nove alle cinque. Sia l‟accompagno che il trasporto dei cadaveri, spettavano alle famiglie del defunto oppure ci si rivolgeva alle Fraternite;

se il morto veniva rinvenuto per le vie pubbliche poteva essere trasportato alla propria abitazione, o alla camera mortuaria dell‟Ospedale civico e se si trattava di persone sconosciute erano soggette a particolari disposizioni.

Le Fraternite avevano un ruolo importantissimo: esisteva a Fano la Fraternita degli Artieri sotto il titolo di Maria Santissima della Visitazione alla quale veniva affidato l‟incarico del trasporto ed accompagno dalla Città al Cimitero di tutti i cadaveri, anche provenienti dall‟Ospedale e da altri Pii istituti dipendenti dalla Congregazione della Carità. Le Associazioni pie avevano il diritto di trasportare tramite bare proprie, i cadaveri dalla Chiesa parrocchiale al Cimitero ed era anche tenuta ad accorrere nei casi d‟infortuni, morti improvvise che accadevano nelle vie pubbliche, offrendo quindi tutta l‟assistenza suggerita dalla carità cristiana. La Fraternita quindi si accollava le spese che comunemente erano affidate ai familiari del defunto, e quindi poteva appunto intervenire laddove vi fosse una famiglia estremamente povera o nel caso di morti di persone sconosciute.

Sebbene un regolamento possa sembrare solamente un freddo susseguirsi di articoli, in realtà ci permette di cogliere tantissime sfumature e quindi di avere la cognizione di come una struttura cimiteriale viva degli stessi episodi della città e come con essa narri le storie dell‟uomo.

Il Cimitero urbano di Fano è cambiato nel corso del tempo, in quanto i campi di sepoltura realizzati nel 1865, subirono successive modifiche. L‟assetto del Cimitero comincia a variare in particolare dopo il secondo Dopoguerra anche se tra le due guerre c‟era stato un piccolo ampliamento che aveva però mantenuto intatta la tipologia. Verso gli anni „60

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vennero tolti dal primo campo gli inumati e venne fatto un pesante intervento di cinque piani di loculi fuori terra e altrettanti interrati; verso gli anni „70, vennero costruite le prime cappelle di famiglia.

Attualmente c‟è un campo centrale, con la chiesa/cappella di fronte all‟ingresso, a destra altri due campi, nel primo dei quali a procedere vi sono poste tre lapidi che formano una sorta di quadrato aperto ove sono commemorati i fanesi caduti in guerra, a sinistra un grande locale e in fondo il famedio. Sia il tributo ai caduti che lo stesso famedio segnano una forte particolarità di questo luogo della memoria che come tale dovrebbe essere costruito su racconti personali ed unici. Si tratta di due elementi molto significativi che affrontano da un lato il problema dei caduti e quindi dei cimiteri di guerra, dall‟altro quello di celebrare degnamente le persone famose che hanno dato un contributo significativo alla storia e alla cultura della città.

La cultura fanese è ricca di persone celebri:

diplomatici, letterati, architetti, scenografi, trattatisti, attori, musicisti, pittori, incisori, matematici e scienziati. Non poteva mancare allora un posto dove ricordare queste persone al di là delle opere che hanno compiuto, attraverso appunto la solidità della pietra e della scrittura. Il famedio, luogo destinato alla celebrazione di persone illustri attraverso lapidi o iscrizioni, può anche non contenere la salma del defunto. In particolare quello del cimitero di Fano è costituito da una specie di tempio laico al quale si accede tramite una piccola scalinata, entrando si possono vedere busti in marmo appoggiati su

colonne alte più o meno un metro e mezzo; vi è ad esempio quello di Cesare Rossi (1829-1898), attore e capocomico della compagnia teatrale

“Città di Torino”, Ruggero Mariotti che come dice il suo epitaffio fu un fante della Grande Guerra e Deputato al Parlamento, Fabio Tombari lo scrittore fanese che ancora oggi viene ricordato per aver cantato in tante sue opere Fano e la sua gente.

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dell‟aumento della popolazione. Infatti statisticamente tra la fine degli anni ‟70 e l‟inizio degli anni ‟80 il totale della mortalità a Fano poteva essere considerato attorno alle 500 unità annue. Inoltre sempre in quegli anni nacque la necessità di restaurare e rendere più funzionali i cimiteri periferici come quello di S. Andrea, Roncosambaccio, Carignano, S. Cesareo, Bellocchi. Il problema principale dell‟amministrazione locale fu innanzitutto quello di trovare una soluzione ad un problema urgente che soltanto un nuovo cimitero poteva risolvere. S‟avviò dunque la procedura amministrativo-burocratica molto complessa per la ricerca di un‟area idonea e cioè capace di ospitare circa 25.000 salme. Nella variante al Piano Regolatore del 1977 viene indicata idonea alla costruzione del cimitero un‟area a monte della frazione di Fenile in zona collinare, abbastanza isolata (lontana dalle aree residenziali) e geologicamente adatta. Il luogo infatti doveva essere fuori dal centro abitato, lontano dagli occhi degli abitanti della città. La struttura cimiteriale viene considerata Impianto e non Attrezzatura. L‟Attrezzatura è fruibile dal pubblico, dalla collettività, mentre l‟Impianto è al

servizio della comunità ma non accessibile a questa.6 Il cimitero è stato considerato dal redattore del Piano Regolatore come Impianto, come deposito appunto. Questa problematica della diversa funzione è presente anche a livello accademico; taluni considerano il cimitero un deposito, quindi Impianto, altri lo considerano Attrezzatura. Se si opta per la prima ipotesi il cimitero deve essere il più lontano possibile, deve disturbare il meno possibile, deve esser poco visibile. Il piano regolatore del 1977 allontana il cimitero dal centro abitato, perdendo così la connotazione di Attrezzatura che invece esisteva prima del decreto napoleonico, quando i defunti venivano seppelliti dentro o appena fuori le chiese che quindi avevano un ruolo polifunzionale. Napoleone con il decreto del 1804 garantì con un insieme di norme la funzionalità igienico-sanitaria, e nel contempo identificò un luogo assolutamente monofunzionale. Gli architetti incaricati del progetto del nuovo cimitero, prefigurarono un uso polifunzionale dello spazio, proprio per restituire il cimitero alla città che in questo modo integra la nuova struttura con opportune

6 Esempi di impianto possono essere appunto gli impianti elettrici, le cabine di trasformazione, mentre le attrezzature sono le biblioteche, i centri sociali (G. Abbate, “Enciclopedia dell‟Urbanistica” Vol. VIII - Rappresentazioni, Franco Angeli Editore, 1957)