L’atteggiamento della Cina nei confronti dell’Unione Europea
12. La Cina ha intenzione di ospitare il primo forum dei giovani leader politici di Cina e dei Paesi CEE16 nel 2013 e di invitare i
giovani rappresentanti di entrambe le parti a partecipare al forum per aumentare la comprensione e l’amicizia reciproche.
Il summit di Varsavia non è stato un vero e proprio incontro tra diciassette rappresentanti di Stati per la discussione di progetti congiunti: si è trattato più che altro di un forum tra sedici primi ministri europei da un lato e Wen Jiabao dall’altro, che ha
costituito la sede per discutere di accordi bilaterali, nonché il format da adottare per le negoziazioni future.
Il coinvolgimento della Cina nell’Europa Centro-‐‑Orientale è presumibilmente un risultato della crisi dell’Unione Europea. Sono stati proprio i problemi economici dell’UE a far volgere l’attenzione della Cina sui Paesi CEE16. La Repubblica Popolare Cinese è alla continua ricerca di nuovi mercati per i propri prodotti e al momento l’Europa dell’Est offre sia un ampio mercato (il proprio) sia un punto d’ingresso per il mercato unico europeo, oltre che ottime opportunità di investimento, una manodopera specializzata a basso costo e una legislazione favorevole agli investimenti stranieri.
In realtà, i 16 Paesi CEE non esistono come unica entità: la “creazione” di questa regione è avvenuta proprio ad opera della Cina. E’ la Cina che, rapportandosi ad essi come ad un blocco unitario, ha conferito loro una presunzione di unitarietà; ma i sedici stati sono molto diversi tra loro e nemmeno tutti facenti parte dell’UE. Ciascuno Stato, poi, intrattiene relazioni bilaterali con Pechino e, in questo senso, i Paesi dell’Europa Centro Orientale sono in competizione tra loro. Ne è esempio la rivalità che vi è stata tra Romania, Serbia e Bulgaria per ospitare il secondo summit Cina-‐‑CEE16.
La scelta di “creare” la regione CEE16 come controparte è da ricollegare a diversi fattori. Anzitutto, gli Stati interessati hanno tutti intrattenuto negli anni relazioni diplomatiche amichevoli con la Cina, caratteristica che per Pechino risultava sufficiente a costituire un comune denominatore. Poi, la Cina ha
l’inclinazione a cooperare con controparti estese, ma anche l’interesse a non fronteggiare direttamente l’Unione Europea nel suo complesso: cooperare con una regione più ridotta, seppur composta da più Stati, la maggior parte dei quali membri UE, le permette di gestire il rapporto in una maniera più pragmatica e meno politicizzata di quanto potrebbe se dovesse rapportarsi all’UE nel suo complesso, e di avvicinarsi comunque alla stessa in maniera graduale, tramite la sua “porta orientale”.
Tuttavia, la presenza di Stati membri UE nella regione crea un problema di compatibilità degli accordi presi nel quadro della cooperazione Cina-‐‑CEE16 con la normativa europea, che costituisce una cornice legale dalla quale i Paesi membri non possono prescindere. I problemi di compatibilità si pongono soprattutto per le materie concorrenti, come le politiche agricole e commerciali, nonché per la materia degli investimenti, che dalla ratifica del Trattato di Lisbona è stata attribuita alla competenza esclusiva dell’UE. Sorgono dunque problemi di armonizzazione e di competenza.
Inoltre, solleva preoccupazioni anche la linea di credito di cui al punto 2, le cui condizioni di offerta sono più favorevoli per gli stati che non siano membri UE, poiché i progetti commerciali da realizzare all’interno dell’Unione non possono essere sostenuti con garanzie di Stato.
Interferenze potrebbero sorgere anche con riferimento all’Agenda di cooperazione strategica 2020, nella quale si inseriscono le negoziazioni per un accordo bilaterale tra Unione Europea e Cina che hanno avuto luogo tra il 2013 e il 2014. Il
tema sarà analizzato più approfonditamente nel prossimo capitolo.
La situazione può essere rappresentata graficamente nel modo che segue.
Figura 3: il triangolo UE-‐‑Cina-‐‑Stati CEE16
In conclusione, l’espansione economica della Cina verso i Paesi dell’Europa Centro Orientale ha, su questi Stati e sull’Unione Europea, un impatto in parte positivo e in parte negativo.
La presenza della Cina nei Paesi CEE può costituire un aiuto per una ripresa economica in tempi di crisi: soprattutto, i flussi di capitale cinese possono determinare un aumento del numero di posti di lavoro e instillare fiducia nel mercato e nella ripresa economica. Gli Stati CEE che attraggono capitale cinese sembrerebbero riuscire a coinvolgere la Cina piuttosto che contenerla, che costituisce uno degli obiettivi della politica estera dell’UE. Dall’altra parte, però, l’allettante prospettiva di poter contare sul capitale cinese fa nascere competizione tra gli Stati, che si ripercuote anche al livello dell’Unione Europea, contribuendo ad accentuare i divari e le divisioni al suo interno. Inoltre, la Cina può fornire un modello competitivo per lo sviluppo alternativo a quello proposto dall’UE e meno oneroso di questo, perché slegato dalle condizioni e dai requisiti richiesti dall’Unione, e potrebbe così ostacolare il processo di integrazione dei “nuovi” Stati europei con i “vecchi”.41
La creazione di istituzioni ufficiali e la stipulazione di accordi che potrebbero interferire con le competenze dell’Unione e dar luogo a incongruenze con le politiche UE già stipulate nei confronti dei Paesi CEE è causa di apprensione a Bruxelles.
41 Si tratta di una terminologia utilizzata da diversi studiosi e ricercatori che non implica considerazioni di valore, ma è unicamente volta a identificare i due gruppi di Stati UE antecedenti o successivi al quinto allargamento.
L’Europa è tuttora un partner commerciale essenziale per la Cina, ancora molto interessata ad avere accesso e investire nel mercato unico europeo. Considerato ciò, se l’Unione Europea non vuole correre il rischio che i suoi Stati membri stringano in autonomia accordi economici con la potenza asiatica, ma vuole sfruttare l’interesse della Cina in Europa e impedire che esso possa minare il processo di integrazione europea, dovrebbe trattare con la Cina come una entità unitaria, il che richiederebbe che l’UE avanzasse con essa una politica coerente ed omogenea.
Si afferma anche in questo caso, quindi, la necessità di una politica UE di “coinvolgimento reciproco”, che costituisca l’equivalente europeo della strategia win-‐‑win cinese; ma potrebbe risultare comunque insufficiente se non si accompagna ad una complementare strategia di integrazione tra “vecchi” e “nuovi” Stati membri.