L’atteggiamento dell’Unione Europea nei confronti della Cina prima e dopo la crisi
3. L’impatto della crisi economica sui rapporti tra Stati Membri e Cina
Nell’analisi condotta dall’ECFR nel 2009 in “A Power Audit of EU-‐‑China Relations” gli Stati Membri erano raggruppati in quattro categorie (riportate nel grafico a pagina 40): gli “industrialisti assertivi”, i “liberoscambisti ideologici”, i “mercantilisti accomodanti” e gli “europeisti passivi”.
Si trattava, ovviamente, di approssimazioni: come gli stessi autori sottolineavano, un cambio di governo in uno Stato Membro poteva avere un impatto sulla politica del Paese in questione verso la Cina sufficiente a farlo passare repentinamente da un gruppo ad un altro, come è accaduto nel 2005 in Germania, quando Angela Merkel ha preso il posto di Gerhard Schröder come cancelliere; inoltre, come si evince dal grafico, la Francia sotto il Presidente Sarkozy non rientrava completamente in alcuna categoria.
• Gli industrialisti assertivi
Nel 2009 costituivano un piccolo gruppo composto da Germania, Repubblica Ceca e Polonia; l’unico disposto a tenere testa alla Cina su temi sia economici sia politici. Questi Paesi sostenevano che i rapporti sino-‐‑europei dovessero essere condizionati dalle forze del mercato ed erano favorevoli all’adozione di misure protettive anti-‐‑dumping contro i prodotti cinesi che godevano di sussidi sleali, a minacciare altre
iniziative di natura commerciale e a fare pressione sulla Cina con richieste legate a settori specifici.
Il secondo grafico mostra che questo gruppo si è scisso. La Repubblica Ceca e la Polonia sono diventate meno assertive nelle materie economiche al fine di attrarre investimenti cinesi; la Germania ha ricevuto considerevoli benefici dalla domanda cinese per le sue esportazioni e vede un numero sempre maggiore di imprese cinesi competere con quelle tedesche in questo ambito.
• I liberoscambisti ideologici
Danimarca, Svezia, Paesi Bassi e Gran Bretagna; pronti a far pressione sulla Cina su temi politici ma contrari ad azioni restrittive del commercio bilaterale. Opponendosi a qualsiasi forma di ingerenza nei rapporti commerciali, rendevano difficile per l'ʹUE lo sviluppo di una risposta integrata e coerente. La loro ideologia del libero scambio era espressione di interessi economici nelle opportunità che il mercato cinese offriva alle loro industrie high-‐‑tech e comparti dei servizi finanziari.
Questi loro interessi, tuttavia, sono stati frustrati dalle continue limitazioni all’accesso al mercato cinese. Adesso questi Paesi riconoscono che, per ottenere dalla Cina l’apertura del mercato e per stabilire regole più eque e chiare, occorre un potere contrattuale forte, eppure hanno bisogno anche di fare affari nel breve termine: fanno quindi affidamento sul fatto che sia l’Unione Europea a premere per la reciprocità del mercato e intanto concludono contratti per conto proprio.
• I mercantilisti accomodanti
Costituivano il gruppo più grande, che comprendeva Bulgaria, Cipro, Finlandia, Grecia, Ungheria, Italia, Malta, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna. Erano accomunati dall’idea che un buon tenore di relazioni politiche con la Cina avrebbe portato a benefici commerciali; era, inoltre, loro opinione che nei rapporti con la Cina dovessero prevalere le considerazioni economiche. Questi Paesi erano pronti a introdurre misure protezionistiche, per esempio tariffe anti-‐‑ dumping, e contrari a concedere alla Cina lo status di “economia di mercato”.26
I loro istinti protezionistici erano controbilanciati dalla tendenza ad evitare scontri su questioni politiche. Il loro rifiuto di esercitare pressioni su Pechino per temi politici ha impedito che l’Europa assumesse una posizione più coraggiosa su temi come il Tibet o i diritti umani.
La Figura 2 mostra come questi Paesi abbiano cambiato notevolmente approccio. Duramente colpiti dalla crisi economica, hanno un disperato bisogno del denaro cinese, che ora per Italia, Portogallo e Spagna (un tempo pionieri delle
26 In base all’articolo 15 del protocollo per l’adesione della Cina all’OMC, ratificato nel 2001, i membri dell’OMC possono utilizzare il confronto dei prezzi con i Paesi terzi per determinare le tariffe anti-‐‑dumping sulle importazioni cinesi. Riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato farebbe venir meno il diritto a ricorrere a tali comparazioni (che in ogni caso si estinguerà nel 2016), rendendo più difficile intraprendere procedure anti-‐‑ dumping contro la Cina.
dispute sul tessile con la Cina) prevale sulle preoccupazioni per le industrie d’esportazione ad elevata intensità di lavoro, mentre i Paesi dell’Europa centro-‐‑orientale cercano di accaparrarsi investimenti dalla Cina, essendo diminuiti i flussi provenienti dall’Europa.
• Gli europeisti passivi
Gli europeisti passivi (Austria, Belgio, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lituania e Lussemburgo) non ritenevano che i rapporti con la Cina fossero cruciali nella loro politica estera e di conseguenza preferivano delegare all’Unione Europea il compito di gestirli, creando così la percezione che la Cina non fosse una priorità per l’UE. Adesso questo gruppo è sul punto di estinguersi: praticamente nessuno tra gli Stati Membri omette di considerare la Cina nella propria politica internazionale, soprattutto poiché il supporto finanziario che la Cina è in grado di offrire fa parte delle strategie di ciascuno di essi per uscire dalla crisi.
Nella Figura 2 questi quattro gruppi sono stati sostituiti dalle due categorie dei “Frustrated market openers” (“fautori frustrati di un’apertura del mercato”), che comprendono gli ex “liberoscambisti ideologici”, Germania e Francia, e i “cash-‐‑ strapped deal seekers“ (letteralmente “Paesi al verde in cerca di affari”) che coincidono con i mercantilisti accomodanti, ad eccezione di Finlandia e Slovenia. Gli europeisti passivi sono sul punto di scomparire.
I “Frustrated market openers” danno priorità alla richiesta di reciprocità d’accesso al mercato, specialmente in materia di appalti pubblici. Sia per principio, sia perché lo credono in proprio interesse, si oppongono alle manovre per restringere l’accesso della Cina al mercato europeo, e tuttavia considerano la minaccia di tali misure come uno strumento negoziale da adoperare con la Cina.
Gli ex liberoscambisti ideologici e la Germania sembrano essersi spostati sulla posizione della Francia, da sempre sostenitrice di una politica europea unitaria. Questa unità è però messa a repentaglio dai “cash-‐‑strapped deal seekers”: Paesi della periferia dell’UE fortemente indebitati e in disavanzo che un tempo guardavano alla presenza della Cina in Europa con diffidenza e preoccupazione e che ora si contendono il business cinese.