L’atteggiamento della Cina nei confronti dell’Unione Europea
4. La questione ucraina e la crisi in Crimea: due opportunità per la Cina
Vi sono altre, ben diverse da quelle finora analizzate, situazioni di crisi alla periferia dell’Europa che presentano una grande opportunità per la Cina di rafforzare la propria posizione
nell'ʹatlante geopolitico mondiale: la questione ucraina e la crisi della Crimea.
Il 21 novembre del 2013 il governo di Viktor Yanukovich si è rifiutato di firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea. La decisione, presa dopo un incontro a Mosca con il presidente Vladimir Putin, ha di fatto riportato l’Ucraina sotto l’influenza della Russia e ha scatenato le proteste dei cittadini ucraini favorevoli all’adesione all’Unione Europea.
Le proteste di piazza, iniziate in modo pacifico, hanno presto preso una piega violenta. Trentacinque persone sono state arrestate e il giorno successivo, il 1° dicembre 2013, circa trecentomila persone si sono riversate in piazza. L’UE ha condannato le repressioni.
Il 17 dicembre Russia e Ucraina hanno annunciato un accordo per cui il Cremlino investirà 15 miliardi di dollari in titoli di Stato ucraini e ridurrà di un terzo il prezzo del gas. Le proteste si sono momentaneamente calmate, ma il pestaggio della giornalista Tetyana Chornovol il 25 dicembre le ha riaccese.
Il 16 gennaio il governo ucraino ha adottato leggi che prevedevano restrizioni per i raduni e pene severe per chi partecipava a cortei non autorizzati. E’ cominciata così una seconda ondata di proteste, accompagnata da una repressione violenta che è sfociata in diverse uccisioni di manifestanti durante gli scontri.
Dopo il ritiro delle leggi anti-‐‑protesta, a Kiev sembrava essere tornata la calma; ma in seguito all’ennesima repressione della
polizia sui manifestanti che marciavano sul Parlamento, dove le modifiche costituzionali per ridurre i poteri del presidente non erano state discusse42, terminata con 26 morti e centinaia di feriti, l’Europa ha iniziato a considerare di imporre sanzioni alle autorità di Kiev. Al peggiorare della situazione il Presidente Yanukovich si è dato alla fuga ed è stato delegittimato dal parlamento; Julia Timoshenko è stata scarcerata.
L’Ucraina è una pedina di vitale importanza dello scacchiere geopolitico internazionale, specialmente per Europa e Russia. Per la Russia è fondamentale controllare i gasdotti ucraini attraverso cui passano i rifornimenti di gas naturale per l'ʹEuropa; per i Paesi europei la sicurezza energetica dipende in buona misura da Mosca. Anche lo sbocco sul Mar Nero è fondamentale per la Russia, che non ha porti dal pescaggio sufficiente ad ancorare la sua flotta mercantile e bellica. Attualmente la sua flotta è ancorata a Sebastopoli, in Crimea, in base a un accordo firmato tra Yanukovich e Putin.
La Crimea rappresenta il principale centro degli interessi del Cremlino, tanto che le spinte autonomiste sono un tentativo di Mosca di tornare a controllare la regione.
42 SENEGHINI Federica, “Ucraina, cosa sta succedendo?”, Corriere della Sera del 19 gennaio 2014, nella versione online come modificata il 20 febbraio 2014, consultabile su http://www.corriere.it/esteri/14_gennaio_29/ucraina-‐‑ cosa-‐‑sta-‐‑succedendo-‐‑protesta-‐‑spiegata-‐‑7-‐‑punti-‐‑70601430-‐‑88d7-‐‑11e3-‐‑9f25-‐‑ fc2a5b09a302.shtml
Anche gli Stati Uniti sono interessati all’esito delle vicende ucraine, perché senza l’Ucraina il peso geopolitico della Russia si ridurrebbe considerevolmente.
Nel referendum del 16 marzo 2014 il 96,7% degli elettori della Crimea ha votato a favore dell’annessione da parte della Russia, tornando così alla situazione antecedente al 1954, quando la penisola è entrata a far parte dello Stato ucraino. Da più parti si è levata l’accusa che la Russia sia stata il burattinaio che ha manovrato i fili di questo referendum.
Sempre nel mese di marzo, gli USA hanno presentato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una risoluzione (appoggiata da 41 Paesi) per la dichiarazione di invalidità del referendum in Crimea. Ovviamente, la risoluzione è stata bloccata dal veto della Russia. La Cina si è astenuta dal voto.
Il significato dell’astensione è evidente: La Cina non ha preso posizione perché non può appoggiare apertamente nè l’annessione della Crimea né una condanna alla Russia, con cui ha instaurato da tempo un proficuo partenariato strategico. L’instabilità politica in Ucraina potrebbe durare a lungo. La Cina non ha bisogno di schierarsi dalla parte dell’uno o dell’altro contendente, perché è in una posizione tale da trarre benefici da qualsiasi possibile esito della vicenda.
Sia Washington che la Russia hanno cercato l’appoggio della Cina sulla questione ucraina. Il primo per contenere la Russia, la seconda per trovare un nuovo sbocco al proprio mercato dell’energia, che rischia di essere messo in crisi dalla possibile
perdita dell’Unione Europea come partner commerciale e dalle sanzioni che la Nato e l’UE potrebbero imporle.
Gli unici Stati che potrebbero comportare delle perdite per la Cina sono i Paesi dell’Europa Centro-‐‑Orientale: Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania. Questi si stanno avvicinando ulteriormente all’Occidente per tutelare la propria sicurezza; tuttavia, è improbabile che assumano una posizione critica nei confronti della Cina, proprio in virtù degli accordi scaturiti dai recenti Summit tra Paesi CEE e Cina e del loro bisogno di investimenti cinesi.
La Cina nutre profondi interessi sia nel territorio russo sia in quello ucraino.
In Ucraina la Cina è il terzo investitore, dopo la Russia e l’Unione Europea. Mancano dati ufficiali, ma secondo i dati cinesi recuperati dal Sole24ore43, il commercio bilaterale tra la Repubblica Popolare Cinese e l’Ucraina nel 2013 ammontava a 11,12 miliardi di dollari. Tra le prime voci dell’import ci sono auto e apparecchiature elettriche (corrispondenti al 25,4% del totale delle importazioni della Cina in Ucraina), persino reattori nucleari e attrezzature (10,9%), calzature (7,7 %), plastica e polimeri (5,7 %), prodotti tessili, abbigliamento e accessori (5,4 %), veicoli (4%) , giocattoli (3,3 %), prodotti di metalli ferrosi (3,1 %), mobili (2,7 % ) e articoli di maglieria (2,6 %).
43 FATIGUSO Rita, “Quel tesoro cinese bloccato in Ucraina”, Il Sole 24 ore, 4 aprile 2014, http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-‐‑04-‐‑04/quel-‐‑tesoro-‐‑ cinese-‐‑ bloccato-‐‑ucraina-‐‑170331.shtml?uuid=ABfTfL8
Di recente, la Cina ha avviato una serie di progetti di investimento in Ucraina. Lo scorso settembre girava voce che il colosso agricolo China’s Xinjiang Production and Construction Corps (XPCC) avesse acquistato dal governo ucraino il diritto a coltivare oltre 3 milioni di ettari di suolo per un arco temporale di 50 anni. Kiev ha prontamente smentito la notizia, ma l'ʹaccordo, sembra esser stato raggiunto comunque, seppur non attraverso vie ufficiali. La Cina ha bisogno di terre coltivabili, sia per soddisfare il suo enorme fabbisogno alimentare, sia perché un quinto della sua superficie agricola risulta inquinato.
L’operazione è stata condotta dalla Bingtuan, organizzazione governativa economica e semi-‐‑militare della provincia autonoma dello Xinjiang Uyghur. In cambio dell'ʹaffitto, la China'ʹs Import-‐‑Export Bank avrebbe corrisposto all’Ucraina 3 miliardi di dollari. L’accordo includeva anche semi e attrezzature agricole e la costruzione di un impianto per la produzione di fertilizzante e di un impianto per produrre sostanze di protezione per le colture. In più, prevedeva copiosi finanziamenti per il miglioramento delle vie di comunicazione con la Crimea e la costruzione un ponte sullo stretto di Kerch, importante distretto commerciale sul Mar Nero (un affare che ammonta a 10 miliardi di dollari).
Ad un incontro con l'ʹambasciatore della Repubblica Popolare Cinese Zhang Siyun, il ministro ucraino delle politiche agrarie Igor Shvayka ha ribadito l'ʹimportanza per l'ʹUcraina di proseguire nella cooperazione con la Repubblica Popolare Cinese. L'ʹambasciatore cinese, da parte sua, ha assicurato le
intenzioni del Partito a continuare il partenariato strategico tra i due paesi nei contratti già firmati.
Per tutelare i propri investimenti in Ucraina alla Cina conviene che nella regione sia mantenuto lo status quo. Inoltre, l’acquisto di attrezzature militari dall’Ucraina è per la Cina di fondamentale importanza, e se l’Ucraina entrasse a far parte dell’Unione Europea e della Nato sarebbe tenuta a rispettare l’embargo sulla vendita di armi alla Repubblica Popolare Cinese.
Tuttavia, la Cina ha ingenti interessi anche in Russia, uno dei suoi principali partner commerciali.
Dopo i fatti di Tienanmen del 1989 e il conseguente embargo, circa il 90% delle forniture militari cinesi proviene da Mosca. Anche dal punto di vista energetico la Russia costituirebbe una risorsa preziosissima per la Cina: l’isolamento della Russia nella comunità internazionale potrebbe avere come effetto quello di spostare le sue esportazioni dall’Europa al Paese asiatico.
La Russia è il maggior fornitore di gas naturale in Europa: tramite i gasdotti che attraversano l’Ucraina transita il 34% delle importazioni. Proprio per non correre rischi qualora si verificassero eventi quali quelli che hanno ora luogo in Ucraina, l’Europa ha da tempo intenzione di diversificare le proprie fonti energetiche. Per la Russia sarebbe molto difficile trovare un altro cliente ampio quanto l’Europa, alla quale è destinato il 65% delle esportazioni di gas naturale russo. Una restrizione alle importazioni europee intaccherebbe pesantemente il suo budget, e in questa ipotesi la scelta più logica per la Russia
sarebbe rivolgersi ad est, dove non può trovare cliente migliore della Cina.
Negli ultimi dieci anni Cina e Russia hanno negoziato un contratto per la fornitura di gas senza mai giungere ad un accordo sul prezzo. PetroChina non intende acquistare a prezzi maggiori di quelli a cui acquista l’Europa (circa 10,5$ per un milione di BTU). Gazprom, la più grande compagnia russa per la fornitura del gas e l’unica con gasdotti di esportazione, sostiene che lo sviluppo delle reti siberiane e la creazione di gasdotti tra le due nazioni sarebbero sostenibili solo con prezzi superiori ai 13,4$ per milione di BTU.
Il 20 Aprile 2014, tuttavia, fonti russe ufficiali hanno annunciato che l’accordo sul gas verrà discusso in occasione della visita di Putin in Cina che si terrà a maggio, il che probabilmente significa che la Russia si piegherà alle richieste cinesi.
Grazie alla sua abilità a trattare affari sfruttando situazioni di conflitto la Cina riuscirà ad assicurarsi contratti di fornitura energetica a un prezzo molto più basso di quello che avrebbe ottenuto in circostanze e tempi differenti.
C’è però un’altra ragione alla base della posizione neutrale assunta dalla Pechino.
La Cina si è astenuta dal votare sulla condanna di Mosca sapendo che il veto russo l’avrebbe comunque bloccata. Pur avendo dichiarato di augurarsi che “la vicenda della Crimea sia gestita in maniera appropriata e risolta attraverso il dialogo politico il prima possibile, nel rispetto delle fondate
preoccupazioni e dei diritti delle parti coinvolte”44 e confermato quindi la sua volontà di non schierarsi, di fatto inclina la propria posizione verso Mosca.
Non può prendere apertamente posizione per motivi che non sono legati soltanto a interessi commerciali.
Appoggiando la Russia, contraddirebbe due immutabili capisaldi della sua politica estera: la non interferenza degli affari interni di un Paese e il rispetto dell’integrità territoriale.
La Cina sostiene da lungo tempo che parte di una nazione non possa votare legittimamente per la secessione, a meno che tale possibilità non sia prevista in Costituzione. Così è per la Costituzione russa, ma non per quella ucraina.
Un decennio fa, durante la presidenza di Chen Shui-‐‑bian in Taiwan, era sorto un movimento che proponeva un referendum per ottenere l’indipendenza dell’Isola dalla Cina. In tale circostanza Pechino sostenne che i 23 milioni di cittadini di Taiwan non avrebbero potuto decidere autonomamente per la secessione, e che, per essere valido, un referendum avrebbe dovuto includere l’intera popolazione del mainland (1,351 miliardi di persone). Ciò significa che la Cina ha sul proprio territorio movimenti che troverebbero nella conferma della invalidità del referendum ucraino terreno fertile per le proprie rivendicazioni.
44 Affermazione del Ministro per gli Affari Esteri cinese Hong Lei in data 18 marzo 2014 ,
La Cina vuole impedire che un proprio eventuale avallo alla causa ucraina costituisca un pericoloso precedente che possa mettere in discussione le sue politiche in Tibet, in Taiwan, nello Xingjiang.
Tuttavia, la Cina è ormai una potenza globale inserita in un sistema di rapporti con gli Stati e le istituzioni democratiche d’Occidente. In quanto tale, è sempre più difficile che possa rimanere in disparte e praticare una politica di disinteressamento. E’ una potenza ormai troppo grande e troppo in risalto nel panorama mondiale perché le sue prese di posizione (o la loro mancanza) passino inosservate.