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Bibliografia della sezione

2.1 Il III municipio

2.1.2 La definizione del sistema attuale

2.1.2.1 La Città Giardino Aniene

Le mura aureliane, simbolo del nucleo storico della città, si apriro- no all’espansione verso nord est negli anni Venti del ‘900 quando Gustavo Giovannoni, sulla base delle teorie di Sitte e del modello delle New Town inglesi, progettò il complesso Città Giardino Anie- ne, un’iniziativa consorzile pubblico privata situata tra la Salaria e la Nomentana. Il progetto verteva su tre capisaldi: l’autonomia, la bassa densità abitativa e la presenza del verde. Il quartiere era destinato alla classe medio borghese dei dipendenti di Ministeri e Ferrovie dello Stato e vedeva il ripetersi di villini e edifici pubblici declinati secondo lo stile barocchetto che si attestavano su di un impianto stradale contraddistinto da tracciati curvilinei e irregolari, che seguissero la morfologia collinare del terreno, e che potesse- ro usufruire del respiro che il parco dell’Aniene a sud dava loro. Proprio a partire dagli anni cinquanta la caratteristica estensiva del quartiere è stata aggredita dalle sostituzioni edilizie successive a più alte cubature, fino ad essere totalmente inglobata dalla città in una fitta maglia completamente edificata tramite palazzine, rendendone leggibile l’origine solamente attraverso l’impianto viario.

2.1.2.2 Le borgate

rustiche connotarono negativamente la storia della periferia roma- na fino al loro completo smantellamento negli anni Settanta. Gli aspetti comuni di miseria e avvilimento condivisi dalle borgate, sono accentuate in quelle governatoriali dalla provvisorietà delle strutture abitative, talvolta dalla mancanza di servizi igienici e dal genera- le clima di segregazione che vi era imposto. La concomitanza del trasferimento di una quota notevole di famiglie indigenti dal centro verso la periferia e una sensibile accentuazione del fenomeno della disoccupazione e del pauperismo, conferirono a tale dislocazione un forte senso di disagio anche morale.1

A questa fase risaliva la prima Pietralata: nata in un’area compresa tra via Tiburtina a sud e via Nomentana a nord, ospitava agricol- tori ed ex combattenti, era dotata di una scuola e una chiesa, ma rimaneva mal collegata con la città e non tutelata dagli allagamenti dell’Aniene in piena.

Le borgate di seconda generazione, dette “case popolarissime”, ri- salgono invece al 1935 e alla responsabilità dell’Istituto Fascista Autonomo Case Popolari (IFACP) che aveva a presidente Alberto Calza Bini. Ad esse si rivolsero, in ultima battuta, coloro che furono sfrattati a causa del Piano Regolatore e dei suoi sventramenti previsti nel centro: la maggior parte di questi sfrattati trovò una soluzione abitativa rivolgendosi al mercato privato; la stratificazione sociale di questi esuli del centro decretò diverse soluzioni, per chi potesse permetterselo si offrirono abitazioni più centrali e rifinite , le case economiche, oppure delle normali case popolari per coloro che disponevano di un reddito sicuro. In ultima battuta l’Ifacp collocò borgate dal 1922 con l’insediamento di Pietralata per poi attestarsi

intorno al 1930 con quello di Val Melaina e Tufello.

Le borgate romane che son periferie, luoghi malfamati, specchio di contrasti socioeconomici, riassumono il modo disordinato in cui la città è cresciuta e si è sviluppata, oscurandone il ruolo cruciale che le borgate costruite in epoca fascista hanno svolto, come direttrici di espansione, un po’ per tutte le direzioni. Sorte nel nulla, hanno co- stituito l’avamposto per l’edificazione di interi quartieri nati succes- sivamente, supportando l’allacciamento al centro cittadino di lembi più esterni di città; dopo quelle fasciste altre borgate hanno ripreso lo stesso modo di far avanzare la città, in un succedersi di periferie e strade generalmente poco battute da turisti.

Le prime borgate, dette governatoriali poiché vennero realizzati dal Governatorato di Roma, un organo di governo della capitale che Mussolini aveva posto al servizio dei proprio programma, cosi come il suo avamposto, il principe Boncompagni Ludovisi, vennero esco- gitate, a cavallo tra gli anni venti e gli anni trenta, come la soluzione più economica e veloce per affrontare il problema dell’alloggio per una serie di categorie: baraccati, sfrattati, disoccupati, saltuari, una popolazione di emarginati le cui caratteristiche morali, economiche e a volte anche politiche, stridevano con l’immagine nuova che il re- gime cercava di imprimere a Roma, chiamata ad assolvere il ruolo di centro della rinascita della Nazione. Prenestina, Primavalle, Tea- no, Gordiani, Tor Marancio, Sette Chiese, Appio e la prima Pietra- lata, sorsero in pochi mesi di lavoro, a costo ridotto e sulla base di scarne indicazioni tecniche. Questi agglomerati costituiti da casette

gli sfrattati nelle borgate di seconda generazione.

Tra queste due grandi fasi di distinzione tra le borgate fasciste, a ca- vallo degli anni trenta i riflessi sociali della crisi economica, tradotti nell’aumento della disoccupazione e in forti riduzioni salariali, si tradussero in una diminuzione della capacità di spesa riservata alla casa da parte dei ceti popolari e impiegatizi. Intervennero quindi Calza Bini e l’Ifacp con i blocchi intensivi di Val Melaina e Donna Olimpia. Questi due insediamenti sono oggetto di diverse letture, talvolta fatte risalire alle borgate storiche, talvolta, come Insolera si credono realizzate a partire dal 1935; mi si permetta di seguire quella che trovo la più obiettiva tra le teorie, ossia quella proposta da Luciano Villani le pone come intermedie: la lontananza dalla città, la mancanza o incompiutezza delle infrastrutture primarie e la tipizzazione sociale dei destinatari degli interventi accomunano questi insediamenti con le borgate governatoriali, da cui comunque differiscono nelle caratteristiche architettoniche e costruttive e nei soggetti attuatori. Lo schema adottato dall’Istituto fu quello della tipologia intensiva, case alte e centralità urbana permettevano di sfruttare le possibilità e i vantaggi economici delle nuove tecniche costruttive. Questa ottica, promossa dal padre del Movimento mo- derno Walter Gropius, si riassunse a Roma nelle “case convenziona- te”, superblocchi che reclamizzavano appunto la formula del con- dominio e l’ingresso della grande impresa costruttrice nella scena urbana: il casermone si inserì quindi in un discorso architettonico collaudato nel quale l’Istituto si mosse con l’ausilio della grande impresa appaltatrice.

Il complesso di Val Melaina venne innalzato in mezzo alla campa- gna, sul lato sinistro della città Giardino Aniene. Esso è composto da fabbricati a sette piani che formano un’imponente unità abitativa per 2500 persone, disposta a blocco chiuso attorno al conseguente cortile interno. Il complesso riprende il tema del falansterio, unita- rio ed accentrato. I destinatari risalivano al gradino appena sopra rispetto a quello delle borgate governatoriali, dove furono collocati gli strati più bassi della scala sociale: le famiglie erano povere, ma sufficientemente inserite nel contesto economico cittadino.

La scelta di dislocare i caseggiati in una zona non raggiunta dallo sviluppo urbano comportò la necessità di spese ragguardevoli per fornire il quartiere dei servizi necessari e causò difficoltà di inseri- mento nel panorama lavorativo, in quanto l’unico nucleo industriale era la cartiera Aniene, in prossimità del fiume. La mancanza di in- dustrie e la difficoltà di trovare un impiego aumentavano il livello di indigenza sofferto nella borgata. La mancanza di servizi scolastici, di illuminazione, di agibilità dei percorsi viari, nonché la mancanza di fognature, resero Val Melaina tra le più attive borgate in fatto di richieste e esposti all’Ifacp, che dal 1933 provvide a un potenzia- mento dell’insediamento di Pietralata per poter incentivare i servizi e i collegamenti per entrambe le borgate. A questa fase si fa risalire anche il Tufello: la prima parte del quartiere, iniziata nel 1935, è predisposta anche per assorbire la richiesta della Direzione Gene- rale degli Italiani all’Estero per i rimpatriati di guerra. Questa zona ha carattere semintensivo con fabbricati di 2 o 3 piani fuori terra, accoppiati o in serie, e dotati di molto verde utilizzato ad orto o a