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Cittadinanza e diritti fondamentali degli extracomunitari nelle politiche dell’Unione e nella

Nel documento LL Università degli Studi di Padova (pagine 58-66)

CAPITOLO II - LAVORATORI E CITTADINANZA, DIRITTO COMUNITARIO E INTERNAZIONALE

8.2 Cittadinanza e diritti fondamentali degli extracomunitari nelle politiche dell’Unione e nella

Il diritto umanitario internazionale mira ad impegnare tutti gli Stati al riconoscimento ed al rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo, sia esso cittadino o straniero: fin dalla ideale origine comune delle dichiarazioni universali, la “dichiarazione dei diritti

dell’uomo e del cittadino” del 1789, alcuni diritti vengono affermati come universali ed

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COM(2000)757 COM(2003)336

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Tali diritti sono la libertà di circolazione e il diritto di dimora, il diritto al lavoro, a stabilirsi legalmente e fornire servizi, il diritto di votare e di presentarsi come candidato alle elezioni per il Parlamento europeo e alle elezioni comunali, il diritto alla protezione diplomatica e consolare, nonché il diritto di presentare una petizione e di accedere a documenti e il diritto a non essere discriminati per motivi legati alla nazionalità.

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Si vedano gli articoli 194 e 195 del Trattato che istituisce la CE, concernenti il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo e al mediatore e l’articolo 255 concernente l’accesso ai documenti.

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Si veda l’articolo 12 della proposta di direttiva relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano residenti di lungo periodo, che prevede la liberta di circolazione e il diritto di dimora entro l’Unione, il diritto al lavoro e a stabilirsi legalmente e fornire servizi.

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Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Finlandia.

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230 Si veda anche la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, adottata dal Consiglio d’Europa nel 1992 ed entrata in vigore nel 1997.

inalienabili, rifiutano ogni discriminazione, valendo per tutti gli uomini

indipendentemente dalla nazionalità, apparendo come strettamente collegati alla dignità umana intesa come peculiare condizione di esistenza e dunque ad esso spettati in

quanto uomo231.

I costituzionalisti nazionali hanno da tempo riconosciuto la necessità di regolamentare le condizioni degli stranieri con legge e nel rispetto delle norme internazionali generali e dei trattati232 ed inoltre hanno fatto rientrare fra i diritti fondamentali considerati

inviolabili anche quelli attinenti ai rapporti economici ed etico-sociali fra cui importanti diritti del lavoro quali il diritto ad una retribuzione equa e ai riposi, il diritto alla

previdenza e all’assistenza233.

Fra le fonti del diritto comunitario del lavoro vi sono le norme derivanti dal diritto internazionale generale e pattizio, di ampio e consolidato consenso234, che impegnano gli Stati aderenti a raggiungere ed a mantenere determinati standard di tutela dei diritti dei lavoratori anche se è opinione comune che nessuna normativa internazionale può porre dei limiti alla libertà dello Stato nell’ammettere gli stranieri al lavoro235 e nell’applicare un trattamento discriminatorio in base alla nazionalità, opinione confermata da atti recentemente adottati dal Consiglio europeo236.

Da molti decenni la dottrina si è impegnata costantemente nell’intento di ricavare dalle norme internazionali umanitarie e costituzionali un diritto alla migrazione, facendo importanti passi avanti sulla via di individuare dei limiti al potere degli Stati di

ammettere gli stranieri e discriminarli237. Fra tutte, sembra significativa l’osservazione

231 L.Carlassare, 1991, La “dichiarazione dei diritti” del 1789 e il suo valore attuale, in Principi dell’89 e Costituzione democratica, Padova, CEDAM

232 A.Cassese, 1975, in Commentario della Costituzione.Principi fondamentali, a cura di G.Branca, Bologna, Zanichelli –soc.editr. Il foro italiano, pag.509

233 A.Baldassarre, 1989, Diritti inviolabili, in Enc.giur. vol XI, Roma, Ist.Encicl.Italiano, p.27. V.Onida, 1995, I diritti fondamentali oggi, Padova, CEDAM, p.69

234 Convenzione europea relativa allo status giuridico dei lavoratori migranti, del Consiglio d’Europa ratificata da 8 paesi membri fra cui l’Italia; Carta sociale europea riveduta N. 163, Strasburgo, 3 Maggio 1996, Parti contraenti 9 fra cui l'Italia, Sostituisce la Carta sociale europea firmata a Torino il 18 Ottobre 1961; Convenzione OIL C97 del 1949 Migration for Employment Convention ratificata da 41 paesi fra cui l’Italia; Convenzione OIL C143 del 1975 Convention concerning Migrations in Abusive Conditions and the Promotion of Equality of Opportunity and Treatment of Migrant Workers ratificata da 8 paesi fra cui l’Italia; Raccomandazione OIL R151 del 1975 Recommendation concerning Migrant Workers; l’accordo di Schenghen del 14 giugno 1985 relativo all'eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni; accordi bilaterali su parità di trattamento e prestazioni previdenziali.

235 Bruno Nascimbene, 1984, Il trattamento dello straniero nel diritto internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè; Adelina Adinolfi, 1992, I lavoratori extracomunitari, Bologna, Il Mulino

236 Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, punto (12): Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe essere pertanto proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, ma non comprende le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni che disciplinano l'ammissione e il soggiorno dei cittadini dei paesi terzi e il loro accesso all'occupazione e alle condizioni di lavoro.

Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000 che attua il principio della parità di trattamento fra le persone

indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, punto(13): Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata sulla razza o l'origine etnica nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe pertanto essere proibita in tutta la Comunità. Tale divieto di discriminazione dovrebbe applicarsi anche nei confronti dei cittadini dei paesi terzi, ma non comprende le differenze di trattamento basate sulla nazionalità e lascia impregiudicate le disposizioni che disciplinano l'ingresso e il soggiorno di cittadini dei paesi terzi e il loro accesso all'occupazione e all'impiego.

237 A.M.Calamia, 1980, Ammissione ed allontanamento degli stranieri, Milano, Giuffrè, afferma che lo Stato non dovrebbe chiudere immotivatamente le frontiere in qualunque tempo, in contraddizione con i principi e le manifestazioni di volontà espresse in sedi internazionali; G.Sirianni, 1999, La polizia degli stranieri, Torino, Giappichelli, afferma che la libertà degli Stati a limitare

l’immigrazione incontrerebbe dei limiti nel commercio internazionale e nel diritto di un individuo a migrare, dai quali discenderebbe l’obbligo di uno Stato ad ammettere gli stranieri; P.Onorato, 1989, Per uno Statuto dello straniero, in Democrazia e diritto, afferma che la garanzia della generale libertà e sicurezza della persona contenuta nell’art.9 dei Patti sui diritti civili e politici, si ricava un diritto alla libertà di circolazione tra Stati poiché niente consentirebbe di pensare alla legittimità di una restrizione di tale libertà rispetto alla generale libertà della persona; Chemillier Gendreau, 1998, L’Injustifiable, Paris, secondo cui i limiti opponibili all’ingresso dello

fatta dalla dottrina costituzionalista italiana che mentre la circolazione del denaro, delle merci e dei mezzi di produzione viene sempre più liberalizzata, e ciò vale anche a livello globale, la circolazione delle persone continui ad essere impedita238. Limiti puntuali alla libertà degli Stati di non ammettere all’ingresso chi non è cittadino, sono individuati nella protezione indiretta operata dalle disposizioni di diritto internazionale umanitario. La Corte di Strasburgo ha fatto leva su alcune norme della Convenzione europea relativa allo status giuridico dei lavoratori migranti, del Consiglio d’Europa, quali il divieto di trattamenti inumani o degradanti, il divieto di discriminazione, il diritto al rispetto della vita familiare, che pure non riguardano direttamente il tema dell’ammissione dei lavoratori239 per affermare che la libertà degli Stati di ammettere lo straniero all’ingresso, pur non essendo limitata, deve essere esercitata in maniera

compatibile con gli accordi internazionali.

Fra i principi costituzionali fondamentali dell’Unione europea vi è la tutela dei diritti dell’uomo240. L’art.6 del trattato UE enuncia i diritti fondamentali della persona , libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, su cui l’Unione si fonda e che sono principi comuni agli Stati membri dell’Unione i quali generalmente riconoscono, fra i diritti fondamentali considerati inviolabili, quelli attinenti ai rapporti economici ed etico - sociali e li applicano anche nei confronti dei lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti; se non esiste un diritto alla migrazione, tuttavia le legislazioni dei paesi membri dell’Unione europea che regolamentano la materia dell’ingresso nei loro confini, sono basate sul rispetto del diritto internazionale umanitario.

Inizialmente nell’ambito comunitario furono le sentenze della Corte di Giustizia241 che intercettarono nella tutela dei diritti umani fondamentali anche alcuni diritti dei lavoratori migranti, e li considerarono un elemento essenziale della Comunità europea affermando, nei confronti dei diritti dei lavoratori stranieri, tanto la necessità

dell’osservanza di norme internazionali pattizie quanto la invalidità di atti contrari al diritto generalmente riconosciuto dall’ordinamento internazionale, in cui i trattati istitutivi delle Comunità europee si inseriscono.

straniero sarebbero solo quelli indicati dall’art.12 c.3 dei Patti sui diritti civili e politici e cioè la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico, la salute e la moralità pubblica, gli altrui diritti e libertà. Inoltre un limite alla libertà dello Stato di limitare l’ingresso è il principio di non discriminazione nel suo aspetto di regola di diritto internazionale generale per cui i mezzi di regolamentazione degli ingressi dovrebbero essere non discriminatori sia come criterio legislativo che come criterio amministrativo decisionale nel caso concreto che dovrebbe essere conforme a legge ma anche a ragionevolezza così da escludere le considerazioni discriminatorie

238 U.Allegretti, 1997, Costituzione e diritti cosmopolitici in G.Gozzi (a cura di), I fondamenti Costituzionali delle democrazie contemporanee, Bologna, Il Mulino, p.180

239 Corte europea dei diritti umani, sent.28 maggio 1985, Abdulaziz-Cabales-Bankandali contro Regno Unito. La Corte afferma che se il diritto d’ingresso e soggiorno dello straniero non è di per sé garantito dalla Convenzione, il controllo sull’immigrazione deve

nondimeno esercitarsi in maniera compatibile alla Convenzione. Il rispetto degli accordi internazionali e dei principi di non arbitrarietà, di uguaglianza e di motivazione delle esclusioni amministrative venne anche sottolineato dalla Corte Costituzionale italiana nella sentenza 20 gennaio 1977 n.46 dove si affermò, tra l’altro, la necessità di un riordinamento da parte del legislatore della materia in esame che coinvolgeva delicati interessi fondamentali di ordine umanitario.

240 Fausto Pocar, 2002, Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, Giuffrè

241 Corte G.C.E., sentenza 17 dicembre 1970, causa 11/70 Internationale Handelsgesellschaaft in raccolta1970, 1125. Sentenza 15 giugno 1978, sentenza Defrenne c. Sabena, raccolta 1978 1365, nella quale è affermato il divieto delle discriminazioni fondate sul sesso in materia di impiego e condizioni di lavoro, sulla base di un principio fondamentale del diritto comunitario in quanto la eliminazione di tali discriminazioni fa parte dei diritti fondamentali della persona umana.

Sentenza 12 settembre 1972, 24/72, Fruit Company, raccolta 1972 1219, la Corte afferma la necessità dell’osservanza di norme internazionali pattizie e in particolare sulla invalidità di atti contrari al diritto internazionale generale, dato che i trattati istitutivi si inseriscono nell’ordinamento internazionale, così che fra le regole relative alla loro applicazione sembrano rientrare le norme internazionali consuetudinarie proprie di tale ordinamento.

L’impegno ad intercettare fra i diritti tutelati dall’ordinamento comunitario quelli fondamentali già riguardati dal diritto internazionale242, quali i fondamentali diritti dell’uomo e quelli attinenti al diritto al lavoroxviii e a condizioni di vita non degradantixix dei lavoratori migranti, si ritrova nelle sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee che tendono ad avvicinare i diritti degli stranieri243 a quelli dei cittadini e ad ampliare il campo dei diritti normalmente concessi nell’Unione agli stranieri

interpretando estensivamente i particolari accordi detti “di associazione” e di “cooperazione” che l’Unione stringe con i paesi in via di sviluppo.

Il 5 Aprile 1977, successivamente alle prime sentenze della Corte riguardanti i diritti umani fondamentali, venne affermato, con la Dichiarazione comune di Parlamento europeo, Consiglio e Commissione, l’impegno alla tutela dei diritti umani

fondamentali244, quali risultano dalle Costituzioni degli Stati membri (e fra di essi vi sono importanti diritti sia degli stranieri che del lavoro), nonché dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.Secondo la Dichiarazione, il perseguimento degli obbiettivi comunitari e l’esercizio dei poteri è ispirato al rispetto di tali diritti.

Benché il rispetto dei diritti umani potesse già ritenersi implicitamente insito nelle regole relative all’applicazione dei trattati245 entro i paesi membri, l’impegno formale assunto dalle Istituzioni comunitarie nel 77 conferiva a tale rispetto una efficacia vincolante nei confronti degli atti comunitari successivi, ammettendo la possibilità di un annullamento degli stessi che non vi si adeguassero.

Il Trattato sull’Unione europea firmato a Maastricht nel 92, riprende tale impegno solenne all’art.6246 riferendosi ai diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 Novembre 1950, ed alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri,

242 Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 a New York; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo) Firmata a Roma il 4 novembre 1950, modificata a Strasburgo l'11 maggio 1994

243 Sentenza della Corte G.C.E. (CausaC-162/00) 29 gennaio 2002: «Relazioni esterne - Accordo di associazione Comunità/Polonia - Interpretazione dell'art. 37, n. 1, primo trattino - Divieto di discriminazioni fondate sulla nazionalità per quanto riguarda le condizioni di lavoro o di licenziamento dei lavoratori polacchi legalmente occupati nel territorio di uno Stato membro - Contratto di lavoro di un lettore di lingua straniera stipulato a tempo determinato - Effetto dell'entrata in vigore dell'accordo di associazione su un tale contratto». Sentenza della Corte dell'11 ottobre 2001, Cause riunite Mervett Khalil C-95/99, Issa Chaaban C-98/99 e Hassan Osseili C-180/99, contro Bundesanstalt für Arbeit e Mohamad Nasser (C-98/99) contro Landeshauptstadt Stuttgart e Meriem Addou (C-180/99) contro Land Nordrhein-Westfalen. Domanda di pronuncia pregiudiziale: Bundessozialgericht – Germania: Previdenza sociale dei lavoratori migranti - Normativa comunitaria - Ambito di applicazione ratione personae - Inclusione degli apolidi e dei profughi residenti nel territorio di uno Stato membro nonché dei loro familiari ad opera del regolamento n. 1408/71 – Validità - Art. 51 del Trattato CEE (divenuto art. 51 del Trattato CE, divenuto a sua volta, in seguito a modifica, art. 42 CE) e art.1, 2, n. 1, del regolamento (CEE) n. 1408/71; Libera circolazione delle persone - Lavoratori - Normativa comunitaria - Inapplicabilità ad una situazione meramente interna ad uno Stato membro, Regolamento del Consiglio n. 1408/71

244 Convenzione europea dei diritti umani; diritti fondamentali enunciati: diritto alla vita, divieto di tortura, divieto di schiavitù e lavoro forzato, diritto alla libertà e alla sicurezza, diritto ad un equo processo, principio del nulla poena sine lege, diritto al rispetto della vita familiare, libertà di pensiero, coscienza e religione, libertà di espressione, libertà di riunione e associazione, diritto al matrimonio, diritto ad un ricorso effettivo, divieto discriminazione, divieto all’abuso del diritto.

245 Fausto Pocar, 2002, Diritto dell’Unione e delle Comunità europee, Milano, Giuffrè, p.97

246 Trattato sull’Unione europea, versione consolidata 24.12.2002 Gazzetta ufficiale delle Comunità europee C 325/5; Articolo 6

1. L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri.

2. L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.

in quanto principi generali del diritto comunitario. La violazione grave e persistente di tali diritti può essere sanzionata dal Consiglio secondo la procedura prevista dall’art.7. A seguito del caso Haider, il Trattato di Nizza del 7 dicembre 2000 codificò una

procedura di controllo preventivo del rischio di gravi violazioni dei diritti fondamentali, attribuendo agli organi comunitari i necessari poteri di controllo.

In tale contesto il 25 novembre il Parlamento europeo ha approvato la Carta dei diritti fondamentali, intendendo fissare un insieme di diritti che l’Unione garantisce ai cittadini, nel momento che si accinge ad aprire le porte a 12 nuovi Stati membri, intendendo creare consensi all’Unione. Parte della dottrina ritiene che il valore

giuridico della Carta non sia ancora definito247; altra dottrina (vedi seguito) ne afferma la diretta applicabilità.

Al Capo II, Libertà, art.15 – Libertà professionale e diritto di lavorare – la Carta dei diritti del 2000 statuisce, c.1, che <<Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata>> ed al c.3 che <<I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle di cui godono i cittadini

dell’Unione>>.

Il Capo I, Dignità, l’art.1 – Dignità umana – dispone <<La dignità umana è inviolabile. Essa dev’essere rispettata e tutelata>>. La dottrina ha affermato da tempo che il lavoro contribuisce principalmente a realizzare la dignità umana.

L’art.5 – Proibizione della schiavitù e del lavoro forzato – << 1) Nessuno può essere tenuto in condizioni di schiavitù o di servitù. 2) Nessuno può essere costretto a

compiere un lavoro forzato o obbligatorio. 3) E’ proibita la tratta degli esseri umani.>> L’art. 19, nel Capo II, Libertà, - Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione – vieta le espulsioni collettive e l’espulsione individuale verso uno Stato in cui esiste il rischio serio di subire trattamenti contrari al diritto umanitario248.

Nel Capo III, Uguaglianza, l’art.20 – Uguaglianza davanti alla legge – prevede <<Tutte le persone sono uguali davanti alla legge>> e gli articoli – Non discriminazione – e – Diversità culturale, religiosa e linguistica – vietano le discriminazioni fondate, fra l’altro, sulla razza, sul colore della pelle, sull’origine etnica, sulla religione e proclama il rispetto dell’Unione per la diversità culturale, religiosa e linguistica.

Il Capo IV, Solidarietà: i soggetti cui i diritti di lavoro sono rivolti sono sempre i lavoratori in generale oppure “tutti gli individui”, ricomprendendo dunque anche i lavoratori extracomunitari. Vi si enunciano diritti sindacali fondamentali quali il diritto all’informazione ed alla consultazione nell’ambito dell’impresa; il diritto alla

contrattazione ed all’azione collettiva, il diritto di accesso al collocamento gratuito; il diritto alle tutele previste dal diritto comunitario e secondo le prassi degli Stati membri, in caso di licenziamento ingiustificato; il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque, sane, sicure e dignitose, ai riposi e alle ferie; il divieto del lavoro minorile e la

protezione dei giovani contro lo sfruttamento e contro ogni condizione che ne possa pregiudicare la formazione fisica, morale e culturale; il diritto alle prestazioni di previdenza per maternità, infortuni, malattia, vecchiaia e disoccupazione, ed

247 Tito Ballarino, 2001, Manuale di diritto dell’Unione europea, Padova, p.228

all’assistenza sociale ed abitativa di tutti coloro che non dispongono di risorse

sufficienti, secondo il diritto comunitario e le prassi degli Stati membri; il diritto alla salute e all’accesso alle cure sanitarie.

Nel Capo V, dedicato invece Cittadinanza, l’art.45 costituzionalizza la libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini ma prevede anche al c.2 che <<La libertà di circolazione e di soggiorno può essere accordata, conformemente al Trattato che istituisce la Comunità europea, ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro.>>

Il Capo VI, Giustizia, ancora rivolge le sue disposizioni ad “ogni individuo” nel prevedere il diritto all’effettività del ricorso ad un giudice nel caso di violazione dei suoi diritti o libertà; il diritto di difesa e la presunzione di innocenza; il diritto al processo equo, pubblico, in tempi ragionevoli ed a un giudice indipendente ed

imparziale precostituito per legge; il diritto al patrocinio a spese dello Stato nel caso di indigenza; il principio di legalità e di proporzionalità della pena; il principio del ne bis in idem sostanziale.

L’ambito di applicazione della Carta, art.51, sono gli organi e le istituzioni dell’Unione e degli Stati membri, esclusivamente nell’attuazione del diritto comunitario.

La portata delle libertà e dei diritti riconosciuti e garantiti dalla Carta, art.52, è generale poiché eventuali limitazioni devono essere previste dalla legge che deve rispettarne comunque i contenuti essenziali, e che potrà eventualmente limitare tali contenuti solo per necessità di interesse pubblico e secondo il principio di proporzionalità.

La Carta ha una struttura innovativa rispetto ai Patti internazionali del 66 delle Nazioni Unite, rispettivamente intitolati ai diritti civili e politici e ai diritti economici e sociali, poiché è opinione 249 che la redazione della carta sia ispirata all’intenzione concreta e, sotto determinati aspetti apprezzabile, di inserire prioritariamente, fra i diritti

fondamentali da proteggere, quelli di immediata e precisa azionabilità e ciò

sottenderebbe all’intenzione di dotare di valore di applicabilità diretta le norme della

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