CAPITOLO III - IL PROCESSO EVOLUTIVO DELLE POLITICHE MIGRATORIE EUROPEE
17.2 Il rapporto tra l’acquis di Schengen e gli atti comunitari fondati sul titolo IV del trattato. 128
confronti dei primi. Le frontiere tra i due paesi, le cui politiche migratorie sono
accomunate da ragioni storiche, e il resto dell’Unione sono quindi considerate esterne e l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione non li riguarda, introducendo così una deroga all’applicazione dell’art. 14 del trattato. Il Protocollo n.4 sulla posizione del Regno Unito e Irlanda li svincola dal titolo IV e dalle norme da esso derivate ma è prevista la loro accettazione in ogni momento delle misure fondate sul titolo IV e anche la partecipazione ai relativi procedimenti normativi senza obbligo di adozione. Il
protocollo n.5 prevede che anche la Danimarca non sia vincolata dalle misure adottate dal Consiglio nelle materie migratorie previste dal titolo IV, tuttavia la sua non
accettazione del titolo IV del trattato ha comporta la mancata previsione che la Danimarca possa vincolarsi a singole misure, derivandone così che le politiche migratorie dell’Unione non possono essere applicate mai completamente in tutta l’Unione505. Autorevole dottrina506 afferma che ciò configura le norme del titolo IV come una particolare forma di cooperazione rafforzata regolata dalle specifiche norme dei trattati.
Anche il Protocollo sull’integrazione dell’acquis di Schengen allegato al Trattato di Amsterdam, si applica a decorrere dall’entrata in vigore dello stesso ai tredici Stati membri parte della Convenzione e non ad Irlanda e Regno Unito, che possono
comunque adottare le disposizioni dell’acquis in qualunque momento salvo, in questo caso, una decisione del Consiglio da adottarsi all’unanimità. La stessa dottrina ritiene che anche qui si configuri un fenomeno di cooperazione rafforzata e operino quindi le norme relative contenute nei trattati, laddove il protocollo non detti norme particolari di cooperazione che comunque, ai sensi dell’art.1 del Protocollo, deve avvenire “nel
rispetto delle pertinenti disposizioni” dei trattati UE e CE. La cooperazione iniziata tra gli Stati nel sistema Schengen continua nella Comunità e nell’Unione europea
fondandosi sul titolo IV e sul titolo VI dei rispettivi trattati; gli atti adottati per lo sviluppo dell’acquis vengono distinti attraverso un riferimento al Protocollo
Schengen507 e vengono emanati dal Consiglio che ha assunto le funzioni dell’organo della Convenzione508. In base al Protocollo Schengen i tredici Stati vincolati dall’acquis possono adottare atti che vanno a sviluppare la cooperazione rafforzata, ferma restando la possibilità degli altri due di entrare nel procedimento normativo essendone nel caso vincolati. Rispetto allo sviluppo comunitario dell’acquis la Danimarca, che già era parte degli accordi di Schengen e quindi è vincolata dalle disposizioni basate
sull’acquis, con apposito protocollo si è riservata di accettare di volta in volta, in questo ambito di cooperazione rafforzata, quegli atti che siano fondati sul titolo IV del trattato CE, che essa non ha accettato, e nel caso li accetti si riterrà vincolata non a norma del diritto comunitario ma da quello internazionale.
17.2 Il rapporto tra l’acquis di Schengen e gli atti comunitari fondati sul titolo IV del trattato
505 Come vedremo la Danimarca si è coerentemente riservata una posizione speciale nella cooperazione rafforzata per lo sviluppo dell’acquis Schengen.
506 A.Adinolfi, La circolazione e il trattamento dei lavoratori subordinati cittadini di paesi terzi, in op.citata
507 11° considerando della decisione 99/436 del Protocollo Schengen
La “comunitarizzazione” dell’acquis di Schengen anticipa l’attività normativa del titolo IV del trattato CE senza dunque azzerare i risultati raggiunti da alcuni Stati membri fuori dal contesto comunitario, in attesa dei prospettati sviluppi futuri. La Comunità potrà adottare norme che completino il sistema di Schengen nel quadro dell’acquis, utilizzando la cooperazione rafforzata, oppure operare nel quadro predisposto dal titolo IV del trattato. Attualmente l’acquis trova il proprio fondamento giuridico nel trattato CE ed il rango delle norme adottate sulla base di esso, nel sistema comunitario delle fonti, è quello di atti derivati dal trattato CE. Come tali essi devono rispettare i principi generali dei trattati e possono essere abrogati o sostituiti da atti normativi successivi. Tuttavia in quest’ambito si verifica la situazione anomala che regole adottate
nell’ambito di una cooperazione rafforzata siano accettate da un numero maggior di Stati membri che regole adottate sulla base dei trattati. Ciò deriva dal fatto che la Danimarca ha respinto senza riserva il titolo IV del trattato mentre è vincolata dall’acquis di Schengen e si è coerentemente riservata di accettarne gli atti derivati. Contestualmente Regno Unito e Irlanda non fanno parte dell’acquis mentre si sono riservati di adottare le norme derivanti dal titolo IV del trattato CE. Quindi il Consiglio, nel preferire la soluzione normativa che consenta la partecipazione del maggior numero di Stati membri, dovrà di volta in volta valutare se fondare i propri atti sull’acquis Schengen oppure sul titolo IV del trattato, operando come Consiglio della Convenzione di Schengen oppure come Consiglio della Comunità europea.
CAPITOLO IV - LA SICUREZZA SOCIALE DEI LAVORATORI EXTRACOMUNITARI
18 Il trattamento di sicurezza sociale dei lavoratori migranti
La normativa comunitaria in materia di sicurezza sociale era nata nell’ottica
“funzionalistica”: le prestazioni di sicurezza sociale del lavoratore relative ai casi di maternità, prestazioni familiari, tutela dei minori, malattia, infortuni sul lavoro e malattie professionali, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, morte, superstiti, nonché le prestazioni complementari o accessorie rispetto a tali rischi, 509 va prevista in funzione della libertà di circolazione dei lavoratori sul territorio
comunitario; tale libertà di circolazione, secondo la Corte, non poteva essere
pienamente realizzata allorquando << i lavoratori dovessero essere privati dei vantaggi previdenziali garantiti loro dalla legge di uno Stato membro>>. 510 Il principio di parità di trattamento, previsto dai trattati e dalla Carta sociale Europea del 61, poteva essere a tal fine una condizione necessaria ma non sufficiente a garantire la sicurezza sociale del lavoratore migrante; condizione sufficiente è una normativa che elimini gli ostacoli derivanti dalla diversità dei regimi di sicurezza sociale nei vari Stati membri, così che il lavoratore possa “ricongiungere” i diritti previdenziali maturati in altri Stati membri secondo criteri non svantaggiosi rispetto alle condizioni di sicurezza sociale di uno Stato membro. L’art. 42 del Trattatoxliii prevede, al fine di concretizzare la libera
509 A.Adinolfi, op. citata
510 Corte di Giustizia delle Comunità europee, caso Lepore e Scamugga, sent. 9 dic. 1993, cause riunite C-45 e 46/92, Raccolta I-6497 par.21
circolazione dei lavoratori, l’adozione di norme di sicurezza sociale; in particolare, si prospetta un sistema che garantisca il cumulo dei periodi contributivi per il sorgere, la conservazione del diritto e per il calcolo della prestazione, che deve essere garantita. Il Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, attua i principi dell’art.42 del Trattato disciplinando l'applicazione dei regimi di sicurezza sociale nei confronti dei lavoratori subordinati e dei loro familiari che circolano nella Comunità. Il regolamento è stato più volte modificato e integrato511, e la Commissione europea in varie occasioni aveva avanzato la proposta di estendere il campo di applicazione
previsto da detto regolamento ad un trattamento previdenziale comune a tutti gli extracomunitari regolarmente soggiornanti, sopprimendo il previsto requisito della cittadinanza; la proposta aveva incontrato resistenze politiche fino al 14 maggio
2003xliv quando con Regolamento 859 del Consiglio vengono estese a tutti i lavoratori di paesi terzi a cui già non fossero applicabili a causa della nazionalità, le disposizioni relative ad un regime comune di sicurezza sociale. Dunque a decorrere dal 1 giugno 2003 le disposizioni contenute nel regolamento del Consiglio 1408/71 si applicano “ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità”.
Il significato del termine “lavoratore”, precisato all’art.1 in relazione allo scopo del regolamento, designa in generale qualsiasi persona coperta da assicurazione
obbligatoria o facoltativa continuata contro uno o più eventi corrispondenti ai rami di un regime di sicurezza sociale applicabile ai lavoratori subordinati; il regolamento precisa poi una serie di casi particolari.
La Corte di Giustizia ha individuato512 la nozione di prestazione di “sicurezza sociale” oggetto del regolamento come quella prestazione caratterizzata dalla prevenzione nei confronti di un determinato rischio. La Corte richiama quelle caratteristiche della prestazione che in via generale devono corrispondere a previsioni di legge, non a valutazioni attinenti alla situazione personale del beneficiario, per rientrare tra le prestazioni oggetto del regolamento. A tale scopo la giurisprudenza della Corte distingue la nozione di previdenza sociale da quella di assistenza che resta invece esclusa dal campo di applicazione del regolamento il quale, comunque, rimane molto esteso comprendendo anche la pensione sociale che, pur sembrando assimilabile ad una prestazione di assistenza sociale, secondo la Corte513 si avvicina invece alla previdenza poiché non fa riferimento ai criteri soggettivi tipici dell’assistenza ma fissa dei criteri oggettivi per i beneficiari, configurandone una posizione giuridica simile a quella della prestazione di vecchiaia.
Il regolamento 1408/71 enuncia la parità di trattamento del lavoratore migrante rispetto a quello nazionale quanto a prestazioni previdenziali determinando la legge applicabile, con l’obbiettivo, non di uniformare le discipline degli Stati membri, ma di coordinarle, consentendo di sommare i periodi contributivi svolti in Stati diversi, anche esteri514 se effettuati in regime di distacco e se la normativa dello Stato membro lo prevedeva, evitando il cumulo di più forme assicurative della stessa natura per uno stesso periodo
511 Modificato dal regolamento 118/97; testo consolidato in GUCE L 28 del 30 gen 1997.
512 caso Dekker, sent. 1 dic. 1965, causa 33/65, Raccolta 939
513 caso Piscitello, sent. 10 maggio 1983, causa 139/82, Raccolta 1472
di lavoro. Il lavoratore ha diritto a spostarsi liberamente nella comunità senza vedersi pregiudicato il diritto alle prestazioni assicurative.
Le prestazioni a carattere non contributivo sono disciplinate da altro regolamento del 92515. La previdenza integrativa, originariamente esclusa, è stata ricompressa fra i diritti previdenziali dei lavoratori migranti, subordinati e autonomi, da una direttiva del 98516. La “Commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti” prevista dal regolamento, è composta da rappresentanti degli Stati membri ed ha il
compito di facilitare l’applicazione delle disposizioni coordinando gli Istituti nazionali competenti in materia previdenziale, promovendo la collaborazione e prevenendo gli abusi, anche attraverso l’adozione di risoluzioni.
L’interpretazione della Corte di Giustizia delle norme del regolamento 1408/71, tiene presente la finalità di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori. In base a tale orientamento, la Corte dichiarò l’invalidità dell’art. 46 par.3 del
regolamento (che vientava il cumulo delle prestazioni pensionistiche secondo i regimi più vantaggiosi di ogni paese in cui il lavoratore migrante avesse lavorato), per
incompatibilità con l’art. 42 del trattato CE,517 poiché poneva un limite superiore al cumulo delle prestazioni assicurative corrispondente all’importo più elevato cui il
lavoratore migrante avrebbe avuto diritto in uno solo degli Stati membri nei quali aveva lavorato. 518 Secondo la Corte, la norma avrebbe privato il lavoratore migrante dei vantaggi conseguiti in altri Stati membri, ostacolando così la realizzazione del principio di libera circolazione previsto dall’art 39 del trattato. Per la stessa ragione la Corte dispose che il sussidio di disoccupazione fosse versato al lavoratore iscritto nelle liste di disoccupazione di un altro Stato membro 519; che la pensione fosse calcolata in relazione all’attività svolta con qualifica superiore in altro Stato membro520; che il lavoratore migrante che gode di due trattamenti pensionistici non possa avere un trattamento inferiore rispetto ad un lavoratore in uguali condizioni che non si è mai avvalso del diritto di libera circolazione521. Per agevolare la libera prestazione dei servizi la Corte ha stabilito che il lavoratore dipendente da un’impresa di collocamento temporaneo sia iscritto al regime previdenziale dello Stato in cui l’impresa svolge la sua attività abituale o ha sede, anche quando vengono distaccati all’estero522.