CAPITOLO II - LAVORATORI E CITTADINANZA, DIRITTO COMUNITARIO E INTERNAZIONALE
11.1 Limiti generali alla libertà di regolare l’accesso al mercato del lavoro
applicazione, ma nell’ambito dello sviluppo dell'acquis di Schengen, in cui la direttiva si inserisce in applicazione delle disposizioni del titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca deciderà entro sei mesi dall'adozione della direttiva del Consiglio se intende recepirla nel proprio diritto interno, come diritto
convenzionale derivante dall’accordo internazionale, come per la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia, per i quali la direttiva costituisce uno sviluppo dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo 18 maggio 1999, stipulato con il Consiglio della CE; diritti e obblighi posti dalla direttiva si applicano nelle relazioni tra questi due Stati e gli Stati membri della Comunità europea. La natura duale di diritto comunitario e internazionale dell’acquis di Schengen la particolare posizione dei suddetti Stati è approfondita più oltre.
11 Il diritto di accesso al mercato del lavoro
Il cittadino europeo gode attualmente di una situazione privilegiata rispetto all’accesso al lavoro nei confronti della manodopera proveniente dai paesi terzi, secondo lo stato attuale della normativa europea, mentre una maggiore tutela vi è nei confronti degli extracomunitari che già lavorano negli Stati membri ad opera dei loro ordinamenti che vietano generalmente le discriminazioni basate sulla cittadinanza321. La normativa internazionale di tutela dei diritti dei lavoratori non pone limiti alla discrezionalità degli Stati riguardo all’accesso al lavoro degli stranieri; anche gli atti che riguardano
specificamente i lavoratori migranti non pongono limiti alla libertà degli Stati rispetto all’ammissione del lavoratore straniero322. I trattati comunitari tutelano la piena
occupazione e il diritto al lavoro dei cittadini dell’Unione, ma certamente non possono garantire tali diritti nei confronti di tutti. L’art 11 del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturalixxvi, riconosce il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato, impegna gli Stati a prendere misure idonee ad assicurare l’attuazione di questo diritto riconoscendo a tal fine l’importanza essenziale della cooperazione internazionale. La via principale da seguire per realizzare lo scopo del livello di vita adeguato è quello dello sviluppo dell’occupazione non solo con le politiche
economiche comunitarie ma anche attraverso la cooperazione internazionale. Le
politiche estere comunitarie basano sul partenariato e sugli accordi di cooperazione una strategia di aiuto ai paesi in via di sviluppo ponendosi l’obbiettivo di raggiungere i fini di uno sviluppo economico armonioso e piena occupazione anche attraverso il
miglioramento delle condizioni dei paesi più arretrati.
La politica delle contropartite da richiedere, in cambio di aiuti, ai paesi in via di
sviluppo negli ultimi anni ed in relazione all’immigrazione, è un maggiore controllo dei flussi migratori e la riammissione dei clandestini, secondo le indicazioni del Consiglio europeo di Tampere del 99.
11.1 Limiti generali alla libertà di regolare l’accesso al mercato del lavoro
321 Cecilia Corsi, op. citata
322 Bruno Nascimbene, 1984, Il trattamento dello straniero nel diritto internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè; Adelina Adinolfi, 1992, I lavoratori extracomunitari, Bologna, Il Mulino, p.132
Il diritto internazionale non pone limiti alla libertà degli Stati di regolare l’accesso dello al mercato del lavoro interno. Nelle norme convenzionali e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione323 il principio del diritto al lavoro trova puntuali enunciazioni che però non fanno cenno alla libertà di regolamentare l’accesso al lavoro. Le indicazioni riguardanti specificamente i lavoratori migranti sono scarse324. Gli obblighi posti agli Stati membri dagli artt. 2,3,4 della Convenzione OIL n.97xxvii e dagli artt. 2, 3, 4 della convenzione OIL n.143xxviii di istituire servizi per l’assistenza e l’agevolazione dei lavoratori stranieri migranti; di istituire servizi pubblici, e privati autorizzati, per il reclutamento ed il collocamento dei lavoratori stranieri; di verificare le condizioni, esistenti o potenziali, di lavoro illegale; non limitano la libertà degli Stati stessi né sotto il profilo dell’ingresso ma neppure sotto il profilo dei presupposti all’ingresso, fra i quali c’è l’esistenza di un contratto di lavoro scritto. Ora, il fatto che sia previsto il possesso prima della partenza di un contratto di lavoro redatto in forma scritta325, unitamente al fatto che l’art.10 della Convenzione OIL 143 pone obblighi agli Stati solo verso i lavoratori regolarmente presenti sul loro territorio mentre l’art.11 definisce lavoratore migrante colui il quale è regolarmente ammessoxxix proprio per lavorare, preclude qualunque possibilità di accesso, non già previamente concordato, al mercato del lavoro e nel contempo non obbliga gli Stati a fare nulla perché tale accordo venga in essere e neppure limita la loro discrezionalità a stabilire regole di accesso al lavoro.
Il Patto internazionale sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite stabiliscexxx obblighi di tutela verso il lavoratore, genericamente definito, che già si trova sul territorio senza però incidere sulla libertà dello Stato di regolamentare l’ingresso e l’accesso al mercato del lavoro che in realtà, come abbiamo evidenziato, anziché una fase conseguente all’ingresso, costituisce un presupposto allo stesso.La “Convenzione delle nazioni Unite”326 per la protezione dei lavoratori migranti e delle loro famiglie, entrata in vigore il ° luglio 2003, non fa alcun rinvio ai presupposti all’ingresso e definisce il lavoratore migrante come <<le persone che eserciteranno, esercitano o hanno esercitato una attività remunerata in uno Stato cui loro non appartengono>> allo scopo di prestare una qualche tutela anche ai clandestini327 definendo “regolare” chi è autorizzato ad entrare e in situazione irregolare gli altri, senza tuttavia incidere sul potere dello Stato di regolamentare accessi e presupposti.
323 Carta dei diritti fondamentali: Articolo 15 Libertà professionale e diritto di lavorare
1. Ogni individuo ha il diritto di lavorare e di esercitare una professione liberamente scelta o accettata.
2. Ogni cittadino dell'Unione ha la libertà di cercare un lavoro, di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro. 3. I cittadini dei paesi terzi che sono autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri hanno diritto a condizioni di lavoro
equivalenti a quelle di cui godono i cittadini dell'Unione.
324 A.Adinolfi, 1992, op. citata
325 Allegati I art. 5 e II art. 6 alla Convenzione OIL n. 97
326La Convenzione per la Protezione dei Diritti di tutti i Lavoratori Migranti e dei membri delle loro Famiglie (New York, 18 Dicembre 1990) è entrata in vigore il 1° Luglio 2003. Attualmente sono 24 le ratifiche alla Convenzione. Articolo 2: Ai fini della presente Convenzione: 1. L'espressione " lavoratori migranti" designa le persone che eserciteranno, esercitano o hanno esercitato una attività remunerata in uno Stato cui loro non appartengono; …
327 Convenzione sui lavoratori migranti ONU, Art.5:
Ai fini della presente Convenzione, i lavoratori migranti e i membri delle loro famiglie:
a) Sono considerati come provvisti di documenti o in situazione regolare coloro che sono autorizzati ad entrare, soggiornare ed esercitare una attività remunerata nello Stato di impiego conformemente alla legislazione di tale Stato e agli accordi internazionali ai quali quello Stato partecipa;
b) Sono considerati come sprovvisti di documenti o in situazione irregolare coloro che non rispecchiano le condizioni previste al punto a del presente articolo.
Neppure la “Convenzione europea relativa allo status giuridico del lavoratore migrante” incide sulla libertà dello Stato di ammettere al lavoro lo straniero e, sebbene prospetti obblighi più penetranti dato l’ambito di applicazione europeo che copre, definisce il lavoratore migrante328 come colui che è autorizzato ad entrare per lavoro. Conseguenze significative derivano invece dalle norme convenzionali agli Stati, una volta che essi abbiano ammesso lo straniero. La Convenzione OIL n.97 stabilisce il principio della parità di trattamento nelle condizioni di lavoro e sicurezza sociale329. La Convenzione OIL n. 143 richiede agli Stati di riconoscere agli immigrati un parità con i cittadini nell’accesso al lavoro, parità che come detto sopra potrà eventualmente esserci non certo nel primo accesso al mercato, che è normalmente presupposto per l’ammissione, ma nel secondo, prevedendo anche la Convenzione una libertà di scelta dell’occupazione. Si tratta comunque di limiti di rilievo per i legislatori degli Stati. Nel quadro dell’OCSE330, il cui scopo originario (OECE) era la ricostruzione europea, la Convenzione istitutiva obbliga gli Stati ad accordarsi per facilitare la circolazione e lo stabilimento dei lavoratori; si trattava comunque di disposizioni che impegnavano gli Stati aderenti, non gli attuali paesi terzi dell’Unione.
In ambito comunitario, l’art. 1331 del Regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità, impone agli Stati di permettere ai cittadini europei pari condizioni nell’accesso al mercato del lavoro, ma non preclude la loro libertà di regolare diversamente l’accesso al lavoro dei lavoratori di Stati terzi, poiché per essi non vale l’obbligo del trattamento nazionale. Una parte della dottrina ritiene che non se ne può, per contro, neppure ricavare un obbligo degli Stati membri a dare la precedenza ai cittadini europei nell’accesso al lavoro rispetto ai cittadini extracomunitari332; un’altra parte333 ne deriva un principio di “preferenza comunitaria” nell’accesso al mercato per i lavoratori cittadini europei. Sembrava del tutto logico prospettare, fin dall’origine334, l’esigenza comunitaria di garantire l’effettiva libera circolazione di tutti i lavoratori europei compresi gli extracomunitari per garantire un mercato del lavoro efficiente; ma anche l’esigenza più generale di equiparare il trattamento dei lavoratori extracomunitari
328 Convenzione europea relativa allo status giuridico del lavoratore migrante, Articolo 1. - Definizione
1. Ai fini della presente Convenzione, per "lavoratore migrante" si intende il cittadino di una Parte Contraente che è stato autorizzato da un'altra Parte Contraente a soggiornare nel proprio territorio per svolgervi un lavoro retribuito.
329 La Comunità è intervenuta in tal senso sulla materia della sicurezza sociale con il Regolamento (CE) n. 859/2003 del Consiglio, del 14 maggio 2003, che estende le disposizioni in materia di sicurezza sociale del regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento (CEE) n. 574/72 ai cittadini di paesi terzi cui tali disposizioni non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità. Il regolamento è esaminato a parte nel presente lavoro.
330 OCSE, in inglese OECD “Organization for economic cooperation and development” è nata il 14 Dicembre 1960 quando la OECE (Organisation for European Economic Co-operation), che era stata formata nel 1948 per amministrare gli aiuti del Piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa dopo la II guerra mondiale, venne ricostituita in OECD con il un nuovo obiettivo: incrementare gli scambi commerciali nei paesi occidentali e far crescere la loro economia. In seguito gli obbiettivi OCSE si estesero: ad essa aderiscono 30 paesi membri, fra cui Usa e Canada, ha relazioni attive con altri 70 altri paesi, con le ONG e la societa' civile.
Le sue pubblicazioni e le statistiche coprono macroeconomia, commercio, istruzione,sviluppo, scienza e innovazione.
331 Regolamento CEE 1612/68, Articolo 1
1. Ogni cittadino di uno Stato membro, qualunque sia il suo luogo di residenza, ha il diritto di accedere ad un'attività subordinata e di esercitarla sul territorio di un altro Stato membro, conformemente alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che disciplinano l'occupazione dei lavoratori nazionali di detto Stato.
2. Egli gode in particolare, sul territorio di un altro Stato membro, della stessa precedenza riservata ai cittadini di detto Stato, per l'accesso agli impieghi disponibili.
332 A.Adinolfi, 1992, op.citata, p.137 e note; G.Gaja, Lavoro, (diritto internazionale pubblico) p.634
333 F.Pocar, 1983, Diritto comunitario del lavoro, p.63, Padova, Cedam
a quello dei lavoratori comunitari, così da evitare svantaggi al mercato del lavoro derivanti dalle convenienze differenziate dei datori di lavoro ad assumere. Il Regolamento 1612 del 1968 all’art. 16 subordinava la domanda di manodopera extracomunitaria da parte del singolo Stato membro alla mancanza di offerta proveniente dalla comunità; la norma venne modificata dal Consiglio dell’Unione solo nel 1992, con reg.2434335.