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Fra i testimoni di due carte di donazione del vescovo Ratoldo di Verona datate nello stesso giorno, il 24 giugno dell’anno 813, compare un tale Ricpertus comes Civitatis Nove206. I due atti costituirebbero, pertanto, la prima attestazione su carta di un conte non di Modena, si badi bene, ma di Cittanova. Si preferisce l’uso del condizionale perché entrambi i documenti presentano moltissimi problemi, tanto per quel che riguarda la loro autenticità quanto per i dubbi sul momento preciso della loro redazione. Sono stati studiati in profondità da Cristina La Rocca che, appoggiandosi a una lunga tradizione di studi207, ribadisce gli anacronismi che dimostrano le falsificazioni compiute in un tempo indeterminato nei documenti pubblicati da Fainelli (compiute tra

205 G. Sergi, L’Europa carolingia e la sua dissoluzione, in La Storia. I grandi problemi dal Medioevo all’

età Contemporanea. II. Il Medioevo. 2. Popoli e strutture politiche, a cura di M. Tranfaglia e N. Firpo, Torino 1986, pp. 231-262, p. 240.

206 CDV, n. 101 e n. 102, pp. 120-127 e 127-132 rispettivamente. Entrambe del 24/06/813.

207 C. La Rocca, Pacifico di Verona. Il passato carolingio nella costruzione della memoria urbana. Nuovi

la fine dell’XI secolo e gli inizi del XII208 nel caso della carta numero 101, lungo la seconda metà del X e ispirandosi a un diploma dell’imperatore Ludovico209 la numero 102). Ricpertus compare ancora con il titolo di comes Civitatis Novae in un’altra attestazione documentaria dell’813210, anch’essa una falsificazione posteriore211. Questa problematica tradizione documentaria è servita a Pierpaolo Bonacini, che si è occupato a lungo della storia del comitato modenese, per affermare l’inaffidabilità della tradizionale identificazione di Ricpertus come il primo conte carolingio insediato a Cittanova, nel territorio modenese212. In questo contesto risultano molto interessanti le conclusioni tratte da Hlawitschka riguardo le tre carte precedenti: sebbene questo studioso concordi con il giudizio sulla falsità dei testi, egli li considera redatti su modelli autentici, in cui dovevano comparire una serie di testimoni, anch’essi autentici213.

Più attendibile risulta l’esistenza del distretto di Civitatis Novae nel quale Ricpertus sembrava esercitare il ruolo di comes, soprattutto se messo in relazione con la comparsa di tale spazio giurisdizionale in altre testimonianze scritte, questa volta originali. Prima fra tutte una risalente all’anno 804, che attesta l’esistenza di un funzionario come Rainald, castaldionem Civitatis Nove, ricordato in un placito di Carlomagno in favore dell’abate di Nonantola, andato perduto214. O ancora due anni più

tardi, nel capitolare della Divisio regnorum dove, nella lista degli spazi pubblici che formano il limite meridionale del dominio carolingio in Italia, si segnalano i fines Regensium et ipsam Regiam et Civitatem Novam atque Mutinam usque ad terminos sancti Petri. Has civitates cum suburbanis et territoriis suis atque comitatibus quae ad ipsas pertinent215, prova della reale esistenza di questo distretto con sede a Cittanova.

208 P. Brugnoli, nell’articolo Postilla ad una polemica su documenti pacifichiani, in “Studi Storici

Veronesi Luigi Simeoni”, XVI-XVII (1966-1967), pp. 187-193, lo considera autentico.

209 La Rocca, Pacifico di Verona. p. 80

210 CDV, n. 104, p. 137. Un documento che non si conserva nell’archivio capitolare di Verona, ma

conosciuto per la sua inclusione in una carta del 1140, la cui edizione fu fatta da T. Venturini, Ricerche paleografiche intorno all’arcidiacono Pacifico. Verona 1929, pp. 153 e sgg.

211 La Rocca, Pacifico di Verona, pp. 84-93.

212 P. Bonacini, Il comitato modinese, in P. Bonacini, Terre d’Emilia, Bologna 2001, p. 98. Segnala anche

come altri studiosi abbiano accettato la veridicità di questi documenti L’autore indica come, oltre a Brugnoli, anche P. Golinelli ritenga veritiere tutte queste carte, cfr. Il cristianesimo nella Venetia altomedievale. Diffusione, istituzionalizzazione e forme di religiosità dalle origini al secolo X, in Il Veneto nel Medioevo. Dalla Venetia alla Marca Veronese, a cura di A. Castagnetti e G.M. Varanini, I, Verona 1989, pp. 237-331.

213 E. Hlawitschka, Franken, Alemannen, Bayern und Burgunder in Oberitalien (774-962). Freiburg

1960, Ricperto a p. 253.

214 Placiti, I, Placiti perduti, n. 9, p. 592, a. 804.

Questa é, fra l’altro, una testimonianza di grande importanza perché, oltre a nominare il distretto di Cittanova, fu prodotta dalla cancelleria imperiale, e sancisce in modo ufficiale i luoghi di appartenenza al regnum. Potrebbe essere quindi intesa come un vero e proprio manifesto del potere centrale carolingio sul proprio modo d’intendere le realtà territoriali degli spazi che controlla, malgrado questi rimangano descritti, nel passo appena riportato, con una grande e voluta vaghezza dal punto di vista della loro effettiva estensione geografica. In ogni caso il riferimento a Cittanova sembra denso di contenuti di carattere giurisdizionale, una sensazione rafforzata dall’esistenza di funzionari pubblici –il comes e il gastaldo citati poco prima- che agiscono come “strumenti” di raccordo politico tra il territorio e le strutture del governo carolingio.

La vaghezza nella descrizione può essere spiegata da due motivi: il primo dato dall’inesistenza di distretti comitali, perfettamente delimitati da un punto di vista territoriale, che rispecchiassero nella loro circoscrizione il tracciato dei territoria civitatis d’epoca romana216, ovvero aree geograficamente omogenee controllate da un centro cittadino. Il secondo risiede, invece, nella continuità, lungo il IX secolo, dei distretti “minori”217 i quali potevano vantare una precisa personalità territoriale prima della conquista franca del regnum Langobardorum e che non appaiono espressamente citati nel capitolare dell’806 (si ricordi il ricorso alla forma cum suburbanis et territoriis suis): essi vengono riportati con una certa continuità in altri documenti d’epoca carolingia. Un’ambiguità dovuta anche alla localizzazione del nostro territorio nella periferia del regnum, spazio di confine labile con le terre del patrimonium beati Petri (che teoricamente comprendeva le terre poste a sud del Panaro) continuamente rivendicate dai pontefici come proprie218 e dove bisogna tenere presente anche l’azione dell’arcivescovo di Ravenna, un presule che nelle terre dell’antico Esarcato e della Pentapoli agisce come un autentico “potere centrale”, ribadendo più volte la propria

216 P. Delogu, L’istituzione comitale nell’Italia carolingia (Ricerche sull’aristocrazia carolingia in Italia,

I. “Bulletino dell ‘Istituto storico italiano per il medio evo e Archivio muratoriano”, 79, (1968), pp. 54 e sgg.

217 Vito Fumagalli, Città e distretti minori nell'Italia carolingia. Un esempio, in “Rivista Storica Italiana”,

LXXXI, n. 1 (1969), pp. 107-117

218 Territorio di pertinenza papale cosí come appare descritto in un diploma di Ottone I dove l’imperatore

segnala, riferendosi al Pontefice, come tali spazi …in vestra potestate atque dicione tenuistis… nec non exarchatum Rauernatem sub integritate cum urbibus civitatibus oppidis et castellis que pie recordationis domnus Pippinus et domnus Karlus excellentissimi imperatores…. Per donationis paginam contulerunt, hoc est civitatem Rauennam et Emeliam: Bobium, Cesenam, Forumpopoli, Forumiuli, Fauentiam, Immolam, Bononiam, Ferrariam, Comiiaclu et Adrianis atque Gabellum cum omnibus finibus et territoriis, DDOI, n. 235 (13/02/962). Problema risolto soltanto nel 1280, quando l’imperatore Rodolfo d’Asburgo cedette in modo formale questi territori al Papa.

autorità giurisdizionale su spazi territoriali dove, contemporaneamente, si concentrano la maggioranza dei suoi beni fondiari219.

Infatti, dalle fonti narrative prodotte a Ravenna si può notare come le terre situate nella periferia del mondo carolingio siano intese dalla cancelleria ravennate come proprie già prima del 774, sottolineando il loro valore e significato pubblico come ambito dal marcato valore giuspubblicistico che arriva geograficamente a lambire lo spazio geografico che si pone a nord del Panaro. Solo da questo punto di vista può essere interpretata una frase riferita all’arcivescovo Sergio, tanto chiara nella sua formulazione quanto complessa nel suo significato politico: …a finibus Persiceti totum Pentapolim et usque ad Tusciam et usque ad mensan Walani, veluti exarchus, sic omnia disponebat, ut soliti sunt modo Romani facere…220. È da questo punto di vista che si

spiegano sia le ambiguità sia le esitazioni che, fra le righe, si leggono nella documentazione giunta sino a noi, e le difficoltà di entrambi i poteri (quello carolingio, e quello espresso dal arcivescovo di Ravenna) nell’esercizio delle loro funzioni su un territorio che, come quello di Persiceta, ognuno considera come proprio ma che rimane nei limiti periferici di entrambi gli ambiti d’azione, difficoltà nate dalla frattura della omogeneità civile ed ecclesiastica del territorio bolognese221, avvenuta lungo il processo di destrutturazione del territorium civitatis di Bononia al quale abbiamo dedicato le pagine del primo capitolo. Questa disomogeneità (e con essa l’ambiguità) fu istituzionalizzata con la conquista carolingia e trova, a partire di questo momento, un preciso riscontro nella documentazione che, tra IX e XI secolo, distingue le aree situate nell’antico territorio diocesano bolognese come appartenenti alla iudiciaria Motinensis222 (sulla quale si tornerà oltre) o a spazi situati territorio Bononiensis, iudicaria Motinensis223 dove la prima fa riferimento al terriotrio diocesano e la seconda alla distrettuazione pubblica. Un’ambiguità, dunque, nata dai particolari modi d’interazione tra il potere centrale e le élites locali nel nostro territorio che dovettero espletarsi sempre attraverso complessi canali di relazione dominate da una continua

219 Non a caso, soltanto trenta e sette anni dopo il diploma di Ottone I, Ottone III concedette al

arcivescovo ravennate prerrogative giurisdizionali nelle terre poste a est del Panaro. DDOIII, n. 330 (999).

220 AA, cap.158. In oppinione di Salvatore Cosentino questo sarebbe la testimonianza dell’effettivo potere

esercitato dall’esarco nel sec. VIII, ma anche il riflesso di un precissa realtà istituzionale, Prospografia, I p. 72.

221 Lazzari, Comitato senza città, p. 39 e 40. Problemi di questo tipo si erano verificati anche nei casi,

molto ben conosciuti, di Arezzo e Siena e di Parma e Piacenza.

222 T. Lazzari, Circoscrizioni pubbliche e aree di affermazione signorile: il territorio bolognese fra VIII e

XI secolo, pp. 386 e sgg.

negoziazione. Cosí, il dominio carolingio sul nostro territorio non suppone la disorganizzazione dell’ordine precedente, ma l’inserimento di quel paesaggio distrettuale in una formazione politica nuova, quella carolingia, perfettamente inserita (e quindi continuatrice) nella tradizione inaugurata dai longobardi perché anche il governo carolingio privilegiò come sede della loro autorità politica (e quindi come centro dal quale controllare tutti gli spazi sopra elencati) il luogo di Cittanova, a tale scopo fondato nell’epoca di re Liutprando224.

Dopo Ricperto, la carica comitale facente capo a questo distretto fu ricoperta dal franco225 Autrammo, fedele a Lotario226 e al figlio Ludovico. Pierpaolo Bonacini colloca la nomina comitale di Autrammo proprio nel momento in cui Ludovico si fece con il controllo del regno italico227. Infatti, nell’anno 844228, prima del governo di

quest’ultimo in Italia, Autrammo compare già contraddistinto da tale titolo229 e appare

ancora, come soggetto attivo, in quattro carte tra l’848 e l’854; in documenti precedenti alla sua nomina, al contrario, il territorio motinense viene caratterizzato soltanto come fines Motinensis, senza nessun riferimento a un comitatus230.

Più complesso è riuscire a determinare come si espletò il rapporto tra il distretto di Cittanova e il resto degli spazi territoriali che, nell’Emilia orientale, le fonti ci ripropongono in modo constante lungo l’epoca carolingia all’interno degli antichi territoria civitatis di Modena e Bologna. È questo il caso dei vecchi distretti castrali documentati al momento delle conquiste liutprandee a sud del fiume Panaro, presenti ancora nella documentazione pubblica e privata della prima metà del IX secolo. Praticamente tutti compaiono nelle nostre carte: la iudiciaria Montebelliense231, citata in un documento dell’imperatore Ludovico alla cattedrale di Modena contenente anche il ricordo di altre due donazioni (ora perdute) fatte alla stessa chiesa da Carlo Magno; i

224 P. Bonacini, Cittanova nell’alto medioevo, in Terre d’Emilia, p. 142. 225 … Autermmai comitis, ex genere francorum… CDP, VI, (850).

226 Vari autori si sono dedicati allo studio della sua vicenda politica e patrimoniale, cfr. Hlawitska, p. 144

e sgg., Rinaldi, Sulle tracce di un fedele imperiale in età carolingia. Autrammo, conte di Cittanova, in Modena dalle origini all’anno Mille. Studi di archeologia e storia, I, Modena 1988, pp. 599-601, Bonacini, P. Conti, vescovi abati. Potere civile e immunità ecclesiastiche nel territorio modenese dell’alto medioevo. In “Studi Medievali”, XXX/II (1989), pp. 823-837, a pp. 825-829. Carboni, B, Divagazioni storico-geografiche su alcune “chartae·del secolo IX relative a “Citanova” in “Quaderni Bassa Modenese”, n. 15 (1989), pp. 5-16

227 Bonacini, Il comitato, p. 100.

228 La prima volta che compare nelle fonti documentarie lo fa senza alcun titolo e in relazione con certi

suoi possedimenti nel vercellese, Benassi, n. I, (14/08/823), pp. 1-4

229 CDCP, n. 37, (13/03/844), pp. 95-96,

230 È questo il caso del testamento di Cunegonda, vedova di re Bernardo, che nella descrizione dei suoi

beni, colloca quelli situati nel modenese nei fines mutinensisis. La mancanza di riferimenti a un comitatus lascia inferire la sede vacante fino alla nomina di Autrammo, CDP, II, (15/06/835), p. 102.

territori di Brento232 e Persiceto, citati entrambi come pagi233; o ancora gli spazi di montagna inclusi nell’antico distretto castrale di Ferronianum234 (l’area dell’odierno Frignano). A questi bisogna affiancare, nella zona di bassa pianura tra il territorio più occidentale di Modena e quello di Bologna, un territorio la cui presenza è quasi del tutto nuova, ma che appare dotata di personalità propria come accade anche nel caso del Saltuspano235:

Lo spazio di azione giuridica del comes Civitatis Nove fu effettivo anche su questi spazi? Soltanto tramite il confronto con i vari documenti sopravvissuti, che ci descrivono i personaggi detentori del potere politico su base locale e gli spazi della loro azione politico-economica nel territorio di cui si occupa questa tesi si potranno verificare i modi e le caratteristiche di queste relazioni, nonché la natura del rapporto tra il distretto comitale di Cittanova e il resto dei territori prima elencati, nella volontà di osservare non solo l’effettivo spazio d’azione politica dei comites Civitatis Nove, ma anche il loro rapporto con l’élites locali che, in modo ancora più raro, lasciarono traccia di sé nella documentazione scritta.

Da questo punto di vista pochi sono gli ufficiali minori che compaiono in epoca carolingia nelle nostre fonti, e pochissimi quelli messi in relazione con un territorio determinato. Così, mentre conosciamo l’esistenza di scavini come Leonio, sculdassi come Ilarius o Petro236 o altri scavini come Gariperto, Garibaldo o Rodoaldo237, soltanto nei casi di Heimerico gastaldo de Montebellio e Ameiberto gastaldo de Civitate Nova238 o di Lopicino e Dando scavinis de Solaria239 le carte ci offrono in modo sicuro il loro distretto d’azione. Come si vede, ancora una volta compaiono spazi che mostrano una presenza continua nella documentazione, offrendo prova di una marcata personalità giuspubblicistica. Nel caso dell’antico castrum Montebelliensem un diploma

232 Lo studio più completo ralizzato sul distretto brentense è A. Padovani, “Iudiciaria motinensis”.

Contributo allo studio del territorio bolognese nel Medioevo, Bologna 1990.

233 … pago territorio persicetano… Placiti, I Inquisitiones, n. II (827). CDP, I, n. II, (831) … iuxta pago

Brentense territorio Bononiense…

234 … finibus ferronianensi…Torelli, n. II (767), ... finibus Castroferoniano... CDP, n. XXVIIII, (898), p.

80.

235 …finibus Saltuspano… Vicini, 15, (842). Il territorio del Saltospano appariva infatti già in una carta

del VII secolo, falsa o fortemente interpolata, relativa a una donazione fatta da parte del patrizio Opilione alla chiesa di santa Giustina di Padova, cfr. A. Gloria, Codice Diplomatico Padovano, Venezia 1877, p. 9- 12 (a. 673). Considerazione sul Saltus Pano in Cento e il Centese nell’alto e pieno medioevo (Secoli VIII- XII), in Storia di Cento, I, Dalle origini alla fine del XV secolo, Cento 1987, pp. 205-253.

236 CDP, n. IV

237 CDP, n. V. Garibaldo compare anche in CDP, VI 238 CDP, n. VII, (15/01/851), pp. 16-20.

239 CDN, XLIII (872), p. 57. Da questo documento si può inferire l’esistenza di un’altro scavino di

dell’imperatore Ludovico lo descrive addiritura come iudiciaria240, e cioè come nucleo di uno spazio territoriale di chiaro carattere giurisdizionale che lungo la prima metà del IX secolo, tramite l’azione di un gastaldo come Heimerico, resta in stretto rapporto con il conte di Cittanova.

Altri territori che compaiono nei vari diplomi e placiti pubblici o nelle compravendite e donazioni private non permettono, invece, di verificare con tanta chiarezza né un rapporto netto con il rappresentante del potere carolingio nel territorio né i tempi e i modi d’inserimento di questi nell’ambito giurisdizionale del comitato, territori che come Brento, Persiceta, i fines Ferronianenses e il Saltuspano finiranno (insieme a Montebellio, Cittanova, Solara e Sorbara), dopo l’898, per essere inclusi nel comitatus modenese: non hanno infatti ufficiali nettamente identificabili nelle carte che permettano di rilevare un chiaro raccordo con il distretto di Cittanova. Le uniche attestazioni che mettono in relazione ufficiali e territori sono due: nell’anno 831, Hinoni gastaldo insieme con la moglie Gualderada comprano una serie di terre nel fundo Muniano, che potrebbe localizzarsi iuxta pago Brentense241, mentre nell’842, Leodohini gastaldio insieme con la moglie Cristeberge, ricevono in enfiteusi dal vescovo di Modena terre poste in finibus Saltuspano242, precedentemente cedute dagli stessi per cartolam donationis alla stessa chiesa modenese. Evidentemente risulta troppo rischioso basare su questi scarsi dati qualunque esercizio tendente tanto a dimostrare il rapporto politico omogeneo fra il centro comitale di Cittanova e gli spazi con personalità giuspubblicistica appena descritti, quanto l’identificazione di tali ufficiali non solo con alcun distretto territoriale ma anche con la loro stessa origine, sia franca o piuttosto da cercarsi in una certa élite di possessores, i quali da generazioni si pongono in stretto rapporto con il territorio dell’Emilia e che, tramite la loro capacità patrimoniale, potevano godere di una certa leadership all’interno delle comunità che abitavano e lavoravano nelle terre dei diversi spazi geografici di cui si occupa questa tesi.