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La conquista del regnum Langobardorum da parte delle truppe carolinge nel 774 comportò la progressiva introduzione di nuove dinamiche politiche identificabili nella nascita uno spazio d’azione politica, il comitato di Cittanova, al cui vertice cominciarono a comparire, sebbene con un certo ritardo rispetto agli altri comitati dell’Italia settentrionale, i comites Civitatis Nove. Al contempo, la scomparsa della famiglia ducale persicetana (documentata per l’ultima volta nel 789) pare poter interpretarsi con la loro mancata capacità di raccordarsi con le strutture del governo carolingio. Da questo punto di vista, l’entrata dell’ultimo personaggio della famiglia nella comunità monastica nonantolana in qualità di oblato soltanto quindici anni dopo la data della conquista, potrebbe collegarsi con il venir meno di qualunque loro ruolo politico nel distretto persicetano.

L’apparizione del primo comes, come già si è spiegato nelle pagine che si sono dedicate alle forme di organizzazione e governo del territorio dell’Emilia orientale tra IX e X secolo, dovette attendere l’anno 813450. La natura della documentazione, però, in cui questo compare (conosciamo soltanto il suo nome, Ricpertus) non ci offre nessun’altro spunto che permetta di condurre un’indagine sul patrimonio a sua disposizione, né tantomeno sulla sua origine. Bisogna aspettare fino all’848451 per poter osservare con una certa continuità l’azione di un conte carolingio nel territorio studiato, quando la carica comitale facente capo a questo distretto fu ricoperta dal franco452

450 CDV, n. 101 e n. 102, pp. 120-127 e 127-132 rispettivamente. Entrambe del 24/06/813. 451 CDP, n. IIII, (16/04/848), pp. 10 e 11.

Autrammo, membro dell’entourage di Lotario453 e di quello del figlio Ludovico. Pierpaolo Bonacini colloca, infatti, la nomina comitale di Autrammo proprio nel momento in cui Ludovico fu incaricato del governo del regno italico454. Comunque, nell’anno 844455, primo del governo di quest’ultimo in Italia, Autrammo compare già distinto con tale titolo456, apparendo ancora come soggetto attivo in quattro carte, tra l’848 e l’854.

Tutto ciò si evince fondamentalmente da una serie di atti di compravendita che dimostrano una sua particolare attenzione ad accumulare beni in loco ubi dicitur Sablune457, nello spazio dove si trovava la corte d’uguale nome, che insieme con la curtis Marsaliae458 si trovava poco a nord-ovest della città di Modena, ovvero in uno spazio geografico molto vicino ai luoghi in cui, in qualità di conte, esercitava la propria autorità politica (nucleo di Cittanova) e poco distante anche d’altri beni fiscali, come la corte di Campo Miliacio (odierno Fiorano Modenese), donata dall’imperatore Ludovico II alla moglie Angilberga459. Autrammo intraprese così in questi anni centrali del IX secolo una serie di acquisti condotti con l’intenzione di accumulare proprietà allodiali sempre e soltanto in quegli spazi, una concentrazione fondiaria che appare molto chiara in uno dei documenti che lo riguardano, dove nella segnalazione dei confini di una terra appena comprata in loco Sablone si indicava come da mane et da sera si trovassero beni de ipso Auterammi460.

In ogni caso il suo patrimonio non finiva lí. Da un documento successivo, datato nell’anno 880461, veniamo a sapere che Autrammo possedeva anche altri beni, come la cappella di S. Cesario (odierna San Cesario sul Panaro) cum omnibus adiacentiis et

453 Vari autori si sono dedicati allo studio della sua vicenda politica e patrimoniale, cfr. Hlawitska, p. 144

e sgg., Rinaldi, Sulle tracce di un fedele imperiale in età carolingia. Autrammo, conte di Cittanova, in Modena dalle origini all’anno Mille. Studi di archeologia e storia, I, Modena 1988, pp. 599-601, Bonacini, P. Conti, vescovi abati. Potere civile e immunità ecclesiastiche nel territorio modenese dell’alto medioevo. In “Studi Medievali”, XXX/II (1989), pp. 823-837, a pp. 825-829. Carboni, B, Divagazioni storico-geografiche su alcune “chartae·del secolo IX relative a “Citanova” in “Quaderni Bassa Modenese”, 15 (1989), pp. 5-16

454 Bonacini, Il comitato, p. 100.

455 La prima volta che compare nelle fonti documentarie lo fa senza alcun titolo e in relazione con certi

suoi possedimenti nel vercellese, Benassi, n. I, (14/08/823), pp. 1-4.

456 CDCP, n. 37, (13/03/844), pp. 95-96, 457 CDP, n. V, (22/09/848), pp. 12-14.

458 CDP, n. VIIII, (854). In questa data la moglie di Autrammo, domina Adelbruga cometissai, da in

livello dodici iugeri di pertienza a tale corte.

459 … Campo videlicet Miliacio, quae sita est in comitatu Motinensi…DDLudovicoII, n. 30, (05/10/860),

p. 126.

460 CDP, n. VI, (850), p. 15.

pertinentiis, da lui poi ceduti a Teuderico, vasallo suo462. Autrammo comperò nell’844 da un tale Leopardo di vico Sala, nello spazio geografico dell’attuale Sala Bolognese463, i casali Flexo, Petroniticus e Banio464 situati all’interno del distretto persicetano. Mentre una carta dell’851 indica come avesse acquistato da Vuiliarius, presbiter della chiesa bolognese, i fundi di Casiriano, Trenta, Hobediana, Subhodianola, Sala insieme con altri beni infra plebe San Martini qui vocatur Runcensi465, tutticollocati tra la stessa zona del documento precedente e il Saltuspano. Da questa data in poi, però, non conosciamo nient’altro sul comes Autrammo. Infatti nelle testimonianze successive sarà la moglie Adelburga a comparire come soggetto principale dell’azione politica ed economica nel territorio controllato da lei e dal conte: nell’854 Adelburga concede in livello dodici iugeri di pertinenza della corte di Marzaglia, ricomparendo poi soltanto nell’anno 876 come Dei ancilla qui fuit coniux Auterami comite al momento di ricevere da parte del vescovo Leudoino un livello che includeva vari luoghi appartenenti alla chiesa di Modena466. Questo documento ci segnala la scomparsa del marito, la cui morte dovette avvenire, evidentemente, in un momento precedente alla redazione del contratto di livello e all’entrata della vedova nella rete clientelare facente capo al presule modenese. In ogni caso, la loro vicenda personale mostra uno dei tratti caratteristici degli ufficiali pubblici in epoca carolingia: la loro fragilità dinastica467 (non

conosciamo nessun loro discendente) e l’incapacità di radicamento patrimoniale prolungate nel tempo nelle aree loro affidate dal regnum.

Queste caratteristiche spiegano perché, dopo la scomparsa di Autrammo, si fosse aperto un altro periodo senza comites: si rileva, infatti, anche la fine dell’esistenza a capo del distretto comitale di un personaggio definito comes Civitatis Nove. Fino all’epoca dei re italici, non si troveranno più nelle carte ulteriori nuovi riferimenti a membri dei gruppi eminenti carolingi posti a capo di questo distretto, che nel frattempo cambiò nome. Nell’ 898468 un placito mostra, in realtà, la presenza di Guido comes Mutinensis, ma la sporadicità delle attestazioni relative a questo personaggio impedisce di sapere altro, consentendoci solo di ipotizzare una sua possibile relazione familiare

462 Ibidem, p. 23.

463 Per l’identificazione di questi luoghi, L. Casini, Il contado bolognese durante il periodo comunale

(Secoli XII-XV), Bologna 1991, pp. 46 e sgg.

464 CDCP, n. 37, (13/03/844), p. 96.

465 CDP, n. VII, (15/01/851) (= AB, II, n. II, pp. 458-460) 466 Vicini, n. 24, p. 41.

467 P. Cammarosano, Nobili e re, p. 134. 468 Placiti, I, n. 106 (luglio 898)

con i re spoletini469. In ogni caso la sua carriera nel nostro territorio non dovette durare molto se, soltanto dieci anni dopo, una carta privata propone già un tale Rodulfo dotato del titolo di comes. Forse furono i cambiamenti introdotti da Berengario negli incarichi a provocare la scomparsa di colui che lo aveva preceduto in questa funzione470.

Infatti, gli autori che più spesso si sono occupati della storia del comitato modenese hanno identificato in questo Rodulfo il nuovo personaggio che ne era a capo471, adducendo come prova fondamentale il fatto che la sua comparsa nei documenti fosse sempre in relazione a un patrimonio di beni che ripercorre punto per punto le zone un tempo detenute dal conte Autrammo. Le aree di sua pertinenza allodiale si conoscono grazie a un importante dossier documentario composto da ben dieci atti, una vendita472, sette livelli473 e due enfiteusi474, che coprono un arco

temporale di vent’anni, dal 908 al 928.

Bonacini ha proposto la relazione tra questo Rodolfo e la famiglia del vescovo Guibodo di Parma, del quale potrebbe essere nipote in quanto figlio del fratello Rodolfo475. A sostegno di questa identificazione gioca la stessa origine franca di entrambi, l’omonimia e soprattutto la forte volontà della chiesa di Parma -volontà premiata da successo- di ottenere in proprietà molti dei beni che si ponevano alla base del patrimonio di Rodolfo (in questo senso non pare casuale che tutte le carte riguardanti l’attività di questi si siano conservate proprio nell’archivio capitolare della cattedrale di questa città). Infatti, in un placito redatto nel maggio del 944476 Iohannes, diaconus et prepositus della canonica di Parma, portò come prova dell’effettiva proprietà di varie corti in comitatu Mutinensis, videlicet locas et fundas Sablone et

469 Bonacini, Terre d’Emilia, p. 109.

470 P. Delogu, Vescovi, conti e sovrani nella crisid el Regno Italico, in “Annali della Scuola Speciale per

Archivisti e Bibliotecari dell’Università di Roma, VIII (1968), pp. 35 e sgg.

471 P. Bonacini, Il comitato modenese, p. 112.

472 Drei, XXXIV (13/12/926). In verità quattro se teniamo conto che due appaiono menzionate dai

venditore nel momento di riavere le terre vendute al conte in enfiteusi (Drei, XV 03/10/917 e Drei, XXXVI, (04/06/928) e un’altra si menziona in un livello concesso a Dominicus et Azo di terre che loro avevano venduto al conte, Drei, n. XXV (921).

473 Concessi tutti in loco Castellini, appartenente alla corte di Sablone tranne che in Drei, VII (14/01/908),

che fu conceduto su terre e paludi che si trovavano nel Saltuspano. Per i livelli concessi in Castellini cfr. Drei, n. X (03/02/915), Drei, n. XI (04/02/915), Drei, n. XII (04/02/915), Drei, n. XIII (04/02/915), Drei, n. XIV (16/03/917), Drei, n. XXV (921).

474 Drei, n. XV (03/10/917), Drei, n. XXXVI, (04/06/928)

475 Bonacini, Terre d’Emilia, p. 118. Per Alessandro Pallavicino invece, Rodolfo sarebbe nipote di quel

Rodolfo fratello di Guibodo di Parma, e quindi figlio di Guido, conte di Modena, a sua volta figlio di quest’ultimo Rodolfo, cfr. A. Pallavicino, Le parentele del marchese Almerico II (945-954). Intrecci parentali, strategie patrimoniali e vicende politiche dei ceti dominanti del Regno Italico tra i secoli IX e XI, in Formazioni e strutture dei ceti dominanti nel medioevo: Marchesi, conti e visconti nel regno italico (secc. IX-XII), a cura di A. Spicciani, Roma 2003. Albero genealogico a pagina 317.

Marzalia, da parte della sua chiesa, quattro cartulae che, dal 11 novembre 941 fino all’ottobre 943, attestavano il passaggio di proprietà di questi beni da Benzo f. bone memorie Rodulfi di Vuizalcara,personaggio che potrebbe essere quindi figlio del comes Rodoldo e della moglie Vuiburga477.

Da questo punto di vista, l’intero dossier documentario che riguarda il patrimonio di Rodolfo compone un gruppo coerente di testimonianze dalle quali appare evidente che queste zone, per più di cent’anni, sono state la base dei patrimoni dei comes, e da cui emerge un’immagine molto chiara del fatto che la corte di Sablone, situata nelle vicinanze del centro politico della iudiciaria Mutinensis, fosse, a questa altezza cronologica, praticamente sua in integrum. La proprietà di un importante patrimonio anche nel Saltuspano478, rafforzato con gli acquisti479, è capace da sola di

offrire le prove di una strategia volta all’accumulo di appezzamenti in una zona caratterizzata, oltre che dalla presenza di beni di tradizionale pertinenza comitale, anche dall’esistenza di terre dei suoceri di Rodolfo480, Aghino e Grima (sui quali si tornerà fra poco), che ne possedevano non solo in quella zona di bassa pianura posta fra il territorio bolognese e modenese, ma anche nel Frignano481, coprendo così, ancora una volta, le diverse zone geografiche degli antichi distretti castrali.

Il fatto che il titolo di comes ostentato da Rodolfo non appaia mai in carte pubbliche permette di osservare il progressivo cambiamento nei modi di esercizio del potere nelle terre di cui si occupa questa tesi. Mentre durante l’epoca carolingia gli ufficiali del regnum ottenevano il potere soltanto mediante il rapporto con le strutture pubbliche e lo esercitavano sulle aree loro affidate482, le carte del secolo X, a cominciare da quelle che riguardano proprio Rodolfo, mostrano come il conseguimento del potere da parte delle famiglie di possessores avesse sempre meno la necessità del riconoscimento regio483, in quanto definito in base alla distribuzione del proprio possesso fondiario484, ed esercitato perciò in modo autonomo sulle terre di proprietà

477 Si quest’ipotesi fosse vera saremmo davanti a una famiglia della quale conosciamo ben quattro

generazioni: Gulfredi-Agino-Vuiburga-Benzo.

478 …Altospano territorius Bononiensis… Drei, n. VII, (14/01/908).

479 Nos petitores vobis domino Rodulfo comiti per cartula vinditionis hemisimus, Drei, n. XV,

(03/10/917).

480 Cfr le linee dedicate ad Aginone e Grima nei paragrafi precedenti.

481 CDN, n. LII, (890), pp. 68. Beni ceduti al monastero di Nonantola, contemporaneamente ricevuti in

enfiteusi. Per gli altri territori controllati da Agino in finibus Castroferoniano, cfr CDP, XXVIIII, (21/03/898), p. 80.

482 Provero, L’Italia dei poteri locali, p. 31 e ss e 54 e sgg.

483 G. Sergi, I confini del potere. Marche e signorie fra due regni medievali. Torino 1995. 484 Provero, L’Italia dei poteri locali, p. 32.

della famiglia stessa, mutando così il carattere del patrimonio dei conti dell’epoca precedente, che tendeva, come nel caso di Autrammo, a essere frammentato in ampie zone del nord d’Italia485. Si osservano chiari cambiamenti anche nelle specifiche definizioni che accompagnano i due comites meglio documentati nel nostro territorio fra 848 e 925. Se Autrammo compariva come vir devotus486, definizione che sottolineava il suo stretto rapporto con i vertici dell’autorità carolingia, Rodolfo appare nella documentazione in qualità di dominus487, da cui emerge come, a partire dal primo quarto del X secolo, il suo potere si espletasse non più soltanto, come nel caso di Autrammo, nel contatto diretto con il potere pubblico, quanto piuttosto grazie al radicamento fondiario in aree ben determinate488, non più dislocate in ampie zone del regno.

Dagli inizi del X secolo si intravede, quindi, un progressivo cambiamento -mai radicale nella sua definizione temporale, in nessun caso univoco e mai dovuto a una logica evoluzione di stampo finalistico- non tanto nell’esercizio del potere (che non venne meno) bensì nella sua natura e nella sede dell’esercizio di questo489, caratterizzato progressivamente da una maggiore definizione territoriale che si intensificò durante tutto il X secolo490, al punto da produrre un mutamento nella fisionomia territoriale dell’autorità esercitata da parte di laici ed ecclesiastici491 su terre e uomini, cui

dedicheremo un’attenzione particolare nel prossimo capitolo.