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Se le vicende politiche vissute nel nostro territorio dall’epoca di Liutprando in poi non furono in grado di alterare in senso assoluto una realtà radicata localmente, furono però contraddistinte dall’introduzione di certe novità in grado d’innescare cambiamenti importanti; primo fra tutti la comparsa, nelle zone che erano state fino a poco prima fedeli all’esarcato, di membri di famiglie longobarde ai vertici della società dell’Italia settentrionale. Questi personaggi ricevettero subito, tramite varie donazioni regie, beni fiscali430 nelle zone dove il patrimonio della famiglia dei duchi era molto forte. Tale strategia sembra provare l’interesse da parte regia ad affiancare alle aristocrazie locali personaggi longobardi. Così, queste donazioni di beni possono interpretarsi come la prova della volontà insita nel potere regio di controllare, tramite i propri uomini, gli spazi appena inclusi nel regnum.

Importanti fette di questo patrimonio finirono fra le proprietà di Nonantola431. Donazioni concesse in particolare al suo primo abate, Anselmo432, che aveva già fondato nelle terre del distretto Ferronianense il monastero di Fanano, su uno spazio ancora una volta donato da re Astolfo433. In Anselmo si deve riconoscere uno dei più autorevoli membri della corte longobarda arrivato nell’Emilia orientale in seguito alle conquiste di re Liutprando, al punto che la serie di donazioni concesse al monastero di

430 Cfr le note che riguardano Peredeo.

431 CDL, III, n. 26 (18/04/752). Benché il diploma di donazione sia una falsificazione del XIII secolo,

sembra rispecchi dati contenuti in carte autentiche, cfr. A. Gaudenzi, Il monastero di Nonantola, , pp. 125-127.

432 … Predictus rex [Astolfo] eidem Anselmo eximio abbati in finibus Emilie locum Nonantule dono

dedit, Vita Anselmi Abbatis Nonantulani, V, p. 567.

433 Aystulfus rex… per suum preceptum concessit venerabili viro Anselmo locum qui nuncupatur

Fananus, in quo idem vir Dei Anselmus monasterium….construxit, in Vita Anselmi, V, pp. 567. Altre donazioni di Astolfo a Nonantola si conoscono grazie a un Placito dell’801, dove si segnala come Astolfo concedeva al cenobio il luogo di Lizzano, Placiti, I, n. 12 (29/05/801).

Nonantola (nato non a caso nel territorio di Persiceta434) è stata interpretata da Amedeo Benati come il meccanismo utilizzato dai longobardi per esercitare il dominio sul distretto persicetano435 tramite il cenobio nonantolano. Noi abbiamo esposto altrove, nel capitolo dedicato all’organizzazione territoriale, un’altra interpretazione del modo d’inserimento di questo spazio all’interno delle strutture del regno longobardo (il rafforzamento del nucleo di Cittanova come fulcro del potere regio nella zona436, l’affiancamento negli stessi distretti castrali alla famiglia ducale di aristocrazie longobarde, in linea con il tenore della narrazione di Paolo Diacono), ma ciò non nega l’importante ruolo svolto dal monastero nonantolano come centro rettore e organizzatore di un patrimonio sempre crescente, che continuò ad aumentare la propria importanza, economica e politica anche in epoca carolingia, tramite le abbondanti cartulae donationis regie437. Un patrimonio nel quale ancora una volta, come nei casi

già citati di San Salvatore di Brescia e della famiglia dei duchi di Persiceta, vediamo riproporre una strategia di controllo geografico che si dispone sull’asse viario che all’altezza del persicetano volgeva verso sud, attraversando l’Appennino dai valichi del Frignano.

Altri beni pubblici continuarono invece a rimanere nel demanio regio, come pare possa dessumersi da una controversa donazione di Carlo Magno a Nonantola dove si segnala come i luoghi al centro della donazione a tempore Alboini Regis usque nunc a parte regia semper possessa et ordinata ipsa loca fuerunt438. Controversa perché la citazione di Alboino come garanzia dell’antica data di appartenenza al fisco di alcuni beni situati nel nostro territorio è conseguenza dell’azione del falsario nonantolano. Infatti all’epoca del re longobardo l’esarcato controllava ancora lo spazio fra Secchia e Panaro. Anche se il dato è falso serve come chiara spia di un territorio che dovette contare (come era normale all’interno dei distretti castrali bizantini) un importante quantità di terra fiscale439. La concentrazione di questa, particolarmente elevata nel nostro territorio se paragonato con altre zone dell’Emilia, è stata tradizionalmente

434 …situ Nonantula, Pago Perseceta… AIMAe, II, coll 197 (776).

435 A. Benati, Il monastero di S. Benedetto in Adili e la politica antinonantolana del re Desiderio, p. 87. 436 P. Bonacini, Cittanova nell’alto medioevo, in Terre d’Emilia, p. 142.

437 In questo momento si ricordano anche donazione fatte al cenobio da parte dei re longobardi, ChLA,

XXIX, n. 883, 28/07/780, (= DDKarolinorum n 131, pp. 181-182).

438 Si tratta della donazione in integrum dei beni fiscali esistente in Solaria et Grumulo.CDN, X (776), p.

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spiegata con il carattere limitaneo440 dell’antica frontiera tra bizantini e longobardi, e con la forte militarizzazione vissuta nel primo quarto dell’VIII secolo nella rete dei castra esarcali a ridosso di questa, che avrebbe comportato l’appartenenza al fisco di molti dei beni situati lungo la linea di frontiera tra longobardi e bizantini.

In ogni caso, gran parte delle carte che testimoniano la presenza di personaggi longobardi dotati di beni fiscali fra Modena e Bologna si è conservata, non a caso, nell’archivio abbaziale di Nonantola e, come già succedeva con il dossier documentario che riguarda i duchi persicetani, è arrivata ai nostri giorni in forma di copie posteriori, molto interpolate o chiaramente false. È questo il caso della conferma di un buon numero di chiese in territorio Mutinensi fatta da Astolfo e Giseltruda a Nonantola, datata nel 751, ma in realtà un falso costruito attorno all’anno 900441 nello scriptorium

del cenobio modenese, dove si trova la notizia della proprietà da parte di questi personaggi longobardi di altri beni come una chiesa che formava parte del patrimonio della corte de Viredeo (Peredeo) duco.

Peredeo compare altre volte nella nostra documentazione. Infatti, il lettore ricorderà come un personaggio con questo nome (sicuramente si tratta della stessa persona) appariva nella narrazione di Paolo Diacono, mentre affrontava l’attacco a Bologna del duca perugino Agatone442. La sua presenza patrimoniale negli spazi

geografici situati tra Modena e Bologna era radicata inoltre sul possesso di beni di sicura origine fiscale, come la curtis di Cannedolo (presso l’odierna Solara, sulla riva sinistra del fiume Panaro, appena fuori del distretto persicetano) e un porto sul fiume Moclena443. Tutto ciò ha spinto a Jorg Jarnut444 a considerare Peredeo primo duca di Persiceta.

440 A. Benati, I longobardi nell’alto Appennino bolognese sud-occidentale, in “Cultura Bononia”, I

(1969), pp. 18 e sgg.

441 CDL, III, n. 25 (18/11/751) (=CDN, IV, pp. 16-18.)

442 Insequenti quoque tempore (circa nel 737) Romani, elatione solita turgidi, congregati universaliter,

habentes in capite Agathonem Perusinorum ducem, venerunt ut Bononiam conprehenderent, ubi tunc Wlacari, Peredero et Rotcari morabantur in castris… HL, Libro VI, 54, p. 356, nn. 21-25.

443 Forse donata da Liutprando prima della conquista dei castra e della città di Bologna, CDL, III, (a. 716

o 718) p. 296. La corte di Cannedolo fu dopo data da Astolfo a Nonantola, sebbene entrambe le testimonianze siano false… confirmamus tibi omnes res illas… in curte Canetulo in territorio Motinensi cum omnibus pertinentis suis… CDN, III, p. 12. (=CDL, III, n. 26, a. 18/02/752). Confermata da Desiderio in una carta conservata in copia del XII secolo (anch’essa falsa) nell’archivio capitolare di Lucca, CDL, III, n. 32 (16/02/759). Citata ancora nel luglio 898 come … pertinente, que a Peredeo duce possessa fuit… Placiti, I, 106 (898).

444 Prosopographische und sozialgeschichtliche Studien zum Langobardenreich in Italien (568-774), p.

Nella falsa donazione di Astolfo a Nonantola, citata poco sopra445, il suo nome compare ancora fra i testimoni, insieme con Rothari e Mechis germanis, Bodrago e Warnis duco. Questa carta, l’ultima che documenta l’esistenza di Peredeo, apre altri interrogativi. Chi sono i personaggi che lo accompagnano? Sono altri membri dei vertici sociali del regnum dislocati nel nostro territorio? Evidentemente la natura della carta (è una falsificazione) rende difficile dare valore alla testimonianza di tali presenze. Tuttavia, altre due carte dell’archivio abbaziale nonantolano mostrano ancora una volta Mechi e Rotari (può essere identificato questo con il Rotcari della narrazione di Paolo Diacono?), complicando ancora la natura dei personaggi che accompagnano Peredeo446 fra i testimoni della donazione di Astolfo. Sono due cartulae donationis datate nell’anno 800447, con le quali l’abbazia di Nonantola riceveva beni posti nelle attuali San Martino

in Cozzano (presso Crevalcore) e Palata (poco a nord della stessa Crevalcore), nonché nei pressi di Cento e Argelato, appartenenti a questi fratelli Mechis e Rothari figli quondam Sabiniano magno duco (sic).

Nonostante l’interesse delle notizie riportate in questa carta, le informazioni in essa contenute sembrano false se poste in relazione con l’effettiva presenza patrimoniale dei suddetti fratelli nella zona nell’anno 800. In modo uguale, la loro esistenza a quell’altezza cronologica deve essere contestata. Il fatto che compaiano in un altro falso documento, la lite confinaria tra i vescovi di Bologna e Modena, più conosciuta come falso placito di Rachis448, sessantaquattro anni prima, lascia senza un radicamento nella realtà storica i personaggi ivi comparsi449. La loro presenza nelle carte si deve ancora una volta insomma a falsificazioni compiute da monaci nonantolani in un tempo che si deve collocare attorno all’ultimo terzo dell’XI secolo. Falsificazioni create con la volontà di provare in modo illecito, in un momento di aspra lotta per il controllo della terra e degli uomini che la lavorano, l’antico possesso di ampi spazi da parte del monastero in un territorio che nell’XI secolo era molto ambito dai diversi poteri signorili che andavano via via sorgendo.

A mo’ di conclusione, possiamo segnalare che, nonostante la vicenda documentaria riguardante la natura dei patrimoni posseduti nel nostro territorio dai ceti eminenti longobardi, fra i quali spiccano la figura di Anselmo e il monastero di

445 CDL, III, n 25 (= CDN, IV, pp. 16-18)

446 La cui esistenza è invece probata dal ricordo delle donazione fattegli da Liutprando nel placito tenuto

dal conte Guido nel luglio dell’898 a Quingentas, Placiti I, n. 106.

447 CDN, XVI e XVII, pp. 32-34. Falsi del XII secolo conservate nell’archivio abaziale di Nonantola. 448 CDL, III, n 20, settembre 746, (=AB, III/2, n. 1, pp. 487-488).

Nonantola, risulti complicata, un’immagine è certa: quella che mostra le difficoltà di radicamento territoriale da parte di questo gruppo, fatta eccezione dello stesso monastero nonantolano. Le donazione regie dotano i personaggi che popolano la nostra documentazione di beni che nel giro di pochi anni compaiono nelle mani di altri o finiscono per entrare a formar parte del patrimonio nonantolano, fatto che insieme con la frammentarietà della documentazione provoca che molti di loro appaiano e scompaiano dalle nostri fonti in altrettanti pochi anni.