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3. L’art. 53 CDFUE in una visione pluralista

3.3. Clausola dal preminente valore politico

Il riferimento alle “costituzioni degli Stati membri” contenuto nell’art. 53 della Carta, come visto, ha portato alcuni a ritenere che l’articolo potesse compromettere il principio di primautè del diritto europeo. Le Corti nazionali, invocando l’art. 53, potrebbero sostenere che nulla può limitare o ledere il livello di protezione garantito dalle costituzioni nazionali e potrebbero arrivare a dichiarare inapplicabili misure europee contenute in direttive o regolamenti che si intendano contrastanti con il livello di tutela nazionale, più elevato rispetto a quello previsto dall’equivalente diritto contemplato nella Carta.

Proprio alla luce di questo effetto collaterale che una lettura “positiva”

dell’articolo può comportare, parte della dottrina ha sostenuto che la norma ha piuttosto un significato giuridico estremamente limitato che certamente non autorizza la CGUE ad applicare le norme costituzionali nazionali in vece del diritto europeo, né permette ai giudici nazionali di uno Stato membro di non applicare la normativa comunitaria in contrasto con norme costituzionali32.

Secondo Liisberg, in particolare, sulla base di un’analisi comparativa con disposizioni analoghe contenute in altri documenti – primo fra tutto l’art. 53 CEDU – e dei lavori preparatori della Carta si può sostenere l’«extremely limited legal significance»33 della norma.

Dai lavoratori preparatori, come già visto34, si evince che nella prima stesura dell’articolo vi era il riferimento alle “legislazioni nazionali”. Questo inciso aveva sollevato preoccupazioni, soprattutto in ordine alla possibile lesione del primato del diritto europeo, espresse dalla Commissione, dal Consiglio e membri della Convenzione di redazione della Carta. Per questo, in una successiva stesura,

31 L.FAVOREU, I garanti dei diritti fondamentali europei, in G.ZAGREBELSKY (a cura di), Diritti e Costituzione nell’Unione europea, Laterza, Roma 2004, p. 255 s.

32 Cfr.J.BERING LIISBERG, cit., p. 42.

33 Ibid.

34 Cfr. supra Cap. II par. 1.1

si è modificato il riferimento, sostituendolo con le “costituzioni degli Stati membri” e aggiungendo l’inciso “nel rispettivo ambito di applicazione”.

Anche Lenaerts, attuale Presidente della Corte di giustizia, rileva come durante i lavori preparatori gli Stati membri fossero spaventati dal fatto che un catalogo di diritti europeo potesse emarginare le Costituzioni nazionali. Si temeva che la Corte di giustizia potesse utilizzare la Carta quale “federalising device”, sostituendo i diritti fondamentali così come definiti nelle Costituzioni nazionali con un unico standard comune35.

Liisberg a sostegno di questa tesi porta la giurisprudenza convenzionale sull’art. 53 CEDU – ritenuto dallo stesso identico all’art. 53 CDFUE in quanto a

“legal significance” – che ha sempre rifiutato di utilizzare l’art. 53 CEDU come clausola di “migliore protezione” anche quando questo era richiesto da una delle parti in causa (si v., ad es., la posizione assunta dal governo francese nella causa Open Door)36. Dunque l’art. 53 CDFUE, al pari dell’omologo contenuto nella CEDU, non dovrebbe far altro che assicurare un minimo standard di protezione37 e la giurisprudenza della Corte EDU sul punto «implies a modest future for its EU Charter equivalent»38.

Come da altri sostenuto, poi, l’art. 53 non impone l’accettazione da parte della Corte di giustizia del superiore standard nazionale di protezione come proprio della Carta ma piuttosto si limita a «stabilire le basi di una politica giudiziale che favorisca la maggiore protezione possibile dell’individuo»39.

35 Cfr. K. LENAERTS, Exploring the limits of the EU charter of fundamental rights, in European Constitutional Law Review, 8, 2012, p. 376.

36 Cfr. supra Cap. II par. 2

37 J.BERING LIISBERG, cit., p. 57.

38 C.VAN DE HEYNING, No Place Like Home: Discretionary space for the domestic protection of fundamental rights, in P. Popelier, C.VAN DE HEYNING eP.VAN NUFFEL (a cura di), Human Rights Protection in the European Legal Order: The Interaction between the European and the National Courts, Intersentia, Cambridge 2011, p.71.

39 Cfr. R. ALONSO GARCÍA, Le clausole orizzontali della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Rivista Italiana di diritto pubblico comunitario, 1, 2002, p. 28. Cfr. in maniera solo parzialmente aderente U.DE SIERVO, I diritti fondamentali europei e i diritti costituzionali italiani (a proposito della “Carta dei diritti fondamentali”), in G. ZAGREBELSKY (a cura di), Diritti e costituzione nell’Unione europea, Laterza, Milano 2004, p. 265 il quale afferma: «Se (…) si esamina con la dovuta attenzione questo articolo [53](…) ci si può render conto che si tratta di una garanzia solo apparente: non solo comparazioni del genere sono nella realtà di grande difficoltà, tanto più se sono stati configurati anche nuovi tipi di diritti, ma soprattutto questa garanzia è limitata agli ambiti di applicazione dei vari sistemi normativi».

Si dovrebbe dunque propendere per una lettura meno ampia della portata della norma. L’art. 53 CDFUE, infatti, sebbene richiami le norme costituzionali interne non per questo autorizza la Corte di giustizia ad applicare norme nazionali

“disapplicando” quelle europee, né le Corti nazionali possono de plano dichiarare inapplicabili misure europee perché contrarie alle Costituzioni nazionali40.

È la stessa lettera dell’articolo, infatti, a mettere in chiaro che “nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o lesiva

…”, quasi ad ammettere che però altre fonti (quali ad es. i regolamenti) ben possano avere l’effetto che l’art. 53 mira a prevenire41.

Di qui bisognerebbe trarre che l’articolo 53 CDFUE ha una rilevanza giuridica minima, avendo il solo obiettivo politico di assicurare che le Costituzioni nazionali non siano sostituite dalla Carta42.

Infatti, sebbene si tenda sempre a cercare di attribuire alle disposizioni di un determinato documento normativo un significato giuridico indipendente che dia efficacia ed effettività alla norma, si può anche dare il caso – specialmente in documenti quali i Bill of rights – che vi siano alcune disposizioni dettate esclusivamente da ragioni politiche.

Per questo alcuni non escludono che l’articolo 53 sia una disposizione di questo tipo, dal preminente (o esclusivo) valore politico.

Sentenzia, Liisberg, «Article 53 … is a politically useful inkblot meant to serve as an assurance to Member States, and eventually the electorate, that the Charter does not replace national constitutions and that it does not, by itself, threaten other, better or different human rights»43.

40 Salvo l’estremo caso dell’attivazione c.d. teoria dei controlimiti italiana o della dottrina Solange tedesca.

41 Di questo avviso J. B. LIISBERG, cit., p. 35.

42 Un’interpretazione di questo tipo contrasta evidentemente con la regola riassumibile nel brocardo latino ut res magis valeat quam pereat, o actus interpretandus est potius ut valeat quam ut pereat (Digesto, 45, I, 80). Ovvero il principio in base al quale l’interpretazione del contratto deve essere orientata nel senso dare un qualche effetto al suo testo anziché alcuno, ciò valendo anche per ciascuna delle sue clausole. Il principio punta alla preservazione dei vincoli giuridici, tendendo quindi a salvare il patto negoziato ed evitando che si dissolva. Si v. in questo senso F.MARQUET, Commentaire critique de la convention européenne des droits de l’homme, de son organisation judiciaire et de l’arrêt du 23 juillet 1968, Hors commerce, Anversa 1973, pp. 52 ss.

43 LIISBERG J.B., Does the Eu Charter of Fundamental Rights Threaten the Supremacy of Community Law?

Article of the Charter: a fontain of law or just an inkblot?, in Jean Monnet Work. Pap., 4/01 , 2001, p. 57.