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I problemi di coordinamento tra i diversi sistemi di tutela e il conflitto tra le varie garanzie apprestate sono il fulcro, come si accennava, del parere negativo emesso dalla Corte di Giustizia in riferimento all’adesione alla CEDU da parte dell’Unione europea.

Il parere 2/13, in maniera molto più netta rispetto alla presa di posizione dell’avvocato generale Kokott200, si è pronunciata con un parere interamente negativo che segna fortemente il futuro del procedimento di adesione.

L’esito negativo si fonda su sette distinte argomentazioni,201 una delle quali interamente incentrata sul difetto di coordinamento tra l’art. 53 della CEDU e l’art. 53 della Carta.

198 Cfr. CGUE sent. 24 aprile 2012, causa C-571/10 Kamberaj, par. 59-63. In commento si v.

BASILICO A., Disapplicazione delle leggi interne contrastanti con la CEDU? Il punto di vista della Corte UE, in www.rivistaaic.it, 25 settembre 2012.

199 Cfr. supra Cap. I parr. 2.2. e 2.3.

200 Presa di posizione dell’A.G. J. Kokott presentata il 13 giugno 2014 in riferimento al procedimento di parere 2/13 instaurato su domanda della Commissione europea. L’A.G., infatti, pur rilevando dei punti critici nel progetto di adesione, sostiene la compatibilità con i Trattati del Il Progetto riveduto di accordo, presentato a Strasburgo il 10 giugno 2013. Secondo l’A.G. potrebbe assicurarsi la compatibilità a patto che siano garantito con “modalità vincolanti ai sensi del diritto internazionale» quali ad esempio, che l’Unione e i suoi Stati membri, in vista delle loro eventuali domande di intervento in giudizio in veste di convenuti aggiunti “vengano informati sistematicamente e senza eccezioni in merito a tutti i ricorsi pendenti dinanzi alla Corte EDU, allorché e non appena questi vengono notificati al rispettivo convenuto”; che le stesse domande

“non vengano sottoposte ad alcun esame di plausibilità da parte della Corte EDU” e che il previo coinvolgimento della Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, del Progetto di accordo si estenda a tutte le questioni giuridiche relative all’interpretazione delle norme del diritto primario e del diritto secondario dell’Unione in conformità alla CEDU” (cfr. Presa di posizione, punto 280).

Preventivamente la Corte si esprime sulla ricevibilità della richiesta di parere sostenendo che, sulla scorta della sua giurisprudenza, la richiesta pervenuta dalla Commissione deve essere ritenuta ricevibile dal momento che «la Corte dispone di tutti gli elementi sufficienti per esaminare la compatibilità del Progetto di accordo con i Trattati e, dall’altro, i progetti di strumenti d’adesione, che hanno costituito l’oggetto di un accordo a livello dei negoziatori, sono sufficientemente avanzati per poter essere considerati come un “accordo previsto” ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE»202. Altro motivo di attrito, in grado di compromettere la ricevibilità della richiesta di parere, era ritenuta la circostanza per la quale la Corte sarebbe chiamata a valutare della legittimità di norma interne.

Su tale questione la Corte, riprendendo la posizione dell’A.G., afferma che la richiesta è ricevibile dal momento che le norme interne devono ancora essere adottate e l’adozione delle stesse in ogni caso avverrebbe solo dopo la conclusione dell’accordo di adesione.

Passando, invece, alle censure di merito, queste si articolano in diversi punti dettagliatamente argomentati.

Alla base del rifiuto vi è una generica constatazione del diverso assetto istituzionale nel quale si inserisce il procedimento di adesione alla CEDU attuale rispetto a quello (ipotetico) valutato dalla Corte nel parere 3/94 e dell’esigenza di tenere conto delle caratteristiche specifiche dell’Unione e del diritto dell’Unione, del primato del diritto europeo e dell’esistenza di valori comuni su cui l’Unione si fonda203 .

La Corte, in primis, critica l’equiparazione dell’Unione ad uno Stato e nel riservare ad essa un ruolo del tutto identico a quello di qualsiasi altra Parte contraente. Seguendo tale approccio non si tiene conto della natura intrinseca dell’Unione e del fatto che gli Stati membri, con l’adesione all’Unione, hanno accettato che negli ambiti di competenza dell’Unione i loro reciproci rapporti siano disciplinati dal diritto europeo. Conseguentemente, anche in ipotesi di

201 Si v., in particolare, punti 144-258 del Parere.

202 Questa l’argomentazione sostenuta dalla Commissione poi fatta propria dalla Corte (cfr. Parere 2/13 punti 144-152).

203 Cfr. punti 164-176.

rilevanza comunitaria, si consentirebbe un ricorso interstatale ai sensi della CEDU incidendo così sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri.

Altro motivo di censura è il mancato coordinamento tra Protocollo 16 e rinvio pregiudiziale. L’utilizzo dello strumento previsto dal Protocollo 16, infatti, potrebbe comportare l’ «elusione della procedura di rinvio pregiudiziale prevista dall’articolo 267 TFUE, la quale […] costituisce la chiave di volta del sistema giurisdizionale istituito dai Trattati»204.

Ulteriore motivo si censura risiede nel contrasto tra l’art. 33 CEDU e l’art.

344 TFUE. L’art. 33, infatti, prevede una procedura di ricorso interstatale che contrasta con il divieto di sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione dei trattati ad un modo di composizione diverso da quello previsto da questi ultimi. Conseguentemente, «resterebbero sottratte alla Corte di giustizia le controversie che le sono invece obbligatoriamente ed esclusivamente attribuite ex art. 344 TFUE»205.

Vi è, poi, la questione connessa al meccanismo del convenuto aggiunto. Ai sensi dall’art. 3, par. 2 del progetto di accordo, se un ricorso è proposto contro uno o più Stati membri, l’Unione europea può partecipare al procedimento in qualità di convenuto aggiunto nel caso in cui la violazione contestata metta in discussione la compatibilità con la CEDU di una norma del diritto dell’Unione europea.

La criticità risiede nel fatto che nella valutazione operata dalla Corte EDU circa la sussistenza delle condizioni di ammissione del convenuto aggiunto, la Corte stessa potrebbe interferire con la ripartizione di competenze tra l’Unione e gli Stati membri andando a valutare le norme del diritto dell’Unione sul comparto delle competenze e sui criteri di imputazione degli atti.

Allo stesso modo anche il meccanismo del previo coinvolgimento della Corte di giustizia è oggetto di critica da parte della Corte206.

Nella materia PESC (politica economica e sicurezza comune), notoriamente sottoposta ad un regime atipico nel diritto dell’Unione e

204 V. punto 197.

205 Cfr. I.ANRÒ, Il parere 2/13 della Corte di giustizia sull’adesione dell’Unione europea alla CEDU: questo matrimonio non s’ha da fare?, in diritticomparati.it, 2 febbraio 2015.

206 Per il dettaglio delle censure si v. punti 236-248 del Parere.

caratterizzata dal metodo intergovernativo, l’accordo prevede la possibilità per la Corte EDU di pronunciarsi sulla conformità alla CEDU degli atti, azioni od omissioni posti in essere nell’ambito della PESC per i quali la Corte di Giustizia non ha competenza a verificare la loro legittimità in rapporto ai diritti fondamentali. Conseguenza di ciò è che il controllo spetterebbe in via esclusiva ad un organo esterno all’Unione così ponendosi in contrasto con la posizione assunta dalla Corte di Giustizia nel Parere 1/09207.

Infine, in maniera del tutto originale rispetto a quanto sostenuto dall’A.

G., la Corte introduce quale argomentazione dirimente la mancanza di coordinamento tra l’art. 53 CEDU e l’art. 53 della Carta di Nizza.

Sostiene la Corte che su un piano teorico la sottoposizione delle istituzioni dell’Unione al controllo di un organo giurisdizionale esterno non sarebbe incompatibile con il diritto dell’Unione. Tuttavia, la Corte ha precisato anche che un accordo internazionale può incidere sulle sue competenze soltanto a condizione che siano soddisfatte le condizioni essenziali per la preservazione della natura di tali competenze e che dunque non venga pregiudicata l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

Come sottolineato «l’intervento degli organi investiti dalla CEDU di competenze decisionali […] non deve avere come effetto di imporre all’Unione e alle sue istituzioni, nell’esercizio delle loro competenze interne, un’interpretazione determinata delle norme del diritto dell’Unione»208

L’adesione alla CEDU, avrebbe la conseguenza di vincolare l’Unione e le sue istituzioni all’interpretazione della Convenzione fornita dalla Corte di Strasburgo escludendo, invece, che l’interpretazione della CEDU fornita dalla Corte di giustizia vincoli la Corte di Strasburgo. Al contrario, lo stesso meccanismo di “controllo esterno” non potrebbe valere per la vincolatività dell’interpretazione della Carta e del diritto dell’unione fornita dalla Corte di giustizia209. Questa situazione di totale equiparazione dell’Unione agli altri Stati contraenti non è ritenuta tollerabile dalla CGUE, secondo la quale «le valutazioni della Corte relative all’ambito di applicazione sostanziale del diritto dell’Unione, al

207 In particolare ai punti 78, 80 e 89.

208 Cfr. Parere punto 184.

209 Cfr. Parere punto 184.

fine in particolare di stabilire se uno Stato membro sia tenuto a rispettare i diritti fondamentali dell’Unione, non dovrebbero poter essere messe in discussione dalla Corte EDU»210.

La mancata previsione nell’accordo di una forma di coordinamento tra l’art. 53 della CEDU e l’art. 53 della CDFUE, in altre parole, potrebbe attentare all’uniforme applicazione del diritto europeo (sulla quale è chiamata a vigilare la Corte di giustizia) nei casi di “diritti corrispondenti” nel sistema europeo e in quello convenzionale dove gli Stati potrebbero applicare i livelli di tutela previsti dalla CEDU frustrando il diritto e la giurisprudenza europea correlata.

Come si vedrà, il punto è particolarmente delicato dal momento che la Corte di giustizia con riferimento all’art. 53 della Carta ha statuito che tale norma debba essere interpretata nel senso che l’applicazione di standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali più elevati non deve compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione211. Questo, secondo la Corte, mal si coordinerebbe con l’art. 53 della CEDU che, diversamente, contempla la possibilità per gli Stati di prevedere standard di tutela più elevati rispetto alla CEDU.

La soluzione di compromesso prospettata dalla Corte è quella di limitare la facoltà concessa dall’articolo 53 della CEDU agli Stati «a quanto è necessario per evitare di compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta [europea dei diritti fondamentali], nonché il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione»212.

La questione del coordinamento tra le norme, poco chiara anche solo nella sua definizione213, si complica quando la Corte richiede che siano inserite nell’accordo di adesione previsioni che tutelino l’ambito di competenza dell’Unione. Come è stato rilevato, infatti, la pretesa che sia «affidata all’accordo di adesione la tutela del primato del diritto dell’Unione e del rapporto tra i livelli di tutela nazionali e dell’Unione appare francamente priva di fondamento, tanto più che un’eventuale norma in tal senso nell’accordo rischierebbe di addentrarsi nel

210 Cfr. Parere punto 186.

211 Amplius Cap. III par. 2.1

212 Cfr. Parere punto 189.

213 Cfr. T.LOCK, Oops! We did it again – the CJEU’s Opinion on EU Accession to the ECHR, in Verfassungsblog.de, 18 dicembre 2014.

riparto di competenze UE/Stati membri e ledere il principio di autonomia dell’Unione europea»214.