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Profili di criticità e punti di forza delle ipotesi finora esaminate

Alla luce delle riportate posizioni dottrinarli risulta chiaro che l’adesione ad una impostazione piuttosto che all’altra comporta delle conseguenze in ordine non solo alla tutela dei diritti fondamentali, ma anche alla stessa concezione del rapporto tra ordinamenti e, infine, alla visione dell’integrazione costituzionale europea.

Muovere da una concezione massimalista, basata su un concetto di integrazione circolare e di primato mobile, infatti, valorizza l’impianto multilivello dell’ordinamento europeo, promuovendo una integrazione “completa” tra i diversi livelli di tutela. In questo quadro, i conflitti sono visti come apparenti e risolvibili in via interpretativa attraverso l’individuazione della massima tutela non sulla base di un criterio gerarchico, ma attraverso un criterio di armonizzazione fondato sul «favore per la più amplia garanzia»1.

Questo criterio, come si è visto2, ha il limite però di operare solo nei rapporti verticali, ovvero nei casi di contrasto tra il diritto di un singolo e l’interesse del potere pubblico (problematica, inoltre, appare la operatività nei casi di rapporti cc.dd. verticali invertiti dove le parti sono le stesse, ma i rapporti ribaltati)3. Seguendo tale impostazione non si tiene in debito conto la conseguenza per la quale alla garanzia di maggiore protezione di un diritto si accompagna in maniera quasi del tutto inevitabile la frustrazione o la riduzione di tutela del diritto

1 A. CERRI, Istituzioni di diritto pubblico nel contesto europeo, Giuffrè, Milano 2015, p. 391.

2 V. supra Cap. IV.

3 In particolare si ritiene abbiano efficacia diretta verticale ed inversa quegli atti dell’Unione per i quali l’individuo non è titolare di una posizione giuridica da far valere contro lo Stato (come invece nel caso dei rapporti verticali), ma è lo Stato a vantare un interesse che, in ultima analisi, comporta un trattamento sfavorevole per il singolo. In questi casi l’individuazione della “miglior tutela”

risulta ancora più difficile: può ritenersi migliore la soluzione che privilegi l’interesse pubblico e leda la posizione del privato?

contrapposto (si pensi al classico esempio di contrasto tra la libertà di espressione del pensiero e il diritto alla riservatezza). L’individuazione del punto di contemperamento tra i diversi diritti rientra tradizionalmente nella discrezionalità e nella valutazione del legislatore e, in sede giurisdizionale, può essere censurata qualora non abbia rispettato i criteri di ragionevolezza e proporzionalità4.

Individuare quale criterio decisionale quello della maggior tutela, però, prescinde da tali operazioni (di carattere casistico e relativo), assumendo la possibilità di riuscire a quantificare e, in qualche maniera, a gerarchizzare i diritti in conflitto. Come si è tentato di dimostrare, però, tali operazioni appaiono estranee al sistema di tutele sia interno che europeo.

Concepire l’art. 53 CDFUE quale clausola in base alla quale individuare l’interpretazione che garantisca il maggiore livello di tutela, infatti, si scontra con la difficoltà pratica, per la CGUE, di cercare il best level of protection a fronte di una molteplicità di diritti in conflitto. Tale criterio interpretativo-decisionale potrebbe comportare l’individuazione, poi, quale “miglior tutela” di una soluzione non necessariamente auspicabile a livello europeo. La scelta di dare prevalenza ad una tutela piuttosto che ad un’altra, infatti, comporterebbe l’adesione della Corte di giustizia ad una delle interpretazioni seguite in un singolo Stato membro così da frustrare la capacità della Corte di veicolare un autonomo catalogo dei diritti rispondente alle esigenze dell’Unione in quanto tale e non di uno degli Stati membri.

Ulteriore perplessità sorge dalla evidente incisione che il canone, così inteso, opera nei confronti del principio del primato del diritto europeo. A partire dalla famosissima Costa c. Enel, infatti, il primato del diritto europeo è stato affermato in maniera dirompente tanto da travalicare anche il “confine” delle norme costituzionali nazionali5. Come noto, anche l’ordinamento italiano –

4 Sul giudizio di bilanciamento in sede giurisdizionale si v. infra, sul controllo di ragionevolezza e proporzionalità cfr. M. CARTABIA, I principi di proporzionalità e ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale italiana, Roma, Palazzo della Consulta 24-26 ottobre 2013 Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola, Studi della Corte, 2013.

5 Sull’irrilevanza del contrasto con le norme interne costituzionali cfr. Corte CEE ord. 22 giugno 1965, Acciaierie San Michele c. CECA; CGUE sentenza 17 dicembre 1970, Internationale Handelsgesellschaft; CGUE sentt. 26 febbraio 2013, Melloni e Åkerberg.

nonostante un’iniziale diffidenza6 – ha ancorato la primautè europea all’art. 11 Cost.

così consentendo delle limitazioni di sovranità a favore dell’Unione europea7. L’approccio massimalista, invece, considera la tutela dei diritti fondamentali come avente natura trasversale e superiore tanto da poter costituire una deroga al criterio delle competenze attribuite8 cardine della cessione di sovranità a favore dell’Unione da parte degli Stati membri9 e di considerare il principio del primato come “retrattile”10.

Sebbene l’intenzione di questa parte di dottrina sia nobile e miri alla costruzione di meccanismi tali da prescindere dalle difficoltà dei rapporti interordinamentali quando ci siano in ballo i diritti fondamentali, d’altro canto, tale impostazione, se seguita, potrebbe portare a risultati paradossali che comprometterebbero lo stesso fondamento dell’ordinamento europeo.

Non si vuole qui sostenere che la primacy del diritto europeo sia un presupposto acquisito e che non debba essere testato anche sul campo ma, al contrario, ammettere la possibilità di deroga al primato sulla base di criteri indefiniti e indefinibili, quali appunto il riferimento al “miglior livello di tutela”, avrebbe quale conseguenza quella di attribuire al primato stesso una natura cedevole tale da minare la stessa legittimazione dell’Unione, basata come noto, sul principio di poteri attribuiti dagli Stati sovrani.

D’altro canto anche l’approccio pluralista così come delineato dalla dottrina richiamata, ha dei nodi problematici che è necessario sciogliere.

Considerare l’Unione europea in grado di esprimere un ethos costituzionale

6 Sull’evoluzione dei rapporti tra l’ordinamento interno e quello comunitario cfr. supra Cap. I. Per una disamina della giurisprudenza sul punto si v. G.TESAURO, Relazioni tra Corte Costituzionale e Corte di giustizia, in Studi, www.cortecostituzionale.it, 2012.

7 Cfr. supra Cap. I. Tale impostazione trova recentissima conferma in Corte cost. ord. n. 24 del 2017 sulla quale v. infra.

8 Cfr. art. 5 TUE parr. 1-2 “1. La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione. L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. 2. In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri”.

9 Cfr. A.TORRES PÉREZ, Constitutional Identity and Fundamental Rights: The Intersection between Articles 4(2) TEU and 53 Charter,cit., p. 147 la quale afferma «constitutional rights are paramount». Sul punto si v., L.BESSELINK, Entrapped by the Maximum Standard, cit., pp. 46-47 e A. VON BOGDANDY, S.SCHILL, Overcoming absolute primacy: Respect for national identity under the Lisbon Treaty, in Common Market Law Review, 48, 2011, p. 1417.

10 Su cui v. amplius Cap. IV, par. 2.2.1.

portatore di standard autonomi e validi per tutti i contesti europei, infatti, si scontra con la natura sui generis dell’ordinamento comunitario che storicamente, culturalmente e giuridicamente si distingue dalle realtà di tipo statuale. L’elemento di assonanza è senza dubbio il carattere pluralistico che, come in tutte le democrazie moderne, impone di riconoscere la conflittualità e di ricercare un equilibrio costante tra le diverse istanze parimenti meritevoli di tutela.

Questa costruzione, però, decentra completamente la scelta circa la tutela da apprestare a livello sovranazionale riducendo notevolmente lo spazio di azione delle Corti nazionali e attribuendo alla Corte di giustizia un ruolo di chiusura. Tale valorizzazione del ruolo della CGUE nella dinamica di tutela dei diritti fondamentali, sebbene risponda ad un percorso di progressivo coinvolgimento della Corte nell’integrazione costituzionale europea, non è accompagnata da una contestuale legittimazione della stessa lasciando così presumere che l’esito di una cessione a favore dell’Unione della competenza di dire l’ultima parola in materia di diritti fondamentali pare essere un passaggio al momento connotato da numerose incognite e non sarebbe necessariamente percepito come positivo. Delegare alla CGUE l’individuazione della tutela più appropriata dei diritti fondamentali (e non migliore) nelle controversie rientranti nell’ambito delle competenze dell’Unione, infatti, senza valorizzare le valutazioni operate dalle Corti costituzionali nazionali rischia di snaturare l’essenza stessa del processo di integrazione europea, fondato sul motto dell’ “unità nella diversità” e consacrato nel valore attribuito alle identità costituzionali nazionali di cui all’art. 4, par. 2 TUE11.

11 Cfr. Art. 4.2 TUE “L’Unione rispetta l’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro”. Per la dottrina che scorge in tale previsione normativa una

“europeizzazione” della teoria dei controlimiti si v., diffusamente, D. TEGA, La tutela dei diritti fondamentali nell’Unione europea tra Carta di Nizza e costituzioni nazionali: una poltrona per due?, in L.S.

ROSSI, G. DI FEDERICO (a cura di), L’incidenza del diritto dell’unione europea sullo studio delle discipline giuridiche, ESI, Napoli 2008, 182 ss.; F. VECCHIO, Primazia del diritto europeo e salvaguardia delle identità costituzionali. Effetti asimmetrici dell’europeizzazione dei controlimiti, Giappichelli, Torino 2012; A.

RUGGERI, Trattato costituzionale, europeizzazione dei “controlimiti” e tecniche di risoluzione delle antinomie tra diritto comunitario e diritto interno (profili problematici), in S. STAIANO (a cura di) Giurisprudenza costituzionale e principi fondamentali, Giappichelli, Torino 2006, pp. 827 ss. Diversa la posizione assunta da B. GUASTAFERRO, Beyond the Exceptionalism of Constitutional Conflicts. The Ordinary Functions of the Identity Clause, in Yearbook of European Law 2012, Oxford, 2012, 263 s., nonché in B.

Per questo anche tale impostazione non appare del tutto condivisibile, mirando al pluralismo ma ricadendo inevitabilmente nella contraddizione di attribuire ad un soggetto unico l’operazione di sintesi delle diverse istante. Negli ambiti di competenza dell’Unione, in altre parole, sarebbe solo l’Unione in grado di esprimete il grado di tutela adeguato.