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Il ruolo dei diritti fondamentali e la proposizione di tre standard di tutela

3. L’approccio pluralista e lo standard unico europeo

3.2. Il ruolo dei diritti fondamentali e la proposizione di tre standard di tutela

Infine non si può non menzionare la posizione espressa in dottrina da von Bogdandy, il quale, pone in luce quali siano i punti deboli della impostazione massimalista e, parimenti, fornisce una ricostruzione di quali potrebbero essere gli standard utilizzati dalla Corte di giustizia nel decidere su questioni che ineriscano ai diritti fondamentali58.

Sulla scorta di quanto appena visto, vi è chi suggerisce che la Corte di giustizia, nelle sue decisioni applichi i più alti livelli di protezione dei diritti fondamentali. Tali decisioni perseguirebbero lo scopo di realizzare il più elevato livello di controllo.

D’altra parte però vi sono, per l’A., dei punti deboli di tale teoria che pur perseguendo il fine di dare centralità ai diritti umani, non per questo può essere accolta.

In primo luogo, vi è il problema di determinare cosa si debba intendere per massimo standard59. Difficile parlare di più alto livello di protezione quando

58 Tra i numerosi scritti dell’Autore, si farà qui particolare riferimento a VON BOGDANDY A., The European union as a human rights organization? Human rights and the core of the European union, in Common Market Law Review, 37, 2000, pp. 1307–1338; ID., Comunità di diritti fondamentali come meta dell’integrazione? I diritti fondamentali e la natura dell’Unione europea, in Diritto pubblico, 3, 2001, pp. 849-900; ID., I principi fondamentali dell’Unione europea. Un contributo allo sviluppo del costituzionalismo europeo, Editoriale scientifica, Napoli 2011; ID., L’europeizzazione dell’ordinamento giuridico come minaccia per il consenso sociale?, in G.ZAGREBELSKY (a cura di), Diritti e Costituzione nell’Unione europea, Laterza, Roma 2004, pp. 276-298.

59L. COZZOLINO, Le tradizioni costituzionali comuni nella giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, in P.FALZEA,A.SPADARO,L.VENTURA (a cura di), La Corte costituzionale e le Corti d’Europa. Atti del seminario svoltosi a Copanello (CZ) il 31 maggio-1 giugno 2002, Giappichelli, Torino 2002, pp. 11 ss. parla di metodo del massimo standard e di metodo del minimo comun denominatore. Secondo il primo metodo «I giudici dovrebbero procedere ad una analisi sistematica delle tradizioni costituzionali comuni in modo da trasporre a livello comunitario, a seconda delle versioni, o la disciplina che garantisce il massimo standard di tutela o, tutt’al contrario, quella che fornisce il minimo standard di tutela. Secondo la prima variante, dunque, i giudici dovrebbero analizzare i sistemi giuridici nazionali allo scopo di individuare quella tra le soluzioni proposte in grado di garantire la più ampia tutela alla situazione giuridica di vantaggio di volta in volta in questione» (p. 11).

«un provvedimento normativo favorisce un diritto fondamentale a detrimento di un altro»60.

Inoltre l’ampiezza della portata della Carta, che trova applicazione in tutti i campi di competenza dell’Unione, comporta una difficile individuazione del più alto livello di protezione.

Alla difficoltà metodologica si aggiunge nei fatti una vera e propria questione di separazione dei poteri61. Le scelte normative dell’Unione, infatti, risentono necessariamente di una ponderazione tra interessi pubblici e privati concorrenti e, dal momento che quasi tutti i diritti consentono una qualche forma di limitazione, la questione cruciale è quella di valutare il corretto equilibrio tra questi due interessi (quelli individuali contrapposti all’interesse pubblico) potenzialmente confliggenti.

Nel tempo la Corte ha modellato il controllo sul corretto bilanciamento servendosi di canoni decisionali trasfusi da esperienze nazionali. La Corte di giustizia, infatti, «definisce questa ponderazione mediante l’applicazione dei diversi elementi del principio di proporzionalità»62.

Il principio di proporzionalità, nato nel processo amministrativo ma esteso a diverse branche del diritto, ricopre un ruolo indispensabile nel riconciliare diritti, interessi e valori confliggenti e per questo ha avuto un discreto successo nel diritto europeo63. Specialmente nel contesto europeo, difatti, il principio si rivela efficace per la sua duplice veste: a monte, nella determinazione dei poteri dell’Unione e «as

60A. VON BOGDANDY, Comunità di diritti fondamentali come meta dell’integrazione? I diritti fondamentali e la natura dell’Unione europea, cit., p. 877. Cfr., in questo senso, J.H.H.WEILER, Fundamental rights and fundamental boundaries: on the conflict of standard and values in the protection of human rights in the European legal space, cit., p. 108.

61 La pensa così, B.DE WITTE, The past and future role of the ECJ in the protection of human rights, in ALSTON P. (a cura di), The EU and Human Rights, Oxford University Press, Oxford 1999, p. 881.

62 A. VON BOGDANDY, Comunità di diritti fondamentali come meta dell’integrazione? I diritti fondamentali e la natura dell’Unione europea, cit., p. 878.

63 Per una analisi approfondita, in chiave comparata, del principio di proporzionalità cfr. A.

BARAK, Proportionality, Constitutional rights and their limitation, Cambridge press, Cambridge, 2012. Sul principio di proporzionalità quale tecnica decisoria nel contesto europeo A.PETERS, Proportionality as a global constitutional principle, in Mpil research paper series, 10/2016; M.HEINTZEN, Il principio di proporzionalità. Un cosmopolita tedesco del diritto costituzionale, Mucchi editore, 2015; M.KLATT eM.

MEISTER, The Constitutional structure of proportionality, Oxford university press, Oxford 2012. éer un’analisi dell’utilizzazione (timida) del principio da parte della Corte costituzionale italiana cfr. M.

CARTABIA, I principi di proporzionalità e ragionevolezza nella giurisprudenza costituzionale italiana, Roma, Palazzo della Consulta 24-26 ottobre 2013 Conferenza trilaterale delle Corte costituzionali italiana, portoghese e spagnola, Studi della Corte, www.cortecostituzionale.it, 2013.

a “limit-limit” when restricting the exercise of fundamental rights and freedoms»64, e nella fase successiva del controllo giudiziario

In particolare, la Corte si avvale del controllo sulla proporzionalità dei mezzi necessari per realizzare un determinato obiettivo politico, verificando il corretto bilanciamento tra interessi pubblici e privati. È chiaro che tale verifica si risolve molto spesso in giudizi di valore non determinati da norme giuridiche65.

Così, si nota, la funzione principale dei diritti fondamentali sarebbe quella di conferire ai giudici il potere determinare «linee guida, procedimentali e di contenuto, dirette al processo politico»66.

La teorica appena esposta, dunque, si mostra scettica nel considerare l’Unione come una organizzazione focalizzata sulla promozione dei diritti umani.

Tale funzionalizzazione, apparentemente spinta dall’approvazione della Carta, infatti, potrebbe minare il sostrato costituzionale europeo che ha una natura composita.

Piuttosto, quello che si propone per un approccio alla questione della tutela dei diritti fondamentali, alla luce della situazione giuscostituzionale messa in rilievo, è di sviluppare tre diversi standard maggiormente rispondenti alla logica costituzionale europea67.

Un primo standard dovrebbe trovare applicazione alla politica estera dell’UE, nei confronti degli Stati terzi: «per non prestare il fianco all’accusa di praticare una politica imperialistica, violando il divieto di intervento sancito dal diritto internazionale, la politica dell’Unione europea deve limitarsi in questo campo ad impedire gravi infrazioni contro i diritti umani»68;

Un secondo standard, invece, riguarda i meccanismi con i quali l’Unione controlla la situazione generale della salvaguardia dei diritti fondamentali negli Stati membri e, in ragione dell’importante funzione dei diritti fondamentali negli

64 A.PETERS, Proportionality as a global constitutional principle, cit., p. 5.

65 Così A. VON BOGDANDY, Comunità di diritti fondamentali come meta dell’integrazione? I diritti fondamentali e la natura dell’Unione europea, cit., p. 878.

66 Ibid.

67 Così teorizzati in A. VON BOGDANDY, L’europeizzazione dell’ordinamento giuridico come minaccia per il consenso sociale?, in G.ZAGREBELSKY (a cura di), Diritti e Costituzione nell’Unione europea, Laterza, Roma 2004, pp. 289-290.

68VON BOGDANDY A., L’europeizzazione dell’ordinamento giuridico come minaccia per il consenso sociale?, cit., p. 289.

ordinamenti giuridici nazionali e nelle culture politiche degli Stati membri, anche questo secondo standard concederebbe una sufficiente libertà di azione all’autonomia nazionale.

Infine «un terzo standard, notevolmente più severo, deve invece trovare applicazione per la tutela giuridica nei confronti degli atti dell’Unione, nonché degli atti degli Stati membri nella misura in cui questi implementano il diritto dell’Unione»69.

Si tratterebbe di uno standard uniforme rigido per tutti gli atti delle istituzioni dell’Unione e per gli atti degli Stati membri attuativi del diritto dell’Unione. Lo standard dovrebbe essere utilizzato quale parametro non solo nello scrutinio di legittimità del diritto primario UE, ma anche, sia dalla Corte di giustizia che dalle Corti nazionali nello scrutinio sugli atti di esecuzione del diritto dell’UE.

69 Ult. cit., p. 290

Capitolo V

Le proposte interpretative alla luce dei diversi approcci 1. Premessa

L’art. 53 CDFUE è stato oggetto di una discreta letteratura e di diverse letture dottrinali che ne hanno evidenziato, di volta in volta, una funzione diversa fino ad arrivare a posizioni per la quali, l’articolo avrebbe una scarsa rilevanza giuridica e una funzione quale quella di rassicurare gli Stati e il Consiglio d’Europa sul ruolo marginale della Carta.

L’esposizione delle diverse soluzioni interpretative sarà proposta ricalcando lo stesso percorso argomentativo finora seguito.

Si procederà preliminarmente all’esame di quelle letture che sono frutto di un approccio massimalista per poi analizzare le letture di stampo pluralista.

In questa scelta vi è la volontà di rendere chiaro il collegamento intercorrente tra l’approccio prescelto nella definizione dei rapporti interordinamentali e il valore da attribuire ad una norma, come l’art. 53 della Carta, che si presta a diverse letture critiche.

2. L’art. 53 CDFUE in una visione massimalista 2.1. Clausola di risoluzione dei conflitti

Vi è una prima posizione dottrinale in base alla quale la norma rappresenterebbe una classica clausola di risoluzione dei conflitti1.

Si tratterebbe dunque di uno strumento in grado di risolvere i casi nei quali norme provenienti da diversi ordini legali prevedano diritti fondamentali in contrasto.

1 Riporta questa posizione, pur non aderendovi, J. B. LIISBERG, cit., in particolare pp. 47-49.

Questa impostazione interpretativa, prende le mosse dalla sostanziale equiparazione dell’art. 53 alle clausole di salvaguardia presenti in altri trattati internazionali in materia di diritti fondamentali.

La Carta si autoproclamerebbe, dunque, quale standard di protezione dei diritti fondamentali, di modo che, in caso di conflitto tra diritti fondamentali riconosciuti dalla stessa e i diritti fondamentali riconosciuti dagli strumenti espressamente indicati nella norma (vale a dire le convenzioni internazionali, in particolare la CEDU e le Costituzioni degli Stati membri), questi andrebbero risolti in favore degli strumenti che assicurino una maggiore protezione al diritto fondamentale in considerazione.

Questa interpretazione avrebbe il merito di risolvere i conflitti attraverso una integrazione costante tra le diverse realtà ordinamentali ma è altamente improbabile che la Corte di giustizia se ne avvalga.

Non pare, infatti, ragionevole prospettare che l’art. 53 abbia la funzione di consentire che norme estranee al diritto dell’Unione possano incidere sul contenuto delle norme dell’Unione seppur più favorevoli alla tutela dei diritti fondamentali. Si tratterebbe di una deroga al principio della supremazia del diritto dell’Unione, «deroga per la quale l’art. 53 (…) non offre una base sufficiente»2.

Questa interpretazione comporterebbe, in altre parole, il riconoscimento esplicito di una eccezione all’applicazione assoluta del principio del primato del diritto europeo.

Il primato, del diritto europeo, elaborato in via giurisprudenziale dalla Corte europea3 e poi richiamato in modo espresso dal Trattato di Lisbona nella dichiarazione n. 17 allegata all’Atto finale del Trattato, pur non trovando un appiglio testuale nei Trattati è considerato principio fondante del sistema europeo.

Come è stato notato, il principio della prevalenza dello strumento normativo che assicuri il più alto livello di tutela per i diritti individuali «costituisce

2 Cfr. G.GAJA, L’incorporazione della Carta dei diritti fondamentali nella Costituzione per l’Europa, in Diritti dell’uomo, 3, 2003, p. 9 s.

3 Cfr. CGUE Caso Costa c. Enel, C-6/64, 1964 dove si afferma «Il trasferimento, effettuato dagli Stati a favore dell’ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del Trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema della Comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia» poi CGUE caso Internationale Handelsgesellschaft, C-11/70,1970 e caso Amministrazione delle Finanze della Stato c. Simmenthal, C- 106/77, 1978.

indubbiamente espressione di civiltà giuridica» pur non risultando facilmente applicabile: «sovente, infatti, la tutela dei diritti dell’uomo presuppone un bilanciamento fra i diritti tra loro confliggenti»4.