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Collezioni storiche ed esposizione museale.

III. ALLESTIMENTO MUSEALE DEI BRONZI ANTICH

3.1 Collezioni storiche ed esposizione museale.

Le statue antiche hanno conosciuto una vita estremamente lunga, cominciata dal momento della loro creazione tramite fusione, nel corso della quale sono state protagoniste di realtà contestuali sempre diverse. I luoghi dove sono state collocate la prima volta, quelli dove sono state poi trasportate e ancora mostrate (è questo ad esempio il caso dei bronzi arrivati

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in Italia con il mercato antiquario antico), e ancora quelli dove si sono perdute, in terra o in mare, rappresentano tutti dei contesti diversi nei quali l‟opera ha vissuto151

.

In quest‟ottica anche il museo, la collezione in sé diventano contesto e, se storicizzati, meritano di essere conservati e tutelati152. Saranno quindi da considerare come contestuali quei nuclei di manufatti che, conservati all‟interno di un museo, costruiscono quella tela di relazioni e rapporti capaci di dare senso ai reperti, alla loro convivenza e alla collezione stessa. Altresì, saranno da valutare come contestuali quegli insiemi di materiali che, seppur eterogenei, compaiono congiuntamente nel panorama documentario già in antico e che dunque rappresentano un importante tassello della storia del collezionismo e della museologia.

Ancora oggi alcuni musei conservano consistenti brani, parti, membrature di quello che fu l‟originario allestimento che, ormai storicizzato, non solo è diventato parte del patrimonio culturale dell‟istituzione, ma rappresenta anche una preziosa e ultima testimonianza di un modo di concepire il museo per una cultura oggi non più esistente153.

La città di Roma, con i suoi musei e collezioni, fornisce due importantissimi esempi che ci consentono di cogliere alcune caratteristiche proprie del modo di pensare la museologia tra Rinascimento ed età moderna: i Musei Capitolini, con l‟allestimento dell‟Appartamento dei Conservatori, e i Vaticani, con la Sala Rotonda del Museo Pio Clementino.

La Lupa Capitolina, il Bruto, il Camillus e il Cavaspina della collezione capitolina sono esposti in due sale storiche del Palazzo dei Conservatori, luogo d‟origine e prima sede del museo dalla sua fondazione del 1471, la cosiddetta Sala dei Trionfi (Sala 8) e la Sala dei

Fasti (Sala 9), entrambe poste al piano nobile dell‟edificio e rivolte verso la piazza154. Gli altri bronzi del Marco Aurelio, dell‟Ercole e della testa di Costantino con la mano e la

palla Sansonis, anch‟essi donati “ob immensam benignitatem” da Papa Sisto IV alla

cittadinanza romana, si trovano invece esposti nel padiglione progettato dall‟architetto romano Carlo Aymonino alla fine degli anni Novanta e di cui si dirà in seguito.

151

“Il museo dovrebbe essere un luogo di restituzione metaforica dei contesti di un oggetto e non di un solo contesto”, BARBANERA 2013, pp. 84-85.

152 SETTIS 2015, p. 13.

153 ZIFFERERO 2004, pp. 77-81.

154 Il percorso di visita al palazzo inizia al piano terreno e, superato il cortile e la scalinata, prosegue al livello

superiore. Qui s‟incontra prima la grande sala detta degli Orazi e dei Curiazi, quindi la Sala dei Trionfi e la Sala dei Fasti, o della Lupa, sede occasionale di incontri ufficiali e di rappresentanza

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Nella prima sala, quella dei Trionfi, troviamo lo Spinario posto al centro dell‟ambiente, su un basamento marmoreo, mentre addossati alla parete sud vi sono il Camillus e il Bruto. Completano l‟arredo della sala due bronzetti moderni di piccole dimensioni e il cratere bronzeo di Mitridate V Eupatore (fig. 1)155.

Proseguendo nel vano successivo (sala 9) troviamo la Lupa Capitolina esposta da sola (fig.2); le pareti dell‟ambiente esibiscono invece sia le lastre degli antichi fasti consolari della Roma repubblicana, qui apposti dal 1583, che le tavole onorifiche delle famiglie Farnese e Colonna 156. La pavimentazione dell‟ambiente, infine, risulta particolarmente interessante in quanto rappresentata da un pavimento mosaicato di età tardorepubblicana con decorazione a meandro geometrico prospettico157.

L‟allestimento che noi oggi osserviamo nel Palazzo dei Conservatori è rimasto sostanzialmente invariato nel corso dei secoli, se non per le modificazioni resesi necessarie durante la parentesi napoleonica e poi abolite dopo la Restaurazione158.

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PIETRANGELI 1985, p. 95.

156 Al momento della visita da me effettuata al museo (settembre 2019) il bronzo dello Spinario si trovava

temporaneamente esposto all‟interno della mostra Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte (19/07/2019-12/01/2020) allestita in Palazzo Caffarelli, ancora all‟interno del complesso dei Musei Capitolini; ALBERTONI et al. 2005, p. 13.

157 Tale pavimentazione fu rinvenuta nel 1879 durante alcuni scavi in via Nazionale (l‟attuale via IV

Novembre) e poi collocato nel Palazzo dei Conservatori nel 1888, come ricordato da un‟iscrizione commemorativa, anch‟essa mosaicata, inserita nel pavimento; ANGELELLI, TORTORELLA 2016, p. 68.

158 Il Bruto Capitolino e lo Spinario, oggetti delle mire predatorie del Direttorio, furono trasportati ed esposti

a Parigi, nel Musée Napoléon, fino al 1815, quando poi fecero ritorno a Roma. Per tentare di tutelare il patrimonio della città, Papa Pio IV ordinò di realizzare quanti più calchi in gesso possibili delle opere che si stavano per imbarcare per la Francia. Durante gli anni del governo napoleonico le copie del Bruto e del

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Le fonti storiche, sia scritte che iconografiche ci consentono infatti di ricostruire con un buon grado di veridicità la forma assunta dalla collezione capitolina tra la fine del XV secolo e gli inizi del successivo.

Primo luogo d‟esposizione delle opere donate da Sisto IV furono la piazza e la facciata del Palazzo dei Conservatori di Roma; quando poi si avviarono i lavori per attuare i progetti michelangioleschi di risistemazione urbanistica del Campidoglio, la collezione fu spostata all‟interno del palazzo.

Le fonti storiche ci illustrano come la Lupa, tra la fine degli anni Trenta e gli anni Quaranta del XVI secolo, fu trasferita dalla facciata del palazzo “in porticu interiori propem aulam”; in quella sala aperta con un loggiato sulla piazza, le cui arcature furono poi chiuse tra la fine del secolo e l‟inizio del successivo. Quest‟ambiente è l‟attuale Sala dei Fasti, tuttora sede espositiva della Lupa capitolina159. Circa la Sala dei Trionfi, le informazioni storiche sono minori; possiamo tuttavia immaginare come già ai primi del Cinquecento vi fossero esposti lo Spinario e Camillus, con il Bruto capitolino che si aggiunse solo dopo il 1564.

Cavaspino furono infatti esposte nella Sala dei Trionfi insieme agli originali del Camillo e della Lupa (Itinerario istruttivo di Roma antica e moderna); PIETRANGELI 1985, p. 106; VASI 1814, pp. 57-58.

159 L‟antica loggia della sala è stata riscoperta dalle indagini del 1957, in seguito alle quali si è deciso di

rievocarne la forma mettendo in luce i profili in laterizio degli archi, nonché le false colonne realizzate ad affresco; ALBERTONI et al. 2005, p. 85.

Fig. 2 Roma, Musei Capitolini, la Lupa Capitolina esposta nell‟omonima sala (foto

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Come già ricordato, anche i Musei Vaticani offrono ancora oggi la possibilità di osservare un contesto museale andatosi a formare oltre due secoli fa. La Sala Rotonda del Museo Pio Clementino, la cui edificazione – su progetto del Simonetti – terminò nel 1779, è risultata essere un luogo d‟esposizione che nel corso del tempo si è mantenuto sostanzialmente stabile (fig. 3)160.

Fin da principio l‟ambiente si caratterizzò per la presenza di dieci grandi nicchie, cinque delle quali furono subito occupate da monumentali statue antiche; poi, tra il 1862 e il 1870, nei tre spazi rimanenti (due erano a uso di entrata e uscita) trovarono collocazione altre opere tra cui anche l‟Ercole del Teatro di Pompeo, presentato per la prima volta al pubblico nel 1866 in seguito ai restauri di Pietro Tenerani161.

Oggi l‟esposizione dell‟Ercole all‟interno dei nicchioni della Sala Rotonda può risultare antiquata nella filosofia che la sostiene, ma come già detto in precedenza, siamo in questo caso davanti a un contesto di musealizzazione storicizzata che, a ragione, non sente la necessità di essere riallestito (fig. 4).

Forse già nell‟anno 1866 la decisione di porre la statua in bronzo dorato nella cornice di una delle più monumentali sale del Museo Pio Clementino era da considerare come superata, ma fu probabilmente obbligata dalle dimensioni monumentali dell‟opera. Il bronzo dell‟Ercole, infatti, fu collocato all‟interno di un contesto espositivo che si era già

160SPINOLA 1999, pp. 252-253.

161 La Sala Rotonda, dalla sua inaugurazione fino ai nostri giorni, ha vissuto sostanzialmente in un clima di

forte tradizionalismo, se non vera e propria stabilità. Facendo un rapido confronto tra alcune fonti iconografiche e fotografiche disponibili, osserviamo come tra il primo Ottocento e oggi le caratteristiche generali dell‟ambiente e dell‟esposizione non siano sostanzialmente cambiate.

Fig. 3 Roma, Musei Vaticani, la Sala Rotonda prima dell‟esposizione

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delineato da circa un secolo, e di cui soltanto i turbamenti politici incorsi in età napoleonica avevano almeno in parte alterato la forma162.

Spostandosi da Roma, la seconda città italiana a presentare un importantissimo nucleo di materiali in bronzo di comprovata storicità è certamente Firenze.

Fin dalla sua istituzione nel 1870 il Museo Archeologico di Firenze, oggi MAF, conserva la ricca ed eterogenea collezione di bronzistica antica che i Granduchi avevano costituito nel corso dei secoli e che in precedenza era già stata esposta al pubblico presso la Galleria degli Uffizi.

Come abbiamo visto nell‟introduzione storica, nessuna di queste statue fu scoperta nella città dei Medici, ma esse vi confluirono in virtù dell‟egemonia granducale sul territorio dell‟Italia centrale nonché delle politiche matrimoniali che al tempo coinvolsero la famiglia fiorentina.

Seppur lontani dai loro luoghi di ritrovamento e dunque privi di quella relazione con il loro contesto archeologico che mai potrà essere risanata, i bronzi fiorentini raccontano uno stralcio della storia culturale e politica dell‟Italia tra Rinascimento e contemporaneità ed è

162 Per una più completa trattazione degli aspetti paradigmatici dell‟originale allestimento settecentesco della

Sala Rotonda cf. BARBANERA 2013, pp. 15-16 e bibliografia.

Fig. 4 Roma, Musei Vaticani, l‟attuale

allestimento della Sala Rotonda (foto dell‟autore)

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proprio in questo che risiede il valore della collezione e la legittimità dei bronzi medicei di continuare ad essere esposti nel capoluogo toscano.

Nel corso dei secoli il legame della Chimera, dell‟Idolino, della Minerva, dell‟Arringatore con la città e dunque con il museo è diventato sempre più indissolubile, rafforzando dunque quella nuova realtà contestuale che si era formata quando le opere arrivarono ad alimentare le collezioni d‟antichità dei Medici. Oggi non avrebbe senso pensare di spostare dal Museo Archeologico di Firenze le opere in bronzo qui conservate in virtù di una ritrovata contestualizzazione, anche perché, tranne rare eccezioni, le informazioni circa i contesti di provenienza sono estremamente limitate163.

E‟ tuttavia recentissima una petizione lanciata da un‟associazione culturale aretina per chiedere al Ministero dei Beni Culturali il ritorno in città della Chimera.

“L‟eccellenza della critica mondiale, infatti, è unanimemente d‟accordo che ogni oggetto,

rimosso dal contesto originale, perda la sua funzione primaria acquisendo connotazioni diverse.” si legge su Change.org, piattaforma per la gestione di petizioni on-line164. Le parole utilizzate nel testo sono quelle proprie dell‟archeologia e la nozione esposta è di per sé corretta. Il contesto è qui però utilizzato (e forse abusato) come mezzo per tentare di raggiungere un obiettivo che, oltre che velleitario, campanilistico, risulta forse anche concettualmente sbagliato in quanto non considera il rapporto contestuale ormai instaurato tra le opere e la città di Firenze nel corso dei secoli165.

Oggi visitando il MAF non è possibile fare quel percorso a ritroso nella storia della museografia che ci consentirebbe di apprezzare i bronzi nell‟allestimento con cui il museo fu inaugurato e che abbiamo visto essere possibile invece per il Museo Capitolino e il Pio Clementino.

163

L‟unico bronzo della collezione fiorentina per cui si ha oggi qualche informazione forse sufficiente a ricostruire il contesto di rinvenimento è la Minerva. Indagini archeologiche recenti hanno messo in evidenza la presenza presso San Lorenzo ad Arezzo di porzioni di pittura in I stile attribuibili con maggior probabilità ad un‟area templare che rendono meno plausibili le ipotesi che volevano il bronzo esposto all‟interno di una delle domus rinvenute nella stessa area di San Lorenzo, DONATI 2016.

164 https://www.change.org/p/wegeg-ricontestualizzazione-della-chimera-di-

arezzo?recruiter=951554983&utm_campaign=petition_management_onboarding_series_at_publish_shar e&utm_medium=facebook&utm_source=share_petition&fbclid=IwAR2n1mpcicTTRM7u1HSsCiGLNfB TIMhIP1qsluJPRE3nUmbeR2QDdDgL_G0; https://www.arezzonotizie.it/eventi/cultura/riportare- chimera-arezzo.html.

165 Per risanare la distanza che intercorre tra la Chimera e la Minerva e Arezzo, la città dove furono scoperte,

potrebbe essere fatto uso di fedeli copie degli originali. Se una riproduzione del bronzo della Chimera è oggi esposto all‟ingresso del centro storico di Arezzo, sotto uno dei fornici di Porta San Lorentino, la città non espone invece copie della Minerva.

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Complice anche la disastrosa alluvione del 1966 – catastrofe che inflisse un pesantissimo colpo a tutto il patrimonio culturale della città – il MAF è stato oggetto più volte di revisioni e riallestimenti.

Oggi la raccolta dei grandi bronzi classici si trova esposta in più sale distinte organizzate tra il primo e il secondo piano del museo. Al primo piano del Palazzo della Crocetta, terminato lo scalone d‟accesso, si arriva agli ambienti detti, nella prima dicitura del museo, dell‟antiquarium.

Nella prima sala che s‟incontra percorrendo il corridoio ovest dell‟edificio, oggi identificata con il numero XV e la didascalia I grandi bronzi etruschi, sono esposte le statue bronzee della Chimera e dell‟Arringatore, insieme alla testa, anch‟essa metallica, detta da Fiesole (fig.5).

Le due opere in bronzo poggiano su supporti in legno innestati su basi in metallo satinato sulle quali, in bianco, si possono leggere i nomi identificativi delle statue, i loro luoghi di provenienza, le datazioni, i numeri d‟inventario: sotto l‟Arringatore possiamo quindi leggere, ad esempio: Statua in bronzo dell‟Arringatore (da Sanguineto, Perugia), fine II-

inizi I secolo a.C., inv.2. Nella stessa sala sono poi posti dei totem in plexiglass bianco

leggermente traslucido con testo esplicativo in italiano e in inglese.

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L‟attuale allestimento della sala dei grandi bronzi etruschi si data al 2006, anno importante per il museo fiorentino in quanto dedicato alla celebrazione del popolo etrusco e quarantesimo anniversario dell‟alluvione del 1966166.

Gli altri due grandi bronzi della collezione fiorentina, l‟Idolino e la Minerva, sono oggi invece esposti al secondo livello del museo, nel lungo corridoio che divide il piano e che espone, tra l‟altro, opere di ritrattistica in bronzo d‟epoca romana. Anche l‟allestimento di questo ambiente si deve ricondurre alle risistemazioni del 2006, con la Minerva che però è rientrata nel museo nel 2008 in seguito a un restauro167.

La statua della Minerva, nella sua forma riacquistata dopo il restauro del 2008, è posta all‟inizio del corridoio sulla destra. Il basamento e il supporto didascalico sono stilisticamente analoghi a quelli della sala dei grandi bronzi etruschi; ma qui è stata fatta l‟aggiunta di una quinta in materiale plastico di colore bianco con lo scopo di fare da fondale alla statua e di nascondere un retrostante faretto d‟illuminazione.

Alla destra dell‟originale Minerva è poi esposta una copia bronzea rappresentante, in scala leggermente più piccola, la forma della statua prima dei de-restauri del 2008 (fig. 6). In quell‟occasione si era rimosso il braccio destro d‟integrazione e risistemata nella corretta posizione la testa sul corpo. Oggi l‟arto moderno è esposto in una vetrina posta di fronte alla statua e caratterizzata da una struttura coerente con i supporti espositivi del 2006.

166 BERUTTI 2010, p. 8. 167 ibidem

Fig. 6 Firenze, Museo Archeologico Nazionale, la Minerva di Arezzo (a sinistra) e la sua

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Al termine del lungo corridoio del secondo piano si trova il cosiddetto Idolino di Pesaro, esposto su quella base bronzea d‟età rinascimentale su cui erano stati incisi i versi del Bembo. Anche dietro questa statua è stato collocato un pannello analogo a quello della

Minerva, mentre il totem didascalico è in

accordo con gli altri apparati didattici del resto della collezione di bronzistica.

Nella sala adiacente al corridoio si trovano poi esposti il Torso di Livorno e la testa di cavallo da Palazzo Medici-Riccardi.

Nella sala successiva vi sono invece i ritratti bronzei d‟età moderna provenienti dalle secche della Meloria. Per tutti questi reperti sono utilizzati basamenti in porfido rosso lucidato a marmo e totem didascalici uguali a quelli che

già abbiamo visto. Il percorso nelle sale è inoltre arricchito da un pannello sulla bronzistica antica, evidente residuo di un allestimento precedente.

Lo stato attuale del museo risale dunque per lo più al grande riallestimento del 2006 che ha definitivamente posto termine al lungo periodo d‟interventi inaugurato in seguito all‟alluvione del ‟66.

Ma quale era la forma del museo in origine, e quali sono i rapporti tra l‟attuale allestimento e quello originario?

Una fonte del 1912, la guida al Museo Nazionale di Firenze redatta da Luigi Adriano Milani, al tempo direttore, ci mostra la prima disposizione negli ambienti delle opere in bronzo (fig. 8). Al tempo, Chimera, Arringatore, Minerva erano esposti insieme nella sala XI (secondo la numerazione dell‟epoca), detta dei bronzi o degli idoli etruschi; l‟Idolino si trovava invece sempre al primo piano ma nella sala XVII, insieme al Torso di Livorno e alla testa equestre Medici Riccardi168.

168 MILANI 1912, pp.135-144, pp. 173-174.

Fig. 7 Firenze, Museo Archeologico Nazionale,

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Dal 1912 a oggi, come si è già detto, le opere sono state oggetto di vari riallestimenti e restauri che hanno contribuito a plasmare la presente forma del museo.

Nell‟attuale allestimento delle collezioni, seppur recente, vediamo riproposte alcune delle intuizioni museologiche e metodologiche proprie già del primo allestimento dei bronzi antichi, mediate tuttavia da un più moderno approccio in materia d‟esposizione.

La sala degli idoli etruschi nonché quella dell‟Idolino prevedevano un‟organizzazione dei materiali non tanto secondo criteri topografici o cronologici, quanto piuttosto tipologici; ciò lo si capisce già leggendo l‟introduzione del Milani alla sezione museale dedicata all‟arte greco-romana:

“Il Museo greco-romano comprende specialmente le scolture in bronzo e marmo e le iscrizioni. I Bronzi sono esposti in questo piano (sale XVI- XVII) i Marmi nel giardino. Gli oggetti d‟antiquariato sono parte nella sala XVI e parte nel gabinetto gliptico e dei preziosi (sala XIX).”169.

I bronzi con i bronzi, quindi, e i marmi con i marmi.

Quando nel 2006 si è realizzato l‟attuale allestimento, quei principi museografici che avevano guidato i primi direttori dell‟istituzione furono in parte recuperati per riproporre un‟esposizione volutamente fondata su criteri tipologici ormai antiquati, scorporando adesso i nuclei delle originali sale degli idoli etruschi e dell‟Idolino e ricollocandoli in ambienti diversi.

Nella sala dove attualmente si trovano la Chimera e l‟Arringatore il criterio d‟esposizione è dichiarato fin dal nome dell‟ambiente stesso: Sala dei grandi bronzi etruschi; un titolo

169 MILANI 1912, p. 169.

Fig. 8 Guida del museo nell‟allestimento di inizio XX secolo (da

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che pone la connotazione cronologica, il fatto che siano etruschi, solo in secondo piano rispetto alla loro natura materiale e alla loro grandezza; le due statue non condividono nulla, sono di ambito e epoca diversa, l‟unico trait d‟union è quello del materiale con cui sono state realizzate. Di criterio tipologico è anche l‟esposizione all‟interno del corridoio del secondo piano, là dove si trovano l‟Idolino e la Minerva; anche qui la ragione di convivenza dei materiali esposti non risiede nella loro cronologia o luogo d‟origine comune, quanto nel loro essere in bronzo: la statua da Pesaro, quella di Arezzo, i ritratti d‟età romana non hanno niente in comune se non il materiale.

Tuttavia l‟attuale esposizione della collezione bronzistica fiorentina, nel suo essere ordinata secondo criteri tipologici, in alcuni aspetti si allontana comunque dall‟impianto proposto nella guida del Milani.

L‟allestimento del primo Novecento prevedeva infatti che la discriminante organizzativa dei reperti nelle sale fosse la loro tipologia, senza tuttavia considerare la grandezza, il grado di conservazione, la bellezza o la rarità dei pezzi. Nella sala degli Idoli etruschi, ad esempio, oltre ai tre grandi bronzi, nelle vetrine erano esposti bronzetti votivi, specchi, e