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Quale destinazione per le opere?

CARATTERISTICHE DI UN FENOMENO

4.1 Quale destinazione per le opere?

I bronzi greci e romani – come anche le altre opere d‟arte antica – si trovano oggi conservati in istituti museali sparsi in tutto il mondo, dal Vecchio Continente fino agli Stati Uniti. In particolare la dispersione di queste opere su un areale così grande ha messo in evidenza la necessità di una riflessione sulla tematica del rapporto tra museo e contesto d‟origine e rinvenimento. La questione sulla destinazione, e dunque sulla sede espositiva, non si pone in modo diverso per le statue in bronzo rispetto ad opere di altra natura e realizzate in materiale differente, se non per il carattere di maggior valore – presunto o reale – che fin dal Rinascimento è stato associato al bronzo e che dunque ha suscitato, prima per il collezionisti poi per i musei, il desiderio di aggiudicarselo, talvolta provocando anche contese e conflittualità.

Ciò premesso, quello che oggi si dovrebbe fare è interrogarsi su quale possa essere l‟optimum per un‟opera in bronzo, quale sia il luogo d‟esposizione più consono per la stessa.

Per rispondere alla domanda “quale museo per quel bronzo?” si dovrà considerare l‟interazione tra un‟ampissima gamma di parametri che già abbiamo visto emergere dai casi esposti nel capitolo precedente.

L‟individuazione del luogo dove realizzare l‟esposizione è dunque l‟esito della politica museale adottata, nella quale voci come il contesto d‟uso dell‟opera, il contesto di rinvenimento, la storicità della collezione e dunque il contesto museale, ma anche la

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possibilità di fruizione dell‟opera nonché la necessità e gli obblighi di tutela, sono tutti parametri estremamente importanti e la cui considerazione è imprescindibile.

Nel capitolo precedente abbiamo visto come i rapporti tra musei, reperti, contesti e luoghi d‟esposizione si siano evoluti nel corso del tempo, con istituti caratterizzati da una sempre più forte vocazione territoriale che – soprattutto a partire dalla seconda metà del Novecento – si sono affiancati ai grandi musei accentratori di ascendenza ottocentesca. Quest‟ultima forma di museo continua a sopravvivere sia in ambito italiano che internazionale, e ciò ha talvolta portato a una cesura tra il luogo di rinvenimento del bronzo – se noto – e quello definitivo d‟esposizione. Nell‟Europa continentale (escluse quindi Italia e Grecia) la questione legata alla musealizzazione del bronzo classico è di fatto rimasta una questione esclusivamente riservata ai grandi musei nazionali; si è visto come oggi il Louvre, l‟Altes Museum e il Kunsthistorisches Museum conservino tradizionalmente importanti opere di statuaria in marmo e bronzo, arrivate nelle loro collezioni tramite canali differenti che vanno dalla ricerca archeologica, al commercio, fino al collezionismo aristocratico d‟età moderna.

Per cause storiche che presiedono alla formazione di questi musei europei, i bronzi là esposti sono certamente fuori contesto, o almeno, fuori dal loro contesto archeologico. La ragione consiste, com‟è naturale, nella storia dell‟Europa continentale, in quella dei musei e dunque nella storicità delle esposizioni. Louvre, KHS, Altes Museum possiedono ormai da secoli i loro bronzi che rappresentano quindi una parte importante non soltanto della loro storia, ma anche di quella di tutto il collezionismo museale europeo. Le due statue di Apollo del Louvre rimandano alle politiche d‟acquisizione proprie dei grandi musei dell‟Ottocento, mentre l‟Adorante dell‟Altes si rifà al collezionismo privato confluito poi nei grandi musei con la formazione degli stati nazionali; l‟Atleta di Efeso del Kunsthistorisches rappresenta l‟esito delle missioni archeologiche finanziate dai musei e dai governi europei nel Mediterraneo alla fine del XIX secolo. In quanto esito di questi importanti processi storico-culturali, le destinazioni museali dei bronzi conservati nei grandi musei europei sono dunque da considerare ormai storicizzate. Allo stesso modo, questo valore di storicità va esteso anche alle collezioni italiane formatesi tra il Rinascimento e l‟età contemporanea (Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Musei Vaticani, Musei Capitolini); anch‟esse sono da considerare come stabilizzate in quanto ormai il contesto del bronzo è diventato il museo stesso.

Diverso il caso dei musei americani. Per questi istituti è invece difficile far valere l‟idea di una storicizzazione delle collezioni – nonostante questo sia uno dei punti su cui tali musei

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insistono per sostenere il loro diritto di proprietà sulle opere – e ciò perché ancora oggi gravano su di loro forti dubbi sulla regolarità nell‟esportazione dei bronzi dalle loro nazioni d‟origine (Italia e Germania). In questo senso, dunque, l‟esposizione da parte di istituti della cultura quali la Villa Getty di Los Angeles e il Museum of Arts di Cleveland presenta problematiche estremamente complesse che travalicano l‟ambito museologico e archeologico per sfociare in quello strettamente giuridico e del commercio delle opere d‟arte. La questione, estremamente più complessa per il Getty Bronze che per l‟Apollo

Sauròktonos di Cleveland, è ancora aperta, e in questo caso sarà la giurisprudenza

internazionale sulla circolazione di beni archeologici a valutare la legittimità e dunque la validità – almeno dal punto di vista giuridico – dell‟esposizione dei due bronzi negli istituti americani.

Come ricordato sopra, con la seconda metà del Novecento e i traguardi raggiunti nella definizione di una museologia sempre più attenta alle relazioni tra reperti e territorio, si sono realizzati allestimenti fortemente orientati a creare un continuum tra museo, ambito di rinvenimento e originario luogo d‟esposizione in antico: rientrano in questa categoria i musei italiani di Mazara, Pergola, Amelia, Brescia, ma anche quelli greci di Delfi, del Pireo, di Kalymnos, nonché il piccolo istituto croato di Lussino. Se per alcuni degli istituti sopra citati è possibile tessere una relazione che coinvolga luogo d‟esposizione antico, contesto di ritrovamento e sito di musealizzazione – è questo ad esempio il caso della

Vittoria di Brescia o dell‟Auriga da Delfi per cui i tre luoghi sopra citati vanno

sostanzialmente a coincidere – per quello che riguarda le opere bronzee rinvenute in mare, una grande quantità del totale, non è possibile fare altrettanto. I rinvenimenti fortuiti di relitti naufragati con il loro carico di opere d‟arte non autorizzerebbe infatti ad attribuire queste al luogo della scoperta; certamente il Satiro, i Bronzi di Riace così come l‟Apoxyomenos di Lussino non provenivano né erano diretti nei luoghi dove poi sono stati tratti a riva. Nonostante ciò la scoperta di opere in mare ha portato alla costruzione di una relazione tra queste e le località dove furono accolte subito dopo il recupero, e dunque oggi si può attribuire anche questi bronzi a un ambito territoriale che solo in parte ha a che fare con il luogo della scoperta, ma che non è in nessun modo legato ai contesti per i quali le opere erano state commissionate (si parla di Satiro di Mazara, Bronzi di Riace, Atleta di

Lussino; l‟accento è sul luogo d‟esposizione).

Tuttavia nonostante la nascita e la diffusione degli istituti a carattere locale, il modello del museo nazionale accentratore e collettore di opere di varia provenienza non è mai venuto

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meno e anche in anni recenti abbiamo visto perpetuarne l‟uso. Oltre ai già citati musei di Los Angeles e Cleveland, riconducibili certamente a un profilo di istituzione nel quale convergono antichità di varia origine, come da tradizione per i musei americani che da sempre si avvalgono di acquisiti sul mercato dell‟arte per ampliare le loro collezioni; in ambito italiano la persistenza di una forma di museo accentratore può essere letta nell‟allestimento dello Zeus di Ugento del 2016. Il bronzo non è stato infatti esposto presso il piccolo museo locale, ma al Museo Archeologico Nazionale di Taranto, un museo preesistente e di valenza nazionale che ha accolto il primo allestimento di un‟importante opera bronzea proveniente dal territorio. Allo stesso modo, ha funzionato da collettore di materiali rinvenuti sul territorio anche il MaRC di Reggio Calabria, designato per accogliere i due bronzi di Riace fin dalla loro scoperta nonché le due teste bronzee di Porticello. In entrambi questi casi notiamo come anche laddove i musei nazionali abbiano accolto in anni relativamente recenti opere provenienti da un distretto territoriale più o meno esteso, questo non travalica mai i confini regionali, connotando dunque l‟esposizione come fortemente orientata al territorio.

La persistenza oggi della forma del museo “centrale”, talvolta dotato di un‟accezione nazionale si può spiegare con la volontà di riproporre un tipo di istituto che sia il luogo dove confluiscono le principali opere d‟arte e le scoperte archeologiche di valenza nazionale, associando in questo modo un‟opera importante ad un museo altrettanto importante. La forma del museo centrale trova un suo punto di forza anche nella maggior facilità di realizzazione di un allestimento all‟interno di spazi già predisposti all‟esposizione di reperti e opere d‟arte. I musei nazionali – siano essi grandi o piccoli – sono solitamente istituti più solidi, sia dal punto di vista economico che gestionale rispetto ai musei locali o a quelli realizzati ex novo per la conservazione dei bronzi, e possono dunque garantire un‟esposizione più efficace, anche dal punto di vista conservativo e della sicurezza dell‟opera. In molti dei casi proposti si è visto infatti che subito dopo il ritrovamento, i bronzi sono stati ospitati nei musei nazionali per restauri e per una prima esposizione; questo ad esempio è ciò che è accaduto con i Bronzi di Riace, con i bronzi del Pireo, con la statua femminile da Kalymnos e con il bronzo equestre di Domiziano da Miseno, tra cui solo i primi sono rimasti nella loro prima sede espositiva, mentre gli altri hanno visto il loro successivo spostamento in musei più vicini al rispettivo luogo di rinvenimento. La tematica relativa alla diversa “qualità” tra il museo centrale e quello locale emerse anche negli anni di contesa tra il Museo Archeologico Nazionale di Ancona e il museo locale di Pergola per l‟esposizione dei bronzi da Cartoceto. Uno dei punti su cui

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si dibatté fu proprio il diverso standard qualitativo tra i due istituti; maggiore quello di Ancona, almeno secondo chi avrebbe voluto i bronzi esposti là, minore quello di Pergola. Tuttavia, in questo caso particolare, lo stesso Consiglio di Stato nel 2008 si espresse valutando le caratteristiche qualitative generali del piccolo museo di Pergola come analoghe a quelle di Ancona, contribuendo ad avvalorare la legittimità dell‟esposizione in quel museo minore335.

Tuttavia il contesto e la pertinenza territoriale non sono le uniche voci da tenere in conto; anche la visibilità di un istituto deve giocare, e lo ha fatto, un ruolo importante nella definizione del museo dove realizzare l‟esposizione. Estremizzando questo assunto si arriva alle posizioni di chi vorrebbe le opere solo là dove visibilità e fruibilità sarebbero espresse ai loro massimi livelli, senza considerare affatto gli altri parametri utili all‟individuazione del museo dove esporre le opere. Questo argomento è stato adottato da chi avrebbe voluto i Bronzi di Riace fuori dal museo di Reggio, ma su questi presupposti si è fondata anche parte della difesa del museo di Villa Getty per continuare a esporre il suo bronzo; secondo gli americani la visibilità che l‟opera avrebbe in Italia sarebbe certamente minore di quella sperimentata a Los Angeles336.

La visibilità certamente è un fattore importante per la musealizzazione di un‟opera d‟arte, ancor di più se quest‟ultima è estremamente significativa e dunque, a ragione, merita di essere fruita dal maggior numero di pubblico possibile; tuttavia la possibilità di massimizzare la fruizione di un‟opera non dovrebbe compromettere la qualità dell‟esposizione.

Nei casi presentati in questo lavoro si è visto come ben più di una volta vi sia stata la possibilità di esporre, in via eccezionale e temporanea, i bronzi lontano dalla loro destinazione museale, al fine di trarne quel vantaggio derivante dalla loro estrema notorietà come veicolo di bellezza ed eccellenza, talvolta anche a favore della nazione. Questo è quello che è accaduto con le proposte di spostare i Bronzi di Riace sia all‟estero che in Italia per manifestazioni di carattere non scientifico o con la partecipazione del Satiro di

Mazara all‟Expo di Aichi in Giappone.

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http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=709168.

336 Su questo tema si è recentemente espresso Michele Porcaro proponendo una serie di scenari sull‟eventuale

ritorno dell‟Atleta di Fano in Italia. Le attenzioni dell‟archeologo sono state rivolte verso la riflessione sul corretto luogo d‟esposizione del bronzo, nonché sulle modalità di presentazione di questo; PORCARO 2019.

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La questione relativa al luogo d‟esposizione delle opere in bronzo e la loro visibilità, considerata l‟estrema notorietà di alcune di queste – si pensi ai Bronzi di Riace, ai bronzi capitolini, al Satiro di Mazara o al Getty Bronze – coinvolge dunque anche l‟ambito del turismo generalista e culturale. Come visto nel presente lavoro, negli anni non sono stati rari i casi in cui si è prospettata la possibilità di esporre (temporaneamente o definitivamente) statue di bronzo in città d‟arte già interessate da rilevanti flussi di visitatori. Tuttavia lo spostamento di opere quali i grandi bronzi presenta numerose problematiche derivanti proprio dalla loro stessa natura e dalle valenze con cui sono stati connotati nel corso degli anni: le sculture in bronzo sono infatti diventate iconiche di molti dei musei che le custodiscono, istituti nei quali talvolta ci si reca forse solo perché attirati da quei capolavori e che in molti casi risultano isolati, mal collegati e dunque difficilmente raggiungibili; è questo il caso del Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, del museo provinciale di Brindisi, del Museo del Satiro, e – in ambito internazionale – del Muzej Apoksiomena di Lussino o di quello di Kalymnos. Allontanare in forma temporanea o definitiva le opere dai loro musei d‟origine, dunque, se da una parte potrebbe garantire a queste la massima visibilità, soprattutto laddove la fruizione può essere limitata dall‟isolamento del museo che abitualmente le conserva, dall‟altra priverebbe l‟istituto d‟origine del suo pezzo più importante, diminuendo non poco l‟attrattiva turistica e dunque la resa economica del museo e dello stesso territorio. Sono ancora i casi italiani a proporci alcuni scenari interessanti su questo tema. Per ciò che riguarda i Bronzi di Riace, le criticità relative alla possibilità di spostare le due famose statue altrove per farle conoscere dal vero al grande pubblico emersero più volte nel corso della loro storia recente. Da ultimo, quando nel 2015 si prospettò la possibilità di esporre i Bronzi di Riace all‟Expo di Milano, i difensori della permanenza delle statue a Reggio sostennero che con i due bronzi ancora nel museo archeologico nazionale si sarebbe riusciti a deviare parte dei flussi turistici dovuti all‟Expo da nord verso il sud, con grande vantaggio della Regione Calabria che non si sarebbe vista privata del suo simbolo nel mondo e dunque non avrebbe visto impoverito il suo patrimonio culturale. Anche la disputa sui Bronzi di Cartoceto vede contrapporsi ancora una grande città, Ancona, e un piccolo centro della Provincia di Pesaro Urbino dove, secondo chi in principio sostenne il diritto del museo anconetano di conservare le opere, la visibilità e la qualità espositiva non poteva essere equiparata a quella che le statue avrebbero avuto nel Museo Archeologico Nazionale di Ancona. Allo stesso modo anche l‟esposizione del Satiro nel piccolo museo di Mazara rappresenta un caso esemplare per evidenziare i rapporti tra il territorio, un reperto di grande valore, e la possibilità per questo

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di ottenere il massimo della visibilità possibile. La permanenza del bronzo a Mazara è il risultato della volontà di mantenere legata al territorio un‟opera che per la sua indubbia bellezza e notorietà rischiava di essere allontanata dal suo luogo di ritrovamento per essere esposta in una città certamente più grande e visitata; l‟essere riusciti a mantenere l‟opera nel luogo dove fu accolta dopo la scoperta ha fatto crescere molto la visibilità del centro di Mazara, aumentandone le potenzialità turistiche ed economiche337. Come visto sopra (cap. 3.3, pp. 152-157) il caso di Mazara ci illustra anche come lo spostamento di opere che rappresentano l‟unica raison d‟ĕtre di un museo sia un atto la cui conseguenza si riflette negativamente sullo stesso istituto; nel biennio 2005-2007, quando il bronzo fu oggetto di importanti mostre ed eventi internazionali, il Museo del Satiro vide la sua offerta culturale fortemente impoverita, rischiando anche la chiusura.

La permanenza di un‟opera più vicina al suo territorio di origine – sia esso relativo alla scoperta o all‟antico luogo d‟esposizione – specie in località minori, se ben realizzata grazie all‟utilizzo di allestimenti pregevoli come nei casi di Mazara e di Lussino è senza dubbio un modo per promuovere un turismo attratto non solo a poche grandi città accentratrici di flussi come Roma o Firenze, già caratterizzate da una grande offerta culturale, ma anche a realtà più piccole, certamente meno frequentate, ma non per questo non altrettanto interessanti. Talvolta, proprio nei casi in cui un‟opera di grande valore è stata rinvenuta in località altrimenti poco rilevanti per la loro offerta culturale, questa è stata utilizzata come testimonial per la promozione del territorio, come motore turistico; si pensi alle iniziative sviluppate in anni recenti per l‟isola di Lussino e che ruotavano attorno alla figura dell‟Atleta (cf, cap. 3.4, pp. 161-165), ma anche all‟uso pubblicitario che dagli anni Settanta la Regione Calabria ha fatto dell‟immagine dei Bronzi di Riace338

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L‟attribuzione di opere d‟arte rinvenute fortuitamente in mare o in contesti di scavo, e non solo di bronzo, a un determinato museo risulta dunque essere un fenomeno difficile da modellizzare e si è visto come in molti casi l‟utilizzo della copia dell‟originale sia stato un valido strumento per dirimere contese e ampliare l‟offerta culturale anche di quei musei legati all‟opera in bronzo ma che per svariate ragioni non la custodiscono (si ricordino ad esempio i musei di Ugento e Ancona).

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Quando i lavori per l‟inaugurazione del Museo del Satiro di Mazara realizzato nell‟ex chiesa di Sant‟Egidio si rivelarono in ritardo, si ventilò la possibilità che il Satiro fosse temporaneamente esposto a Palermo o a Trapani, nell‟attesa che gli interventi di allestimento del museo fossero conclusi. Fu per volere dell‟amministrazione del comune di Mazara di allora che questo progetto non si realizzò, forse per il timore di non vedere più tornare l‟opera nel suo comune di rinvenimento.

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Per le opere di nuovo rinvenimento o per cui la permanenza in un museo non è ancora un fatto storicizzato, un compromesso, una sintesi tra la necessità di mantenere una relazione con il territorio di scoperta, necessità conservative nonché l‟esigenza di garantire una fruibilità che sia commensurata all‟importanza del loro ritrovamento, potrebbe portare, almeno in linea teorica, ad individuare la miglior destinazione espositiva possibile. Dagli allestimenti che sono stati realizzati negli ultimi anni al di fuori dei grandi istituti della cultura è emerso comunque un generale innalzamento della qualità dei piccoli musei e dei musei locali tale che oggi questi sono considerati istituti più che consoni per l‟esposizione dei grandi bronzi antichi, opere che richiedono standard qualitativi in precedenza possibili solo all‟interno dei grandi musei nazionali.

Considerata dunque la difficoltà di imbrigliare il fenomeno della musealizzazione delle opere d‟arte in maglie discrete che organizzino l‟estrema variabilità dei casi che si possono prospettare, si riesce forse a comprendere perché ancora oggi non esistano norme che disciplinino nettamente questi aspetti dell‟archeologia e della museologia.

Proprio questo vuoto giurisdizionale ha portato all‟avvio di quei casi sia nazionali che internazionali che hanno visto protagonisti i Bronzi di Riace, il Getty Bronze o il gruppo scultoreo da Cartoceto.

Seppur questa tesi non sia il luogo dove analizzare tutte le più profonde implicazioni giuridiche di questi casi, quello che però si potrà fare sarà notare una generale lentezza da