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Forme di allestimento e valori gerarchic

CARATTERISTICHE DI UN FENOMENO

4.3 Forme di allestimento e valori gerarchic

Osservando le sale dei musei considerati nel presente lavoro si può notare come, anche laddove i bronzi siano stati esposti tenendo conto del loro valore come prodotto storico- archeologico, questi hanno sempre rivestito un ruolo di preminenza all‟interno delle collezioni.

Nei molti dei casi che sono stati presi in esame, la collezione di bronzistica di un museo consiste in un numero di pezzi certamente inferiore rispetto alle altre opere e alla scultura in marmo, rendendo raramente possibile il confronto tra i bronzi all‟interno degli istituti che abitualmente li conservano. In questo senso si comprende come eventi espositivi temporanei nei quali si è potuto osservare contemporaneamente più opere di bronzistica antica abbiano accresciuto molto le nostre conoscenze su questa classe di materiali345.

344 BENNETT 2013 pp. 94-95. 345

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L‟estrema sporadicità dei ritrovamenti delle opere in bronzo e dunque la loro rarità all‟interno degli istituti museali, unita alla loro indubbia qualità estetica e all‟attribuzione riconducibile a maestri dell‟arte antica di cui ci parlano le fonti ha fatto sì che molto spesso queste statue guadagnassero posizioni di preminenza all‟interno degli ambienti espositivi e dunque si delineassero come i perni attorno ai quali ruota l‟esposizione degli altri materiali; sia nei casi in cui si è fatto uso di particolari supporti per l‟allestimento capaci di fare del bronzo il focus della sala, sia in quelli dove l‟esposizione ha assunto toni maggiormente convenzionali. La preminenza della statuaria in bronzo sugli altri pezzi esposti nel museo emerge già nel primo allestimento della Sala Rotonda del Museo Pio Clementino, con l‟Ercole inserito nella nicchia principale della rotonda, ma è negli allestimenti più recenti che i rapporti tra l‟opera in bronzo e le altre classi di materiali è meglio espressa. Al Museo Nazionale di Atene, così come all‟Ephesos Museum di Vienna, al Louvre di Parigi o alla Villa Getty di Los Angeles, i bronzi sono posti al centro dei loro ambienti d‟esposizione, mentre gli altri pezzi si collocano in una posizione più defilata, quasi subordinata. Impossibile non notare le forme dell‟Efebo di Anticitera, dello Zeus e del cavallo con fantino da Capo Artemisio, dell‟Atleta di Efeso o del Getty Bronze; anche senza l‟apporto di dispositivi d‟illuminazione d‟accento e di altri espedienti scenografici i loro volumi emergono naturalmente tra le tante opere esposte nello stesso ambiente, delineandosi dunque come la principale attrattiva dei loro spazi espositivi.

Se nei casi fino ad ora ricordati le statue in metallo emergevano tra opere tutte facenti parte di un percorso storico-artistico e culturale omogeneo, nei musei di Cleveland e di Taranto i bronzi spiccano all‟interno delle sale dedicate ai capolavori della collezione, presentandosi dunque come i pezzi più preziosi conservati da quegli istituti e confermando così come il bronzo oggi sia ancora interpretato come materiale estremamente attraente.

In alcuni musei l‟esposizione dei bronzi si è invece svolta isolando gli stessi dalle altre classi di manufatti in spazi a loro quasi esclusivamente dedicati. E‟ questo il caso di istituti quali il MAF di Firenze, il Museo Capitolino e in misura minore anche il Museo Gregoriano Etrusco, musei ancora capaci di organizzare le collezioni secondo criteri antiquari che, seppur differenti tra loro rispecchiano la sola natura materica dell‟opera. A maggior ragione i piccoli musei monotematici di una o poche opere quali il Museo del Satiro di Mazara, il Museo dei Bronzi Dorati e il Museo Comunale di Amelia (istituti moderni e che seguono un criterio espositivo ben diverso da quello del MAF o dei Capitolini) presentano un necessario isolamento del bronzo dal resto della collezione, funzionale a far emergere l‟indubbio valore dell‟opera in metallo sul resto dei pezzi esposti

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(la cui importanza è solitamente modesta se confrontata con quella del bronzo). Per ciò che invece riguarda il museo di Lussinpiccolo dedicato all‟Apoxyomenos non si potrà certamente parlare di un isolamento dell‟opera dalla collezione (qui inesistente), quanto piuttosto di un‟elevazione del bronzo a fulcro principale dal quale dipendono tutti gli aspetti propri del museo.

L‟isolamento del patrimonio di statuaria in bronzo si rivela particolarmente funzionale anche laddove le opere sono state rinvenute insieme e che dunque rappresentano un importante contesto archeologico346. Possiamo constatare ciò per il museo archeologico di Delfi, con l‟Auriga da solo nella sua sala e, in una certa misura, anche per l‟esposizione dei

Bronzi di Riace al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, dove – seppur in

modo forse non ottimale e non esplicito – le opere sono presentate come parte di uno stesso contesto archeologico di rinvenimento (e forse anticamente anche espositivo?). L‟isolamento di un contesto unitario a fini espositivi lo vediamo anche per i bronzi conservati al museo del Pireo, dove i materiali scoperti nel porto di Atene sono presentati in due sale a loro esclusivamente dedicate.

Tuttavia è nei musei italiani di Napoli e Brindisi che l‟isolamento di un contesto archeologico in spazi ad esso esclusivamente dedicati ha fatto sì che si raggiungessero alcuni tra i migliori risultati nell‟ambito della musealizzazione della statuaria in metallo. Il MANN, ma soprattutto il museo F. Ribezzo di Brindisi, sono riusciti a esaltare il potenziale informativo derivante dall‟esposizione di una realtà archeologica come contesto unitario, lasciando al di fuori del progetto dell‟allestimento considerazioni di valore di tipo qualitativo od estetico che potessero compromettere l‟unità del contesto archeologico. In entrambi i casi, i nuclei sono presentati nella loro interezza come insiemi composti da materiali appartenenti a classi diverse e in diversi stati di conservazione. A Napoli, nella sala dedicata alla Villa dei Papiri, si espone tutto il corredo scultoreo-decorativo proveniente da quel sito senza che vi sia una scala di valori che porti a una preminenza di una categoria di materiali sull‟altra, mentre a Brindisi è stato esposto tutto il ricco carico di materiali rinvenuto davanti a Punta del Serrone, dalle statue meglio conservate ai più piccoli e poco leggibili frammenti di bronzo.

Oltre che per ragioni prettamente museologiche, l‟isolamento dei bronzi in spazi a loro dedicati si è rivelato particolarmente funzionale anche nell‟ottica della loro conservazione

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Come già visto, questo è quello che non è accaduto per i materiali provenienti dal relitto di Anticitera o da quello ipotizzato per i bronzi di Capo Artemisio. L‟unità di questi nuclei di opere, ricostruita nel caso dei reperti da Anticitera in occasione della mostra dedicata al relitto, si è frammentata quando le singole statue sono confluite nel percorso sulla statuaria antica del Museo Archeologico Nazionale di Atene.

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in museo. Il bronzo è infatti un materiale archeologico particolarmente sensibile alle variazioni di temperatura e umidità nell‟ambiente, ed è per questo che talvolta è stato esposto in ambienti con clima controllato. Due esempi di come le necessità conservative delle opere abbiano influenzato la forma dell‟allestimento senza tuttavia compromettere la possibilità della loro fruizione sono il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria e il museo provinciale F. Ribezzo di Brindisi. In entrambi questi istituti i bronzi esposti, rispettivamente i Bronzi di Riace e i Bronzi di Punta del Serrone, si trovano in sale a loro dedicate e caratterizzate per impianti di controllo delle condizioni ambientali rivolti al mantenimento di un determinato valore di temperatura e umidità.

Considerata la già citata rilevanza dell‟opera in bronzo all‟interno della collezione, si capisce come gli elementi di supporto all‟esposizione (basamenti, apparati didascalici, impianti d‟illuminazione), interagendo direttamente con opere dotate di grande importanza e prestigio, vadano a caratterizzare profondamente l‟allestimento, in alcuni casi riuscendo a valorizzare il pezzo in questione, in altri invece non garantendo allo stesso gli standard qualitativi che la sua natura imporrebbe.

Naturale supporto per l‟esposizione di tutta la statuaria, il basamento è stato utilizzato pressoché in tutti i musei anche per la presentazione delle opere in bronzo. Le forme che sono state maggiormente scelte sono quelle regolari; cubi e parallelepipedi, spesso minimali nella loro realizzazione, fanno frequentemente da supporto a opere che per la loro dinamicità e articolazione talvolta estremamente complessa contrastano gradevolmente con la linearità dei basamenti. Nel caso dell‟esposizione di opere facenti parte di collezioni storicizzate o inserite all‟interno di spazi museali caratterizzati da una notevole architettura storica, sono state impiegate basi che, per assonanza stilistica con l‟ambiente, ben si integravano con la sala. Sono questi i casi dei bronzi del Palazzo dei Conservatori, di alcuni pezzi esposti nel padiglione del Giardino Romano – ancora ai Musei Capitolini – e dell‟Apollo di Lillebonne al Louvre, esempi che ci mostrano come ancora oggi, in virtù di una lecita attenzione alla storicità degli allestimenti, l‟opera in bronzo possa essere esposta utilizzando supporti stilisticamente coerenti con la moda vigente al momento della sua prima musealizzazione. Analogo – con i relativi scarti – è il caso dell‟Idolino di Pesaro esposto al Museo Archeologico Nazionale fiorentino, il cui basamento non rappresenta una realizzazione contemporanea in stile, bensì un elemento originale di XVI secolo che si è voluto conservare contestualmente all‟opera per la sua indubbia importanza storica, impreziosita dalla testimonianza in versi dettata da Pietro Bembo.