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Modelli di musealizzazione

CARATTERISTICHE DI UN FENOMENO

4.2 Modelli di musealizzazione

Accertata la difficoltà e forse l‟impossibilità di poter giudicare a priori quale sia il più consono istituto d‟esposizione per l‟opera in bronzo – all‟interno delle linee guida normative – vediamo adesso quali sono i profili che caratterizzano i loro attuali allestimenti.

Nel capitolo precedente si è visto come anche sotto quest‟aspetto la realtà sia estremamente varia, con allestimenti che, con rare eccezioni, si caratterizzano tutti per forme e peculiarità diverse. Ciononostante è comunque possibile individuare delle tendenze comuni e dunque delle categorie che ci possano aiutare a ordinare la variabilità del fenomeno museale.

Per quel che riguarda l‟organizzazione museologica della collezione, e dunque la posizione che il bronzo ha in essa, si potranno distinguere vari tipi di approccio ancora oggi in uso in base al contesto che con l‟esposizione si è voluto valorizzare.

Per una grande quantità di bronzi antichi non si hanno al momento informazioni né sul contesto archeologico di rinvenimento né su quello originario in cui in antico questi furono esposti e dunque fruiti. Sono queste le statue la cui scoperta si data a epoche quali Medioevo e Rinascimento, periodi in cui l‟interesse era naturalmente focalizzato sull‟opera in sé, sulla sua antichità e bellezza, e non sugli aspetti di origine o provenienza.

Molti dei bronzi scoperti tra Rinascimento ed età moderna sono ancora oggi presentati nelle forme e nei modi che caratterizzarono la loro prima esposizione, secondo modalità che dunque hanno tutelato il carattere fondativo di una collezione ormai storicizzata. Nei casi studio che sono stati presi in oggetto, i bronzi che ancora oggi sono esposti secondo questo criterio non sono inseriti all‟interno di percorsi storico archeologici coerenti con quella che noi oggi chiamiamo archeologia o storia dell‟arte e talvolta la loro esposizione rappresenta l‟ultimo tassello della storia più remota del museo o delle collezioni signorili

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che l‟hanno preceduto. L‟allestimento dei bronzi esposti ancora oggi presso il Palazzo dei Conservatori nei Musei Capitolini, Roma, rende partecipi di come si sia voluto preservare un nucleo di opere che, seppur eterogeneo nell‟origine e nella datazione, rappresenta insieme all‟architettura storica in cui è inserito un momento fondante per la storia del museo come istituzione culturale. Ancora secondo un approccio antiquario sono organizzati i nuclei di bronzi del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, la cui natura differisce tuttavia da quella del Museo Capitolino. L‟attuale allestimento della collezione di bronzistica del MAF non rappresenta infatti un contesto museale andatosi a formare nel corso dei secoli e che in quanto tale è stato conservato, ma una riorganizzazione in anni recenti – l‟attuale allestimento si data al 2006 – secondo principi propri dell‟antiquaria (isolamento dei bronzi da altri materiali e suddivisione tra grandi bronzi e piccoli bronzi, con relativo scarto di valore tra le due categorie individuate) di un nucleo di statue ormai storicizzato formatosi nel Rinascimento. La relativa modernità dell‟allestimento dei bronzi fiorentini si può osservare anche nella forma con cui questa nuova organizzazione antiquaria della collezione è stata declinata; se infatti a Roma le opere sono presentate secondo stilemi propri dei secoli in cui la collezione si è formata, a Firenze si è tentato di aggiornare la forma dell‟esposizione ai più attuali standard di tipo museografico, realizzando – e ciò è valido soprattutto per la sala dei grandi bronzi – un allestimento che con l‟interazione tra luci e ombre tentava di rendere l‟incontro con l‟opera un momento di grande emozione per lo spettatore. Allo stesso modo possono altresì essere considerate esposizioni organizzate secondo un criterio antiquario anche le collezioni dei Musei Vaticani, con l‟Ercole della Sala Rotonda e il Marte del Museo Gregoriano Etrusco, sebbene quest‟ultima già introduca all‟interno della collezione un più recente principio tipologico ora capace di mantenere unito il cospicuo nucleo di materiali in bronzo del museo senza distinguere tra grande statuaria, piccola statuaria e oggetti d‟uso comune. I bronzi esposti secondo queste modalità d‟antan vedono ormai recisi tutti rapporti con i loro contesti d‟uso e rinvenimento, che a dire il vero restano quasi sempre ignoti341

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Per queste opere è ormai il museo, la collezione, le sale e gli oggetti che da tempo sono espositi con loro a costituire i fondamenti della loro realtà contestuale.

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Ancora nel corso del XIX secolo le nozioni circa l‟importanza del contesto nel museo non erano ancora pienamente acquisite; e se da una parte Quatremere de Quincy parlava di virtù legate all‟insieme, Proust nei primi anni del Novecento mostrava ancora apprezzare un‟esposizione che valorizzasse il singolo oggetto senza che il godimento di questo questo fosse disturbato dalla presenza di altri oggetti contestuali; VELOTTI 2012, pp. 58-60 e 79.

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Come si è visto (cf. supra, cap. 3.1, pp. 42-58), i bronzi della collezione capitolina o quelli del museo fiorentino (ex collezione medicea) restituiscono forse più informazioni sulla storia del collezionismo e della museologia se considerati come contesto formatosi già durante il Rinascimento, piuttosto che se li si affronta singolarmente come testimonianze del passato il cui valore storico-archeologico risulta oggi fortemente compromesso.

Se dunque ancora oggi possiamo osservare collezioni di bronzistica eterogenee nella loro composizione interna e con pezzi non ordinati secondo un criterio cronologico – si pensi ancora ai bronzi capitolini e fiorentini e a come sono disposti nelle sale – vi sono anche musei che hanno organizzato il loro patrimonio secondo criteri scientifici che ancora oggi possono essere compresi e condivisi. Nel caso dei grandi musei nazionali europei, sia continentali che mediterranei, Italia e Grecia, possiamo osservare come le opere – i bronzi nel nostro caso – siano inserite all‟interno di percorsi organizzati secondo un criterio artistico-culturale che pone l‟accento sulle caratteristiche esteriori dell‟opera ora confrontate con quelle degli altri pezzi – quasi mai altri bronzi – esposti nello stesso ambiente. Se dunque per i musei organizzati ancora secondo principi antiquari non esisteva alcun carattere ordinatore interno, se non quello dell‟accumulazione di antichità organizzate talvolta per materiale, per alcuni grandi istituti nazionali si vede come il patrimonio sia strutturato generalmente secondo un principio cronologico o relativo all‟ambito culturale d‟uso e produzione dell‟opera342

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Talvolta musei che erano nati dall‟accumulazione di antichità poi esposte seguendo norme museografiche oggi superate, in seguito a nuovi allestimenti hanno riorganizzato il loro patrimonio prendendo come discriminanti le cronologie e gli ambiti culturali delle opere; spesso gli unici contesti a cui si possono ricondurre bronzi la cui origine – se non del tutto ignota – è fortemente ipotetica, a dimostrazione di come anche collezioni ormai storicizzate possano essere soggette a interventi di riallestimento e ammodernamento. Questo è ciò che sta accadendo ad esempio al Musée du Louvre, dove è in corso lo smantellamento della Salle des Bronzes. L‟esposizione di quest‟ambiente, organizzato ancora secondo un criterio tipologico che prevedeva la presenza congiunta di tutta la collezione di bronzistica del museo, dai manufatti d‟uso comune all‟artigianato artistico fino alle due grandi statue dell‟Apollo di Piombino e dell‟Apollo di Lillebonne sarà infatti

342 Questo tipo di approccio è identificato anche da Ivo Maroevic come museum oriented. Maroevic afferma

che un oggetto, pur provenendo da un sito archeologico, non necessariamente deve essere esposto in un

site museum, ma può anche entrare a far parte delle collezioni di un museo “convenzionale”. Così facendo

l‟oggetto entra a far parte del record archeologico e trova la legittimità della sua esposizione nelle relazioni che all‟interno del museo si vanno a instaurare tra esso e gli altri pezzi presentati insieme, cf. MAROEVIC 1998.

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smembrata nelle varie sezioni del museo, organizzate ora secondo un criterio cronologico- culturale. La statua bronzea da Lillebonne è già stata accolta nelle sale del Louvre dedicate a Roma e alle sue province; ha dunque abbandonato un tipo di esposizione che poneva l‟accento solo sulla sua natura materica per confluire in uno spazio dove i comuni denominatori tra il bronzo e gli altri manufatti presenti fanno riferimento al loro ambito storico-culturale.

Questo approccio che insiste sul ricondurre l‟opera bronzea all‟interno della sua temperie culturale nel quale è stata prodotta è proprio anche di quei musei che hanno adottato per le loro collezioni un criterio organizzativo che illustra l‟evoluzione della produzione artistica nel tempo, dall‟arcaismo alla tarda antichità. Tra questi istituti, come già visto, si possono annoverare il Museo Archeologico Nazionale di Atene, il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terme, ma anche l‟Altes Museum di Berlino, con il suo Adorante inserito all‟interno del percorso sull‟evoluzione della rappresentazione della figura umana. A Roma l‟esposizione dei due grandi bronzi del Quirinale è infatti contestualizzata all‟interno di un percorso museale che, almeno per quello che riguarda la collezione di statuaria, procede individuando categorie storico-artistiche, lasciando in secondo piano l‟origine comune del Pugile e del Principe delle Terme. Allo stesso modo anche il cospicuo nucleo di grandi bronzi oggi esposti al Museo Archeologico Nazionale di Atene è organizzato secondo una scansione cronologica delle epoche, un‟organizzazione dello spazio museale che ha talvolta portato allo smembramento di opere pertinenti allo stesso relitto: si vedano i bronzi da Anticitera o quelli da Capo Artemisio. Anche il museo di Villa Getty espone il bronzo dell‟Atleta di Fano all‟interno di un percorso prettamente storico-artistico; in questo senso l‟istituto americano, seppur criticabile per le politiche attuate, riesce a esporre il suo pezzo più prezioso con una modalità certamente più efficiente di quella impiegata per la presentazione del Sauròktonos di Cleveland di cui in seguito si tornerà a far menzione. Il museo di Los Angeles infatti, collocando il bronzo all‟interno di un itinerario sull‟evoluzione dell‟arte classica, lo contestualizza all‟interno di quella cultura che lo ha creato, sostenendo l‟idea che il valore del capolavoro emerge tanto più quando questo è presentato insieme al resto della coeva produzione culturale.

L‟opera può dunque essere inserita all‟interno di un percorso di visita del museo che ne esalti le sue caratteristiche storico-artistiche e culturali; ma talvolta, in concomitanza con ritrovamenti particolarmente fortunati e con la volontà dell‟istituzione museale di perseguire questa strada, alcuni grandi bronzi sono stati esposti valorizzandone con l‟allestimento anche il contesto di rinvenimento.

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Un tipo di esposizione votato a esaltare l‟unità contestuale di un nucleo di opere scoperte insieme o di un singolo bronzo fortemente legato al territorio dov‟è stato esposto in antico o rinvenuto, sarà tanto più funzionale quando le informazioni sulle ricerche che hanno portato alla sua scoperta saranno consistenti. La maggior parte dei musei monotematici o del territorio, mantenendo intatto il rapporto tra i reperti esposti e i luoghi dove furono rinvenuti, prediligono un tipo di esposizione che, senza negare le qualità estetiche dell‟opera, e in alcuni casi esaltandole, propone una lettura della stessa che ne evidenzia i fattori che hanno portato alla sua perdita e alla sua successiva riscoperta in quei luoghi343. Rientreranno dunque in questa categoria il Museo del Satiro di Mazara, il Museo dei Bronzi Dorati di Pergola, il Museo della Città di Brescia e il piccolo museo civico di Amelia.

Ma un‟esposizione di bronzi che esalti le loro relazioni con il territorio o con altre opere rinvenute insieme non è esclusiva né dei musei locali né di quelli monotematici, e compare anche all‟interno di musei più grandi. In ambito italiano si ricordi il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, un museo nazionale seppur fortemente rivolto al territorio che conserva il cospicuo nucleo di materiali provenienti dalla Villa dei Papiri di Ercolano nonché il Fauno danzante dall‟omonima domus – entrambi esposti in sale esclusivamente dedicate al sito della loro scoperta – e il Museo Provinciale di Brindisi, che invece custodisce ed espone i materiali emersi dallo scavo subacqueo del relitto di Punta del Serrone. Nella stessa categoria va inoltre inserito il Museo Archeologico Nazionale dei Campi Flegrei, dove la statua equestre del Domiziano-Nerva è esposta all‟interno del suo contesto architettonico originario rappresentato da alcune parti del Sacello degli Augustali di Miseno, ricostruite all‟interno del museo ed esposte insieme ad altre opere di statuaria in marmo proveniente dallo stesso sito. In un certo senso anche il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, esponendo da soli in una sala i Bronzi di Riace ne vuole favorire la lettura come contesto archeologico unitario composto dalle due opere rinvenute insieme.

Grandi musei capaci di presentare un‟opera in relazione al suo conteso archeologico non sono tuttavia un eccezionalità italiana e se ne trovano anche in Europa. E‟ questo il caso del Museo Archeologico del Pireo che, esponendo in una stessa sala i bronzi scoperti negli scavi degli anni Cinquanta presso l‟antico porto ateniese, ne garantisce la conservazione

343 Secondo Ivo Maroevic lo spostamento di un oggetto o di un manufatto archeologico dal suo contesto

d‟origine al museo innesca un processo di isolamento (singularizzation) dello stesso che porta alla perdita di tutti i suoi legami con il suo ambito d‟origine. Realizzando un allestimento consapevole delle implicazioni relative al contesto di rinvenimento si può tentare di limitare ciò e dunque mantenere forte il legame tra l‟oggetto e il suo originario contesto, cf. MAROEVIC 1998, p. 211.

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come contesto unitario senza tuttavia proporre degli standard museografici adeguati all'importanza delle opere esposte e all‟eccezionalità della scoperta. Caratterizzato anch‟esso da una forte ascendenza territoriale garantita dalla vicinanza con l‟area archeologica da cui proviene buona parte della sua collezione è il museo archeologico di Delfi, luogo d‟esposizione dell‟Auriga. Qui il bronzo è presentato da solo, in una sala a lui esclusivamente dedicata, insieme ai restanti frammenti della quadriga di cui la statua faceva parte. Diverso è invece il caso dell‟Ephesos Museum di Vienna, e questo perché se da una parte l‟esposizione si identifica come convenzionale per uno dei più grandi musei d‟arte d‟Europa – il Kunsthistorische Museum – caratterizzata dunque da un allestimento che si inserisce all‟interno dell‟architettura storica del palazzo dell‟Hofburg, dall‟altra vediamo come il bronzo dell‟Atleta di Efeso non sia presentato completamente avulso dalla città dove fu scoperto. La statua si trova infatti al centro di uno spazio completamente dedicato agli scavi condotti dalla missione austriaca a Efeso, e in questo senso l‟esposizione – seppur allestita altrove rispetto al luogo di rinvenimento dei reperti – si tinge di una forte connotazione territoriale. In tutti questi casi vediamo come laddove l‟insieme dei materiali provenienti dal sito archeologico fosse ingente e meritevole di essere presentato nella sua interezza, a questo sono stati riservati spazi e sale esclusivamente dedicate. In questo modo si è valorizzata l‟eccezionalità dei ritrovamenti – la cui importanza è tanto maggiore nel caso di nuclei esclusivamente composti da bronzi– evitandone lo smembramento in più sale del museo.

In tutti i casi finora citati il bronzo è sempre stato inserito all‟interno di un‟esposizione che di volta in volta ha valorizzato gli aspetti antiquari della stessa, quelli storico-culturali del bronzo o, nei casi in cui se n‟è avuta la possibilità e la volontà, quelli propriamente archeologici del contesto di rinvenimento. L‟opera d‟arte, dunque, seppur frequentemente esposta in allestimenti che ne esaltavano a ragione l‟indubbio pregio estetico, era sempre inserita all‟interno di un percorso storico, fosse questo antiquario, artistico o archeologico. Tuttavia, talvolta l‟esposizione del bronzo antico si è caratterizzata per l‟inserzione all‟interno della riflessione museologica di termini che esulano dagli aspetti storico-artistici e archeologici propri dei pezzi presentati. Questo è quello che accade per esempio al Cleveland Museum of Arts negli Stati Uniti con l‟Apollo Sauròktonos. Il vestibolo delle collezioni, la hall che anticipa l‟ingresso al museo vero e proprio, è lo spazio dove presentare i pezzi più interessanti e attrattivi conservati, e dunque il bronzo.

Il Cleveland Museum of Arts, esponendo fieramente l‟Apollo all‟inizio del percorso museale, ne fa un uso che si potrebbe definire come strumentale. La statua di Apollo, per i

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Greci divinità preposta alle arti, oggi non può più essere interpretata nel modo in cui lo facevano gli antichi; esporre dunque l‟Apollo Sauròktonos all‟ingresso di un museo e cercare, tramite questo, di fare del Cleveland Museum of Arts la casa americana delle arti liberali è un uso forse improprio di una testimonianza dell‟antichità. Eppure questo è ciò che è stato fatto dai curatori americani, i quali rivendicano l‟atto con tenace fierezza; così si legge in un testo di Michael Bennett, curatore dell‟esposizione:

“Now it [Apollo Sauròktonos] was on display precisely at the center of the Cleveland

Museum of Art‟s historic Hubbell & Benes building as a striking testament to the enduring legacy and relevance of the classical tradition in the modern world. […] Through the glass the god of light, reason and music would be visible in his temple of the arts in Cleveland, Ohio.”344.

Dei vari approcci con cui le opere in bronzo possono essere interpretate e dunque esposte, quest‟ultimo è certamente il meno adeguato alla costruzione di una narrazione storico- archeologica e certamente quello più soggetto a critiche.

L‟isolamento di un pezzo, se giustificato da un solido progetto scientifico-museografico, può essere considerato accettabile se non particolarmente funzionale a un‟efficace musealizzazione, ma una rilettura in chiave contemporanea degli originali significati delle opere probabilmente oggi non può più essere positivamente accolto.