• Non ci sono risultati.

La musealizzazione del bronzo nel secondo Novecento

III. ALLESTIMENTO MUSEALE DEI BRONZI ANTICH

3.3 La musealizzazione del bronzo nel secondo Novecento

Abbiamo dunque visto come, durante la prima metà del Novecento, accanto a istituzioni che hanno continuato a perpetuare un modello di museo proprio del secolo precedente, si siano sviluppati istituti museali sempre più attenti alla tutela, al rispetto e alla valorizzazione delle realtà contestuali, e questo processo d‟evoluzione della museologia continuerà ancora durante la seconda metà del secolo. Negli ultimi cinquant‟anni del Novecento, l‟Europa ha rivisto sempre di più quelle posizioni universalistiche e totalizzanti del museo che avevano caratterizzato i grandi istituti culturali propri delle capitali nazionali. Pur nella continuità, questi musei hanno cambiato la loro funzione e talvolta hanno visto la riorganizzazione della loro collezione storica secondo nuovi e più aggiornati criteri; il tutto per aggiornarli rispetto al secolo che vide la loro nascita sino alla contemporaneità.

Coincidente con la crisi e trasformazione del “modello Louvre” è la nascita in tutto il continente di un nuovo tipo di museo: il “museo locale”. Un istituto più piccolo, meno ricco e con collezioni meno importanti, ora non più collocato nel centro della vita politico-

89

istituzionale di una nazione, ma sul territorio, vicino ai luoghi di scoperta dei materiali esposti al suo interno210.

E‟ nel museo locale che esposizione e contesto archeologico s‟incontrano con maggior coerenza.

In Italia sono stati gli anni Settanta a portare la museologia nazionale a riflettere sul rapporto tra opera/reperto esposto, contenitore museale e ambito territoriale, in un contesto ora di forte critica in chiave post-sessantottina al modello convenzionale di museo211. Sono quegli gli anni nei quali si comincia a riflettere su un nuovo modo di concepire il museo, si parla di New Museology, una nuova museologia, ora rivolta a ripensare il ruolo del museo all‟interno della società, in opposizione all‟approccio classico impiegato fino a quel momento.

Nel 1979 Andrea Carandini e Giovanni Spadolini – il primo in Archeologia e cultura

materiale, il secondo nel Convegno “Beni Culturali e assetto del territorio” – rimarcavano

l‟importanza del superamento della vecchia concezione del museo per muoversi verso un profilo museografico più attento alla molteplicità di rapporti che legano insieme oggetto, collezione e territorio212.

Appurato dunque come, a partire dal secondo dopoguerra, le istituzioni museali si siano sempre più interessate ad aspetti che erano rimasti fino a quel momento marginali, la questione legata all‟esposizione della bronzistica antica continua a presentare delle problematiche importanti.

Come già si è visto, in questo periodo sono ancora rare le statue in bronzo rinvenute in contesti di scavo ben definibili, mentre continuano a essere registrati ritrovamenti fortuiti sia in terra che in mare. Ciò, unito alle nuove acquisizioni in ambito museografico circa la contestualità dell‟esposizione, ha talvolta innescato feroci dispute sulla corretta destinazione museale delle opere che, in alcuni casi, non sono ancora state risolte. Accanto a queste criticità, tuttavia, si registrano anche esperienze d‟allestimento ed esposizione museale estremamente efficaci, e per la cui realizzazione c‟è stata concordanza d‟opinioni.

210

FALLETTI, MAGGI 2012, pp. 69-70.

211 Già nel 1956 la Risoluzione ICOM a conclusione della Conferenza di Ginevra si era pronunciata sul

come: “i musei locali [hanno] un ruolo estremamente importante tanto nello studio e nella conservazione

del patrimonio culturale in situ, quanto nella diffusione, a beneficio della popolazione locale della conoscenza di questo patrimonio come del patrimonio universale”, DRAGONI 2010, pp. 66-72, JALLA

2014, p.1.

212

90

Un esempio che illustra ottimamente il superamento del modello di un museo accentratore, quasi fagocitatore di tutti i reperti rinvenuti su suolo (e acque) nazionali, è rappresentato dal consistente nucleo di opere d‟arte bronzee rinvenute nel 1959 presso il Pireo di Atene. In questo caso le quattro statue e la maschera anch‟essa in bronzo non trovarono la loro definitiva collocazione nelle sale del Museo Nazionale di Atene, ma, dopo i necessari restauri, furono esposte nel Museo Archeologico del Pireo, un‟istituzione senz'altro più piccola, meno nota e visitata rispetto al principale museo della capitale, ma certamente più coerente con il luogo di rinvenimento delle opere.

Con il 1960 e la riorganizzazione del Servizio Archeologico Nazionale, venivano meno i precedenti ordinamenti che volevano il Museo Archeologico Nazionale di Atene come il principale collettore di tutti i più importanti rinvenimenti avvenuti sul suolo greco. Nell‟ambito di questa riforma, al museo del Pireo era affidato l‟incarico di conservazione ed esposizione dei reperti provenienti dalla municipalità del Pireo, dall‟isola di Salamina e dall‟Attica (esclusa Atene). Questa riforma circa le competenze territoriali dei musei greci tardò a essere attuata e, quando nel 1959 presso l‟antico porto di Atene emersero i cinque bronzi, questi furono tratti nel museo della capitale, dove furono restaurati e quindi parzialmente esposti213 .

213 Cesare Brandi nell‟edizione del 1965 di Viaggio nella Grecia antica scriveva: “Gli altri due non sono

esposti, pare che siano ancora nel bagno che li deterga dalle incrostazioni; ma l‟Apollo nudo è già collocato nel Museo Nazionale di Atene”.

Fig. 29 Atene, Museo del Pireo, l'allestimento dei Bronzi del Pireo (foto Fulvia Donati).

91

Datato al 1935, negli anni Sessanta il primo edificio del Museo Archeologico del Pireo si stava rivelando ormai una struttura vecchia e non più consona a esporre la collezione del museo. Nel 1966 fu quindi deciso di costruire un nuovo edificio, più grande e aggiornato alle tendenze dell‟epoca. Si posero così le basi per il definitivo spostamento del nucleo di bronzi rinvenuti presso l‟antico porto di Atene dal museo nazionale al nuovo Museo Archeologico del Pireo. Nel 1981 la struttura fu definitivamente resa fruibile al pubblico e due anni più tardi le statue furono trasferite all‟interno del nuovo museo .

L‟attuale allestimento del Museo Archeologico del Pireo si data al 1998: in quell‟occasione le sale furono rinnovate e si aggiunsero due nuovi ambienti al percorso di visita; l‟impianto generale del museo, tuttavia, rimase quello dei primi anni Ottanta.

Oggi la collezione si organizza nei due piani dell‟edificio tramite sei sezioni distinte che approfondiscono ognuna un diverso tema legato all‟arte e alla cultura della Grecia antica. In questo percorso i bronzi del Pireo si trovano al primo piano, in due sale a loro esclusivamente dedicate.

Dal punto di vista museografico, l‟esposizione dei quattro bronzi risulta estremamente semplice e non spicca per innovatività. Le quattro statue sono collocate su podii a gradoni di altezze diverse, cinti poi da una bassa transenna in metallo (fig. 29).

L‟illuminazione degli ambienti è per lo più garantita dalla luce solare che filtra dalle grandi finestre quadrangolari opportunamente schermate. Il sistema d‟illuminazione artificiale è dunque limitato a pochi faretti incassati nel soffitto.

La particolarità dei bronzi del Pireo non risiede tanto nella forma della loro esposizione – estremamente sobria e priva di qualsivoglia accento – quanto piuttosto nel loro rapporto con il museo, ma ancor più con la posizione di questo rispetto al sito di ritrovamento. Il luogo dove le statue furono rinvenute, l‟incrocio tra via Phionos e via Vasileus Georgius, presso la località del Pireo, dista circa un chilometro dal museo dove oggi sono esposte; per cui, seppur certamente non si possa parlare di un site museum, ma forse neanche di un museo context oriented (il Museo Archeologico del Pireo funziona comunque come collettore anche se di un territorio certamente più ristretto rispetto a quello che prima del 1960 faceva capo al museo nazionale di Atene), si dovrà certamente constatare come l‟esposizione dei bronzi del Pireo in qualche modo si relazioni con il luogo di ritrovamento di questi. In questo senso, un valore aggiunto risiede nel non aver smembrato il nucleo ma nell‟averlo presentato come un insieme coerente di elementi.

92

L‟esposizione dei bronzi del Pireo presenta tuttavia alcune importanti problematiche, la cui gravità è tanto maggiore se si riflette ancora sull‟opportunità costituita dalla possibilità di presentare un così importante nucleo di materiali all‟interno di un museo posto in prossimità del luogo dove questi furono scoperti. Ciò che infatti caratterizza l‟allestimento è la sua estrema semplicità che, considerata la ricchezza del patrimonio informativo rappresentato dai bronzi esposti, può forse farlo risultare povero e insufficiente per le opere presentate. Le quattro statue del Pireo sono tra i pochi bronzi che sono giunti fino a noi per i quali si hanno sufficienti elementi tali da poter ricostruire le ragioni che portarono in antico alla loro scomparsa, ma la narrazione di questi eventi si esaurisce nelle poche righe che compongono l‟introduzione alla galleria dei bronzi (fig. 30). Considerato il potenziale informativo del contesto d‟origine, nonché la vicinanza di questo con la sala dove i bronzi sono oggi esposti, e dunque l‟importanza generale del nucleo di materiali, sarebbe forse auspicabile un allestimento museale più accattivante ed efficace, con una narrazione museale che – anche mediante l‟uso del patrimonio fotografico esistente legato alla scoperta – sia capace di illustrare la storia del rinvenimento e dunque diminuire ulteriormente la distanza tra museo e contesto.

In ambito italiano una delle più felici e proficue esperienze in campo museologico e museografico che ha portato all‟esposizione di un‟opera all‟interno di un istituto dotato di una spiccata vocazione locale nonché di una forte relazione con il luogo di rinvenimento è quella del Museo della Città di Brescia nel monastero di San Salvatore e Santa Giulia. Questo istituto si caratterizza per alcune sue peculiarità nelle modalità di presentazione dei reperti esposti, nella costruzione della narrazione storica nonché nella commistione tra spazi museali ed emergenze archeologiche e architettoniche di altissimo interesse culturale, che ne fanno, ad oggi, uno dei musei più efficienti del panorama italiano.

Fig. 30 Atene, Museo del Pireo, la

didascalia che correda la Sala dei Bronzi (fonte web).

93

Il Museo della Città trova la sua origine nel vecchio Museo Cristiano, istituito già alla fine dell‟Ottocento negli ambienti del monastero di San Salvatore-Santa Giulia. Alla fine degli anni Settanta del secolo scorso furono dunque avviati i primi progetti, sia di recupero architettonico che museografici (quest‟ultimi a cura di Andrea Emiliani), al fine di fare del monastero uno spazio espositivo della città e nella città, un luogo dove il contenitore fosse esso stesso il contesto dei reperti esposti.

Nel 1998, dopo un lungo periodo di gestazione, i primi settori del nuovo museo bresciano furono presentati al pubblico; tra questi vi erano quelli dedicati alla Brescia d‟età romana, all‟Alto Medioevo e alla storia della città durante la dominazione veneziana; in seguito furono inaugurate le parti dedicate alla pre-protostoria del bresciano, alla storia del monastero, all‟età del Comune e delle signorie, al collezionismo e alle arti applicate, nonché alla storia urbana214.

Il percorso espositivo ideato per il Museo della Città era organizzato per settori a carattere diacronico distinti poi in sezioni e sottosezioni di tipo tematico e topografico; l‟allestimento mirava a gerarchizzare le informazioni proposte rendendole dunque accessibili a vari tipi d‟utenza, salvaguardandone tuttavia la qualità.

Fin dal 1998, la sezione dedicata alla città d‟età romana è stata sede d‟esposizione della Vittoria alata di Brescia e di tutto il ricchissimo patrimonio di materiali in bronzo scoperti insieme a questa.

214 COMUNE DI BRESCIA 1998.

Fig. 31 La Vittoria nella sua prima sede d‟esposizione nel Capitolium

94

Dal 2019 l‟opera non è più presente nel museo a causa del restauro in corso presso l‟Opificio delle Pietre Dure di Firenze che avrà termine con un nuovo allestimento della statua in una diversa destinazione museale. Attualmente nel Museo della Città sussiste l‟allestimento del 1998, con una copia in resina della Vittoria che è andata a riempire lo spazio lasciato vuoto dall‟originale.

I bronzi di Brescia sono collocati in due distinte sale facenti parte della sottosezione dedicata all‟edilizia pubblica monumentale della città romana: le teste imperiali e i paramenti bronzei occupano una prima sala (fig. 33), mentre la Vittoria è, o meglio era, esposta da sola nella successiva (fig. 32).

Effettivamente, seppur non si conoscano con certezza i luoghi dove in antico furono esposte queste opere, dobbiamo comunque immaginare un uso di queste in luoghi e spazi di rappresentanza ufficiali. I pannelli didascalici ben illustrano i reperti in mostra, rendendo partecipe il visitatore sia degli eventi che portarono alla loro scoperta (anche mediante l‟uso di foto d‟epoca), sia di tutti quegli aspetti di maggior interesse storico archeologico.

Fig. 32 Brescia, Museo della città, la Vittoria Alata nel suo ultimo allestimento prima dell'avvio

dell‟attuale stagione di restauro (unibs.it).

Fig. 33 Brescia, Museo della

Città, le teste bronzee rinvenute con la Vittoria ed esposte nella prima sala dedicata al contesto del Capitolium (foto dell‟autore).

95

I bronzi di Brescia, già particolarmente fortunati per il loro ben chiaro contesto di rinvenimento e per il rigore scientifico con cui già all‟inizio dell‟XIX secolo si condusse l‟indagine, riescono dunque a rappresentare un tassello importante per la ricostruzione della storia cittadina. Di indubbia eccezionalità e bellezza, sono gli unici bronzi antichi scoperti in Italia settentrionale, ma l‟allestimento museale ancora vigente non ha voluto proporne un‟esclusiva presentazione estetica, inserendoli invece all‟interno di un racconto più grande che ha come oggetto la città romana e i suoi edifici monumentali. Nonostante ciò, il nucleo rinvenuto presso il Capitolium si presenta isolato dal resto della sezione: le due sale a questo dedicate espongono solo i bronzi e null‟altro. In questo modo si è voluto preservare l‟unità del contesto e al contempo esaltare l‟eccezionalità della figura della

Vittoria. Questa è esposta su un basamento metallico poggiato su una piattaforma

realizzata con pannelli in pietra grigia di Sarnico, un materiale che insieme al ferro verniciato rappresenta uno dei principali caratteri stilistici di tutto l‟allestimento del museo studiato dagli architetti Tortelli e Frassoni. A fare da fondale alla Vittoria ancora pannelli d‟arenaria grigia. L‟illuminazione dell‟opera avviene mediante l‟uso di riflettori circolari montati su leggere catene metalliche che incrociano le arcate della sala.

L‟attuale allestimento, non tanto relativo al bronzo della Vittoria quanto alla sua copia in resina bianca, presenta degli elementi temporanei proprio legati all‟assenza dell‟originale (fig. 34). Uno schermo video riproduce una serie di contributi audiovisivi che rendono il visitatore partecipe delle attività di restauro che sono state e che saranno condotte sull‟opera, dal principio del progetto, fino al futuro riallestimento della Vittoria.

La presenza nel museo non dell‟originale ma di una sua riproduzione ha consentito la realizzazione, nello stesso ambiente, di una piccola mostra dedicata alla fotografia di Maurizio Galimberti, il quale, con il suo particolare stile, ha reso la copia della Vittoria protagonista di tre sue opere215.

96

Nel 2020 gli interventi di restauro sul bronzo di Brescia dovrebbero terminare e potranno essere avviati i lavori per la realizzazione del nuovo allestimento. I progetti di BresciaMusei sono quelli di non riportare la Vittoria nel complesso di Santa Giulia, ma di riproporla all‟interno di una delle tre celle del Capitolium cittadino, di recente ripristinato come spazio espositivo accessibile all‟interno del parco archeologico di Brixia romana, là dove doveva trovarsi in origine e dov‟era stata esposta dalla sua scoperta fino alla creazione, nel 1998, del Museo della Città. Con la Vittoria saranno spostati anche gli altri bronzi rinvenuti insieme con essa.

Nel riconfigurare questo “nuovo” assetto museale, già sperimentato durante l‟Ottocento, sarà raggiunta un‟ottima commistione tra gli aspetti legati all‟esposizione delle opere in spazi chiusi e controllati, e quelli relativi a una ricontestualizzazione topografica dei materiali. I bronzi rinvenuti smontati con ordine e ben nascosti presso il Capitolium torneranno nei luoghi della scoperta e con ogni probabilità della loro esposizione in antico216.

Il futuro allestimento certamente allontanerà i bronzi bresciani da quel percorso sulla città e sull‟edilizia monumentali all‟interno del quale furono concepiti fin dal 1998; tuttavia, il fatto che Museo della Città e Capitolium siano non solo estremamente vicini, ma anche

216

Il progetto museografico per il nuovo spazio espositivo del Capitolium sarà curato dall‟artista e architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg.

Fig. 34 Brescia, Museo della città, l'attuale allestimento della replica in resina della Vittoria, 2019 (foto dell‟autore).

97

parte di un unico sistema museale, permetterà una fruizione integrata degli spazi, garantendo per i bronzi una continuità di relazioni con il museo.

Dalla bozza di progetto museografico pubblicata sul sito web di BresciaMusei (fig. 35) si evince che la Vittoria di Brescia troverà posto nella cella destra del Capitolium, insieme alle cornici bronzee e a nuove videoinstallazioni. Il resto dei materiali, tra cui le 8 teste, saranno invece esposti nella cella sinistra e in quella principale al centro.

Il nuovo riallestimento del Capitolium lascerà dunque due sale vuote nella sezione dedicata alla città romana del museo di Santa Giulia. I futuri progetti prevedranno una risistemazione dello stesso percorso museale già esistente, con l‟inserimento di nuovi spazi dedicati a presentare mediante i canali della multimedialità e dell‟interattività alcuni aspetti legati al mondo romano (introduzione alle Domus dell‟Ortaglia, il Teatro, l‟Impero, Roma e le genti del Po)217.

217

Parte dell‟allestimento multimediale sarà realizzato da Studio Azzurro; BRESCIA MUSEI 2017.

Fig. 35 Progetto del nuovo allestimento museale del Capitolium, da Il volo della Vittoria Alata, progetto

98

Un altro caso italiano datato alla seconda metà del Novecento e che ha visto l‟esposizione di un‟opera romana in bronzo all‟interno di un museo fortemente legato al territorio dove avvenne la scoperta è quello relativo alla statua equestre del Domiziano-Nerva rinvenuta negli anni Sessanta presso Capo Miseno. Il bronzo, scoperto in condizioni frammentarie all‟interno di uno degli ambienti del Sacello degli Augustali, e dunque in situ rispetto al suo antico luogo d‟esposizione, fu presentato al pubblico per la prima volta nel 1987 in una mostra organizzata presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In quell‟occasione furono resi per la prima volta visibili gli importanti restauri a cui l‟opera fu soggetta, tra i primi in Italia a essere finanziati da fondi privati218. Gli interventi portarono alla realizzazione ex novo del corpo del cavallo, ora in legno, sul quale furono poi innestati gli originali frammenti bronzei del cavaliere, della testa equestre e delle zampe anteriori. Il risultato fu una presentazione del bronzo estremamente particolare e capace di unire il restauro integrativo alla necessità dell‟allestimento museale di avere un supporto dove esporre membra che altrimenti sarebbero state disgiunte tra loro.

Quello che era nato come un allestimento temporaneo divenne definitivo con il 1993 e l‟apertura della nuova sezione del Museo Archeologico dei Campi Flegrei dedicata al sito di Miseno, dove il bronzo raggiunse la sua destinazione museale definitiva.

Nella sua attuale sistemazione il bronzo equestre di Domiziano rilavorato come Nerva torna a essere esposto insieme alle architetture e alle opere con le quali si trovò già in età romana; la statua anticamente si trovava presso il Sacello degli Augustali di Miseno, forse davanti alla scalinata d‟accesso al tempio219

. Oggi il bronzo è collocato davanti alle membrature architettoniche del sacello, ricostruite e integrate grazie a pilastri e trabeazioni in acciaio, in un modo che ricostruisce forse gli originari rapporti spaziali tra la statua equestre e il contesto architettonico nel quale era inserita. Nel suo ricomporre uno spazio architettonico antico all‟interno degli ambienti museali, l‟allestimento della sala del Sacello degli Augustali di Miseno ricorda in parte quello realizzato in precedenza per il

Fauno danzante al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

218 I restauri furono sovvenzionati dalla fondazione Napoli Novantanove e dalla Mobil Oil Company. 219

99

Se gli interventi di musealizzazione finora citati non hanno innescato alcun tipo di disputa, né hanno evidenziato particolari criticità al di fuori di quelle sopra esposte; i casi che si andranno adesso a presentare, ovvero le scelte sull‟esposizione dei Bronzi di Riace, dei

Bronzi Dorati di Pergola e dell‟Atleta di Fano, fin da subito si sono caratterizzate per una