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Collocazione esistenziale della giurisprudenza: natura creativa come libertà e come autorità.

È opinione diffusa quella per cui la giurisprudenza non è annoverabile tra le fonti del diritto. L’art. 1 delle preleggi1 non fa ad essa riferimento alcuno, nel nostro ordinamento non è contemplata la regola stare decisis e il giudice è vincolato unicamente alla legge (Art. 101, comma 2° Cost.2) e alle regole ermeneutiche da essa stabilite (art. 12 Preleggi3), tra le quali non è rinvenibile

1 Ricordiamolo: sono fonti del diritto le leggi, i regolamenti, le norme corporative (abrogate

per effetto della soppressione dell’ordinamento corporativo nel 1943) e gli usi. È una

impostazione,quella che esclude la giurisprudenza dalle fonti, c.d. de iure conditio (sul diritto fondato). Non minori, come vedremo, sono le proposte de iure condendo (del diritto da fondare) che parlano invece di vincolatività del precedente.

2 “ i giudici sono soggetti soltanto alla legge”

3 “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal

significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del

legislatore”. Dopodichè si applica la analogia, che ha come punto di riferimento sempre una

norma, ovvero i principi generali dell’ordinamento. Orbene Inzitari parla di un indiretto riferimento alla giurisprudenza nell’articolo in essere per tramite dei principi generali; cioè i principi generali costiuirebbero, secondo l’autore, la strada che permette implicitamente il transito di elementi giurisprudenziali nel nostro ordinamento ai fini esegetici. Principi al cui

criterio alcuno che consenta al giudice di operare un riferimento alla giurisprudenza al fine di chiarire il significato di una norma o per colmare una lacuna.

La impostazione dottrinale dominante risulta tendenzialmente conforme al dettato del legislatore, tuttavia non mancano talune opinioni eterogenee. Gli esponenti che tentano di sconfessare questo ruolo giurisprudenziale circoscritto nei confini codicistici, fanno leva sulla constatazione della creatività o, per essere precisi, duplice natura creativa della giurisprudenza: una come libertà e l’altra come autorità.

Nel primo senso, abbiamo un generale stato di incertezza della norma vigente, cosicchè non si può mai avere per risolvere la fattispecie concreta un’unica soluzione, bensì un ampio ventaglio di opzioni possibili ove viene a radicarsi la soluzione del giudice che non può mai mancare secondo il divieto di non liquet. Dunque la giurisprudenza dovrà scegliere, all’interno di quel ventaglio di soluzioni, anche secondo criteri valutativi non strettamente desumibili dal diritto vigente. Da qui la creatività come libertà nei confronti, sia pure normalmente all’interno, del diritto positivo4.

Sotto il secondo punto di vista, intendendo la creatività del magistrato come sinonimo di autorità, emerge il carattere di fonte del diritto che può assumere la giurisprudenza5 allorquando le proposizioni da esse formulate siano effettive o autorevoli. In tale ottica si verifica una ideale confusione tra fonti di produzione e di cognizioni, dato che tutte quante concorrono indistintamente al rinnovamento del corpus iuris e, in questo corollario di genesi normativa, la giurisprudenza diviene pienamente fonte quando non è più possibile citare la legge contro il suo commento giurisprudenziale.

A questo punto è evidente un elemento di contatto di questa impostazione con il prospetto prima citato che distingue tra l’attuazione e la posizione del dover essere normativo. In pratica la creatività come autorità sembra fondare una

fondamento contribuisce la giurisprudenza stessa.

4 Lombardi, Vallauri, Giurisprudenza teoria generale. Roma, E.G.I, 1989. 5 Cit. Lombardi Gabrio.

funzione nomopoietica, di posizione del dover esssere normativo, distribuibile variamente tra tutti coloro che sono dotati di poteri precettivi, così da inserire a pieno titolo la giurisprudenza all’interno delle c.d. fonti fatto. Acclarata una simile portata normativa che la giurisprudenza a prima vista, almeno attenendoci al tenore delle preleggi, non sembra affatto possedere, risulta più facile trovare una collocazione dell’opera del giudice anche all’interno di quello schema di gradazione della autorità del precedente già studiato.

Posto che il giudice, i giuristi, non creano diritto ma lo esplicitano, lo trovano, alla luce di tali constatazioni la nostra giurisprudenza apparterrebbe percìò al modello di sistemi con precedenti a rilevanza argomentativa debole anche se, sotto certi aspetti, assimilabile al sistema con precedenti dotati di rilevanza argomentativa (meglio persuasiva) forte (ciò lo vedremo nella prossima sezione in riferimento all’art. 384 c.p.c. ecc.).

Seguendo questa via tracciata dalla dottrina, la giurisprudenza come fonte del diritto assume connotati propri come quelli della flessibilità, relatività, nel senso che dal precedente è possibile discostarsi solo per gravi ragioni.

Ma la creatività come autorità del giudice, implica pure che la giurisprudenza divenga “fonte produttiva di norme interpretative”6. Ora se le classiche fonti normative hanno una posizione sicura nella scala gerarchica delle fonti, ciò non può dirsi per la giurisprudenza o meglio per il precedente che è “meta- fonte”. Se le fonti scritte influenzano con la loro autorità la disposizione che vanno ad interpretare, con i precedenti, mancando una esplicita menzione della giurisprudenza e della sua autorità nell’art.1 delle preleggi, si concretizza il procedimento inverso: qua l’efficacia e la collocazione esistenziale del precedente si identifica in quella delle norme interpretate alle quali viene imputato il principio di diritto che costituisce il contenuto del precedente e ciò anche con effetti ex-tunc7.

6 Pizzorusso, Fonti del diritto, Roma, Zanichelli, 2011.

7 La natura retroattiva del precedente di interpretazione deriva dall’essere meta-fonte con