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4. Le modifiche del diritto vivente.

4.2. Il Prospective overruling.

La domanda che ci siamo posti nel precedente paragrafo, cioè quella della retrottività dell’overruling nel nostro diritto vivente, a parte le sporadiche ipotesi derogatorie, sembra aver trovato, tanto nella forma mentis della dottrina quanto in quella dei magistrati, una risposta abbastanza articolata e indefettibile. In estrema sintesi, la chiave di volta si risolve in due semplici concetti: giusto processo e tutela del legittimo affidamento. Quando anche uno di questi requisiti è potenzialmente messo in discussione da un mutamento giurisprudenziale, ecco che, per riaffermare la loro preminenza, si inibisce qualsiasi effetto retroattivo a quel cambiamento del diritto vivente. Da ciò, come sappiamo, deriva la ragion d’essere dell’unica deroga alla impostazione ex-nunc dell’overruling: quando il cambiamento giurisprudenziale è già da tempo preannunciato, non si può certamente parlare di una indebita lesione del

principio del giusto processo e del legittimo affidamento. Qua nessun valore meritevole di tutela è potenzialmente in pericolo e l’overruling può dunque retroagire.

I problemi più consistenti sopravvengono quando si pone l’interrogativo di vedere se un mutamento del diritto vivente possa operare sì per il futuro, ma restare, al contempo, inoperante per il singolo e attuale caso concreto. Si parla del c.d. prospective overruling. Nella sezione dedicata alla common law, abbiamo avuto modo di appurare i tratti salienti di questa sottospecie dell’overruling e, per una maggiore definizione concettuale dello strumento, basta rimandare a quella sede. Qua ricordiamo soltanto che, con il prospective overruling, il giudice effettua un vero e proprio avvertimento ai consociati del cambiamento giurisprudenziale: constata che il diritto vivente è si mutato ma, a tutela del legittimo affidamento delle parti in causa, reitera l’applicazione dell’ormai superato indirizzo giurisprudenziale avvertendo, però, che per tutte le controversie future non verrà più applicato quell’indirizzo, poiché destinato a lasciar il posto al nuovo diritto vivente.

Nel procedere alla analisi dello strumento in parola, è necessario premettere che ancora non viene unanimamente accolto dalla nostra dottrina. Le motivazioni di una simile opposizione saranno nel prosieguo affrontate ma, mettendole un attimo da parte, utile per capire quanto di questo meccanismo tipico della cultura di common law, soprattutto di quella americana, possa trovare corso nella nostra esperienza giuridica risulta essere una ricostruzione storica-giurisprudenziale. Vedremo che il punto di svolta è rappresentanto dalla sentenza n. 15144 del 2011, la quale ha alimentato quelle tesi nettamente a favore per l’introduzione del prospective nello strumentario a disposizione del nostro giudice.

Il punto di inizio della nostra trattazione deve essere il concetto di legittimo affidamento36. È sì questo un termine di estrazione processuale

amministrativistica, ma operante, attualmente, anche nel più generico rapporto tra cittadino e amministrazione giudiziaria. Per ciò che a noi interessa in questa sede, il legittimo affidamento esplica la sua portata fondamentale nel momento in cui il privato adotta un comportamento conforme alla buona fede e in coerenza alla giurisprudenza consolidata in ipotesi di ribaltamento del precedente. In altre parole, la problematica è la seguente: se un cittadino ripone il proprio legittimo affidamento su una giurisprudenza da tempo reiterata, nella ipotesi di inversione della stessa a quale indirizzo del giudice di legittimità dovrà sottostare il privato? All’indirizzo ormai superato ovvero a quello di nuova creazione? In una ottica, come quella nostrana, ove l’overruling opera in senso orizzonatale, già abbiamo detto che la giurisprudenza di legittimità ha individuato la soluzione per gli anzidetti problemi nella rimessione in termini. Tuttavia un tale rimedio, non può che essere parziale o almeno limitato alle fattispecie in cui il contrasto tra nuovo e vecchio indirizzo della Corte Suprema provochi un mero spirare illegittimo dei termini processuali.

Quindi bisognava trovare una soluzione di più ampio respiro che, nel ribadire la centralità del legittimo affidamento della singola parte, non fosse unicamente circoscritta ai vizi processuali dipendenti dal mutamento del diritto vivente.

Il problema, a partire dal 2010, è stato affrontato e risolto in maniera del tutto innovativa dalla cassazione. Si è utilizzata sì la tradizionale tecnica interpretativa nel rispetto dei principi del nostro ordianemento ma, di fatto,

36 Per legittimo affidamento, in rapporto all’overruling, si vuole fare riferimento al concetto analogo di certezza del diritto.Tale principio si attua attraverso la possibilità di cconoscere a priori la valutazione concreta dei propri comportamenti che verrà operata nella norma di diritto positivo. Schematicamente: ogniqualvolta un atto amministrativo o legislativo induca a comportamenti caratterizzati da buona fede sorge, quale precipitato del principio di certezza del diritto, un legittimo affidamento e si pone il problema della sua tutela. Nell’unione europea, tenendo conto del nostro mutamento del diritto vivente, il riferimento è alla tutela che merita colui che tiene un comportamento coerente con una situazione consolidata e ragionevolmente corrispondente a quella reale e tale da indurre fiducia nella correttezza del proprio comportamento.

sono conseguiti gli effetti di un istituto tipico di common law: il prospective overruling.

Nello scenario dei paesi europei di civil law, il ricorso al prospective, a tutela del legittimo affidamento, si è concretizzato in Francia, Germania, Spagna e Svizzera. In Italia l’iter è stato a dir poco burrascoso e, come detto, tutto inizò solo pochi anni fa.

Nella ordinanza n. 14627 del 17 giugno 2010, in tema di impugnabilità in cassazione di provvedimenti relativi a compensi liquidati a consulenti in sede penale, nelle forme non più del rito penale ma di quello civile, si esclude che il mutamento di indirizzo37 possa pregiudicare la parte che abbia adito la Corte attenendosi alle forme indicate dalla precedente giurisprudenza non ancora, all’epoca, sul punto, innovata e si individua nella rimessione in termini lo strumento utile ad evitare tale pregiudizio.

Poco dopo, con la sentenza SS.UU n. 19246 del 9 settembre 2010 il problema di un coordinamento tra legittimo affidamento e mutamento del diritto vivente emerge in tutta la sua complessità. È il caso noto del ribaltamento di un cinquantennale contrario indirizzo interpretativo delle disposizioni di cui all’art. 645 c.p.c., con riduzione alla metà dei termini di giudizio nella opposizione a decreto ingiuntivo. Il problema veniva composto dal legislatore, ma è per noi interessante riflettere sul ventaglio di soluzioni adottate medio tempore dai giudici di merito: ricorso all’istituto della rimessione in termini; attribuzione di efficacia vincolante alla precedente giurisprudenza, assimilazione del nuovo precedente ad una sorta di ius superveniens, operante, come tale, solo per il futuro; applicazione del diritto comuinitario che impone la conoscibilità della regola di diritto e la ragionevole prevedibilità della sua applicazione.

Il punto di svolta nella maturazione dell’istituto in analisi, è rappresentato dalla Sentenza 15144 del 201138.

37 Cass.,Sez. Unite. sent.n.19161/09.

38 Cass.Sez. Unite sent. n. 21/ 2011, Ricorso proposto dalla regione Basilicata con Enel Produzione s.p.a., ricorrente incidentale, avverso sentenza del Tribunale delle Acque pubbliche

La pronuncia attiene ai termini processuali di decadenza e di prescrizione del giudizio di merito. In particolare affronta la delicatissima questione dell’idoneità del sopravvenuto cambio di esegesi della norma processuale di riferimento, connotato da imprevedibilità, che comporta la tardività di un ricorso altrimenti tempestivo alla stregua del diritto vivente diverso e sussistente alla data di sua proposizione. La cassazione, modificando la propria e precedente consolidata giurisprudenza, con tale sentenza, dichiarava la applicabilità di termini più brevi di quelli adottati, nel pieno rispetto della precedente giurisprudenza, da una delle parti ma, in modo incredibile, non applicava il nuovo precedente al caso in esame , dichiarandolo valido solo per il futuro. Si tratta, dunque, di una svolta appunto incredibile perché i capisaldi del nostro ordinamento sono che la sentenza, a differenza della legge, non è fonte di diritto; che il giudice, soggetto solo alla legge, non è vincolato al precedente pure se proveniente dal giudice della nomofilachia; che all’interpretazione deve seguire l’applicazione al solo caso in esame ora per allora.

Con questa pronunzia giudiziale il cambiamento ha sì dell’incredibile, ma, a ben vedere con effetti condivisibili, di giustizia sostanziale. Altrimenti, com’è ben comprensibile, cambiare le regole del gioco a partita iniziata provocherebbe effetti abnormi39.

39 Dalla motivazione della sentenza possiamo dedurre gli elementi a supporto per una introduzione del prospective overruling nei nostro sistema, una ricostruzione tutta incentrata sul legale legittimo affidamento e overruling. Dunque, nella prima parte della motivazione pare che il legittimo affidamento tenda a soccombere innanzi all’opera modificatica del giudice: “… il mutamento della propria precedente interpretazione della norma processuale da parte del giudice della nomofilachia (overruling) il quale porti…a una decadenza o a una preclusione prima escluse, opera come interpretazione correttiva “ora per allora”, nel senso di rendere irrituale l’atto compiuto o il comportamento tenuto dalla parte in base

all’orientamento precedente . Infatti il precetto fondametale della soggezione del giudice alla legge impedisce di attribuire alla interpretazione della giurisprudenza il valore di fonte del diritto, sicchè essa, nella sua dimen sione dichirativa, non può rappresentare la “lex temporis acti”.

Nella seconda parte della sentenza di individuano le eccezioni tutelabili: Tuttavia, ove l'"overruling" si connoti del carattere dell'imprevedibilità …, si giustificauna scissione tra il fatto … e l'effetto, di preclusione o decadenza, che ne dovrebbederivare, con la

conseguenza che - in considerazione del bilanciamento dei valori ingioco, tra i quali assume preminenza quello del giusto processo (art. 111 Cost.), volto a tutelare l'effettività dei mezzi di azione e difesa … deve escludersi l'operatività dellapreclusione o della decadenza derivante dall'"overruling" nei confronti della parte che abbia confidato incolpevolmente (e cioè non oltre il momento di oggettiva conoscibilità dell'arresto nomofilattico correttivo, da verificarsi in concreto) nella consolidataprecedente interpretazione della regola stessa, … Ne consegue … che… lo strumentoprocessuale tramite il quale realizzare la tutela della parte va modulato

Argomentando sulla seconda parte della motivazione della sentenza, quando il mutamento di giurisprudenza di regole processuali è connotato per la sua imprevedibilità e, assieme, da un effetto preclusivo del diritto d’azione o di difesa della parte che sulla stabilità del precedente abbia a ragione fatto affidamento, in simili ipotesi l’ordinamento non tollera che ne derivi una lesione del superiore principio del giusto processo e, nel raggiungere questi fini, soccorre il prospective quale come unico mezzo utile per proteggere il legittimo affidamento. Un affidamento, in ogni caso, tutelabile non oltre il momento di oggettiva conoscibilità, da verificarsi in concreto, dell’arresto nomofilattico di esegesi correttiva.

Riprendendo in parte le parole pronunciate da Lord Devlin, mediante questa sentenza, che ha decretato una certa esistenza del prospective overruling nel nostro ordianamento, il giudice, effettuando una nuova interpretazione giurisprudenziale valida solo per il futuro, è divenuto una sorta di “legislatore travestito”.

Alla luce di questa complessa vicenda giurisprudenziale in merito al prospective overruling, ancora non siamo in grado di addurre una sicura risposta dinanzi alla domanda della sua ammissibiltà nel nostro sistema. Certo è vero che le voci, per cosi dire, “negazioniste” sono sterminate; tuttavia, anche quelle contrarie, vale a dire a favore di una introduzione del prospective nel nostro ordinamento giuridico, non sono minori.

Orbene, tra le prime ricordiamo quelle che pongono l’accento sulla consistente difformità strutturale tra l’ordinamento stunitense, ove lo strumento in parole è nato e trova ancora largo impiego, e quello italiano. Cioè nella cultura americana, la giurisprudenza può avere il potere creativo; nella nostra, invece, niente di tutto ciò è neppure ipotizzabile poichè il ruolo del giudice è, e da sempre, circoscritto nei confini di un potere semplicemente dichiarativo40. Si osserva, successivamente, che l’unico modo che permetterebbe un ingresso

in correlazione alla peculiarità delle situazioni processuali interessate dall’ "overruling".

40 Rordof, Stare decisi e valore della giurisprudenza nell’ordianamento italiano, in Foro it.

dello strumento in questione nei nostri confini giuridici è quello di segno legislativo: non si potrebbe fare altro che intervenire con apposita legge.

Altra tesi “negazionista”, asserisce che il prospective si fonda sull’ampia libertà interpretativa dei propri poteri da parte dei giudici; fattore questo che, nella nostra tradizione, è riscontrabile solo nella discrezionalità con la quale la Consulta determina, in una certa misura, l’efficacia nel tempo delle proprie decisioni.

Nella prospettiva di coloro che sono a favore per l’ingresso dello strumento in parola nel nostro sistema, si fa direttamente leva sulle conseguenze che un cambiamento del diritto vivente può avere sulla certezza del diritto: l’evoluzione della giurisprudenza è un dato inevitabile, soprattutto in paesi sviluppati come il nostro, e deve essere accompagnata da una effettiva tutela di tutti coloro che hanno posto affidamento su un indirizzo recetemente invertito. Interessi contraposti, quello dell’evoluzione giuriusprudenziale, quello di tutela del legittimo affidamento del singolo e quello di garanzia di una certezza del diritto in generale, che potranno trovare un bilanciamento soltanto affermando, nel singolo caso concreto, un nuovo impiego della regola già superata con l’avvertenza che poi, per tutti i casi futuri, verrà meno. Per queste ragioni di bilanciamento di contrapposte istanze, la dottrina in essere asserisce della necessità di introdurre nel sistema nazionale il prospective in particolar modo nella materia processuale, ove potrebbe a pieno manifestare tutti i suoi pregi.

Conclusioni.

Nel corso dello studio di è operata la verifica della applicabilità del sistema di case-law nei diritti continentali. Con riferimento particolare al nostro paese, ovviamente, di precedente binding non si può assolutamente parlare: si può al massimo parlare di una persuasività ma non certo di obbligatorietà.

Ciò assodato, è la Corte di Cassazione che, nell’assolvere una funzione nomofilattica, definisce il principio giuridico che rappresenterà un precedente persuasivo per il successivo giudice di merito. Qualora costui decida di non condividere l’impostazione, di matrice cassazionistica, della soluzione di un problema giuridico, mantiene la facoltà di esperire l’overruling con effetti, di solito, non retroattivi.

Niente di nuovo sotto la luce del sole nel nostro sistema, almeno in raffronto ad altre esperienze di civil law.

Come detto, tutti gli ordinamenti continentali sembrano condividere lo stesso punto di vista sulla forza persuasiva del precedente o, quanto meno, quasi tutti gli ordinamenti. Infatti, come non ci è sfuggito nella verifica comparatistica

effettuata a suo tempo, alcune tradizioni continetali, pur condividendo e appartenendo ad una dottrina che vede nella legge tutto l’insegnamento giuridico, sembrano, seppure lentamente, avvicinarsi a istituti, tecniche giurisprudenziali e modi di pensare proprie della cultura anglofana1.

Ogni tentativo che volesse nel futuro cercare, come nel nostro paese, o che abbia già cercato nel passato, come in Germania, una assimilazione tra common law e statute law in tema di vincolatività del precedente, deve imprescindibilmente tenere sotto occhio quella moltitudine di conseguenze positive e negative che da tale integrazione deriverebbero.

Punto di partenza, del tentativo di cui stiamo parlando, è quello di mettere decisamente da parte tutte le dottrine che in un passato, più o meno remoto, hanno cercato di far prevalere una logica giurisprudenziale del precedente su quella posta agli antipodi. I numerosi tentativi che in proposito sono stati fatti, se non sono stati parziali, limitandosi a considerare, a volte molto lodevolmente, l’uno o l’altro profilo di merito o di demerito, si sono conclusi con un nulla di fatto, perché la verità è che non esiste un sistema che sia il migliore in senso assoluto. A seconda del punto di vista da cui si parte o delle finalità che si ritengono essenziali, si può al più parlare di preferenza e non mai, come si è detto, di prevalenza.

Fatte queste premesse, dalle quali ogni professionista del diritto non può prescindere quando cerca di assimilare il precedente di civil law a quello di common law, cioè assodata l’impossibilità di preferire l’una o l’altra impostazione, residualmente il passo successivo non potrà che consistere nel valutare i contrapposti pregi e difetti della teoria del precedente variabili da caso a caso

Tra i pregi, possiamo ricordare, in primo luogo, la certezza del diritto da considerare una conseguenza del tutto naturale della regola stare decisis. Impegnatività dei precedenti per il futuro significa, infatti, sicurezza o, almeno,

forte probabilità che, rebus sic stantibus, ogni nuovo simile caso venga deciso alla stessa maniera dell’antecedente. La massa degli utenti può cosi fiduciosamente regolare la propria azione sul diritto delle sentenze che i giudici avranno emesse. Certezza, quindi, significa in senso oggettivo stabilità e uniformità di trattamento; in senso soggettivo, prevedibilità ed affidamento nella futura e coerente azione del giudice.

Ma quando un giurista propone di applicare il precedente inglese in sistemi di civil law, non può ignorare altri elementi a favore di una simile estensione. Il riferimento è alla dinamicità, puntualità e praticità.

Per dinamicità indichiamo la possibilità di sviluppo e di adeguamento del diritto, da considerarsi un riflesso del potere del giudice di ricavare dai principi già posti ulteriori principi dotati anch’essi di valore vincolante-

Con la puntualità, il riferimento è alla presenza nel case law di plurime soluzioni in grado di adeguarsi alle più disparate fattispecie; infine, abbiamo anche il pregio costituito dalla praticità: il diritto giudiziario non nasce da una previsione astratta o da mera elaborazione concettuale, ma è il frutto di necessità contingenti, della risoluzione di problemi effettivamente sorti e vissuti e, quindi, dell’esperienza e non dalla immaginazione astratta.

Annoveriamo pure i difetti delle teoria del precedente che, ricordiamolo, ogni giurista non deve scordare quando estende quella teoria in sistemi che l’hanno da sempre ignorata: la rigidezza, il pericolo di artificiose distinzioni, la quantità e complessità del materiale giudiziario e la asimmetricità del sistema. Con la rigidezza del sistema, il riferimento è alla obiettiva difficoltà del giudice di svincolarsi dai giudicati anteriori; poi abbiamo il pericolo di artificiose distinzioni, da rapportarsi al fatto che il giudice, il quale vuole sfuggire al vincolo di un precedente poco lineare o non puntuale, ha la possibilità, con il distinguishing, di discriminare, procedendo, con riguardo al fatto, a distinzioni e suddistinzioni tali che lo autorizzano, anche in linea di pura logica formale, a dire che il caso per il quale deve sentenziare non est simile a quello della decisione precedente. Questa possibile esasperazione del

sistema ha, poi, un pesante riflesso nella circostanza che dalle distinzioni artificiose si può passare alla progressiva elaborazione di più linee di sentenze incoerenti, le quali, prima o poi, verranno in conflitto.

Altro carattere negativo è quello della quantità e complessità del materiale giudiziario, che non agevola certo il compito degli addetti ai lavori2;tuttavia, chi sostiene la prevalenza della statute law non può prescindere dalla constatazione che, alla pari, un eccessivo numero di dettagli normativi spesso offusca o appesantisce la linearità e la chiarezza.

Si diceva che l’ultimo difetto è quello della asimmetricità del sistema. È risaputo3 che il precedente in common è sovente irregolare o disorganico, perché dipende dalla varietà delle liti e il compito del giudice è quello di rendere giustizia e non già quello di fare scienza. La conseguenza di ciò è che ci possono essere sproporzioni nella quantità delle norme non solo tra ramo e ramo del diritto, ma anche tra istituto ed istituto; conseguenza di una carenza di una logica interna che regoli la connessione tra parte e parte del diritto. Raffrontando questi pregi e difetti gli esperti inglesi sono del parere che i primi sopravanzano di gran lunga i secondi. Le debolezze, seppure considerevoli e tutt’altro che da minimizzare con quel falso orgoglio di cui non pochi giuristi sono affetti, non hanno maggior peso dei concreti pregi del sistema dei precedenti accolto nell’ ordinamento inglese. Cosi l’Allen. Mentre Geldart afferma della indubbia preminenza dei pregi sui difetti i quali, a ben vedere, possono essere eliminati semplicemente con il correttivo legilsativo.

Rimanendo su queste considerazioni, della esperienza anglosassone, solo per tramite di un concreto e critico studio delle varie dinamiche del case law in quella tradizione potrà rendersi possibile un avvicinamento delle due culture,