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COLONIE INDUSTRIALI

Nel documento ~LL' iJLLtlstrissin1a (pagine 110-115)

~falla sc:orta delle insegne e dè:tnclo corso a qualche paziente indn.giue circa la località -di origine dei singoli titolari, si avrebbe già un elemento non trascurabile per uno studio della natura, intensità e funzioni dell'immigrazione nel commercio e nelle industrie Torinesi, studio che forse non rie ·cii·ebbe del tutto sterile ed inconcludente. Gli scarsi appunti che seguono servirauno a qualche volonteroso e paziente « topopolitc,i, >) che vorrà tentarlo?

Varie colonie cl'inunigranti hanno incamerati alcuni, e non probabilmente i peggiori, rami dell'attiYità e dcl traffico.

( l) In quella ,·ia si era parlalo a dimorare, in modestissima camcrclla, Carlo Luigi Caitisolli, nizzardo, venuto a Torino a cercarYÌ fortuna nella carriera legale. Vittorio Amedeo II, colà transitando spesso cli notte, e probabilmente anche lui guardando in aria, fu colpito dalla persistenla di un lume sempre acceso, cd una bella Yolta, pretestando la necessità di fuoco per riaccendere la lanterna, sall col gentiluomo che l'accompagnava. TroYÒ il Caissotti, seppe che di giorno attencle,·a all'ufficio e di notte studiava, lo nominò - a 26 anni - Sostituito Procuratore Generale presso la Camera dei Conti, spingendolo in seguilo a.cl alla e meritala fortuna.

(2} Nelle feste dello Statuto r 8 53 percorse, con allri, le Yic cli Torino tUl grandioso carro allegorico delle Arti Riunite.

Probabilmcn~c da tal fatto ebbe origine la denominazione di quel ritrorn.

I figli sagaci di Fobello e di Varallo eserciscono di padre in figlio metà. almeno dei nostri alberghi; da Groscayallo sono di ·cesi i manipolatori delle carni suine a sYentrare ed insaccare i nostri porchetti. A fortuna fatta ci salutano, risalgono alle 11ative montagne e la.sciano il posto ai rampolli fr sc:hi d'appetito e robusti di dentatL!ra.

Valle Sesia di1 la grande massoneria del parapioggia in cui l'iniziazione si fa collo scatolone a tracolla, per arri \'are, raggiunto il milione, al grado di maestro. Le stirpi di quei Yalligiani costituiscono Ycre dinastie regnanti secondo la successione ~alica, o press'a. poco, su canne, ombrelli, Yen tagli, pelliccie e forniture militari, complesso di generi che abbrac-ciano tutte le stagioni e per conseguenza non paventano le remore della 11101·ta • ..

La progenie Ligure sopraintende all'olio ed a tutte le generazioni di baccalà, salacche, sardelle cd aringhe affumica te.

La valle d'Aosta, culla alle tribt'.1 che imperano sui formaggi, ha dati e dà in unione a.

quella di Locana gli spazzacamini: il loro Iddio è nero e Sa_muele Haudemann è il suo profeta (1).

Il Canton Ticino somministra arrotini, pittori di decorazione (Jfomò) e marmisti: marmisti ancora, apparecchiatori dcl gas e lattonieri i Laghi da la pm·t de là dove la zeta si pronuncia in modo spiccato e caratteristico.

Viù fu gran YiYaio di yalletti di Casa Reale e fornisce gli imballatori, 1101whè i Cibrm·io,.

i Ponzio e gli Audisio del latticinio; Ccres e Traves spediscono chiodaiuoli e fabbri da chiavi sbozzate; Valmala manipolatori d'aceto, l'Astigiana cd il ì\Ionfcrrato guatteri e \'in ai; le Yalli dell'Orco e delltt Stura quelle bmnbinnie e balie a curve opulenti nelle quali spesse volte è nata la vocazione in seguito al passaggio delle Compagnie alpine; Dronero mette in giro spacciatori ambulanti di acciughe nel bariletto a rnote; l\Iontanaro Canayese ed i monti di Biellft provvedono personale pelle costrnzioni rnnrarie; Ticineto (Casale ~Ionferrnto) è la patria di tutti gli 'mpain cadreeeeghP, e dal Pellice tanto rinomato per l'eccellenza delle trote, scendono coloro che ci fabbricano le cento forme e qualità. tli eioccolato nella ctti SCJLlisitezza Torino.

ebbe sempre e conserva tuttora il primato.

Castelmagno fornisce i manipoli probi e disc:reti di lustrascarpe e facchini commissionari (Cabassin), pomposi del berettino cO/fJJ- dle fdJle, tenaci nel nativo dialetto a lunghe pause sulle vocali e nei nomi di Isidoro e di ::\fogno, che costituiscono da soli quasi tutto il loro repertorio di battistero (2).

La Germania poi d trasmette frotte di gionwottoni miopi e biondi, desiderosi d'impra-tichirsi dei nostri traffici cd approfondirsi nei misteri dcl vernacolo piemontese.

Si dice che l'avvenire è dei Tedeschi. Dif<.ttti, la cucina, la musica, i salami, le commedie e le kellerine, tutto è Tedesco: tre (iLUtrti dei troni d'Europa e quattro quinti dei posti di capo tecnico e direttore di Batwo sono occupati da, essi, e se così la dura, doYremo un giorno.

o l'altro - aborigeni od immigrn ti - dirci belli e fritti e spacciati.

ì\fa quel giorno è lontano aneora, cd in ogni caso bottega da garzone b potremo sempre metter su con probabilità di sL1ccesso e ciò mediante non saremo ridotti a 111e11ditare.

Ho detto « mendic:are » ma esso pure l'escrdzio della rnendieità è ipotcc:nto per dritto di possesso immemoriale dalle losche figure di fcrnmii1c (non oso dir donne) costantemente se

(l) Con patente 16 febbraio 1669 Carlo Emanuele II elesse Bernardino e GioYanni Vetheri di Introd e Lorenzo Genot della parrocchia cli Avise (Aosta) capi squadra degli spazzacamini eia esso introdotti in Torino nell'intento di provvedere alla più facile estinzione degli incendi. Dovevano essere dieci nell'inverno e quattro nell'estate.

(2) Tariffo dei fr1cd1ini di Torino ordinata da Vittorio Amedeo II con editto 2 2 settembre r 680 e formata dar Senato il 5 successi 1·0 ottobre:

«Per condurre grano al molino non potranno pretendere più di soldi quattro per ogni sacco di emine cinque tra

~ l'anelata ccl il ritorno mentre la casa non sia lontana più di quattro cantonate dalla porta della Città per quale si passerà,

« ed essendo più lontana gli si pagheranno in più denari tre per ogni cantone cli maggior lontananza per l'andata e per il

« ritorno, senza eccedere però li soldi sei ancorchè a rata di cantonale la mercede rile1·asse di più.

« "N"ei tramuti cli San ).Jichele e alla Pas4ua, per il travaglio dcl giorno intiero senza farli alcuna spesa non potranno

« prendere più di soldi trenta al giorno .e per minor tempo a proportionc.

«Fuori dell'occasione di detti tramuti, tra vagliando a giornate non potranno pretendere per giornate inliere più di soldi

« venti cadnnc dal San ::\Iichele alla Pasqua, e dalh Pasqu al Sa'l ::\Iièhele <oldi ventièinqu~ e per minor tempo a proportione »

·-11 l

non autenticamente pregnanti, della tribù dei Vittoni (1), c.;alate alle prime brezze invernali dalle te!'re di Oneino e da quelle alteYallipadane a cuirisalgono colriaprirsi della bella stagione.

Regnando Emanuele Filiberto, i mendicanti doYevano portare una, placca di latta con stampato il Toro. ~tavano sotto la giurisdizione di un « Cavalier di Virtù ii il quale (Decreto 5 aprile 1568) per ogni infrazione ai regolamenti doveva <<condurli nello sche1·zaglio et ivi

« donar loro delle sferzate senz'altra cognitione di causa » !

Carlo Emanuele II co1wocò i miserabili d'ogni risma pel 15 maggio 1650 nella Cattedrale d'onclc mossero in processione sino al m1ovo Ospizio di Carità ove, previo lauto banchetto servito loro da donzelli di Corte, vennero rinchiusi.

Un editto 6 ago. to 1716 di Vittorio Amedeo II provYide ad un nuovo completo sgombro dei limosinanti dalle strade di Torino.

Una, monografia, ( 1780) esistente negli ArchiYi di Stato fornisce curiosi ragguagli sui precedenti di tali egregìe persone. « Alla notte costoro si radunano nelle bettole più nascoste

« della Città, in quelle massime sotto le denominazioni cli Saluzzo, Tre Quartini, Abbondmiza,

« Sns..;;amb1·ino e Cantina di S. Fmnce.'lco, ed ivi divorano pollame, selvaggina e pesce e (( bevono allegramente spendendo usualmente tre lire per la cena. Altri, ben vestiti, passano (< ht sera nei caffè giuocando a tarocchi - non pochi si fingono malati... i>.

Il banchiere avvocato Roasio legò morendo (1802) il suo patrimonio (lire 1.160.000) per togliere la po,~ertà mendicante per le vie. I denari sparirono negli utopistici Q::;pizi di lavoro e la piaga rimase. Finalmente Napoleone I si figurò di risolvere radicalmente il complesso problema della mendicita dichiarandola (5 luglio 1808) interdetta per sempre nell'Impero, ccl aprenllo (dicembre 1808) un ospizio nei locali dell'ergastolo.

I risultati furono sempre press'a poco identici, cioè negativi, e tali continueranno ad

es~ere siùo a cbe della mala pianta, si mozzeranno i rami senza cercare di f:lvellerne le profonde e tenaci radici. Il pane che diamo in elemosina ha esiti diversi. La stirpe· iniqua dei Vittoni lo spedisce in patria a saccate ebdomadarie e serve alla vacca; i mendicanti indigeni h1vcce ne fanno commercio: si Yendc se intero a L. 0}20 il chilogramnm ai Yicini di stàmb0rga; se in tozzi, a L. 0,10 ai couchicri per dbarnc i caYalli.

I

Torino lrn la sua Corte dci l\Iiracoli alla Barriera di l\filano, ne1 capannoni della trattoria

*

del Centauro} succeduta al cenacolo della cantirnt della Serena, in contrada dei Coriatori, che era di moda nel secolo scorso.

Colà dimora, mangia, beve, giuoc·a a tarocchi ed alle boccie, la c.;oorte degli zoppi, storpi, monchi, decbi, gobbi, infermi, paralitici (?) « poi:eri lovriè vittime del lavoro i>, minatori spezzati dalla dinamite e mutilati di tutti i sessi che hanno giurata guerra alle nostre scarselle .

. L'esodo m;:ittina1e verso il posto di combattimento preventivamente concertato al Quartier Generale, il ritorno vespertino all'ovile, sono scene che Victor Hugo vorrebbe descrivere e Callot dipingere.

È d'altronde una professione sana.

:Secondo la relazione dell'Ufficio d'Igiene pubblicata nel 1896, da studi istituiti su una cinquantina di categorie sociali, nella media della longevità i mendicanti maschi occupano il sesto posto, immediatamente dopo gli (<Agiati i>: le femmine il primo.

Ritornian10 a bomba.

(l) Vuole qualche etimologo (e che cosa non Yogliono gli etimologi?) che Vittone sia una contrazione dcl nome di quegli antichi Jct111nub" o Victumuli ricordati da Plinio, popoli cavatori d'oro stanziali tra la Dora Baltca e la Sesia sino all'Orco ed al Cervo.

Altri suppone inYecc che deri 1·i dall'italiano Guitto, Guittone: contadinaccio, sudicio, villano.

LE INSEGNE

Alla, maestà clelle inseg1w ùcl passato onuste tl'ori, di intagli<' ùi bestioni aralLli<:i ca~l'ianti

un palmo cli lingna, si è sostituita, la democrazia li\·ellatri('c del Cerro smaltato.

Gli artisti insegnanti. hanno creato un «genere» eù acquisita una spct:iale perizia nel render l'effetto d'un piatto di salame>, tli finestre specchiate in un~1 bottiglia d'olio, di bnchi tentatori in una forma di cc Bema», di tl.ntti spumeggianti e straripanti foori di un clrnp da birra e nel fermare sul ferro il supremo sguardo di un rnai11lc scotennato e morente.

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-:Ha più non yeclremo g·li nngioloni di legno ycrniciato appesi per le spalle C' portanti mazzi cli candele, pH.ni di z11 ·chcro, matasse di la ~agnr o lli

« fitlelini »; non più gli spadoni giganteschi nè il grmrntierr di Carlo Felice nella bottega di }lcrcandino della vecchia vin del Condotto, 11 > il clarinetto se~4uipcùale che cgnalava l'ofti-cilm di Vinatieri, il costruttore ù'istrnmcnti e maestro L1i musica che diede in Cittadella lezioni di trombone a Gerolamo Rumorino.

sino alla \'igilia. (~1 maggio 18-.19 J lll lla di lui fucilazione.

Cogli angeli sono scomparsi, o q unsi, i santi, prediletti in altri tempi dalle botteghe ùi stnmpntori rl) e rifugiati ndrsso.

in numero ristrettissimo, all'ombra di quelle dei farmacisti.

forse aspettando tempi meno pen'e1·si per ritornare alla lucr.

D'in cgnc scolpite e col tettino panni non siano superstiti che le bellissime ùegli speziali lHnsino ed Anglesio, e quella di un profumiere nella, yecchia Yia ùi ~nnta Pelngia, ora H. l\fatlsimo. L'ultimo pennellane cli coloraro brilla nella Yia Barbaroux: onore a Camlillo Ferraris che ne ha conservato il modello.

Tramontarono i tappeti ricamati, azzurri u rossi, che i pan-naiuoli mettevano per mostra e le Yecchie fnki che guernivano e rinforzavano le loro porte co. tellate di capocchie tli chiodi:

tramontano le pelli conciate, gli intrecci tli chiavi e campanelli a molla, i bioccoli di lana vergine, i mazzi delle foglie di sari1ceno (fmie 'd paiassa, commercio agonizzante), i trofei di corone C' pani da zuppa in legno scolpito, le tende rosse delle «cantine», i busti in cera v-estiti alla Romana e pettinati alla moderna: non è per loro lontano l'oblio che già ril:operse le teste di frassino montate su ritti tli ferro sulle quali i Fergnnchino, i 'I1erabuso, i

)Iinerollo, i Barbano (Barba-no?> i Beriachetto del pnssnto intrecC'iavano toupef8.

cocchi, bigoletti, gfrelli e parmcche.

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Ora si dipinge tutto quanto si in tagliava. Si tende ad mm uniformità di concetto desolante ; certe categorie tli mostre sembrano tirate tutte e sempre sul medesimo

(1) La stampa, inYentala a Magonza nel q.50, era gi:ì penetrata presso <li noi nel r+H· Lo scrittore inglese Salmon (r i 51) ricorda che «dopo ristanrate le scienze, incominciò Torino per la prima a ,·eudere libri stampati ed aprire botteghe di librai».

La litografia, scoperta nel Ii95> introdotta in Italia nel 18r3, fìorirn qui nel 18r7. Felice Festa a\·eya impiantato urm stabilimento d'onde uscirono splendidi lavori: primo il piano della Città con ,·edute dell' Arghinenti. Fuggiasco da Milano, siccome compromesso nei moti politici, venne nel r82r Angelo Verdoni ed apri calcografia e studio d'incisione in rame nella Yia Doragrossa, 18. I laYori del Verdoni di soggetto . acro, geniale o patriottico divennero in eguito popolarissimi e per lui lavorarono egregi disegnatori. Era buon disegnatore lui stesso, e di uno stile alquanto ingenuo ma preciso che diede ai suoi larnri carattere di veri documenti. ~el 1834 si traslocò nella ria Ospedale: nel r84; presso le fontane di S. Barbara, poi in via di Po e (185 2) nella Yia S. Tommaso, 1 G. I suoi discendenti hanno oggi accreditato tabiliment~

in via Cavour, 5.

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stampo e fanno pensare alle pose ingenue ma ilwariabili assunte nelle fotografie dagli a1lieYi carabinieri in tennta di effettiYi, dai giovani fanfaristi e dalle coppie di sposi novelli.

Le insegne delle tabaccherie sono arenate nell'oceano di tnrchi e di bersaglieri colla pipa o la sigaretta in funzione; po-d1issimi si emancipano dal sistema, presentandosi sotto la forma discutibilmente artistica di odalische di latta che scaturiscono dal muro mirando ai mezzanini.

Il vinaio non rinunzia alla prospettiva di botti allineate in una cantina aperta su colli Yignati in piena vendemmia: il beccaio si farà scorticare sulla soglia del l\Iacello gentile (?) prima di abbandonare la testa rasata di vitello coronata di fronde di ippocastano : l'inesauribile mucca del lattivendolo con-tinuerà a farsi mungere

« Nel di vino de 1 pian silenzio verde »

dall'eterna vac<.5ara, e ciò sino alla consumazione dei secoli.

Un « fanfarista

Non parliamo degli oyali delle levatrici, parziali troppo per l'ostetrica giovane e bella, calunniosi pei costumi della città, poiché a Torino no-s;antanove su cento battesimi si vanno a fare in car-rozza e non a piedi come ... pedestremente registrano quelle insegne.

L'originale s'incontra raramente: il

simbo-lismo è ristretto all'agnellino di burro col nastrino rosato, alla gamba di pioppo calzata di seta, alla mano-leviatlwn ciascun dito della quale ter-mina in un'altra mano minore (1 ), ad un litrissimo-fanarle, alla tazza fumante del Bov1·il od a gi-ganteschi dieci centesimi, a Yitelli di sego boYino, · sangujsugl,ie riunite in accademia dormigliona, dentiere mantenute in moto da un meccanis1uo di or'ologeria ed a. de'stre armate di penna' di oca, intente a scrntare stil mignolo di uu piede rrtrn'tmto i cupi misteri del callo e dcll 'occhin pollino.

Non dimentichiamo Gianduja: Torino è la sua città e lo circonda ùi continuo ed immuta-bile affetto, estrinsecato anche nelle scritte delle merci e dei negozi, onde è che abbiamo Cappel-lerie Gianduja, Caramelle Gianduja, Cioccolato Gianduja7 Giandujotti, persino acciughe (!) alla Gianduja; ed il cinquanta per cento delle botti-glierie, specie eccentriche o suburbane, sfoggiano il cartellino col buon compagnone raffigurato nell'atto eroico di sturare una bottiglia di vecchio barbera o di berla in geniale compagnia.

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Gli sposi dal fotografo.

TuJyolta fa capolino la vanità. Ci si tiene a fr1r sapere al pubblico che nell'eser-cizio di una fabbrica di museruole automatiche, nel sacerdozio del braghieraio o nella costruzione perfezionata dei vermicelli si è caduti sotto il peso della croce, ed allora una colossale riproduzione del ciondolo ovvero un CA V. gigantesco incombono sulla mostra.

L'artista in cc belle lettere » assurge fino all'araldica e diventa pittore di insegne ... . ca vallercsche.

(1) Gli editti di Emanuele Filibertq si bandivano in varii cantoni, fra cui quello del Gttanto grosso. Il primo caso della peste 1630 (12 gennaio) si verificò s1ùla persona cli un Francesco Lupo, calzolaio, domiciliato presso l' inseg·11a del

(;11a11to grosso.

Pcce;atore per Yanità è poi lo spedafo;ta che produe;e l'w·ticolo sempre mille Yolte migliore di quello dcl concorrente : specialità, per esempio, di ae;q ne purgatiYe, parafulmini priYilegiati per famiglie, fusti per modiste ("?), cortili per fare il ritratto ai ca valli ccl alle carrozze ed in ... corone funebri inalterabili.

In un museo delle Yanitù,, sezione « Lettuatw·a ))' riparto « Cal'felli n troverebbe luogo un cimelio che risale al 1850 e che po ·so garantire autentico, per quanto si presenti bizzarro.

Nel documento ~LL' iJLLtlstrissin1a (pagine 110-115)