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TORINO DEI NONNI

Nel documento ~LL' iJLLtlstrissin1a (pagine 77-96)

Torino remota non ha testimonianze: non poteva in altro consistere che in aggregati più o meno vasti di tane e spelonche, poi di capanne e di case, aperti in origine ad ogni incursione, difesi in seguito da qualche opera di fortificazione in tronchi e terra battuta.

Là s'aggira vano tatuati, villosi e lungo criniti i nostri anten<1,ti delle palafitte : campa-vano della pesca, della caccia e della pastorizia, tuff~1,vano, appena nati, i corpi dei fanciulli nell'acqua fredda, e vivevano in istato di guern1, incessante colle belve e colle tribù con-finanti.

Fu - pare - <1,llo sfasciarsi del Romano Impero sotto l'inv<1,sione Erula (-! 70-80) che i progenitori sentirono nece~sità di stringer le file e chiudere il grosso ed il meglio dell'abi-tato entro una, cinta poligonale di mura e torri, !asciandone fuori quattro sobborghi.

Guglielmo Vesco·w di Torino (904-920) negli (( Atti del Martirio di San .Solutore n ne scrisse:

« Est autem ipsa w·bs in quad1·o po::dta : mw·o1·wn edi(itiis obsita, altitudine twTium

de-<< comta, (o1·tia tenens p1·opugnacula >>.

In una pianta disegnata poco dopo H 1538 il perimetro delle mura, presenta un qua-drato di trecento metri di lato nel poligono esterno e lli duecento nell'interno.

a Dal Cronista della Novalesa e dalla veduta annessa ~1,ll' Augusta Taw·ino1·um del

<< Pingon (1577) abbiamo che il perimetro della Città si addensava di torri, tre delle quali

(( d~1, Porta Pali}ZZO all'angolo N. O. dicevansi di S. JJiichele, del Diavolo e del Po1·naciaio:

« altra a ·giorno aveva nome dal l\Iarchese di 1lfm·ignano, altra presso alla Consolata, ecc. >l.

(C. PlW}IIS. Sto~·ia dell'Antica To1·ino).

Nel 1753 posse(leva, secondo L1 Guida dei l·''o1'estie1·i di Gaspare Craveri, i connotati seguenti:

« La Città è divisa in 1-!0 I:wle che hanno il nome scritto nei quattro angoli, per la (( maggior parte quadrati; il che .fa che le Contrade sono quasi tutte larghe, ed a (( livello.

« .Si riducono queste a 32 principali; cioè 13 di lunghezza d<"t levante a ponente, e 10

<< di traverso da mezzo(li a settentrione, e quasi tutte tendenti da un capo all'altro della

« Città. Le piazze sono dieci tutte contornate da palazzi, sette regolari quadrilunghe. Le (( case generalmente pulite, comode ed allegre.

« Torino non è già meno delizioso fuori di quello sia vago dentro c maestoso. Egli è

« situato in una bellissimt1, pianura, ripiena di Yille e palagi di delizia, per eliporto dei Reali

« Principi, per sollazzo, e divertimento dei cittadini. Il clinm è faYorito dalla natura non

« solo del necessario ma ancora del diletteYole ... cpperciò questa pianura fu detta da

al-<< cuni riJ'idarimn ltalice )),

.. l\Iin nonna, nata nel 1796, andò a marito nell'epoca

*

in cui volgeva a tramonto l'astro :Napolconico. Nemmeno la Torino d'allora era molto ampia.

« Il circuito delle mura secondo l'andamento dei rampali e

. .1 -Porta Susina. - B-Porta :-/uova. - C-Porta P o.-D-Porta Palazzo. - E-Torre del Comune.

passeggio della Cittadella,

« è di due miglia ed

~< un quarto ad un

di-« presso, cioè da Porta

« di Po a Porta Nuova

« trabucchi 429; da

« Porta Nuova al

prin-« cipio del passeggio

« della Cittadella

tra-« bucchi 180 ; da detta

« Porta fino a Porta

« Palazzo trabucchi

« 240 ; da Porta

Pa-« lazzo a Porta Po ,

cc trabucchi 500.

« La Città, che

rap-<< presenta un'ovai~

ir-« regolare, e la

Cit-« tadella eU figura

pen-« tagona, sono

fortifi-cc circondate da, 21 bastioni e 19 rivellini.

-(( cate alla moderna, È ·costituita da 144 Isole non compresi i Reali

cc palazzi... ».

Tale l'aveva descritta l' Arch. Amedeo Grossi nella << Corografia » pochi anni innanzi pubblicata.

La nonna sposa contc~va diciott'anni circa, e possedeva (lo disse lei) un visino eli gigli e rose, incorniciato da una foresta eli CR,pelli biondi, su fondo di ima gran cuffia di 1·uche e pizzi, a nastri spioventi del color di ciriegia schiacciata.

Vestiva eli seta color pulce cangiante, scialle traptmto à q_uat1·e plis, scarpette a fibbie d'argento, tre g·iri di clol'ini « pieni >> al collo, e mittene di filos:::;o che salivano al gomito.

Agitava delicatamente un ventaglio d'avorio a piume, specchi, fiocchi, perle e lustrini, o ve erano figurati E stella, N emorino cd uno strupo di arcadiche agnelle, recando però seco per ogni evento un ombrello di famiglia rosso fiammante a manico ricurvo di corno rin-forzato d'ottone, immenso quanto la misericordia eli Dio e che avrebbe potuto porgere riparo ad un Educandato.

La seta di quell'abito nuziale (dicci teli) foderò in progresso di tempo, e pel eorso eli quattro generazioni, una quantità rilevante di giustacorpi muliebri e eli maniche eli sopra-biti maschili provvedendo pure acl un numero indeterminato eli cuffiette da bimbi, vestine eli pupattola e cuscinetti per spilli.

Ciò non ostante, qualche scampolo lo si potrebbe rinvenire ancora, tetragono nella bella

tintt~ giammai scolorata, muto rimprovero alle tergiversaziòni delle sete d'adesso.

Incrollabile esso pure nel tessuto policromo, lo scialle servì con fedeltà ccl onore prima nell'ufficio a cui Dio l'aveva destinato, e poi in qualità eli coperta da letto, tendine per salotto, tappeto clt"L giuoco, plaid per viaggio, vestaglia da camera e sottovesti eli fanciulli.

Quando, nel 1869, Annibale scese a Torino, figurò nel paludamento di un Cavaliere Nnmicla, sotto le mentite spoglie del quale celavasi adolescente il futuro rapsoda delle pre-senti memorie.

L'archeologico parapioggia (secla cheuitct ch' as taia nen) gode adesso, nella in corrotta n~ontatura eli balena, gli oz1 eli un meritato riposo, ed il suo stato di floridezza forma il nmorso dclln, fragile seta gloria moderna.

Dorme esso sopra la culla di legno verniciato verde a fiorami rosso-azzurri che accolse, in ordine cronologico, tutta la nostra dinastia (aiutata a venire al mondo dalla famosa mam-nHtn<"L l\In.d. Ballario) ed aceanto a lui vivono eli ugual morte, coperti da identico strato eli

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polvere, circondati dallo stesso rispetto della posterità (se non dei topi), la cassa del vecchio orologio M01·bier che ci mandava a scuola, un cavastivali di legno, l'acciarino prov,isto ancora eli basana c di selce ed il fucile-catenaccio a retro ... scarica, ultima reliquia di quella Guardia Nazionale che abbiamo avuto il torto di

am-mazzare col ridicolo dopo tanti sforzi e fatiche durati per ottenerla, e sostituirla con un peggiorativo : la così detta Jlfilizia Corn'ltnale che fece tanto magra prova.

Trovandomi acl essere l'ultimo nato di casa, la nonna raccolse su di me in modo speciale l'intensità dei suoi affetti, mi creò depositario dei tesori delle sue confidenze, mi iniziò ai misteri dei tanti suoi cassetti, cassoni e sca-tolini, mi elesse conservatore dell'archivio di lettere, stampe, immagini e giornali; travasò nel mio cervello tutto quanto era nel suo in fatto di tradizioni, leggende, storielle e storie Taurine, rivelandomi persino il nome del celebre Cavaliere incognito (l); mi cantò tutte le cmnoni del secolo XVIII e qualcuna del XIX,

inculcan-<lomi l'amore del sano e bel vernacolo piemontese in tutte le sue finezze e delicature. Poscia, poverina, serena-mente si spense nel bacio eli quell'Iddio al quale prestò sempre savia e non pinzochera adorazione, l'ultimo giorno del 1885, anno novantesimo di una feconda, be-nedetta esistenza.

Il suo vernacolo subalpino, succhiato col latte nei colli di Chieri (la Siena del Piemonte) essa lo parlò :.-;empre, in ogni occasione : imperturbata, tranquilla.

L'unico vocabolo ch'io le conobbi di lingua fu « Rive-rito ». l\fa quel dialetto era come un limpido cristallo :

piano, vibratamente espressivo, infiorato da fuochi d'artificio di mottetti, proverbi, scherzi c finezze che lo rendevano armonioso ed attraente.

Conosceva Calvo ma lo capiva poco. Rispettava Brofferio, ma l'amore suo sconfinato -era per N orberto Rosà : « 'L piasì d' j Re e 'l Re 'dj piasì » io lo dovetti imparare a mc-moria prima del « Ohi vi ha creato >>.

Quando scrissi il mio primo sonetto dialettale e lo lessi timidamente alla nonna, ella mi baciò, mi abbracciò commossa alle lagrime, c: - « Studia la grammatica» mi sussurrò all'orecchio. Cosi l'avessi ascoltata!

Sino alla morte disse litra c d1·essa: non accettò la modernità di lete1·a e d'indiriss.

Battezzò Sa1:oia1'de tutte le lavandaie urbane: B1'Ctgheis ogni negoziante d'ortaggi, a qua-lunque nazionalità appartenesse.

Usava sinonimi giocosi per indicare le persone e le cose: h terraglia era péwslaiia 'd Castellamont ,· la posata di legno, argentm·ia 'd Pampa1·à j un'acciuga, un bats6à da sm·tor j il... l\Ianicomio, l'obergi d'j dai Pin j un quintino, la pinta 'dle gua'rd-ie j la carne, rnerluss 'd 1V6ncalè, ed i vitelli le trute 'd Viana, a proposito delle quali trote narra va assai volontieri la leggenda eli quei monaci che tuffavano le giovani bovine nel lago, ripescandole « pesci >>

per poterle mangiare nei giorni di magro senza peccare.

La stazione ferroviaria, quando venne, fu Imbm·cade1·o per la partenza e Deba1·cadao per l'arrivo: Contrada Nuova, tale fin dal 1615, continuò ad esserlo: il monumento di piazza .San Carlo non si designò mai altrimenti che « 'l caval 'd b1·onss » anche quando ebbe a colleghi altri quadrupedi dello stesso metallo.

Il Municipio variò le denominazioni, ma ella rimase tetragona a parlare di piassa d' E1·be,..

piassa Paisana, piassa del Bosch, contrà d'ii Cavagné, cont1·à del Garnbe1·, Doirag1·ossa, c6nt1·à d'ii Set pogieui e c6nt1'à dle ~F'1'ol e.

(l) Un dentista. Un originale che portava parrucca, calzoni di pelle di daino, abito con bottoni d'argento e daga al fianco : erudito, agiato, distinto di persona e. di modi, eccitava al sommo la curiosità pubblica; chi lo diceva di stirpe reale, chi raccontava strani romanzi sul conto suo. Sottoscriveva unicamente « Il Cavaliere incognito ". Si chiamò Vittorio Cornelio.

79 Dei suoi proverbi si potrebbe fare un bel libro : tanto erano sempre adattamente ap-plicati, caratteristici, educatiYi.

Pochi basteranno :

« Ai nass nen c1·ava senssa ch'ai nassa so palo eh. - A fesse gratè da j aotri, a gmto mai do~;a a smangia. - Venta nen cambiè j eui con la coa. - L'onestà a sta ben fin a cà del Diao. - 'L Re l'è pad1·on dle teste ma nen dle lenghe. - Anche le reuse a divento gratacù. -La Pegola a manten ii (1·à. - Chi lenga à, a Roma va. - T1·e tntmud a valo un feu. -..rlmbo t1·ctvaiè, Te1'no seguitè, QuateJ'no mai chitè.

*

Le antiche canzoni della nonna, piccoli monumenti di tradizione famigliare, erano sem-plicemente deliziose nella loro ingenua eppure simpatica melopea, e le cantava così volon-tieri, a semplice richiesta, la buona vecchietta !

L'illustre Costantino Nigra avrebbe trovato in lei un ben valido e competente ausiliario per l'opera poderosa « I Cant·i popolari del Piemonte >>, collezione di gemme, molte delle quali cullarono la mia fanciullezza coi loro ritmi facili ed efficaci.

Una specialmente -in lezione però che differisce alquanto da quelle riportate nell'aureo libro del Nigra - mi ricorre spesso al pensiero :

G L I A N E L L I

t ~-~}l~~~~~I i~:~f0:z _J ;i~ ~Er~-~ ~--~ =p_ ; b) 1~~ ~

mà. l'è ri-vita Tu - rin con un' ar - ma.-da. di\ spa.-cia ca - 'llin.

Prinssi Tòma. ven da. Versei Con un' n,rmacla de spaciafòrnei, Prinssi Tòmà l'é l"ivà a Turin

Con un!a.rmada de spn,ciacamin.

La òa maman giu d'l'è. ca.lè Lòntan lònta.n l'a vedulo a rivè:

- Oh guarclè là, o Dama gentil, Oh guardé ch'a j é vostr mari.

- Cosa pòrteie a me mari, Cosa pòrteie ch'ai fassa pias!, Cosa pòrteie a. regalè ?

- Porteie a vedo vost fiolin lJcl.

- Oh guardé si, o me mari,

Oh guarde si ch'a j é 'l yost fiolin:

8e a l'a, pijalo per ii pè, Se a l'a lmtalo giu do l'esca.lè.

Peui la pijà la dama gentit Da r1uat cavai a. l'a. fala spartì, - Oh d ime un poc, o dama genti l, Andòva sòn-ne li vostri anelin ? - Li mo anelin d'or e tant fin

Se a na sòn drenta del me còfolin.

An bel durviando 'l còfolin Còi aneli n a fasi o di n eli n.

- Oh dime un poc, Dama gentil, V òi n a pòdr'ie ancòr rigioi ?

- Oh no no no ch'i na pouss pa pi Sons .. a ch'i l'abia me fiolin Yiv.

Prinssi Tomà ciapa soa spè

Drenta so cheur se as

l'a

pianté :

- Per una lenga mal la Noi a ne tòca a muri tré.

Rammento pure alcune strofe di un'altra che è pm gaia nel tema. Bellina se non im-peccabile, nella forma, non mi avvenne sinora di riscontrarla registrata; dal contesto si riconosce appartenere al 1800 circa, qando cioè si effettuò per opera dei Francesi, lo sman-tellamento di Torino.

!lo r... r.-. r... "' riper-coteva la eco dell'immane catastrofe Imperlale :

« _La caserma degli Inglesi fabbricata e m mozzo al mar ; alterarono-l'ingenuo e sereno carattere primitivo.

Napoleone l'é andait a ::Ylòsca.

Hl

Gli appttnLi o le remmLscenzc Torino i che verrò brevemente accennando h<.tnno trn,tto,

*

in masi':ìima, al periodo svoltosi tra i prlmordi. della Ri, tornzionc e l'epocn in cui il rii':ìYeglio politico di cui 'l'orino fu centro segnò l'aprirsi di una, nnova fase delln. Yita cittadinn.

Epoca me<1iana può considerarsi il 1831, anno dell'av\Tento al trono di Re Carlo Alberto, dopo il ciclo tutto ::;acro al (( paterno regime ,, nel quale avevano fnnzione suprema il Vi-cario, il Comandante <li Piazza, gli m·ciel'i di Claretta ed il boia.

Luigi Rocc<:L 'ho vide Torino del 181--l: ne ht ciò, nel « Taccnino eli un 1.:ecchin Torinese n

una <les ·rizionc meno che confortante mn, probabilmente esagerata :

<< Nel 181-± non 6 a dire che mc. china co::;a fosse Torino dopo i grc1vi danni sofferti

« per le lunghe guerre Napoleonichc, non ft1vorita gnal'i nelle indu, trio c nel commercio,

« ::;enza che si intraprende se alcUJ1a opera importante, O\TC se ne tolga la co truzione dei

« terrazzi <1i Yia di Po pcrchò il Re potesse andarsene scnwrc al coperto, :cendendo dalla

c< galleria Beaumont sino al fondo elci portici JJ.

Frn le principali opere edilizie relnti\Te al rco·no di Vittorio Emanuele I noterò : la <.:on-tinuazionc c compimento del ponte sul Po ; (181G) lo cayo del canale :Jiichelotti. ; (1818) l'c<lifi<.:azionc dclln. Cbiesa alla Grn,n l\Iadre di Dio; lo spin.namento (l 17-181 ) delle rima-nenti fortificazioni; l'erezione dello Spcdalc tli Han Luigi Gonzaga; l'apertura delle strade, ,·iali e passeg·gi circondanti la Cittù verso settentrione, tnt Porta. Po e Porta Palazzo e Porta Palazzo c Portn ~usa, e verso mezzodì e ponente tra 1ncst'nltima e la Porta Nnoya c l'innalznmcnto (18~0) della specola astronomica sopra la torre N. O. di Palazzo Ma(Luna.

Al regno di Carlo Felice appartengono : (1823-1830) il ponte l\Iosca; l'approvazione

r 1~.:?:3) dell'allineamento di Borgo Po al <li lù del ponte; il gran canale (182i3-2-!) sotto le vie ora Garibaldi c Roma: la fabbrica (1825) dci primi due i. olati <lclla piazza ora Carlo Felice; la riedific:<."Lzione (18~:".>) cd ingrmulimento della Chie::m di S. Filippo; l'incomincia-mento (1825) della grandiosa piazza detta allora (( <lclla \Tenuta del Re l> ed ora Vittorio Emanuele I c di di.cci isolati sulla strada tli p o n te Dora ; l'erezione (1826) dei quartieri

<letti (( i 1\IaceÙi » n Porta Po c in Borgo Dora ; l'assestamento del giardino dei « Ripari ))

r 182G) e la chiusura del perimetro <li Porta P n lazzo.

Nel 1826 la Città <.:onta va circa tre miglia tli circuito (7398 metri), trabucchi 46-± (1-±00 m.) in larghozza e tn1bncchi 714 (m. 2200) in lunghezza. Mirabili opere yennero compiute da Cclrlo Alberto : a lui la po ·tcrità andrà riconos<.:cntc c delle mHi c ben ordinnte leggi sosti-tuite alle antiche, c degli studi con larghezza protetti, c dclln. cè.Lpitale nbbellita cd ornata von regale munifi<.:enza.

La co:truzione non ebbe però a sconfinare gran tratto oltre il limite degli squarciati hctluardi: imponenti campioni di questi rimasero ancora, cd a, lungo in piedi, specie nella plaga della Cittadella cd in quella che fu poi Borgo Nuovo.

Un bighellone di buona Yolontù potrebbe ora ritracciarc il perimetro approssimativo del 1830 percorrendo, gomito destro al muro, piazza Vittorio Emanuele - vie Ospedale -Andrea Doria - Carrozzai - corso Oporto - piazzn, Solferino - vie Cernaia. - H. Dal-lll<."Lzzo - Bertoh1 - corso Pa.lcstro - via Giulio - piazza l\Iilano - esterno del Giardino Reale - vie Rossini - della Zecca c Vanchigli<.L (l) per sboccar nuoyamente sulla piazza dalla q ualc è partito.

Era dato, in tema di cdilizht, ammirare le cloiN, le pianche, le gl'anelane j le <.:asctte di legno al Rubatto, in Borgo Dora, in contrada « delle Patte >> c nella stessa piazza Castello, nonchè molti altri \Tm·iati esemplari del lurido architettonico.

La Yiabilità era potentemente soccorsa dalle « tntvcrse >J a misteriosi meandri: tipi del genere gli isolati circoscritti dalle contrade Santa Teresa., ~. Tommaso, Barra di ferro,

• '. -:\Iaurizio, c da quelle di Doragrossn, Fieno, Guanlinfnnti c San Francesco acl turrim, b pianta tlei qnn.li potcya supporsi tracciatn da talpe o tarli più che da Architetti civili.

(l) Risconlrasi giit Vanchillia in documenti del 997. Giovanni Flcchia ritiene d cri vata la denominazione da abbon -danza di vinchi o vetrici, in vernacolo 7.'enclt d'onde la lezione medioevale Venchigl/a. '

Sulla lezione Valquilia, pure antichissima, Domenico Promis opina trattarsi semplicemente del nome eli una delle valli o.:ir.:C"Jndanti Torino cd ora colmale per l'espandersi delle co. truzioni, sorell:l. pcrciù a Val-~orta, Val-bruna, Val-piana, Val-docco, ccc., cd al Vallone che i moderni han mutalo in Ballone.

l l

Benedetto il piccone f:iventra.tore che f:iquarciò tortuosi dedali di intercapedini e viuzze mai eonsolate di sole, frugò of:icuri laberinti nei vicoli dei • eppellitori, dei T1·e Qual'tini e

(amar~l ironia dei nomi) delle Stelle: polverizzò le catapecchie sprofondantisi sotto il suolo del viale da San Salv~wio al Valentino; sconfisse, solo collo sciorinarle al sole, concrezioni immani di miasmi, di putredine, di sozzure, eli microbi, stratificate dai secoli nei cunicoli dell'antico Ghetto (l) e diroccò - benedetto nuovamente - le immonde mostruosità del JJioschino (battezzato dalle miriadi di aligeri prodotti dei suoi fermenti putridi) e della Sibe1·ia.

Del JJio. ·chino è impossibile dire tutto il male che merita Ya.

o~truiva verso il Po l'odierno corso S. Maurizio protendendosi in direzione della piazz<:l Vittorio Emanuele con un'agglomerazione più di covili eli belve che d'abitazioni umane, ricetto a banditi della. peggior specie, nido eli una cocca temuta, pericoloso di giorno ed inac-ces ibile di notte persino a.lla. polizia che vi penetra.va. eli rado e solo con formidahili armamenti. La via. « maestra. » a v eva sintomaticamente nome di « Contrà cl) le pules )) .

Raso al suolo nel 1872, disparve finalmente quel focola.re di infezioni, covo di malYi-venti, disdoro della città e fomite di

febbri perniciose, e Torino sentì come se le avessero spa.ccato un ascesso ed a.sporta.to un tumore.

La. Siberia sorgeva OYC al pre-sente è la piazza. V cnezh1. Presf:io questa << Siberia. n ::;i stendeva il così detto P1·a del marghè, zona di terreno erboso (e deposito eli pietre da. tè.1glio), pascolo a giro,~a.ghe ~1sinclle il eli cui latte si riteneva. giovevole ai malati di petto, c che il popolino, con

mali-J.~t Si L eri a..

zios<l mufibologia, chiaman1 tote Ro:stagn. - Rosta.gno era il proprietario del terreno.

;)(..

È pra.mmatiC<l che ogni generazione, rlcnigrando i proprii tempi, rimphwga quelli che l'han preceduta e si scalmani acl immaginare negli antichi onestà e purezze che n è scavi nè (loeumenti verranno gia.mmai a confermare.

A tale stregua, gli uomini del secolo XIX saranno oggetto dei gelosi entusiasmi rli posteri che si proclameranno, nel secolo XL, meno ingenui, meno puri, meno prossimi alla beata innocenza degli avi, eppcrc.:iò più tla compiangersi e da ... pigliarsi colle molle.

Eppure, per quanto si sht persuasi della incongruenztl e sterilità del rimpianto, il pen-siero risale talvolta. ai giorni elle la nom1t1 descriveva e si vorrebbe aver vis:::;uto eli quella vita. limpida e serena, forse meno -vertiginosa, indifferente, scettica. : fra. gente che pigliava parte affettuosamente gentile agli avvenimenti priYati dei concittadini sì che al passaggio di un corteo battesimale uscivano dal Corpo di guarcli<1 i soldati a presentar l'armi al neo abitatore di Grissinopoli, ecl il ce1poralc alle porte imponeva. incson1bilmcnte il pcchtggio di un bacio alle spose novelle reduci d<tlla scampagnata nuzia1e l

Noi abbiamo abolite le cordiali promiscuità: ciascuno tira di lungo per hL vb senz:a preoccuparsi nè del bene nè (lel male dei vicini, e sorride al pensiero della puerilità eli un

Noi abbiamo abolite le cordiali promiscuità: ciascuno tira di lungo per hL vb senz:a preoccuparsi nè del bene nè (lel male dei vicini, e sorride al pensiero della puerilità eli un

Nel documento ~LL' iJLLtlstrissin1a (pagine 77-96)