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di KeithRayner, Barbara R. Foorman, Charles A.Perfetti, David Pesetsky e Mark S. Seidenberg.

La maggior parte di noi ha le idee un po’ confuse su come ha imparato a leggere e non è in grado di ricordare niente in particolare sul modo in cui ha imparato a parlare. Sebbene queste competenze siano correlate, i modi in cui le acquisiamo differiscono profondamente. Imparare a parlare è automatico per quasi tutti i bambini cresciuti in circostanze normali, ma imparare a leggere richiede delle istruzioni elaborate e un impegno cosciente. Ricordate quanto sia stato difficile la prima volta? Leggere questa pagina con la rivista capovolta dovrebbe far tornare in mente alcuni degli sforzi della prima infanzia, quando perfino analizzare un passo semplice era una fatica.

Ben consapevoli delle difficoltà, gli insegnanti hanno cercato il modo migliore per aiutare i bambini a imparare a leggere. Nessun metodo ha trionfato. Infatti, accese discussioni circa la forma più appropriata dell’insegnamento della lettura continuano a orientare la comunità degli insegnanti. Per contribuire a creare un consenso, ci siamo riuniti di recente sotto l’egida dell’American Psychological Society con lo scopo di esaminare l’ampia ricerca sull’elaborazione mentale che è alla base della lettura proficua, e su come la lettura dovrebbe essere insegnata. I risultati puntano fortemente verso orientamenti che possono turbare alcuni genitori.

Sono state provate tre strategie generali. In una di esse, chiamata whole-word instruction (insegnamento della parola intera) noto anche come il metodo look- say, i bambini imparano a memoria come riconoscere a prima vista un vocabolario da 50 a 100 parole. Poi gradualmente acquisiscono altre parole, spesso vedendole usate più e più volte nel contesto di una storia. (Run, Spot, run, ben noto ai lettori inglesi di Dick e Jane, è il classico esempio di una frase progettata per aiutare il whole-word instruction). Questa procedura potrebbe,

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inoltre, essere usata per imparare il cinese, in cui ogni carattere della lingua scritta corrisponde a una parola o a una radice di parola.

In effetti, negli ultimi cinquant’anni, i giovani in Cina hanno seguito una regola diversa: come primo passo verso l’alfabetizzazione, è stato loro insegnato a leggere le parole cinesi attraverso l’alfabeto romano. Allo stesso modo, i parlanti della maggior parte delle altre lingue imparano il rapporto tra le lettere e i suoni a essi associati (fonemi). Cioè, ai bambini viene insegnato a usare la loro conoscenza dell’alfabeto per analizzare le parole. Questo procedimento costituisce un secondo approccio per insegnare a leggere, i suoni ben noti ai figli della generazione degli anni ’50 -’60.

I collegamenti tra le lettere e i fonemi sembrerebbero abbastanza semplici. Ad esempio, in inglese, la lettera “b” suona quasi sempre allo stesso modo come nella parola bat. Oppure considerate la “e” muta che indica che la vocale precedente ha un suono lungo, come nelle parole pave, save e gave. Anche se la “e” finale non è sonora, il suo ruolo è chiaro. La lingua inglese, tuttavia, offre molte eccezioni, ad esempio la parola have. Ci sono, infatti, centinaia di deviazioni dai modelli normali, tra cui give, said, is, was, were, done e some. Queste parole problematiche, seppur comuni, sono tra le prime che un bambino deve imparare.

Chiaramente, la mancanza di una perfetta corrispondenza, nella lingua inglese, tra le lettere e i suoni è fonte di confusione e di un potenziale ostacolo per il lettore principiante. Come conseguenza, molte scuole hanno adottato un approccio diverso: il metodo globale (chiamato anche insegnamento basato sulla letteratura o lettura guidata). La strategia è simile al whole-word instruction, ma si basa più fortemente sull’esperienza del bambino con la lingua. Ad esempio, agli studenti vengono proposti libri interessanti e sono stimolati a indovinare le parole che non conoscono considerando il contesto della frase o cercando degli indizi nel racconto e nelle illustrazioni, piuttosto che cercando di analizzarle. Spesso i bambini hanno la possibilità di scrivere storie per conto loro, nel tentativo di infondere l’amore per le parole e per la lettura.

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L’approccio globale mira a rendere piacevole l’insegnamento della lettura. Uno dei principi fondamentali è che le regole del metodo fonematico non dovrebbero essere insegnate in modo diretto. La connessione tra le lettere e i suoni deve piuttosto essere appresa incidentalmente attraverso la scoperta del testo. Questa metodologia stabilisce che gli studenti non dovrebbero essere corretti quando fanno errori di lettura. La ragione filosofica è che imparare a leggere, come imparare a parlare, è un atto naturale che i bambini possono essenzialmente imparare da soli. Sebbene quest’idea sia ben esposta a livello teorico, spesso però, a livello pratico, dipende dal singolo individuo.

Come imparano a leggere i principianti

Sebbene molti genitori potrebbero pensare che l’intelligenza innata guiderà i loro bambini nell’apprendimento della lettura indipendentemente dal tipo di insegnamento dato, l’evidenza suggerisce il contrario. Due distinti studi degli anni ’60-’70 hanno mostrato che, in generale, il QI incide ben poco sugli esordi della capacità di lettura. Più di recente, i ricercatori hanno constatato che i bambini con difficoltà a imparare a leggere hanno spesso il QI superiore alla media.

Si potrebbe, inoltre, essere tentati a credere che le differenze nella prima fase della capacità di lettura svaniscano nel tempo, ma anche questo è un equivoco. Keith E. Stanovich dell’Università di Toronto ha dimostrato, per esempio, che la capacità dei bambini di leggere in prima elementare fornisce, di solito, una buona indicazione di ciò che sarà la loro competenza di lettura alle scuole superiori. Perché? Perché la lettura richiede pratica, e coloro che eccellono finiscono per farne di più. Quindi, il divario tra lettori più o meno capaci nei primi anni di scuola, generalmente, aumenta nel corso degli anni.

Insegnare ai bambini a leggere bene precocemente, ovviamente, aiuta a sviluppare una preziosa abitudine per la vita; quindi, non c’è da meravigliarsi del fatto che gli educatori abbiano posto grande enfasi sulla ricerca del modo migliore per insegnare questa capacità. Un tempo, un grande dibattito in ambito

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educativo si è concentrato su quale tra i due metodi fosse il più efficace, il whole-word instruction o il metodo fonematico. Ma negli ultimi dieci anni o giù di lì, le discussioni hanno ruotato intorno ai relativi meriti del metodo fonematico e del successore del whole-word instruction, il metodo globale.

Molti insegnanti hanno adottato l’approccio al metodo globale per il suo fascino intuitivo. Dopo tutto, rendere la lettura divertente promette di stimolare la motivazione nei bambini, e imparare a leggere dipende di più da ciò che fa lo studente piuttosto che da ciò che fa l’insegnante. Ma la prospettiva di mantenere vivo l’interesse dei bambini non sarebbe bastata a convincere gli insegnanti a utilizzare il metodo globale. Ciò che veramente ha convinto è stata una filosofia educativa che ha dato agli insegnanti la possibilità di creare i propri programmi e li ha incoraggiati a trattare i bambini come partecipanti attivi, una combinazione allettante che è stata promossa abilmente da alcuni celebri educatori. I presunti benefici dell’insegnamento del metodo globale (e il netto contrasto con la monotonia del metodo fonematico) hanno incontrato un consenso crescente in tutta l’America durante gli anni ’90.

Nel Massachusetts, per esempio, il metodo globale è quasi diventato il metodo di insegnamento ufficiale dello stato, con l’approvazione del Massachusetts Reform Education Act del 1993. Tale normativa ha cambiato l’approccio dello Stato, fino a quel momento poco interessato alla programmazione scolastica. La legge ha promesso di aumentare i finanziamenti statali per l’istruzione pubblica e in cambio ai sistemi scolastici locali è stato richiesto di conformarsi alle nuove norme statali standard.

Nonostante la precedente mancanza di controllo centrale, i programmi relativi alla lettura nelle scuole pubbliche del Massachusetts erano piuttosto uniformi e non è difficile capire perché. Come in altri luoghi, gli insegnanti e i responsabili hanno frequentato gli stessi corsi nelle stesse università, hanno partecipato agli stessi laboratori, hanno acquistato gli stessi libri di testo e sono stati soggetti alle stesse tendenze educative. Pertanto, il comitato degli educatori, incaricato dal governo dello stato a fare una dichiarazione su come la

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lettura dovrebbe essere insegnata, è stato fortemente influenzato dall’approccio al metodo globale. E in maniera abbastanza naturale, il documento che ha prodotto ha messo in evidenza l’idea che i bambini possano imparare a leggere allo stesso modo in cui hanno imparato a parlare. Il documento ha presentato una visione dell’acquisizione del linguaggio che ha attribuito la responsabilità del processo soltanto a curiosità ed entusiasmo, ed è sembrato autorevole, sostenendo di avere il supporto della ricerca.

Come spesso accade, il Massachusetts è sede di centri di ricerca in linguistica e psicologia della lettura, presso il Massachusetts Institute of Technology e l’Università del Massachusetts di Amherst. Dopo che è stato diffuso il contenuto del programma proposto, un certo numero di studenti in questi luoghi (tra cui due di noi) ha reagito vigorosamente. Dozzine di linguisti e psicologi hanno firmato una lettera essendo in disaccordo con l’affermazione del documento, cioè che la ricerca ha sostenuto il metodo globale. L’hanno inviata all’amministratore statale dell’educazione, che alla fine ha fatto in modo che fossero fatte le correzioni e che le norme statali riflettessero i risultati effettivi della ricerca.

Per caso, lo scontro è avvenuto proprio mentre stava avvenendo un dibattito in altri paesi su come insegnare a leggere (in particolare nella California e nel Texas). Le parti sono state spesso divise lungo linee politiche, i conservatori che supportano il metodo fonematico e i liberali a favore del metodo globale. Di conseguenza, la controversia nel Massachusetts ha attirato l’attenzione nazionale. In particolare, i bollettini d’informazione dei conservatori e i siti web hanno creato una notevole pubblicità per la lettera dei ricercatori; un tocco ironico, dato che l’elenco dei docenti che hanno firmato comprendeva diversi esponenti della sinistra ben noti.

Perché il metodo fonematico?

Perché così tanti linguisti e psicologi si sono opposti fortemente all’abbandono del metodo fonematico? In breve, perché la ricerca aveva chiaramente

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dimostrato che la comprensione di come le lettere si relazionano ai suoni che compongono le parole è di fondamentale importanza nella lettura. La nostra recente analisi del tema dimostra che non vi è alcun dubbio: l’insegnamento che rende chiare le regole di fonologia alla fine avrà più successo rispetto all’insegnamento che non lo fa. In verità, alcuni bambini possono dedurre questi principi da soli, ma la maggior parte ha bisogno di un insegnamento esplicito della fonologia, o la loro capacità di lettura ne risentirà.

Tale conclusione si fonda, in parte, sulla conoscenza di come i lettori più esperti diano un senso alle parole di una pagina, una comprensione che gli psicologi hanno sviluppato nel corso di molti decenni. Uno dei primi ricercatori a indagare sulla natura della lettura è stato James M. Cattell, uno psicologo americano di epoca vittoriana. Per verificare se i lettori esperti stessero capendo le parole lettera per lettera o tutte in una volta, ha eseguito un esperimento pionieristico, esponendoli molto brevemente a parole intere o a singole lettere e chiedendo loro ciò che avevano visto. Ha scoperto che erano più capaci di riferire le parole che lettere. Così, gli è sembrato evidente che la gente non assimila le parole stampate una lettera alla volta. (Questi risultati hanno contribuito a motivare la creazione del metodo whole-word in seguito). Una ricerca più recente ha affinato la conoscenza di questo fenomeno. Ad esempio, gli studi che tracciano i movimenti oculari durante la lettura mostrano che anche se le persone registrano ogni lettera di una parola come un simbolo separato, normalmente percepiscono tutte le lettere in una parola contemporaneamente.

La questione, cioè se i lettori esperti analizzino le parole mentalmente, ha richiesto più tempo per dare una risposta. I sostenitori del metodo globale affermano con vigore da più di 20 anni che la gente spesso ricava i significati direttamente dalla parola stampata senza mai definirne il suono. Alcuni psicologi oggi accettano questo punto di vista, ma la maggior parte ritiene che la lettura sia tipicamente un processo di rapida analisi mentale delle parole, anche per coloro particolarmente abili.

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La testimonianza più convincente per questa ultima affermazione viene dagli abili esperimenti di Guy Van Orden dell’Arizona State University in cui viene prima fatta una domanda a un soggetto, come ad esempio “È un fiore?”. A lui o lei viene poi presentata una parola (ad esempio l’inglese rose) e gli viene chiesto se la parola corrisponde alla categoria. A volte viene proposta una parola che ha lo stesso suono della risposta corretta (chiamata omofono, per esempio rows invece di rose). I soggetti spesso erroneamente considerano tali parole adatte alla categoria, e queste risposte errate dimostrano che i lettori abitualmente trasformano serie di lettere in suoni (o meglio, ai loro equivalenti mentali inespressi), che poi usano per determinare i significati.

Alcuni studi sui movimenti oculari hanno usato gli omofoni per dimostrare che il processo di analisi mentale delle parole inizia molto rapidamente dopo il primo sguardo di un lettore a una particolare parola. E recenti studi del cervello mostrano che la corteccia motoria primaria è attiva durante la lettura, presumibilmente perché è coinvolta dai movimenti della bocca utilizzati nella lettura ad alta voce.

Di conseguenza, gli psicologi, adesso, sanno che il processo di analisi mentale delle parole è parte integrante della lettura silenziosa, anche per coloro che sono particolarmente portati. Questa idea suggerisce che l’apprendimento della corrispondenza tra le lettere e i suoni – vale a dire il metodo fonematico – è molto importante per i principianti. Un ulteriore supporto per l’insegnamento della fonetica proviene da esperimenti progettati per imitare il modo in cui le persone imparano a leggere.

I ricercatori hanno addestrato, per esempio, degli studenti universitari di lingua inglese a leggere con simboli sconosciuti, quali le lettere arabe. Un gruppo ha imparato i fonemi associati alle singole lettere arabe (l’approccio fonematico), mentre un altro gruppo ha imparato le parole intere associate ad alcune serie di lettere arabe (l’approccio globale). Poi è stato richiesto a entrambi i gruppi di leggere una nuova serie di parole formate dai caratteri originali. In generale, i lettori a cui sono state insegnate le regole di fonologia

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sono riusciti a leggere molte più parole nuove rispetto a quelli istruiti attraverso il metodo globale. Una ricerca basata sull’uso di programmi per computer che simulano come i bambini leggono indica, inoltre, che raggiungere la padronanza del metodo fonematico è più facile che imparare ad associare le parole intere ai loro significati.

Anche gli studi in classe che mettono a confronto il metodo fonematico con il metodo whole-word o con il metodo globale sono abbastanza esplicativi. Il defunto Jeanne S. Chall dell’Università di Harward ha effettuato una revisione completa di tale lavoro, come successivamente ha fatto Marilyn J. Adams, che è stata anche associata alla Harvard. In poche parole, le loro analisi, così come la nostra, dimostrano che un’istruzione sistematica in base al metodo fonematico determina maggiori successi per i lettori principianti. Le differenze aumentano per gli studenti a rischio di non riuscire a imparare a leggere, come nel caso di coloro che vivono in case in cui non viene data importanza al valore dell’alfabetizzazione.

Uno studio particolarmente convincente è stato intrapreso nel lontano 1985. Mary Ann Evans dell’Università di Guelph in Canada e Thomas H. Carr della Michigan State University hanno confrontato due programmi usati in 20 classi di prima elementare. A metà degli studenti è stato proposto l’insegnamento della lettura tradizionale, che prevedeva l’utilizzo di letture appositamente predisposte, esercitazioni di fonologia e applicazioni. All’altra metà è stato proposto un metodo di insegnamento personalizzato che è derivato dalle loro esperienze linguistiche; questi bambini hanno creato i loro libretti di storie e hanno formato gruppi di parole da riconoscere (componenti comuni dell’approccio globale). I due gruppi hanno trascorso la stessa quantità di tempo a leggere, avevano profili socio-economici simili ed erano praticamente identici in termini di intelligenza e di maturità del linguaggio. Eppure da questo studio è emerso che il primo gruppo, a fine anno, ha ottenuto risultati migliori nei test di lettura e comprensione.

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Indagini più recenti (vale a dire valutazioni autorevoli da parte del National Reading Panel e dal National Research Council) esaminando tutti gli studi disponibili echeggiano questi risultati. Influenzata da tali risultati, l’amministrazione di Bush sta promuovendo l’integrazione del metodo fonematico nei programmi di lettura a livello nazionale.

Un equilibrio delicato

Se i ricercatori sono così convinti della necessità del metodo fonematico, perché il dibattito continua? Perché la polemica coinvolge le differenze filosofiche tra gli approcci tradizionale e progressista, differenze che hanno diviso gli educatori americani per anni. I progressisti contestano i risultati delle prove di laboratorio e gli studi in classe sulla base di un ampio scetticismo filosofico circa il valore di tale ricerca. Si battono per l’apprendimento incentrato sullo studente e per dare maggiore raggio d’azione all’insegnante. Purtroppo, non si rendono conto che proprio questi ottimi valori educativi sono ugualmente coerenti con l’insegnamento del metodo fonematico.

Se gli istituti di formazione universitaria insistessero sul fatto che i futuri insegnanti di lettura traessero profitto dall’ampia ricerca in linguistica e in psicologia (relativamente all’ambito della lettura), e se tali istituti includessero regolarmente un corso di fonologia moderno e di alta qualità, i loro laureati sarebbero più inclini all’uso del metodo fonematico e sarebbero preparati a farlo in modo efficace. Non dovrebbero seguire programmi preconfezionati o fare affidamento su libri di testo convenzionali e potrebbero consentire ai loro allievi di applicare i principi fonologici durante la lettura di piacere. Utilizzare le attività del metodo globale per integrare l’insegnamento del metodo fonematico contribuisce certamente, a rendere la lettura divertente e significativa per i bambini, perciò nessuno vorrebbe che tali strumenti fossero scartati. Infatti, un recente lavoro ha indicato, e molti insegnanti hanno scoperto, che la combinazione dell’insegnamento basato sulla letteratura e sulla fonologia è più potente di uno dei due usato da solo.

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Gli insegnanti, ovviamente, hanno bisogno di trovare un equilibrio. Ma, così facendo, li esortiamo a ricordare che la lettura deve essere basata su una solida conoscenza delle connessioni tra le lettere e i suoni. I docenti dovrebbero riconoscere l’ampia evidenza che i giovani a cui viene insegnato esplicitamente il metodo fonematico diventano migliori nella lettura, nella scrittura e nella comprensione rispetto a quelli che devono ricavare tutte le regole poco chiare dell’inglese per conto proprio. Gli insegnanti che negano questa realtà trascurano decenni di ricerca. Trascurano, inoltre, le necessità dei loro studenti.

Pubblicato nella rivista «Scientific American» 286(3), pag. 84-91. (Marzo 2002)

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Se non riesci a leggere, non puoi contare