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I tempi verbali maggiormente utilizzati sono il presente e il passato. L’uso del presente, ad esempio, nel caso dell’intervista a Gareth Cook (si veda l’articolo «Il cervello e la parola scritta»), è motivato dal fatto che si tratta di un dialogo costituito da domande e risposte immediate. Il passato il più delle volte è utilizzato quando gli autori riportano qualche esperimento che ha coinvolto un determinato gruppo di bambini. In traduzione ho cercato di mantenere queste stesse forme verbali.

Ciò che è emerso dalla traduzione dei vari articoli è inoltre la presenza di una serie di elementi linguistici che esprimono la categoria semantica della modalità, soprattutto la sottocategoria della possibilità epistemica, con l’effetto di modulare la validità delle affermazioni, degli eventi e dei dati riportati “sull’asse certezza-probabilità”. Gli autori utilizzano infatti attenuatori come avverbi di tipo dubitativo e congiunzioni ipotetiche (come perhaps, if), verbi modali e modi condizionali come nell’articolo «Come formare uno studente migliore» (per esempio What can educators do… o learning may be…). Nell’articolo «La forza della volontà» in cui ad esempio incontriamo espressioni come The first step should be…, we should recognize that..., il modale condizionale should assume la forza illocutoria di una proposta da parte dell’autore.

Dopo questa premessa alla traduzione di carattere generale, entriamo adesso più nel dettaglio del testo facendo degli esempi specifici di problematiche sorte nel corso della traduzione.

XXXV 3.6 Analisi degli articoli tradotti

Un tratto saliente è la ricchezza di terminologia specialistica per la cui traduzione sono state seguite due modalità di ricerca:

1) il riferimento a risorse lessicografiche (ad esempio Enciclopedia e vocabolario Treccani, o la banca dati terminologica IATE, Interactive Terminology for Europe2) e alla letteratura specialistica (manuali e saggi) in italiano (ad esempio riguardante ambiti quali le neuroscienze e la formazione);

2) la consultazione di articoli (di argomento analogo) in «Le Scienze», (la versione italiana di «Scientific American»), tradotti dall’inglese, per osservare le strategie usate più di frequente.

È opportuno premettere che tale consultazione ha messo in luce un certo grado di eterogeneità nelle convenzioni usate che danno anche luogo a più varianti.

Per le espressioni whole-language method e phonics sono state usate le traduzioni ufficiali, cioè metodo globale e metodo fonematico.

Nel caso del termine working memory, ad esempio, esiste ovviamente il corrispettivo specialistico “memoria a breve termine”, ma si è optato per “memoria di lavoro”, alternativa trovata in «Le Scienze».

In altri casi, come per i termini brain imaging e neuroimaging, sono stati lasciati i termini invariati, dato che sono comunque entrati a far parte del lessico specialistico italiano. Entrambi i termini, comunque, talvolta si possono anche trovare accompagnati dalla traduzione italiana “immagine cerebrale” e “neuroimmagine”.

In altri casi ancora, non è stato possibile individuare un corrispettivo ufficiale per termini e locuzioni specifici, e si è dunque seguita la prassi emersa ad esempio dalla lettura di «Le Scienze», ovvero si è scelto di mantenere i termini inglesi affiancandoli (per giustapposizione) a una traduzione letterale o parafrasi tra parentesi, a fini esplicativi e per una maggiore trasparenza.

2http://iate.europa.eu, 21 marzo 2014.

XXXVI Esempi di questo tipo sono:

(3) letterbox (buca delle lettere) nell’articolo «Il cervello e la parola scritta»; (p. 44)

(4) visual word-form area (area preposta al riconoscimento visivo della parola) nell’articolo «Il cervello e la parola scritta»; (p. 44)

(5) whole-word instruction (insegnamento della parola intera) nell’articolo «Come dovrebbe essere insegnata la lettura?»; (p. 49)

(6) pull-out programs (programmi che prevedono che i bambini vengano prelevati dalle loro classi) nell’articolo «Talenti rari: bambini dotati, bambini prodigio e savant». (p. 81)

Nella prima pagina, dedicata all’introduzione al testo, la prima parola che ha causato dei dubbi è stata education. Se su un normale dizionario di lingua italiana cerchiamo la parola educazione troviamo:

educazione Il processo attraverso il quale vengono trasmessi ai bambini, o comunque

a persone in via di crescita o suscettibili di modifiche nei comportamenti intellettuali e pratici, gli abiti culturali di un gruppo più o meno ampio della società. L’opera educativa è svolta da tutti gli stimoli significativi che raggiungono l’individuo, ma, in modo deliberato e organizzato, da istituti sociali naturali (famiglia, clan, tribù, nazione ecc.), e da istituti appositamente creati (scuole, collegi, centri educativi ecc.).3

Come sottolinea la definizione, “l’opera educativa è svolta […] da istituti appositamente creati (scuole, collegi, centri educativi ecc.)” per questo motivo ho voluto utilizzare il termine “educazione”, perché ha un’accezione più ampia che consente di includere vari aspetti relativi alla formazione dell’individuo.

Riguardo la traduzione del termine instruction, per la sua elevata presenza all’interno del testo, ho voluto usare sia il termine “istruzione” sia il termine “insegnamento”; la scelta è stata fatta a seconda dei contesti incontrati, anche

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per privilegiare la preferenza dell’italiano per la sinonimia in luogo della ripetizione.

Nella seconda pagina dell’introduzione si trova l’espressione:

(7) […] teaching the three Rs […].

Quest’espressione è propria della cultura inglese, in quanto le tre R (cioè reading, writing and arithmetic) rappresentano le tre abilità di base nello sviluppo del bambino. Questo caso è un esempio di problema culturale, si tratta di un’espressione tipica della cultura di partenza e che quindi, non avendo un corrispettivo diretto nella lingua di arrivo, ha bisogno di un adattamento. Se avessi tradotto “insegnamento delle tre R” in italiano avrei potuto travisare il significato inglese, in quanto in Italia “le tre R” sono un’altra cosa, cioè il rispetto di se stessi, il rispetto degli altri e la responsabilità delle tue azioni.

La mia scelta traduttiva non si è servita di una nota a piè di pagina, in quanto il tipo di testo divulgativo in questione ha bisogno di immediatezza e non può “costringere” il lettore al rimando in nota. Per questo motivo mi sono servita di un’esplicazione diretta nel testo per una migliore comprensione da parte del lettore (e ho tradotto l’espressione con “insegnamento di lettura, scrittura e aritmetica”).

Essendo degli articoli basati anche su test fatti su bambini in giovane età, sono caratterizzati (oltre che da un elevato uso del termine generico children) da una forte presenza di termini quali toddlers, infants, babies. Se i termini infant e baby sono stati tradotti con il termine generico “bambino” (o per baby ho utilizzato a volte la parola “neonato”), il termine toddler è stato tradotto con “bambino intorno ai due anni” o “bambino che fa i primi passi”.

Il secondo articolo della prima sezione è «Il segreto per crescere bambini intelligenti» di Carol S. Dweck, docente di psicologia all’Università di Stanford.

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Il testo non ha presentato grandi difficoltà di decodifica in quanto il linguaggio risulta molto semplice e lineare tranne che per qualche termine che illustrerò qui di seguito.

All’interno del testo è presente il termine Brainology, che non possiede il suo corrispondente nella lingua italiana:

(8) […] We have now encapsulated such instruction in an interactive computer program called Brainology. […]

Inizialmente avevo pensato di sostituire il termine con “Cervellologia”, ma pensando che avrei potuto immettere un carattere ironico a ciò che di ironico non ha nulla ho evitato. La strategia traduttiva utilizzata è stata quella della giustapposizione, cioè ho fatto seguire al termine inglese una sorta di parafrasi (Lo studio del cervello). Questo perché in assenza di una traduzione ufficiale chi legge potrebbe non comprendere di cosa si tratti e, dato che l’obiettivo è proprio divulgare, si può dare in questo caso un’idea immediata e più precisa con una glossa esplicativa.

Nella seconda sezione è presente l’articolo «Il cervello e la parola scritta», un’intervista da parte di Gareth Cook, giornalista americano, a Stanislas Dehaene, titolare della cattedra di Psicologia cognitiva al Collège de France. Il testo è costituito da un dialogo tra i due incentrato sull’interesse di Stanislas Dehaene per la neuroscienza della lettura.

È proprio in questo articolo che sono presenti le espressioni già analizzate neuroimaging, brain imaging, letterbox e visual word-form area, espressioni che, come ho già sottolineato precedentemente, sono state trattate in maniera differente ma con un unico obiettivo: privilegiare il passaggio dell’informazione.

Come ho già sottolineato l’obiettivo del tipo di testo da me analizzato è il voler trasmettere il contenuto informativo del messaggio, per questo motivo oltre alla presenza di termini che sono stati tradotti in maniera “ufficiosa”, ho verificato la presenza di titoli di libri tradotti in questo stesso modo. Un esempio in quest’ultimo articolo è il libro di Stanislas Dehaene, The number

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sense, che in realtà non possiede una sua traduzione ufficiale ma si trova comunque tradotto qua e là. Per constatare ciò, come per tutti gli altri titoli di libri che ho trovato nei vari articoli, ho fatto una ricerca sul sito del catalogo del sistema bibliotecario nazionale (OPAC SBN), un mezzo che permette al traduttore di conoscere se esista o meno la traduzione ufficiale di un determinato testo.

Un altro articolo della medesima sezione è «Genere, matematica e successo scientifico». Al suo interno, è presente un paragrafo il cui titolo include un’espressione particolare, ovvero glass ceiling. L’espressione potrebbe a primo impatto risultare “oscura”, poiché si tratta di una metafora lessicalizzata che anticipa in modo efficace il contenuto del testo che introduce. Il glass ceiling indica situazioni in cui l’avanzamento di una determinata persona, in una qualsiasi organizzazione di tipo lavorativo o sociale, viene impedito per discriminazioni, prevalentemente di carattere razziale o sessuale. L’intero paragrafo si incentra sulla volontà di abbattere questo glass ceiling (nei confronti delle donne), cioè:

«l’insieme di barriere sociali, culturali e psicologiche che si frappone come un ostacolo insormontabile, ma all’apparenza invisibile, al conseguimento della parità dei diritti e alla concreta possibilità di fare carriera nel campo del lavoro per categorie storicamente soggette a discriminazioni».4

Per la resa in italiano si è scelto di utilizzare la traduzione ufficiale, cioè “soffitto di cristallo”, trovata anche in occorrenze emerse da una ricerca nella banca dati IATE.

Il caso di glass ceiling è interessante poiché illustra due tratti ricorrenti nei testi tradotti, cioè l’efficacia (piuttosto che l’efficienza) di espressioni usate nei titoli di varie sottosezioni e il ricorso a forme di linguaggio figurato non solo nei titoli, ma anche nel corpo del testo.

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Altri casi di usi figurati si trovano nell’articolo «Il segreto per crescere bambini intelligenti»: sailed through e plummeted.

(9) A brilliant student, Jonathan sailed through grande school […] In the seventh grade, however, Jonathan suddenly lost interest in school, refusing to do homework or study for tests. As a consequence, his grades plummeted. […]

(9a) Jonathan, uno studente brillante, superò a gonfie vele la scuola elementare […] In seconda media, comunque, Jonathan perse improvvisamente il suo interesse per la scuola, rifiutando di fare i compiti a casa o di studiare per le verifiche. Di conseguenza, i suoi voti colarono a picco. […] (p. 16)

Nella terza sezione, il primo articolo da me scelto, cioè «Talenti rari: bambini dotati, bambini prodigio e savant» di Ellen Winner, docente di psicologia al Boston College, già dal titolo presenta una parola di origine né inglese né italiana bensì francese: savant.

Originariamente il termine utilizzato per questi individui era idiot savant (in italiano “idiota sapiente”) cioè un individuo che pur presentando una o più capacità super sviluppate possiede un certo grado di ritardo mentale. Oggi, dato che la definizione potrebbe risultare offensiva, si è scelto di utilizzare solo savant.

Alcune traduzioni da me lette presentano la sostituzione del termine con “bambino autistico”, ma, a mio parere, pur trattandosi di una forma di autismo non rappresenta la traduzione corretta. Ho deciso quindi di lasciare il termine savant invariato e di non accompagnarlo a nessun tipo di esplicazione accanto. La mia scelta è data dal fatto che il termine oggi è molto diffuso e non ha bisogno di un’ulteriore spiegazione.

Proseguendo, l’articolo è caratterizzato dalla presenza di un acronimo, SAT, già apparso nell’articolo precedentemente citato «Genere, matematica e successo scientifico». Mentre nel primo articolo gli autori hanno optato per:

XLI - SAT (Scholastic Aptitude Test)

l’autore di «Talenti rari: bambini dotati, bambini prodigio e savant» ha scelto: - SAT (Scholastic Assessment Test).

A questo punto ho cercato la forma estesa esatta e dopo essermi documentata è emerso che entrambe le forme estese risultano corrette.

Il SAT è uno dei test attitudinali più diffusi nelle università americane che valuta le capacità di pensiero critico necessarie per il successo accademico.

Gli acronimi per i quali non esista una traduzione ufficiale non vanno mai tradotti, tutt’al più nei testi destinati ai non specialisti (come il nostro) necessitano di una maggiore trasparenza e possono essere corredati (come nel nostro caso) dalla loro forma estesa. Questa prassi rappresenta un procedimento di tipo esplicativo. Per una maggiore chiarezza da parte del lettore ho scelto di far precedere all’acronimo una sorta di spiegazione e di farlo seguire dalla forma estesa in inglese come di seguito:

(10) […] test attitudinale SAT (Scholastic Assessment Test). (p. 77) Un altro esempio di acronimo che è presente nell’articolo finale «La forza della volontà», appartenente alla quinta sezione, è STEM. Mentre nell’originale si trova:

(11) […] science, technology, engineering and mathematics (STEM) education […]

in italiano è stato trattato come di seguito:

(11a) […] insegnamento […] delle scienze, della tecnologia, dell’ingegneria e della matematica, cioè dello STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). (p. 88)

XLII

L’acronimo CASEL presente nell’articolo «L’educazione del carattere» non presenta una traduzione ufficiale in italiano. Mentre in inglese troviamo:

(12) […] The Collaborative for Academic, Social, and Emotional Learning (CASEL), a nonprofit advocacy group, […]

in italiano si è optato per:

(12a) […] Un gruppo di sostegno senza scopo di lucro, il CASEL (The Collaborative for Academic, Social, and Emotional Learning), […] (p. 28)

Dato che in inglese subito dopo l’acronimo è presente un’esplicazione non ho voluto dare ulteriori informazioni, ritenendo quelle del testo già esaurienti.

Per gli acronimi, come CEO (presente nell’introduzione del libro), che hanno una traduzione ufficiale in italiano ho eliminato la forma inglese ponendo la forma estesa italiana come nel seguente caso:

(13) […] former corporate CEOs […]

(13a) […] ex amministratori delegati […] (p. 1)

Ritornando all’articolo che stavo analizzando cioè «Talenti rari: bambini dotati, bambini prodigio e savant», si nota più avanti, precisamente nella parte dedicata ai savant, la presenza della parola pruning: un termine inglese che generalmente viene tradotto con “potatura”. Il termine è legato al deficit che presentano i savant data la loro nascita prematura. Anche qui per giustapposizione ho scelto di affiancare al termine tecnico inglese la sua traduzione italiana (proprio come hanno fatto altri autori che hanno trattato questo argomento) per far sì che il lettore possa comprendere al meglio il processo di “eliminazione”, una fase cruciale della maturazione del cervello in cui il numero dei neuroni viene ridotto, eliminando le configurazioni neuronali inutili.

XLIII

Nell’articolo «La preparazione dei bambini dotati» di Christian Fischer, professore associato presso la Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano, è presente, quasi alla fine, un’espressione propria del settore politico revolving door. Con questa espressione infatti si intende il continuo movimento di individui fra l’attività politica, attività come funzionari e attività economica. L’individuo svolge più ruoli contemporaneamente. Nel nostro caso però non si tratta di attività politica ma l’espressione allude al fatto che i bambini lasciano la loro classe, per diverse ore, per lavorare individualmente su progetti di loro scelta. Ho affiancato all’espressione una traduzione letterale (“porta girevole”) che è più una traduzione vera e propria del termine per far sì che il lettore possa capire di cosa si sta parlando.

Per concludere, un altro aspetto che ritengo opportuno sottolineare è che, oltre che per la ricerca della corretta traduzione della terminologia specialistica, a volte (e specialmente nell’articolo «La forza della volontà»), ho dovuto documentarmi ricercando fatti realmente accaduti. L’esempio specifico riguarda la figura di Jaime Escalante, ritenuto il miglior insegnante di matematica d’America, usato come exemplum in senso retorico nell’articolo.

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CONCLUSIONI

Giunti alla fine di questo lavoro ritengo opportuno “chiudere il cerchio” precedentemente aperto nei capitoli introduttivi che sono stati caratterizzati dall’esposizione dei presupposti teorici (che hanno presentato le lingue speciali, il testo divulgativo di argomento scientifico e le relative caratteristiche generali), dalla successiva analisi della traduzione (nella quale sono emerse alcune delle problematiche riscontrate e le strategie che sono state adottate per la loro risoluzione) e dalla proposta di traduzione (attraverso la quale si è cercato di “mettere in pratica” i suddetti presupposti teorici).

Il testo analizzato ha rappresentato una variazione rispetto ai requisiti e ai tratti tipici del testo specialistico in senso “stretto”, puntando maggiormente alla trasparenza e all’accessibilità (prerogative fondamentali per permettere al lettore una più facile comprensione del testo).

L’analisi ha messo in luce e si è soffermata su alcuni aspetti del registro del testo di divulgazione scientifica, il cui autore si configura come mediatore culturale tra diversi livelli di conoscenze. Nel caso specifico del giornalismo scientifico, la mediazione assume anche valenze più radicali tra fonti scientifiche e società. La divulgazione diviene “ricontestualizzazione” di informazione all’interno di un mezzo di comunicazione che coinvolge protagonisti (chi scrive ma anche la rappresentazione di ciò e coloro di cui si scrive) eterogenei, ed è soggetto a istanze (scientifiche e sociali) e vincoli altrettanto eterogenei. Chi traduce questa varietà testuale, dunque, ha il ruolo di promuovere una mediazione “plurima”, una ricontestualizzazione ulteriore in un’altra lingua e cultura.

L’analisi si è concentrata soprattutto sul livello lessicale. Se da un lato il registro usato è ricco di lessemi appartenenti alla lingua comune, con forme anche colloquiali (che si avvicinano alla quotidianità del destinatario e gli permettono di comprendere facilmente le informazioni che gli vengono comunicate), dall’altro è caratterizzato dalla presenza di alcuni termini specialistici e usi figurati per la cui resa è stato necessario ricorrere a diverse strategie, l’esplicitazione in particolare.

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Siti consultati

www.treccani.it

www.oxforddictionaries.com www.wordreference.com www.iate.europa.eu

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PROPOSTA DI TRADUZIONE

Introduzione: Scienza + Educazione = Cambiamento