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Come formare uno studente migliore di Gary St

IL SENSO DEL NUMERO

Sollecitare precocemente i muscoli cognitivi può aiutare, inoltre, ad affinare le rudimentali abilità matematiche dei bambini. Stanislas Dehaene, un neuroscienziato dell’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale, è

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all’avanguardia nel campo della cognizione numerica e ha cercato dei modi per aiutare i bambini alle prese con le prime difficoltà matematiche. I bambini hanno la capacità di riconoscere i numeri fin dalla nascita. Quando questa capacità non c’è fin dal principio, dice Dehaene, il bambino può avere, in seguito, delle difficoltà con l’aritmetica e con la matematica avanzata. Degli interventi volti a sviluppare questo “senso del numero”, come lo chiama Dehaene, possono aiutare il bambino lento a evitare anni di difficoltà nelle lezioni di matematica.

Questa linea di ricerca smentisce quella del celebre psicologo Jean Piaget, il quale asseriva che il cervello dei bambini, al momento di fare calcoli in culla, fosse una pagina ancora da scrivere, una tabula rasa. I bambini, secondo il punto di vista di Piaget, devono sviluppare un’idea di base di cosa sia un numero dopo anni di interazione con costruzioni, biscottini o altri oggetti. Infine imparano che quando i biscottini vengono spostati sul tavolo, la posizione è differente ma il numero rimane lo stesso.

La comunità delle neuroscienze ha messo insieme un nucleo di ricerca che dimostra che sia gli esseri umani sia gli altri animali hanno un senso fondamentale per i numeri. I neonati, ovviamente, non escono dal grembo materno con la capacità di eseguire mentalmente equazioni differenziali. Ma gli esperimenti hanno dimostrato che i bambini intorno ai due anni scelgono regolarmente la fila di M&Ms di numero maggiore. E un’altra ricerca ha dimostrato che anche i bambini di pochi mesi comprendono la dimensione relativa. Se vedono cinque oggetti nascosti dietro uno schermo e poi ne vengono aggiunti altri cinque, nel momento in cui lo schermo viene rimosso, vedendone solo cinque, esprimono sorpresa. I bambini, inoltre, sembrano essere nati con delle altre abilità matematiche innate. Oltre essere bravi stimatori, possono anche riconoscere il numero esatto, ma solo fino al numero tre o quattro. Dehaene ha contribuito a individuare una regione del cervello – una parte del lobo parietale (il solco intraparietale) – in cui sono rappresentati i numeri e le quantità approssimate. (Basta mettere una mano nella parte posteriore più alta

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della testa per individuare il lobo parietale). La capacità di valutare la dimensione di gruppo, che esiste anche nei delfini, nei ratti, nei piccioni, nei leoni e nelle scimmie, è probabilmente un’eredità evolutiva che è richiesta per valutare se il tuo gruppo combatterebbe o scapperebbe di fronte al nemico e per determinare in quale albero gli orsi raccoglierebbero il maggior numero di frutti. Dehaene, insieme a Pierre Pica del Centre National de la recherche scientifique, in Francia, e ad alcuni colleghi, ha avuto ulteriori prove di questa abilità istintiva attraverso un lavoro con gli Indiani Mundurukú, nell’Amazzonia brasiliana, una tribù che, per quanto riguarda i numeri, possiede soltanto un vocabolario di base. I suoi membri adulti possono distinguere se una varietà di punti sia più grande di un’altra, tuttavia la maggior parte di loro non è capace di dire quanti oggetti rimangono quando da un gruppo di sei ne vengono rimossi quattro.

Questo sistema di approssimazione è il fondamento su cui si costruiscono i calcoli più avanzati. Qualsiasi carenza in queste capacità innate può implicare difficoltà in seguito. Nei primi anni del 1990 Dehaene ipotizzò che i bambini, man mano che diventano più grandi, sviluppano un sistema interno di stima approssimativa per i calcoli più sofisticati. Infatti, negli ultimi dieci anni, alcuni studi hanno scoperto che il mal funzionamento del sistema di stima numerico primitivo può predire che un bambino, dalle elementari in poi, non renderà bene in aritmetica e nel raggiungimento delle prove di matematica standard. “Oggi ci rendiamo conto che l’apprendimento di un ambito come l’aritmetica deve essere fondato su una certa conoscenza essenziale di base che è già a disposizione a partire dall’infanzia”, dice Dahaene.

Risulta che la discalculia (l’equivalente computazionale della dislessia), che è caratterizzata da un rallentamento nelle abilità computazionali, colpisca dal 3 al 6 per cento dei bambini. La discalculia, rispetto alla dislessia, ha ricevuto molta meno attenzione da parte degli educatori, tuttavia ciò può essere paralizzante. “Guadagnano meno, spendono meno, hanno maggiori probabilità di ammalarsi, e di avere problemi con la legge e hanno bisogno di più aiuto a

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scuola”, fa notare una recensione di un articolo apparso, alla fine di maggio, su «Science».

Come per il linguaggio, gli interventi precoci possono aiutare. Dehaene e la sua squadra hanno ideato un gioco semplice e sperano che possa essere in grado di migliorare le abilità matematiche. È stato chiamato “La gara dei numeri”, ed esercita queste abilità nei bambini dai quattro agli otto anni. In una delle versioni il giocatore deve scegliere la più grande delle due quantità delle monete d’oro prima che l’avversario-computer rubi la quantità più grande. Il gioco si adatta automaticamente all’abilità del giocatore e ai livelli più alti il bambino deve aggiungere o sottrarre le monete prima di fare una comparazione per determinare la quantità più grande. Se il bambino vince, avanza di un numero di passi pari al numero delle monete appena vinte. Vince il giocatore che raggiunge per primo l’ultimo livello del tabellone virtuale.

Il software gratuito, che è stato tradotto in otto lingue, non fa promesse iperboliche sui benefici dell’allenamento del cervello. Ciò nonostante, più di 20.000 insegnanti hanno scaricato il software da un istituto di ricerca supportato dal governo in Finlandia. Oggi è stato testato da diversi studi controllati per vedere se previene la discalculia e se aiuta i bambini sani a rafforzare il loro senso basilare del numero.

Puoi contarci: Nati per quantificare

Da quando siamo nati, possediamo una qualche idea dei numeri. I bambini con delle carenze in questa abilità innata si trovano spesso, in età avanzata, in difficoltà. Stanislas Dahaene e i suoi colleghi hanno ideato un gioco, “La Gara dei numeri”, con lo scopo di rafforzare l’abilità innata di stimare la quantità. Un bambino in età prescolare riesce a capire quale gruppo di monete d’oro sia più grande prima che il computer, rappresentato da un animaletto, possa rubare la quantità maggiore. Una risposta corretta da parte del bambino fa avanzare il suo animaletto dalla sua precedente posizione di un numero di spazi uguale alla quantità più grande di monete; il perdente si sposta in avanti di un numero

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uguale alla quantità più piccola di monete. Il vincitore è colui che raggiunge per primo la fine della riga dei numeri.

L’AUTOCONTROLLO

Le basi cognitive del buon apprendimento dipendono fortemente da quello che gli psicologi chiamano funzione esecutiva, un termine che comprende una serie di caratteristiche cognitive come la capacità di attenzione, quella di conservare quello che si è appena visto o sentito nella memoria operativa e quella di rimandare le gratificazioni. Queste capacità possono preannunciare successo a scuola e anche nel mondo del lavoro. Nel 1972 un famoso esperimento alla Stanford University – “Ecco un marshmallow e, se non lo mangi prima del mio ritorno, te ne darò un altro” – ha dimostrato l’importanza della funzione esecutiva. I bambini capaci di aspettare, indipendentemente da quanto volessero il premio in palio, hanno poi ottenuto risultati migliori a scuola e nella vita.

Nel corso degli ultimi 10 anni gli esperti si sono entusiasmati all’idea che la funzione esecutiva potesse essere un’abilità che si presta a essere insegnata. Un programma educativo chiamato Tools of the Mind (Strumenti della mente) ha avuto successo in alcuni distretti scolastici a basso reddito, nei quali i bambini, dal punto di vista accademico, solitamente non sono agli stessi livelli di quelli dei distretti ad alto reddito. Il programma prepara i bambini a resistere alle tentazioni e alle distrazioni e a praticare attività progettate per migliorare la memoria di lavoro e il pensiero flessibile. Un esempio di attività di autocontrollo è quella in cui un bambino dice a se stesso, ad alta voce, quello che deve fare. Queste tecniche sono potenzialmente assai efficaci al punto che, nei centri di istruzione superiore, gli economisti prevedono misure di politica pubblica per migliorare l’autocontrollo allo scopo di “aumentare la condizione fisica ed economica della popolazione e ridurre il tasso di criminalità”, osservano gli autori di uno studio che è apparso a febbraio nella rivista «Proceedings of the National Academy of Sciences USA».

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I risultati dai laboratori neuroscientifici hanno recentemente sostenuto questo punto di vista e hanno rivelato che la noia della pratica di resistere alle metaforiche caramelle può non essere necessaria. Può funzionare anche lo studio della musica. Echeggiando Battle Hymn of the Tiger Mother (L’inno di battaglia della mamma tigre), hanno scoperto che l’uso assiduo degli strumenti musicali può essere proficuo in classe, in modo simile al fondamento logico di Amy Chua, autrice della “mamma tigre”, che sosteneva che le sue figlie trascorressero ore interminabili al violino e al piano. Esercitarsi con uno strumento musicale sembra migliorare l’attenzione, far funzionare la memoria e l’autocontrollo.

Alcune delle ricerche che hanno fornito tali risultati provengono da un gruppo di neuroscienziati guidato da Nina Kraus della Northwestern University. Nina Kraus, capo del laboratorio uditivo di neuroscienze, è cresciuta in una casa con un panorama musicale diversificato. Sua madre, una musicista di musica classica, parlava alla futura neuroscienziata nella sua lingua nativa, l’italiano, e Kraus, ancora oggi, suona il piano, la chitarra e la batteria. “Mi piace, la musica ha un ruolo importante nella mia vita”, dice, sebbene si consideri “soltanto una dilettante”.

Nina Kraus per misurare come il sistema nervoso codifichi tono, ritmo e timbro delle composizioni musicali e se i cambiamenti neurali, che derivano dalla pratica musicale, migliorino le facoltà cognitive ha usato le registrazioni dell’EEG. Il suo laboratorio ha constatato che la pratica musicale potenzia la memoria di lavoro e, forse la cosa più importante, rende gli studenti degli ascoltatori migliori, permettendo loro di estrapolare il discorso da un’atmosfera dove tutti parlano contemporaneamente la quale, a volte, predomina all’interno della classe.

La pratica musicale come tonico cerebrale è ancora agli inizi, e alcune domande su quali siano esattamente le pratiche che servono per migliorare la funzione esecutiva rimangono senza risposta: È importante se suoni il piano o la chitarra o se la musica è stata scritta da Mozart o dai Beatles? Le lezioni di

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musica saranno seriamente d’aiuto agli studenti che hanno delle difficoltà di apprendimento o a quelli che provengono dai distretti scolastici a basso reddito?

Ma Nina Kraus è orientata verso testimonianze aneddotiche suggerendo che l’impatto della pratica musicale possa estendersi anche alle classi. L’iniziativa Harmony Project fornisce un’educazione musicale a ragazzi di famiglie a basso reddito nella zona di Los Angeles. Negli ultimi anni, dozzine di studenti si sono diplomati alla scuola superiore e sono andati all’università, di solito a raggiungere questo livello d’istruzione sono stati i primi in famiglia.

La fondatrice del progetto, Margaret Martin, ha invitato Nina Kraus a utilizzare una versione portatile dei suoi sensori EEG e un software per l’elaborazione del suono, per misurare quanto la musica colpisca i bambini che partecipano al progetto. La dilettante è una sostenitrice convinta della superiorità della chitarra rispetto ai giochi del cervello. “Se gli studenti devono scegliere come sfruttare il tempo tra un gioco al computer, che presumibilmente serve alla memoria, o uno strumento musicale, non c’è dubbio, secondo la mia opinione, che per il sistema nervoso uno sia più benefico dell’altro”, dice Nina Kraus. “Se stai cercando di fare un pezzo con la chitarra, devi tenerlo bene in mente e cercare di riprodurlo più e più volte attraverso una pratica attenta”.