ROMACIVILIS Scheda.Ilteatrocomefattoscenico
ROMACIVILIS Scheda.IRomanieilteatro
Ladocumentazionetestuale(branidaT1aT13)
LEPAGINEDELLOSTUDENTE5.
3Struttureemotividellecommedieplautine
5.
4Plautoeimodelligreci
5.
5Tipologiadeipersonaggi
5.
6L’originalitàdiPlauto
5.
7Ilmetateatro
5.
8Leragionidelsuccesso
R O M A C I V I L I S
Scheda
Ilteatrocomefattoscenico
Per poter comprendere pienamente e senza equivoci i testi teatrali latini (e in special modo quelli di Plauto e Terenzio, che furono i maggiori scrittori di teatro di tutta la latinità), è necessario mettere a fuoco le differen- ze, spesso notevoli, che distinguono il teatro latino da quello moderno e anche quelle che lo resero per molti aspetti diverso dal grande teatro greco, che pure gli fece da modello.
Sintetizziamo i principali elementi di differenziazione. Per ulteriori approfondimenti si veda la SCHEDAI Ro -
mani e il teatro, nella rubrica «Roma civilis», a p. 96 sgg.
Destinazione. I testi teatrali erano destinati esclusiva- mente alla rappresentazione davanti al pubblico. Non esistevano testi destinati alla lettura. Per questo non venivano indicati i nomi di chi pronunciava le varie battute.
Diritti. Non esistevano diritti d’autore; lo scrittore vendeva l’opera a un regista, il quale poteva anche, se lo riteneva opportuno, apportarvi delle modifiche.
Abiti di scena. I personaggi erano resi riconoscibili al pubblico dall’abbigliamento: ogni categoria umana (il vecchio padrone, la matrona, il servo, la cortigiana ecc.) aveva un suo abito caratteristico che permetteva agli spettatori di riconoscere immediatamente il per- sonaggio.
Maschere. Come nel teatro greco, anche in quello ro - mano gli attori indossavano maschere (personae), an - che se qualche studioso dubita che ciò avvenisse sem- pre presso i latini, e in special modo per gl’interpreti plautini; ma non vi sono elementi sufficienti per soste- nere questa tesi (v. Al vaglio della critica, p. 92). La ma - schera favoriva la finzione scenica, considerato che an - che le parti femminili erano interpretate da uomini, in quanto non era consentito alle donne di recitare in pubblico.
Tempi. Le rappresentazioni avevano luogo in occasio- ne di feste religiose o di cerimonie funebri, ma non avevano, come presso i Greci, carattere religioso. Si recitava alla luce del giorno, per lo più di mattina, e in corrispondenza con altri generi di rappresentazione ludica, quali esibizioni di funamboli, gladiatori ecc.
Pubblico. Alla rappresentazione si poteva assistere liberamente e senza pagare nulla, in quanto le spese erano a carico di qualche magistrato. Potevano acce- dere al teatro tutti, senza distinzioni sociali, ma vi era- no posti di riguardo riservati ai personaggi eminenti della vita pubblica. Il pubblico era indisciplinato, a volte turbolento, e accadeva anche che abbandonasse
il teatro a rappresentazione in corso (come avvenne a Terenzio). Nell’orchestra, lo spazio semicircolare pia- no – che i Greci riservavano al coro – fra la cavea (gra- dinate) e la scena, erano sistemati i posti per i magi- strati. Il coro, infatti, fu praticamente abolito.
Competizioni. Al contrario di quanto accadeva in Grecia, non esistevano competizioni tra autori teatrali né premi speciali ad essi riservati.
Luoghi e strutture. Per lungo tempo non vi furono a Roma teatri stabili in muratura (il primo fu fatto costruire nel 55 a.C. da Pompeo). Venivano allestiti teatri provvisori in legno, di solito nel circo, nel foro o davanti ai templi. In origine si trattava di un tavolato rettangolare che fungeva da palcoscenico e davanti al quale il pubblico sedeva su panche. Solo in un secon- do momento si costruirono gli spalti di forma semicir- colare concava (cavea), che favorivano una buona visione e miglioravano l’acustica. Così il teatro roma- no assunse la forma a emiciclo, simile a quella del tea- tro greco, con la differenza, però, che mentre i teatri greci si appoggiavano a pendii naturali, i teatri roma- ni erano sorretti da elementi architettonici.
Scena. La scena del teatro romano era sempre la stes- sa: al centro l’altare di una divinità, sullo sfondo la facciata scenica, costituita da un pannello verticale in legno nel quale si aprivano tre porte e due uscite late- rali. Nella convenzione scenica le tre porte indicava- no le case dei protagonisti (ma non sempre venivano adoperate tutte); le uscite portavano l’una al porto o verso la campagna, l’altra al foro. Difficile pensare che in qualche caso esistesse davanti alla porta un
vestibulum con colonne: più probabile che questo fos-
se semplicemente raffigurato sulla facciata secondo la tecnica, ben nota ai Romani, dell’«illusionismo archi- tettonico». Analogamente si lasciava immaginare allo spettatore l’esistenza di un angiportum posteriore che consentisse il passaggio dei personaggi da una casa all’altra senza essere visti dal pubblico.
PLAUTO
Convenzioni sceniche. D’altra parte le convenzioni sceniche erano numerose: ciò che non era rappresen- tabile sulla scena veniva fatto immaginare agli spettato- ri mediante i dialoghi e la gestualità. Così avveniva per le scene d’interno, che in realtà avvenivano all’esterno delle case per permettere la visione del pubblico; così per le scene notturne, o per quelle sulla riva del mare (come nel Rudens). Il pubblico era abituato a queste convenzioni e non ci trovava nulla di strano; oltre tutto i Romani non avevano a disposizione i macchinari che possedevano i Greci per i cambiamenti di scena.
Testi e attori. I testi delle opere teatrali latine non presentavano divisioni in atti, a differenza di quelli greci. Le pause dell’intreccio erano costituite da inter-
mezzi musicali. La musica era molto presente nelle
commedie, in cui di solito si alternavano cantica (parti cantate) e deverbia (parti recitate). Inoltre, mentre nel teatro greco il numero di attori presenti sulla scena non superò mai il numero di tre, in quello latino – e so prattutto in Plauto – potevano arrivare anche a cin-
que o sei. Gli attori erano di condizione servile, ma alcuni di loro riuscirono a imporsi e a diventare famo- si per la loro bravura.
Maschere teatrali.
mante fatica di girare la mola di un mulino; si tratta però di una notizia quanto mai sospetta, perché la punizione più volte è riservata agli schiavi nella commedia plauti- na: di qui si sarebbe creata una tradizione secondo cui Plauto per soprav vivere si sarebbe ridotto in stato di schiavitù presso un mugnaio e in tale periodo avrebbe scritto due commedie: Saturio («Il panciapiena») e, guarda caso, Addictus («Lo schia- vo per debiti»). In realtà i dati biografici più sicuri sono l’origine provinciale italica, la condizione sociale modesta e la pre senza dell’autore in una delle tante compagnie teatrali che, in quel periodo, percorrevano l’Italia.
Plauto morì a Roma nel 184 a.C., dopo aver scritto e fatto rappresentare un gran numero di commedie, coronate sempre da grande successo.
Il grande successo del teatro di Plauto favorì la proliferazione di un gran numero di commedie spurie, spacciate come plautine. Nell’età di Cesare il dotto Varrone si preoccupò di mettere ordine nella gran mole di mate riale che la tradizione aveva tra- mandato sotto il nome di Plauto (circa 130 commedie). Egli giudicò sicuramente plau- tine 21 commedie, ritenne che 19 presentassero alcuni elementi plautini e rifiutò decisa mente come spurie le restanti 90.
L’autorità di Varrone si è rivelata decisiva nella trasmissione dei testi plautini: si sono infatti salvate proprio le 21 commedie da lui indicate come autentiche (anche se l’ultima della lista, la Vidularia, è mutila). È certo, comunque, che una parte con- sistente dell’opera plautina è andata perduta, perché la seconda lista varroniana conteneva verisimilmente molte commedie autentiche. Conduce a questa conclu- sione anche la menzione di commedie plautine, oggi perdute, da parte di altri auto- ri latini di teatro.
Lecommedie“varroniane”
Difficile determinare la cro nologia delle commedie plautine. Il criterio più sicu- ro per datare la prima rappresentazione di opere di teatro è costituito dalle didasca- lieche le precedono e indicano il nome dell’autore, il titolo, l’occasione della rap- presentazione, i nomi dei magistrati preposti all’organizzazione degli spettacoli e quello del capocomico. Di Plauto si sono salvate solo due didascalie – che consento- no di datare lo Stichus al 200 a.C. e lo Pseudolus al 191 a.C. – mentre, in genere, le sue commedie non offrono riferimenti sicuri e chiaramente databili a eventi contempo- ranei. Secondo i critici, Asinaria, Mercator, Miles gloriosus e Cistellaria sarebbero le commedie più antiche, datate prima del 201 a.C.; oltre allo Stichus, Aulularia e Cur-
culio sono poste in un periodo intermedio (gli anni intorno al 200 a.C.); oltre a Pseudolus, Truculentus, Bacchides, Casina e forse Amphitruo, Persa, Trinummus sono del
periodo della vecchiaia di Plauto.
Si riassumono qui di seguito le trame delle 21 commedie pervenuteci.
Lacronologia Letrame Èquestal’unicacommediadi argomentomitologico,incui agisconopersonaggidivini;nona casoilprologoladefinisceuna «tragicommedia». GiovesièinnamoratodiAlcmenaedèriu- scito a sedurla prendendo l’aspetto del maritodileiAnfitrione,chestaguidando l’esercitotebanoinguerra;aiutantedelre deglidèièMercurio,chehapresolesem- bianzediSosia,ilservofidatodiAnfitrio-
ne.Inevitabilisarannogliesilarantiscambi di persona al ritorno inaspettato diAnfi- trione. La commedia si concludeva col preannunciodivinodellafuturanascitadi Ercoledall’unionediGioveeAlcmena,ma ilfinalenoncièpervenuto.
Amphitruo (Anfitrione)
Grazieallasommadidenarocheilservo furbo ha ricavato dalla vendita di alcuni asini,Argiripporiesceariscattarelabella
Filenio;suocompliceèancheilpadre,che peròs’invaghiscedellagiovaneevorrebbe farlasua.
Sarà, però, svergognato e ridotto a mal partitodallamoglieautoritaria.
Asinaria (Lacommediadegliasini)
IlvecchioavaroEucliòne(antenatodell’Ar- pagònedellacommediaL’avaro diMolière)
èentratoinpossessodiunapentolapiena d’oroevivenelterrorechequalcunogliela possasottrarre.Ilterroresimutaindispe- razionequandolapentolascompare:arte- ficedelfurtoèloschiavodiLiconide,ilgio- vaneinnamoratodellafigliadiEucliòne. Larestituzionedelbenesottrattoconsen- tiràalgiovanedisposarla.
Aulularia (Lacommediadellapentola)
L’identitàdeinomiserve,inquesto caso,acostruirel’intreccio.Un giovane ama la cortigiana Bacchide, della cui omonima sorella s’invaghisce il suomiglioreamico:èfacileprevederequali e quanti comici fraintendimenti possano sorgere da questa situazione. Quando,
finalmente, ai giovani sarà chiaro che si tratta di due donne diverse, anche i loro genitoriverrannosedottidallegraziedelle dueBacchidiesiunirannoaifiglinellabal- doriagenerale.
Bacchides (LeBàcchidi)
Sitrattadell’unicacommediapriva diunavicendad’amore.Egiòne compra due prigionieri di guerra, padrone e servo, per poter riscattare il fi- glio, a sua volta prigioniero dei nemici. Il servo,però,sifingepadroneevienetratte- nutocomepegno,mentreilveropadrone, di nome Tíndaro, è spedito in patria per concretizzareloscambio.
Nobilmente,però,questi,invecedisceglie- relalibertà,faritornodaEgiòneinsiemeal figlio:nelfinaledellacommedia,graziealla praticadelriconoscimento,siscopriràche Egiòne è padre anche di Tíndaro, che era statorapitodabambino.
PLAUTO Iltitolo«Càsina»s’intendeocome «Lafanciulladelcaso»ocome «Lafanciulladalprofumodi cannella»). Càsina,chenoncomparemaisullascena,è unatrovatelladicuisisonoinnamoratisia unvecchiosiailfiglio.Astutamenteilvec- chio organizza le nozze della giovane col suo fattore, che si ripromette di sostituire neipiacericoniugali;lamoglie,però,sco-
prelatrescaefatravestiredasposailfido scudiero.Ilvecchioimpenitenteverràsbef- feggiato e il figlio potrà coronare il suo sognod’amoreconCàsina,cheverràrico- nosciutadinascitalibera.
Casina (Càsina)
Una cortigiana ha allevato una neonata, che era stata esposta in una piccola cesta
insieme ad alcuni suoi giocattoli. Proprio grazieaqueigiocattolicosteiverràricono-
sciuta di nascita libera e potrà sposare il giovanedicuièinnamorata.
Cistellaria (Lacommediadellacestella)
«Gorgoglione»èilnomediun animaletto,parassitadelgrano.
Gorgoglione è un parassita, che riesce ad estorcereaunsoldatolasommanecessaria alriscattodellafanciulladicuièinnamo- ratoilsuogiovanepadrone.
Nella conclusione della commedia si sco- priràchelafanciullaèdinascitaliberaedè sorelladelsoldato.
Curculio (Gorgoglione)
Epidicus (Epìdico)
Ungiovane,chevaincercadelfratelloge- mellosmarritosidabambino,giungenella cittàincuicostuiabita.Ovviamente,prima cheidue–intuttoepertuttosimili–s’in- contrinoeavvengailriconoscimentocon- clusivo,numerosisarannogliequivocielesituazioni paradossali per gli inevitabili scambid’identità.
Menaechmi (IMenecmi)
Lacommediasibasasugliintrighidel servoEpìdicoperottenereildenaro necessarioalfigliodelpadrone. IlgiovaneStratíppocle,inunprimomomen- tos’innamoradiunasuonatriceesuccessiva- mentediunaschiavatebana;inentrambii casi,però,dovràpossedereildenaroneces- sarioperilriscatto. Nellaconclusionesiscopriràchelaschiava tebanaè,inrealtà,lasorelladiStratíppocle rapitainteneraetà:ilgiovane,diconseguen- za,faràritornoall’amoreperlasuonatrice. Ungiovanetornadaunviaggiod’affaricon un’avvenentecortigiana,daluicomprata;se neinnamorafollementeilpadreel’affidadi nascostoaunvicinodicasa:latresca,però,è scopertaeiduevecchivengonosvergognati.Mercator (Ilmercante)
IlsoldatoPirgopoliníce,invaghitosidiFilo- comàsio che ama il giovane Plèusicle, la conduce ad Efeso: lì, però, Plèusicle si fa ospitare nella casa accanto e, grazie a un foro nella parete, può incontrarsi quandovuole con Filocomàsio. La tresca viene sostenutadall’abilitàdiPalestriòne,schiavo delsoldato,checonvinceilpadronealascia- reallontanareidueamantieasoddisfarele presuntevogliediunadonna,chesarebbe
follementeinnamoratadilui.Sitratta,natu- ralmente, di uno splendido inganno e il povero Pirgopoliníce, entrato in casa della donnanellaprevisionediunfacilesucces- so,verràpresoasferzatedaiservi.
Milesgloriosus (Ilsoldatofanfarone)
Mentreilpadreèall’esteroinviaggiod’affa- ri,ungiovanehacompratounacortigiana coldenaropresoadusuraeconleigozzovi- gliainsiemeagliamicieconlacomplicità delservoTraniòne.Quandoall’improvvisogiunge il padre, Traniòne gli impedirà di entraresostenendocheincasaabitaunfan- tasma;finge,poi,cheproprioperquestoil figliohadovutocomprareun’altracasaesi fa dare dal padre la somma necessaria a
risarcirel’usuraio.Laveritàverràagallanel finale,mailgiovaneeilservoastutosaran- noperdonati.
Lo schiavo Tòssilo ama Lemniselène, ma nonhaildenaropersottrarlaallenone.Lo aiutanoSagaristiòneeilparassitaSaturiò- ne:ilprimo,travestitodaPersiano,sirecaa
casadellenoneDòrdaloperproporglil’ac- quisto di una schiava avvenente, che in realtà è la figlia del parassita. Dòrdalo si lasciaconvincereeversalasommaneces- saria:aquelpuntogiungeilparassita,che facendosifortedellaleggereclamalaresti- tuzionedellafiglia.
Persa (Ilpersiano)
Ungiovanes’invaghiscediunaragazza,che da bambina è stata rapita insieme alla sorella e venduta a un lenone. Lo schiavodelgiovaneorganizzaunatrappolagiudi- ziariaaidannidellenone,chesaràcostret- to a cedere le due ragazze: l’improvviso
arrivodelpadre,uncartaginese,faràsìche essevenganoriconosciutedinascitalibera.
Poenulus (IlCartaginese)
Il giovane Calidoro ama una cortigiana, Glicerio,cheperòvienevendutadallenone aunsoldatomacedone.Costuiinvia,dopo il pagamento della somma necessaria, il
servoÀrpaceconunaletteradiriconosci- mento, per esigere la giovane. Il furbo Psèudolo,schiavodiCalidoro,conl’ingan- nosifaconsegnarelaletteraelaragazza.
Ilprezzodelriscattoèpagatodalpadredel giovane, che nel frattempo aveva scom- messosulfallimentodeldifficileinganno.
Pseudolus (Psèudolo)
Rudens (Lagòmena)
Un padre vorrebbe convincere le due sue figlieadabbandonareiloromariti,cheda treannisonolontaniperaffari,maisuoi
sforzi sono vani. Finalmente i due mariti fannoritornoacasa,dopoaveraccumulato un’ingente fortuna, e rendono felici sia le
moglisiailsuocero.
Stichus (Stico)
Èl’unicacommediadiambiente marittimo. PressoCirenefannonaufragiodueragazze, PalestraeAmpelisca,checercanodisfug- gireaunlenone;vengonoassistiteeprotet- tedalvecchioDemòneedalgiovanePleu- sidippo,cheèl’amantediPalestra.Nelfrat- tempo un servo con la gomena riesce apescare e a trarre in salvo un bauletto, in cuiPalestraconservaisuoigiochid’infan- zia:siviene,così,ascoprirechelagiovaneè lafigliadiDemòne;diconseguenzapotrà sposarePleusidippo.
Partendo per un lungo viaggio d’affari, Càrmide ha affidato all’amico Càllicle la cura della figlia e dello scapestrato figlio Lesboníco.Quandocostuimetteinvendita lacasaperpagareisuoidebiti,Càlliclesi affrettaacomprarla,sapendocheinessaè nascostountesoro;grazieadessopuòfor- niredidotelafigliadiCàrmide,fingendo chesiastatounamicoamandargliunser- vo con la somma necessaria alla dote (in realtà il finto servo è stato ingaggiato per tremonete:diquiderivailtitolodellacom- media).Intalmodo,alritornodelpadrela vicendasiconcluderàconunduplicema- trimonio:dellafigliaeanchedelfiglio,che ravvedutosisposeràlafigliadiCàllicle.
Trinummus (Letremonete)
Truculentoèilnomeparlantediunodeitre amantichelacortigianaFronèsiotienesul- la corda e sfrutta contemporaneamente:l’abileeprofittatriceFronèsioèriuscitaad- diritturaafarcredereaunodiloro(unsol- dato)chedaluihaavutounfiglio. Latresca,però,verràscoperta.
Truculentus (Lozoticone)
Dell’ultimacommedia“varroniana”si sonosalvaticirca100versi. Siriescesoloacapirechel’intrecciopreve- deva il riconoscimento finale grazie a un bauleritrovatodaunpescatore.PLAUTO
Come si evince dalle trame sopra accennate, il teatro plautino offre una serie di motivi di base, sui quali sono costruite le singole commedie. Sul tema della beffa si svi luppano l’Asinaria, il Persa e la Casina.
Mercator, Stichus, Mostellaria, Tri nummus uniscono allo spunto beffardo il motivo
del viaggio.
Prediletto da Plauto è il ricorso all’agnizione o riconoscimento: si tratta di un procedimento che consente di risolvere l’intreccio in modo felice, proprio quando le cose stanno volgendo verso un esito infausto. Esso è prevalente nella Rudens, nel- la Cistellaria, nel Poenulus, nel Curculio e nell’Epidicus.
Un altro motivo caratteristico delle commedie plautine è il gioco dei sosia: Me -
naechmi, Bacchides e Amphitruo si servono di questa tecnica. Il ricorso ai “simillimi”
serve a porre gli spettatori di fronte a situazioni di scoppiettante comicità.
Su questo motivo si fonda una delle sequenze più divertenti e famose del teatro plautino, quella dell’incontro tra Mercurio e Sosia nell’Amphitruo (v. La documentazio-
ne testuale, T2, p. 102).
Da quanto detto è facile dedurre l’assoluta apoliticità del teatro plautino, il cui uni- co scopo è risum movere, far ridere gli spettatori. Alcuni studiosi si sono sforzati di tro- vare una giustificazione a questa apoliticità, ma probabilmente Plauto non fece altro che assecondare la propria naturale inclinazione a costruire testi di pura comicità.
5.3
Struttureemotividellecommedieplautine
Imotiviguida
L’agnizione
I“simillimi”
Apoliticitàdeicontenuti
Plauto, come già Livio Andronico e Nevio, attinse da originali della Commedia
Nuova, principalmente di Difilo, Filemone e Menandro. Anche per lui si presenta,
dunque, la questione dell’originalità nei confronti dei modelli greci.
La Commedia Nuova era nata all’epoca di Alessandro Magno, allorché la polis classi- ca era ormai definitivamente in crisi. Inutilmente si cercherebbe in essa traccia dei