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al vaglio

della critica

Livio฀Andronico฀fu฀l’inventore฀della฀traduzione฀“letteraria”.฀Tradusse฀un฀esemplare฀poetico฀secondo฀la฀sua educata฀sensibilità,฀capace฀di฀scoprire฀e฀di฀rinvigorire฀le฀attitudini฀artistiche฀presenti฀nell’ambiente฀lati- no,฀ma,฀grammatico฀com’era,฀si฀preoccupò฀di฀seguire฀con฀fedeltà฀sostanziale฀le฀tracce฀del฀proprio฀model- lo.฀Egli฀è฀insomma฀il฀precursore฀lontano฀delle฀traduzioni฀omeriche฀del฀Monti฀e฀del฀Pindemonte:฀tradu- zioni฀“neoclassiche”฀queste,฀come฀quella฀di฀Andronico฀era฀traduzione฀di฀spirito฀“antimacheo”.

Scheda฀฀฀฀฀

Le฀forme฀teatrali฀e฀l’organizzazione฀del฀teatro฀romano

I latini indicavano comunemente col nome di fa -

bula qualsiasi te sto scritto destinato a essere rappre-

sentato sulla scena. L’origine etimologica del termine è probabilmente connessa col fatto che gli attori reci- tavano, e quindi «parlavano» (cfr. il verbo fabulari, che vuol dire ap punto «parlare»).

I nomi con cui si distinguevano le quattro principa- li forme teatrali erano in realtà degli aggettivi che sot- tintendevano appunto la parola fabula: (fabula) cothur-

nata, (fabula) palliata, (fabula) praetexta, (fabula) togata.

La palliata era un tipo di commedia ambient at a in

Grecia o nella Magna Grecia; doveva il suo nome al

pallio, la corta veste che i Greci indossavano nelle loro

attività quotidiane.

La cothurnata era la t ragedia ambient at a in Grecia ed era così denominata dai cothurni, gli alti calzari usa- ti dai Greci, con la suola rialzata e legacci sul davanti delle gambe, fin sotto il ginocchio.

La praetexta era la t ragedia di ambient az ione ro -

mana o italica: la toga praetexta («toga col bordo di porpora») era infatti usata dai magistrati romani.

La togata era la commedia di ambient az ione roma-

nao italica e prendeva il nome dalla toga, abito tipico dei Romani.

La tradizione attribuisce l’invenzione della praetex-

ta a Nevio, il quale, secondo alcuni, po trebbe essere

stato anche il creatore della togata.

Le฀fonti฀dei฀drammi

Per i suoi adattamenti Andronico aveva probabil- mente a disposi zione antologie di commedie (per lo più di Menandro, Dìfilo e Filèmone, i rappresentanti più famosi della Commedia Nuova) e di tragedie, per la maggior parte euripidee, oppure i copioni delle com - pa gnie teatrali che agivano nella Magna Grecia, costi- tuiti anch’essi da testi di autori diversi. Da questa cir- costanza può forse essere sorta la tendenza degli auto- ri di teatro romani (e, pare, anche di Andronico) alla

contami nazione, all’inserimento cioè, nel lavoro scel- to come base, di scene appar tenenti ad altre comme- die o tragedie.

Le฀modifiche฀strutturali฀

Una novità importante del dramma latino risiede nella sua struttura: tragedie e commedie latine si ba - savano, come quelle greche, sull’alter nanza di dever-

bia (parti recitate, in senari giambici) e cantica (parti

can tate, in metri lirici); ma sembra certo che già in Livio Andronico il coro venisse privato del ruolo di primaria importanza che svolgeva nella trage dia gre- ca; causa di questo radicale mutamento nella struttu- ra dei drammi romani fu l’accresciuta importanza delle parti liriche (cantate, con accom pagnamento musicale), nei confronti di quelle dialogate.

Il฀teatro฀romano฀come฀ludus

L’organizzazione stessa del teatro romano si diffe-

vicino alle correnti culturali filoelleniche. Molto probabilmente la nomina si deve a Livio Salinatore, l’influente protettore di Andronico, che in quel periodo era conso- le. La gens Livia faceva parte del gruppo maggioritario in seno allo stato romano, quello cioè che sosteneva la politica di Scipione l’Africano; per tale motivo si preferì un letterato, che non solo per scelta culturale ma anche per posizione sociale fosse vicino ai capi, in favore dei quali si era resa necessaria la cerimonia.

Allorché Asdrubale fu sconfitto da Marco Livio Salinatore al Metauro, il senato, per manifestare la sua gratitudine verso l’autore dell’inno propiziatorio a Giunone, gli fece dono di una dimora sull’Aven tino, accanto al tempio di Minerva; lì Livio Andronico fondò il collegium scribarum histrionumque (che raggruppava gli autori di teatro e gli attori) e trascorse gli ultimi anni di vita. La data della sua morte viene convenzionalmente fissata intorno al 200 a. C.

La fama di Livio Andronico svanì rapidamente a cominciare dalle sue commedie, ben presto oscurate da quelle di Nevio e di Plauto, e dalle sue tragedie, alle quali furono preferite quelle di Ennio e, poi, di Pacuvio e di Accio. L’Odusia, infine, passò definitivamente in secondo piano dopo la pubblicazione dell’Eneide virgiliana.

La฀casa฀sull’Aventino

GLI฀INIZIATORI฀DELLA฀LETTERATURA฀LATINA:฀฀LIVIO฀ANDRONICO฀E฀GNEO฀NEVIO

renzia notevol mente da quella del teatro greco. In Grecia commedie e tragedie venivano rappre sentate durante alcune feste religiose ed erano esse stesse un fatto religioso, mentre in Roma erano piuttosto consi- derate un ludus, un divertimento.

Ad organizzare gli spettacoli erano i magistrati stes- si, edili o pretori, che assoldavano le com pagnie mediante un contratto col capocomico (il dominus gre-

gis). I magistrati preposti si assumevano l’onere finan-

ziario, in modo da rendere gra tuito l’ingresso; il capo- comico provvedeva in genere a comprare la com - media o la tragedia dall’autore e a curarne la regia; spesso autori di teatro, come nel caso di Livio Andro- nico, erano anche attori.

I฀ludi฀scenici

Le occasioni più importanti per le rappresentazio- ni sceniche erano i ludi Romani (celebrati in settem- bre nel Circo Massimo, in onore di Giove Ottimo Mas- simo; potevano durare 4 giorni), i ludi plebei (in novembre, anch’essi in onore di Giove Ottimo Massi- mo; potevano com portare 3 giorni di spettacoli), i

ludi Apollinares (in luglio, in onore di Apollo: durava-

no due giorni), i ludi Megalenses (in aprile, in onore della Magna Mater).

Gli฀attori

Il mestiere di attore era ancora considerato poco dignitoso: gli attori, infatti, erano per lo più schiavi o liberti e in ogni caso appartenevano ai ceti subalterni. Anche gli autori di teatro erano accomunati ad essi dalla medesima sorte e solo verso la fine della vita di Andronico ebbero il permesso di for mare una congre- gazione, il collegium scribarum histrionumque, che teneva le sue riunioni nel tempio di Minerva sull’Aventino.

Autore,฀committente,฀attori

Ciò da una parte sta ad attestare il crescente valore che si attribuiva al teatro; dall’altra, però, il fatto che gli autori fossero uniti agli attori, la cui collocazione sociale era piuttosto bassa, ci fa capire come essi abbiano conti nuato ad essere considerati in posizione marginale nella società romana.

Le compagnie teatrali erano costituite da soli uomi- ni, che inter pretavano anche i ruoli femminili, aiutati in ciò dall’uso delle maschere.

I teatri erano mobili: erano infatti costituiti da im - palcature e palcosce nici di legno, che venivano smon- tati o distrutti alla fine degli spettacoli (a Roma il pri- mo teatro stabile in muratura fu quello di Pompeo, costruito nel 55 a.C.).

Il฀contrasto฀con฀i฀Metelli฀

Gneo Nevio nacque a Capua, in Campania, intorno al 275 a.C. e militò nell’eser- cito romano verso la fine della I guerra punica, che si combatté fra il 264 e il 241 a. C. Nonostante la sua multiforme attività, fu soprattutto autore di teatro; anzi, con Ennio egli è l’ultimo autore di teatro a coltivare sia la commedia che la tragedia; in seguito gli autori latini preferiranno praticare o l’uno o l’altro genere, adeguandosi in ciò al comportamento degli autori greci.

Particolare importante della biografia neviana sono i suoi attacchi contro i Metelli, che causarono l’incarcerazione del poeta. La traccia più consistente della polemica resta il celebre verso saturnio

fato Metelli Romae fiunt consules,

tramandato appunto come caustica battuta del poeta contro i Metelli.

Il verso, evidentemente rivolto contro Quinto Cecilio Metello, console nel 206 a.C., giocherebbe sull’ambivalenza semantica del termine fato («per destino», oppure «per disgrazia»), offrendo perciò la possibilità di una doppia lettura: «i Metelli diventano consoli per il destino di Roma», oppure «per disgrazia di Roma». Per tutta risposta i Metelli, uomini d’azione, fecero circolare a loro volta un saturnio che non ammetteva ambiguità (malum dabunt Metelli Naevio poetae, «i Metelli daranno guai al poeta Nevio»): si tratta infatti di un minaccioso preannunzio della futura persecuzione del poeta.

Una nuova e recente interpretazione del verso neviano (ad opera di V. Ferraro) ha messo in discussione la tradizionale, doppia lettura di fato, facendo osservare come ai tempi di Nevio, e in seguito ancora per un secolo e mezzo, il sostantivo fatum sia attestato esclusivamente col significato di oraculum («profezia»): di conseguenza è impensabile che nel frammento nevia- no possa avere un significato diverso. Se ne deduce che l’autore avrà giocato, piuttosto che con un impegnativo termine astratto come fatum, con il plurale metelli (non Metelli): si tratta di una voce umile, col significato di «uomini di fatica pagati a giornata». I grammatici antichi registrano questo significato e osservano che esso ha dato origine al cognomen della gens desti- nata ad avere tanta importanza. In conclusione, il poeta in una sua commedia avrebbe procla- mato che «i metelli [nel significato di «gli uomini di fatica pagati a giornata»] ora a Roma li fan- no consoli [con una allusione al consolato di Quinto Cecilio Metello], per disposizione divi- na», sfruttando il gusto – tipico dei Romani – di farsi beffa dei cognomi, ma guadagnandosi così, con una simile battuta, la perpetua inimicizia della nobile famiglia.

Un secondo frammento neviano (Com. 107-110 R.3) riguarda Scipione l’Africa-

no, del qua le viene descritto un episodio piccante:

etiam qui res magnas manu saepe gessit gloriose,

cuius facta viva nunc vigent, qui apud gentes solus praestat, eum suus pater cum pallio unod ab amica abduxit

«anche colui che compì di sua mano grandi e gloriose imprese, le cui gesta sono vive dinanzi a tutti, che solo giganteggia presso i popoli, fu trascinato via dal padre dalla casa dell’amica coperto del solo mantello».

Dopo essere stato scarcerato, Nevio si recò in Africa (quasi certamente al seguito dell’esercito di Scipione, che avrebbe poi sconfitto Annibale a Zama) e là morì, ad Utica, verso la fine del III sec. a. C. L’episodio s’inserisce indubbia mente nell’atmo- sfera di tensione, che si era creata in Roma a causa dello strapotere di Scipione, e va interpretato alla luce di una possibile apparte nenza del poeta al “partito conservato- re”, avverso a Scipione e ai Metelli.