Scheda L’arringatore
TERENZIO L’Eunuchus («L’eunuco»)risaleal
161a.C.:rappresentatoneiludi Megalesi,èfruttodella contaminazionediduecommedie menandree,l’Eunuchus eilColax («L’adulatore»).Forseproprioper unaaccentuatapresenzadiuna comicitàditipoplautinoebbepiù successodellealtrecommedie. LatramaruotaattornoallafiguradiTàide, cortigianaastutaespregiudicata,eallema- novredaleimesseinattoperricondurrela servaPànfila allacondizionedidonnalibera eprocurarleunbuonmatrimonio.
Eunuchus
Il161a.C.èladatadelPhormio («Formiòne»),rappresentatoai ludiRomanietrattodaun originalediApollodorodiCaristo. ElioDonato,ilgrammaticoe commentatoreterenziano,definisce ilPhormio unacommediaprope totamotoria,quindipiùvicinaal modelloplautino.Demifòne e il fratello Cremète, nel partire per un viaggio, affidano allo schiavoGetailcontrollodeirispettivi figli,AntifòneeFèdria.MaAntifòne, senzacheilpadrelosappia,hasposa- to Fànio, che è povera ma di nascita libera,mentreFèdriasièinnamorato dellacitaristaPànfila,cheperòèstata venduta dal lenone suo proprietario.
Quando,alritorno,siscatenal’iradi Demifòne, i due giovani ricorrono all’aiutodelparassitaFormiòneedel- loschiavoGeta,perriscattarePànfila.
Phormio
Del160a.C.sonogliAdelphoe («I fratelli»),rappresentati–comesiè detto–insiemeall’Hecyra durante iludifunebridiLucioEmilio Paolo.Lacommediafumolto apprezzatadaCicerone,chenel CatoMaior (Desenectute)ne lodòlaperfettaaderenzaallavita. DeiduefiglidiDèmea,Ctesifòne èstatoda lui educato rigidamente in campagna, mentreÈschino,affidatoaMiciòne,lozio dicittà,haricevutoun’educazioneliberale. Quando,però,Èschino nonritornaacasa, Dèmea credeallevocisecondocuiilgiova- ne avrebbe rapito una ragazza. Si viene a scoprire,però,cheeglihasottrattoalleno- nelacortigianaBàcchide perilfratello,che ne è innamorato. Per parte sua Èschino amaPànfila,cheèpoveraedaluiattendeun figlio. Quando Dèmea viene a sapere cheproprioilfiglioesemplareècoinvolto inunaffaredidonne,entraincrisidefini- tivailsuoidealeeducativo:all’improvviso si muta in padre comprensivo, pronto ad accettarel’amorediCtesifòne perlacorti- giana.Perdipiù,oltreacombinarelenozze delfratelloMiciòne conlamadrediPànfi- la,affrancaglischiavieprendearegalare denaro,tantochedeveintervenireafrenar- loproprioilfratellotollerante.
Adelphoe
Scene degli Adelphoe in una miniatura del sec. X
9.3
Iprologhi.Lepolemicheletterarieeirapporticonlanobilitas
Irapporti conlanobilitas
L’accusadiessere unprestanome
Sia i prologhi delle commedie terenziane sia la tradizione antica ci forniscono notizie sui rapporti fra il poeta e importanti rappresentanti della nobilitas. Gli stessi antichi sono in disaccordo sull’identità di questi. Alcuni indicano i tre rap pre - sentanti più in vista del circolo scipionico: Scipione Emiliano, Gaio Lelio e Lucio Furio Filo; altri obiettano che i tre erano troppo giovani per poter essere considera- ti protet tori di Terenzio.
Non aiuta a identificare meglio i patroni di Terenzio neanche il nome di colui che lo condusse a Roma; Terenzio Lucano, infatti, è noto unicamente per aver tenuto presso di sé e poi affrancato il poeta. Che Terenzio fosse, comunque, in stretto contat- to con gli ambienti nobiliari, ce lo attesta egli stesso. Nel prologo degli Adelphoe egli deve difendersi dall’accusa di essere non l’au tore ma un semplice prestanome, per- ché le sue commedie sarebbero opera dei suoi nobili patroni (vv. 15-21):
«Riguardo a quanto i maligni vanno dicendo, che cioè uomini nobili lo aiu tano e colla- borano assiduamente con lui, credano pure che questa sia una calunnia gravissima; il poeta per parte sua ritiene che sia un grande onore per lui essere gradito a coloro che sono nelle grazie di voi tutti e del popolo; del loro aiuto ognuno ha fatto uso senza sentir- si umiliato, in pace, in guerra e in ogni situazione».
In ogni caso, Terenzio fu sin dall’inizio della sua attività al centro di una violenta polemica letterariae fu il bersaglio delle più svariate accuse. Se si potesse stabilire la sua esatta collocazione nel mondo culturale romano, si riuscirebbe a capire anche il motivo degli attacchi dei suoi avversari. Ma i ter mini della disputa sono per noi rico- struibili solo parzialmente dalle parole stesse di Terenzio e dalle argomentazioni che egli esprime in sua difesa.
Terenzio era accusato non solo di servire da prestanome, ma anche di scrivere in uno stile troppo dimesso, di essere privo di un’adeguata preparazione, di servirsi di personaggi e di scene già sfruttati da altri autori latini di commedia, di ricorrere alla contami nazione. Il commediografo si difende da queste accuse nei prologhi, intro- ducendo così una pratica che non trova riscontro nei modelli greci e nelle opere dei commediografi latini precedenti: il prologo della Commedia Nuova serviva, infat- ti, a informare gli spettatori sull’argo mento, sull’antefatto e spesso sull’esito della commedia. Di solito esso era recitato all’inizio della rappresentazione, ma poteva essere anche ritar dato. Plauto si era adeguato a questa consuetudine, benché non tutte le sue ventuno commedie abbiano un prologo.
Né in Plauto né nei modelli greci si trova traccia del pro logo completamente avul- so dall’azione scenica e usato a fini di polemica letteraria: esso sembra proprio un’in- venzione di Terenzio. Nel pro logo del Phormio Terenzio afferma di essere stato diffa - mato da Luscio Lanuvino, il «vecchio malevolo poeta», probabilmente un modesto autore di palliate, che lo aveva accusato di scrivere commedie senza forza e colorito.
Il poeta si difende dall’accusa, facendo notare che essa si basa unicamente sulla mancanza nelle sue commedie di scene e di personaggi tal mente fantastici da appa- rire assurdi, e ne fornisce un esempio, tratto proprio da una commedia di Luscio Lanuvino, in cui era rappresentata una cerva che, inseguita dai cani, si metteva a implorare aiuto.
L’accusa di aver intrapreso la carriera teatrale senza un’adeguata pre parazione è strettamente legata a quella di essere un semplice presta nome. Di ciò si parla nel prologo dell’Heautontimorùmenos (vv. 22-26):
Lepolemicheletterarie
Iprologhicomeluoghidi difesa:lanovitàterenziana
TERENZIO
«Riguardo a ciò che va dicendo quel maligno vecchio poeta, che io mi sarei dedicato alla poesia senza preparazione e avrei sfruttato l’ingegno degli amici e non il mio talento, saranno il vostro giudizio e la vostra stima ad aver valore».
Anche in questo caso Terenzio si difende facendo genericamente appello al buon senso e al favore degli spettatori.
Dal prologo dell’Eunuchus si deduce che Luscio Lanuvino accu sava Terenzio di plagio: egli avrebbe portato sulla scena un lavoro già rappresentato da Plauto e da Nevio. Terenzio si difende sostenendo di non aver voluto in alcun modo copiare quanto era già stato scritto, ma di aver semplicemente tradotto il lavoro di Menan- dro, e di essersi limitato a introdurre in esso personaggi tratti da un’altra commedia dello stesso autore, il Colax; le coincidenze con Nevio e Plauto sono da attribuire, dun que, all’uso dello stesso modello.
Il motivo dell’accusa di plagio risulta oscuro, se pensiamo che già nei comici prece denti compaiono titoli uguali di commedie, tratte evidentemente dallo stesso originale, senza che ciò sia stato considerato un plagio. Da parte sua Terenzio fa notare che il gran numero di lavori greci “tradotti” dai suoi predecessori rende impossibile la presentazione di novità assolute sulla scena e inevitabili le ripetizioni. Istruttivo, a questo proposito, è il secondo prologo dell’Hecyra, scritto da Teren- zio dopo che la commedia aveva patito due clamorosi insuccessi (v. T2, p. 179).
L’accusa che più ha fatto discutere gli studiosi è quella di cui si parla nei prolo- ghi dell’Andria e dell’Heautontimorumenos, dove Terenzio è incolpato di aver conta- minato un originale greco con scene e personaggi di un’altra commedia.
Nel prologo dell’Andria in particolare Terenzio mette in chiaro l’assurdità del rimprovero a lui rivolto, perché alla tecnica della contaminazione erano già ricorsi Nevio, Plauto ed Ennio senza sollevare clamori. Si è cercato di spiegare la causa di un simile attacco a Terenzio in due modi: in primo luogo la contaminazione doveva essere caduta in disuso dopo la morte di Plauto e probabilmente Cecilio non se ne era servito, tanto che Terenzio non lo cita come suo antecedente illustre; in secondo luogo, Luscio Lanuvino poteva essere un seguace di Cecilio. Dalle allusioni di Teren- zio possiamo dedurre che il suo rivale pro pugnava una stretta aderenza al modello: Terenzio stesso, d’altronde, sembra alludere a una pedante attività di traduttore degli originali con l’espressione obscuram diligentiam che, al v. 21 del prologo del- l’Andria, definisce il modo di lavorare di Luscio Lanuvino.
I prologhi terenziani, dunque, attestano la prima polemica letteraria di cui si abbia notizia in Roma. Anche se i termini in cui essa si svolse restano in gran parte oscuri, alcune accuse possono essere spiegate con la scarsa presa che il teatro terenziano ebbe sul pubblico; altre possono dipendere dai suoi legami con personaggi al centro di uno scontro politico. Le perplessità sono dovute soprattutto alla nostra scarsissima conoscenza degli esiti della commedia romana dopo Plauto.
L’accusadiplagio
L’accusadicontaminazione
Dubbisullevereragioni dellapolemica