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4 3 Il Programa Laboral

4.4 Il commercio equo e solidale

Come detto in precedente i prodotti provenienti dai laboratori del MANTHOC vengono inseriti all'interno del circuito del commercio equo e solidale e venduti nello stesso Perù e in Europa.

Per quanto riguarda il mercato locale esso è in realtà ancora in fasce in quanto l'estrema povertà in cui versa gran parte della popolazione peruviana rende difficile qualunque discorso legato a tale tematica.

In parte perché la popolazione vuole poter accedere ad una serie di prodotti “di marca” molto comuni in occidente e tra la parte benestante della stessa popolazione peruviana, e in parte perché, appunto a causa della povertà, riesce difficile proporre un discorso di prezzi più alti ma che garantiscono l'assenza di sfruttamento del lavoro o di deterioramento dell'ambiente circostante.

un progetto di partnership internazionale per favorire lo sviluppo di micro – imprenditorialità e protagonismo giovanile nei territori peruviani di Lima e Cajamarca. Attraverso la costituzione di ponti di scambio tra l’Associazione “MANTHOC”e la cooperativa sociale “La Linea dell’Arco” , il progetto si propone di investire in risorse e competenze per consolidare le organizzazione di base di ragazzi/e lavoratori peruviani e favorire in Italia l’incontro con un modello educativo centrato sul protagonismo e sullo sviluppo della micro-imprenditorialità giovanile. Tutto ciò per promuovere una cultura differente nei rapporti fra Nord-Sud del Mondo non fondata sulla relazione di aiuto del Nord nei confronti del Sud del mondo ma su una relazione di reciprocità nella quale comunemente si può dare e ricevee, insegnare e apprendere.

E' importante comunque evidenziare come i prodotti del MANTHOC siano presenti nell'unica bottega equa presente nella città di Lima, zona Barranco122, detta “K'antu”123 e, ovviamente nella

piccola bottega “Justo nomas” dello stesso MANTHOC.

L'idea è quella di riuscire a promuovere e creare un mercato equo e solidale Sud-Sud come parte del processo di integrazione economica e sociale dei popoli dell'America Latina, e come alternativa ai trattati di libero commercio attualmente in vigore.

Anche per questo si è provveduto a creare la Mesa de Coordinaciòn Latinoamericana de Comercio Justo (MCLACJ) che articola le diverse esperienze di commercio equo e solidale in America Latina e promuove affari solidali tra i vari paesi.

Principalmente però i prodotti del MANTHOC vengono venduti in Italia, Svezia e Germania, anche per merito dei numerosi “amici” internazionali che il Movimento è riuscito a coinvolgere nel corso dei suoi 31 anni di attività.

Come si può vedere dal diagramma sottostante, la partecipazione al mercato equo e solidale non è qualcosa di estraneo al mondo dei NATs, ma attraverso diverse attività (principalmente laboratori di marketing solidale e di gestione delle imprese, conferenze, incontri, dibattiti con esperti e tra NATs) i ragazzi vengono avvicinati al mondo del comercio justo anche con la finalità di far loro comprendere il percorso dei loro prodotti.

122Il distretto di Barranco, il più piccolo tra i 43 distretti Lima, è una zona ricca e turistica della città. Affacciato sull'Oceano Pacifico e famoso per i suoi numerosissimi locali notturni, è cosiderato la parte più “romantica e bohemien” della città.

123Il centro di K’antu, non è un semplice negozio, è un piccolo complesso di 200 metri quadrati composto da una caffetteria, il negozio degli artigiani e del commercio equo, l’agenzia di turismo responsabile Pachamama e uno spazio culturale dedicato a conferenze, mostre d’arte e presentazioni artistiche in generale. La Bottega K’antu ha solo un precedente in Perù: si tratta della "Casa del Corregidor - Centro de Economía Solidaria" nella città di Puno. Come nel caso della "Casa del Corregido" di Puno, CIAP (Central Interregional de Artesanos de Perù) ha preso in affitto il locale di Barranco per 5 anni con un credito facilitato dalla Cooperativa Italiana Il Canali, che ha permesso di coprire i costi di condizionatura, i mobili e la prima quota dell’affitto.

La Cooperativa Equo Mercato

In Italia il maggior esportatore e venditore di prodotti del MANTHOC è la Cooperativa Equo Mercato, una centrale di importazione del commercio equo e solidale.

La decisione di vendere prodotti provenienti da lavoro minorile presa da questa cooperativa è in apparenza contraria ai principi del commercio equo e solidale in quanto nella Carta Italiana dei Criteri del Commercio Equo e Solidale124 si legge chiaramente che “Le organizzazioni di Commercio Equo e Solidale (Botteghe del Mondo, Importatori, Produttori, Esportatori) si impegnano a non ricorrere al lavoro infantile e a non sfruttare il lavoro minorile, agendo nel rispetto della Convenzione Internazionale sui diritti dell'Infanzia” .

Da sempre la Cooperativa Equo Mercato cerca di istituire un rapporto diverso con i piccoli produttori dei paesi del sud del mondo, in genere sfruttati dalle economie occidentali, e che le

124Allegato 4A Organización de NATs en grupos Cogestión: Preparándonos para la actividad laboral • • Toma deToma de decisiones decisiones • • ReunionesReuniones semanales semanales

Establecen reglasEstablecen reglas • • ParticipaciónParticipación activa activa Formación de Formación de NATs Personal – NATs Personal – Laboral) Laboral)  Organización  Cogestión  Gestión empresarial  Marketing  Proyecto de Vida  Economía solidaria

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Comercio Justo Acompañamiento Participación Organización Economía solidaria Producción: La puesta en práctica

centrali di importazione “eque” tentano invece di fondare sui principi della solidarietà e del prezzo giusto. La novità risiede dunque nel fatto che in questo caso i produttori sono piccoli anche per età! In realtà la Cooperativa Equo Mercato dopo una lunga riflessione è giunta alla considerazione che il commercio equo e solidale possa rappresentare per i NATs una concreta possibilità di sviluppo, senza dimenticare che, se questi bambini e adolescenti si trovano nella condizione di dover lavorare è giusto che possano farlo in condizioni degne e non lesive della loro dignità.

Si ha la consapevolezza che il problema debba sempre essere affrontato attraverso un’analisi approfondita della situazione socio-economica del paese, della specifica area economico-culturale, dell’economia familiare, del tipo di lavoro svolto dai bambini, delle sue motivazioni ed effetti, del ruolo che i bambini svolgono, di come essi vivono psicologicamente oltre che fisicamente la loro attività lavorativa, di che cosa ne traggono, non solo sul piano economico ma anche su quello della loro crescita e formazione della personalità.

Questa riflessione è nato da un quasi casuale quanto fortuito incontro nel 1995 a Lima tra alcuni membri della Cooperativa Equo Mercato e il MANTHOC.

Per circa tre anni la Cooperativa si è impegnata a vendere i prodotti del MANTHOC, avviando così un percorso di reciproca conoscenza e sensibilizzazione.

Nel giugno del 1999 la Cooperativa Equo Mercato invita il MANTHOC a partecipare alla Fiera del Commercio Equo e Solidale, tenutasi a Milano, e alla contemporanea assemblea internazionale dell'IFAT (International Fair Trade Association)125, durante la quale i delegati presenti avanzarono la

proposta di essere riconosciuti come attori del commercio equo e solidale.

Gli interventi dei ragazzi alla conferenza IFAT e i numerosi incontri durante la fiera furono un’occasione concreta per poter riflettere su un progetto in cui i bambini sono una parte attiva e non un semplice oggetto di discussione nell’ambito del problema del lavoro minorile. In quell'occasione venne anche realizzata una mostra fotografica, in collaborazione con la ONG ASPEm126, e una serie

125Nata nel 1989 in Olanda, IFAT è cresciuta e si è sviluppata in una rete globale, costituendo l'unica organizzazione che rappresenta sia gli importatori del Nord del mondo sia le associazioni di produttori del Sud del mondo. Oggi riunisce quasi 350 organizzazioni di 70 Paesi del mondo. Circa il 65% dei membri IFAT sono stanziati nel Sud del mondo (Asia, Africa, Medio Oriente, America Latina), mentre il rimanente 35% si trova nel Nord America, in Europa e lungo la costa del Pacifico. I membri di IFAT rappresentano tutta la catena del commercio equo, dalla produzione alla vendita: cooperative, associazioni, centrali d’importazione, compagnie d’esportazione, gruppi di produttori, Botteghe del Mondo, istituzioni finanziarie e reti associative nazionali ed internazionali che seguono i criteri IFAT.

126ASPEm è una ONG di Cooperazione Internazionale che nasce a Cantù nel 1979 da un’esperienza di comunità cristiana con un forte impegno sociale e civile, che identifica nella solidarietà tra i popoli del Nord e del Sud uno dei temi decisivi per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace. ASPEm ha iniziato la sua attività in Perù nel 1987 nei quartieri urbano-marginali di Lima Est, con i settori della popolazione che si trovano in condizione di estrema povertà povertà e di esclusione dalla società.

di incontri nelle scuole, in modo da poter dar voce ai NATs e far conoscere anche in Italia la loro realtà e il loro punto di vista sul lavoro minorile.

Dopo questo incontro in Italia, i NATs del MANTHOC hanno ricambiato l'ospitalità ricevuta, invitando la Cooperativa Equo Mercato a prender parte alla loro sedicesima assemblea, tenutasi a Lima nel febbraio del 2000, e investendola del ruolo di portavoce e rappresentante del MANTHOC in Italia.

Questo rapporto sempre più stretto tra MANTHOC e la Cooperativa Equo Mercato ha portato quest'ultima a staccarsi dalle considerazioni troppo generali e universalistiche, nonché adultocentriche ed eurocentriche, dei grandi organismi internazionali quali ILO e UNICEF.

In sostanza, secondo la Cooperativa Equo Mercato, il commercio equo e solidale, nelle sue affermazioni, ricalca le indicazioni delle Organizzazioni Internazionali e la posizione dell’opinione pubblica indotta dai mass media, senza alcuno sforzo di analisi, distinzione e approfondimento. Esso esprime un generico parere negativo nei confronti di un altrettanto generico e indefinito “lavoro minorile”.

Sarebbe quindi opportuno che il commercio equo e solidale facesse qualcosa di più che seguire acriticamente queste imposizioni, anche per poter garantire il rispetto e l’attenzione a ciascuna realtà con cui si pone in relazione. La Cooperativa Equo Mercato propone che il commercio equo e solidale, senza posizioni aprioristiche, né in negativo né in positivo, prenda in seria considerazione ed esamini con attenzione la situazione degli Organismi di produttori dove il lavoro dei minori sia presente in maniera più o meno palese. Sarebbe opportuno inoltre svolgere un’azione di correzione/limitazione al fine di ricondurre il contributo lavorativo dei minori, nei casi in cui già non fosse così, entro i limiti di un lavoro dignitoso, proporzionato alle esigenze e ai limiti psicofisici dei minori nel loro specifico contesto culturale; e come tale non solo accettarlo, ma valorizzarlo e difenderlo, dandogli il giusto rilievo e la dovuta importanza.

A proposito del contesto peruviano in cui fiorisce il ricorso a manodopera infantile, come detto in precedenza la realtà economica del Perù è in via di progressivo peggioramento e non ci sono realistiche possibilità di cambiamenti sostanziali in tempi brevi o medi.

Il fatto è che, per il Perù, come più in generale per il Sud del mondo, non è possibile ipotizzare una condizione dell’infanzia come quella delle nostre società: i minori in qualche modo devono contribuire al reddito familiare, non possono esimersi. L’unica possibilità è quindi la tutela dei minori lavoratori; anche perché non possiamo dimenticare che il PIL del Perù si basa anche sul reddito prodotto dai bambini lavoratori. Teniamo conto, infine, che nel contesto di queste economie

povere, i bambini che lavorano sono spesso orgogliosi di fare qualcosa di utile per gli altri: con la loro attività essi procurano sostentamento alla famiglia e/o riescono a pagarsi gli studi, possibilità che sarebbero loro precluse nel caso in cui non potessero lavorare.

Per cui la Cooperativa Equo Mercato si oppone ad ogni forma di lavoro minorile che significhi sfruttamento di soggetti deboli e indifesi, che soffochi lo sviluppo psicofisico del bambino, e si oppone al lavoro che non lasci il giusto spazio all’istruzione e al gioco.

Non condivide, invece, il rifiuto totale e generico a ogni forma di lavoro minorile, ma al contrario sostiene il lavoro dei minori quando:

● è vissuto consapevolmente come proprio contributo al miglioramento delle condizioni

economiche della famiglia e aiuto a se stessi (denaro necessario per vestirsi, per pagarsi la scuola e i libri, etc...);

● si esplica con un impiego ragionevolmente limitato di tempo e fatica;

● viene svolto in un ambiente protetto e adeguato materialmente e psicologicamente;

● è fonte di acquisizione di abilità pratiche e competenze, inventiva, capacità di iniziativa e

progettazione;

● è accompagnato da una formazione civica tendente allo sviluppo di capacità critiche.

In tutte queste categorie rientra pienamente il MANTHOC, che da anni lotta per il riconoscimento del lavoro dei NATs; lavoro che deve essere degno e svolto in luoghi e condizioni adatte all'età e allo sviluppo psicofisico del minore.

CONCLUSIONI

Il fenomeno del lavoro minorile, anche in virtù dei suoi oltre 200 milioni di bambini e adolescenti lavoratori in tutto il mondo, continua a dividere la società e a far discutere.

Le sue cause sono molteplici: povertà, modelli economici e politici che concentrano tutta la ricchezza in mano di pochi, assenza di politiche sociali serie e valide, situazioni di emergenza e spesso guerre. Non bisogna poi dimenticare l'influenza culturale che, in paesi quali il Perù, porta a considerare come normale ricorrere al lavoro dei bambini e degli adolescenti; infatti la partecipazione al lavoro quotidiano di individui di tutte le età, ciascun con compiti e tempi propri, fa parte di tradizioni millenarie e aiuta a rafforzare lo spirito comunitario.

Purtroppo nel tentativo di risolvere la situazione e di creare un “mondo a misura di bambino” (riprendendo il titolo del Documento Finale della Sessione Speciale sull'Infanzia di New York, 8-10 maggio 2002) si tende a generalizzare il fenomeno evitando di distinguere tra sfruttamento e lavoro svolto in condizioni adeguate allo sviluppo psico-fisico del minore.

Le soluzioni proposte (e imposte) dai grandi organismi internazionali sono spesso impraticabili o inadeguate a modificare le situazioni di disagio e ingiustizia in cui i minori lavoratori si trovano a vivere. In pratica si punta all'eliminazione del lavoro minorile senza però provare ad eliminare le cause profonde del lavoro minorile.

Boutros Ghali ha detto “Nelle zone povere i bambini se lavorano muoiono di fatica, se non

lavorano muoiono di fame”. A mio avviso i NATs, con le loro rivendicazioni e con il loro impegno

contraddicono il pensiero dell'ex segretario delle Nazioni Unite, in quanto chiedono di poter lavorare, per non morire di fame, ma di poterlo fare in condizioni degne, in modo da non morire di fatica.

Purtroppo la nostra concezione idealizzata dell'infanzia non ci permette di accogliere con facilità altre proposte alternative, che vedono nel lavoro dei bambini e degli adolescenti uno strumento di crescita e di partecipazione attiva alla vita comunitaria e familiare. Secondo l'ottica adultocentrica ed eurocentrica esiste una profonda incompatibilità tra infanzia e lavoro. Siamo abituati a pensare che il bambino non possa essere un lavoratore, così come un minore lavoratore non possa essere veramente un bambino (alcune volte ci riferiamo a loro usando termini quali “piccolo adulto” e simili). In questo modo il minore lavoratore subisce una doppia negazione della sua identità: lo neghiamo sia come bambino che come lavoratore.

Naturalmente il lavoro a cui ci si riferisce è un lavoro “giusto”, che non priva il minore del diritto di studiare e di giocare, ma anzi crea una convergenza tra queste differenti dimensioni.

E' opportuno capire che la scelta non può essere tra lavoro minorile e sua eliminazione, ma tra lavoro minorile sfruttato e lavoro minorile non sfruttato. La lotta allo sfruttamento è infatti condivisa da tutti, organismi internazionali e movimenti di NATs organizzati compresi.

I bambini lavoratori organizzati del MANTHOC sono ben lontani dall'immagine di “infanzia negata” che facilmente associamo ai piccoli lavoratori. Naturalmente si trovano ad affrontare dei problemi e la loro vita non è semplice, ma mantengono intatta la loro voglia di giocare, scherzare e di essere bambini. Hanno inoltre la consapevolezza di essere importanti per se stessi, la propria famiglia e l'economia dell'intero Paese. Le loro lotte sono a favore di un diritto a lavorare da garantire al minore.

Non nego che inizialmente sia stato per me difficile comprendere e accettare queste rivendicazioni, ma con il passare dei mesi mi sono resa conto che per i bambini e gli adolescenti peruviani un lavoro che tenga conto delle loro specificità rappresenta spesso l'unico modo dignitoso per far fronte alla condizione di estrema povertà in cui vivono. Rivendicando il diritto a lavorare infatti si oppongono strenuamente all'accattonaggio, alla prostituzione infantile, all'impiego in attività illecite o illegali, ma anche alla carità e all'assistenzialismo offerti da alcuni organismi nazionali e internazionali. Fondamentalmente i NATs ci chiedono di essere riconosciuti come soggetti attivi e non passivi della società, e dunque pretendono di essere interpellati sulle questioni che maggiormente li riguardano: infanzia e lavoro minorile.

La discussione sull'economia di solidarietà, pur essendo nata in America Latina e avendo numerosi precedenti, è in realtà nata da poco all'interno del MANTHOC. Quindi è sicuramente presto per poter tirare le somme. Appare però evidente che i valori dell'economia solidale e quelli espressi dai NATs siano spesso convergenti. Inizialmente i laboratori del MANTHOC costituivano semplicemente un impiego per i ragazzi, la discussione sui temi della solidarietà, del rispetto dell'ambiente, del giusto prezzo, etc... sono venuti molto dopo. E quando questa discussione ha avuto inizio il MANTHOC ha cercato degli alleati nella Rete Peruviana di commercio equo, nelle agenzie di turismo solidale, negli enti stranieri (quali la Cooperativa Equo Mercato e la OEW italiane), comprendendo appieno che fare economia solidale significa anche costruire reti. Non si può pensare di lavorare soli.

C'è ancora molto su cui lavorare, ma i NATs saranno sicuramente capaci di vincere anche questa sfida.

D'altra parte essi lanciano anche a noi una sfida e ci chiedono di non boicottare i loro prodotti, ma di apprezzarli e soprattutto di apprezzare la storia che sta dietro ogni oggetto. Non si tratta di una storia di disperazione e sofferenza, ma di una storia di speranza e di crescita. Infatti una economia responsabile e solidale non dovrebbe marginalizzare le persone, ma integrarle e valorizzarle.

Come dicevano i NATs riuniti a Berlino per il Secondo Incontro Internazionale “i bambini e adolescenti lavoratori non sono il problema, essi sono parte della soluzione”.

In realtà qualcosa si sta muovendo anche nell'opinione pubblica. Basti pensare che il MANTHOC, nel dicembre del 2007, ha ricevuto il premio “Cesena città della Pace 2007”, in precedenza assegnato, tra gli altri, a Gino Strada ed Emergency, alle madri di Plaza de Mayo e ai ragazzi della Locride che lottano contro la mafia.

Il sindaco di Cesena Giordano Conti ha così commentato la decisione “Il premio che consegniamo

vuole essere un riconoscimento da parte della nostra città all'operato che i membri di questo movimento svolgono quotidianamente e un incoraggiamento a continuare un lavoro molto prezioso anche se a volte privo della visibilità che meriterebbe".

ALLEGATO 1A