• Non ci sono risultati.

Il 1983: Commissione Bozzi e voto palese sulla legge di bilancio

CAPITOLO SECONDO

2. Le prime basi della riforma

2.1. Il 1983: Commissione Bozzi e voto palese sulla legge di bilancio

Nelle sedute del 14 aprile 1983, la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica, approvarono due documenti analoghi ( una risoluzione alla Camera, un ordine del giorno al Senato ) con i quali deliberavano di costituire una Commissione bicamerale composta da venti deputati e venti senatori, nominati dai Presidenti dei due rami del Parlamento, in modo da rispecchiare la proporzione tra i gruppi parlamentari, con il compito di formulare proposte di riforme

30

Cfr. la Relazione del Comitato per lo studio delle questioni istituzionali, Roma, Senato della Repubblica, 1983, p. 40.

78

costituzionali e legislative, nel rispetto delle competenze istituzionali delle Camere e senza interferire sull'iter delle iniziative legislative in corso.

La Commissione bicamerale per le riforme istituzionali, a presiedere la quale i Presidenti delle Camere nominarono il deputato Aldo Bozzi, tenne la sua prima seduta in data 30 novembre 1983; terminò il suo operato con la relazione conclusiva ( presentata il 29 gennaio 1985 ), nella quale vennero formulate le proposte di revisione costituzionale e legislativa per le quali si era manifestato in seno alla Commissione un ampio consenso, e furono riferite le posizioni differenziate o dissenzienti, sui punti per i quali un tale consenso non si era registrato. Complessivamente, la relazione comporterà la revisione di 44 articoli della Costituzione, anche se i risultati di tale organo alla fine potranno dirsi fallimentari.

L’opera della Commissione riguardò vari temi di revisione costituzionale, tra i quali sistema elettorale, modalità di votazioni e, soprattutto, il tentativo di giungere al modello democratico - parlamentare “ dell’alternanza ”, in luogo del “ consociativismo ” che in quegli anni vigeva attraverso il Governo pentapartitico.

Quest’ultimo punto fu di particolare importanza in quanto, tramite la presente riforma, si sarebbe dovuto riscoprire ed applicare con maggiore determinazione rispetto al passato, il principio maggioritario come strumento per decidere e governare.

Le “ riforme possibili ” del Pentapartito ( quelle cioè che avrebbero permesso di raggiungere un comune filo guida tra i diversi interessi delle maggioranze che allora guidavano Dc e Psi, senza scontri sanguinosi col Pci ), furono in larga parte orientate verso questa direzione che “ si attestò sin dall’inizio sul lato di un maggioritarismo

79

di funzionamento senza di fatto mai tentare la più ambiziosa e difficile strada del maggioritarismo di composizione ” 31.

Riguardo la questione delle votazioni, la Commissione, si trovò innanzitutto a dover risolvere una questione preliminare sollevata dai parlamentari comunisti: se fosse cioè competente a decidere nel merito o se la materia rientrasse invece, come affermavano i suddetti politici, in una riserva di Regolamento parlamentare.

Risolta positivamente la questione della competenza bisognava esaminare le modalità di votazione: da un lato, il voto segreto, agevolava l’ingovernabilità e la formazione di maggioranze estemporanee che potevano vanificare punti essenziali del programma di Governo; dall’altro, c’era il rischio che, l’abolizione o una drastica limitazione del voto segreto, avrebbe potuto rafforzare l’Esecutivo in modo tale da porlo in una posizione privilegiata rispetto al Parlamento, cosa che certamente non era voluta dai nostri costituenti.

All’interno della Commissione emersero posizioni diversificate: l’orientamento comunista, contrario a limitazioni corpose del voto segreto; quello socialista, favorevole alla costituzionalizzazione del principio del voto palese; infine la tesi democristiana e dei partiti laici, che si inseriva a metà strada tra le posizioni precedenti, ed era rivolta a introdurre il voto segreto per tutte le deliberazioni che comportavano variazioni di entrate o spese ed in altre materie giudicate decisive. La Commissione, come in altre occasioni ( per questo si disse che le sue risultanze furono un fallimento ), non riuscì ad enucleare una

31

S. CURRERI - C. FUSARO, Voto palese, voto segreto e forma di governo in trasformazione, in

80

proposta univoca, soprattutto per la preoccupazione di scontentare troppi partiti.

Alla fine, nella relazione di maggioranza predisposta dal Presidente Bozzi, venne avanzata la proposta di rafforzare il principio del voto palese attraverso la riforma dell’articolo 81 della Costituzione, al fine di stabilire la prevalenza della richiesta di scrutinio palese rispetto a quello segreto per “ le deliberazioni che comportino variazioni di spesa o di entrata per il pubblico erario ” 32.

Le altre forze politiche, però, si opposero con fermezza e vigore a tale impostazione data dalla Commissione. Secondo le correnti di minoranza, la questione non era stata affrontata nel suo complesso, dato che non era stata proposta nessuna revisione dell’articolo 72 Cost., ultimo comma.

Tale comma prevedeva, infatti, l’approvazione articolo per articolo e la votazione finale sui disegni di legge ma, la riforma della Commissione Bozzi, invece di affrontarlo direttamente, preferì aggirare l’ostacolo tramite l’accorgimento di introdurre l’obbligo del voto palese all’articolo 81 della Costituzione.

Questa proposta di limitazione alle sole leggi di spesa apparve facilmente superabile, rivelando per alcuni, un disegno più complesso ed articolato volto ad eliminare, dal Parlamento, possibilità di dialettica tra le parti e di partecipazione all’indirizzo governativo alle minoranze. Fu questa la critica mossa dal Partito Comunista Italiano. Le soluzioni prospettate dalla Relazione Bozzi non affrontavano inoltre, sempre secondo la stessa opinione, il problema della libertà

32

Alla fine del lavoro della Commissione Bozzi, il nuovo testo dell'articolo 81 Cost., ultimo comma, fu così riformulato: “Sulle deliberazioni parlamentari che importano variazioni di

entrata o di spesa, la richiesta di votazione palese prevale su quella per scrutinio segreto. I regolamenti per le Camere potranno disciplinare le forme di esercizio della richiesta”.

81

del parlamentare rispetto ai gruppi, trascurando, soprattutto alla Camera dei Deputati, le garanzie istituzionali per chi voleva esprimere il proprio dissenso. Da qui il problema del coordinamento tra divieto di mandato imperativo e disciplina dei gruppi politici che verrà affrontato anche nella riforma del 1988.

Sempre nel 1983 fu introdotta la sessione di bilancio, istituto volto a rendere più efficace la discussione ed approvazione in Parlamento degli atti, attraverso i quali, si esprime la manovra di bilancio del Governo: durante la sessione il Parlamento non può deliberare su altri disegni di legge, salvo quelli di conversione dei decreti legge, quelli legati alla manovra finanziaria e quelli urgenti legati all’adempimento di obblighi internazionali o comunitari.

Riguardo questa legge, come accennato, la Commissione Bozzi approvò allora un nuovo testo dell'articolo 81 della Costituzione secondo il quale, il Governo, dovrebbe presentare annualmente il bilancio per l'anno successivo, le previsioni per le entrate e le spese per l'ulteriore quadriennio ed, infine, il rendiconto.

Sulle deliberazioni parlamentari che importano variazioni di entrate o di spese, la richiesta di votazione palese prevalse dunque su quella per scrutinio segreto. I singoli regolamenti delle Camere avrebbero disciplinato le forme di esercizio della richiesta 33.

Infine, il nuovo testo dell'articolo 74, introdusse la previsione dell'approvazione a maggioranza assoluta dei componenti nel caso in cui la legge fosse stata rinviata dal Presidente della Repubblica per violazione dell'articolo 81 della Costituzione.

33

Relazione della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali, Roma, Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, IX leg., 1985, doc. XVI - bis, pp. 68 ss. “ Secondo molti

commissari - vi si legge - nel governo dell'economia si annidano le vere radici della cosiddetta ingovernabilità del Paese ”.

82

A conclusione dell’esame sull’operato della Commissione Bozzi, il Partito Comunista mosse verso questo organo una doppia critica, sia per il fatto di essersi occupato di materie già all’esame delle Giunte per il Regolamento delle due Camere, sia perché la Commissione non avrebbe fatto alcun riferimento alla scelta del tipo di votazione, procedura che sarebbe dovuta rimanere riservata comunque ai regolamenti parlamentari.

Con riferimento al nuovo articolo 81 della Costituzione, riformato dalla Commissione Bozzi, possiamo aggiungere che, su quella linea, si mossero alcune proposte di modificazione dei regolamenti presentate nel corso della IX legislatura.

La prima fu quella di Bozzi, Labriola, Spadaccia ed altri, presentata il 21 febbraio 1986, che vietava il voto segreto allorché “ la Camera fosse chiamata a deliberare su progetti di legge in materia tributaria e sui disegni di legge finanziaria e di approvazione di bilanci e di consuntivi, nonché su singoli articoli o parti di articoli e relativi emendamenti di qualunque progetto di legge che comportino variazioni di spesa o di entrata o indichino i mezzi con cui farvi fronte o comunque approvino appostazioni in bilancio ”.

In conclusione, nella relazione scritta che accompagnava tale proposta, si leggeva che il voto segreto “ poteva segnalare una crisi della maggioranza, poteva costituire un logoramento per il Governo in carica, ma, proprio per il suo carattere occulto ed irresponsabile, non delineava la possibilità di maggioranze diverse e di governi alternativi: non aiutava la fisiologia di un sistema democratico, ma ne aggravava soltanto la patologia ”.

La seconda fu la proposta Bassanini, Battaglia e Segni ( i “ tre saggi ” ), presentata il 22 dicembre 1986. Questo testo affrontò in toto

83

la questione dei progetti di legge che comportavano nuove o maggiori spese e che, sul tema specifico del voto segreto, propose di aggiungere, al primo comma dell’articolo 85 del Regolamento della Camera, le seguenti parole: “ L’articolo che contiene l’indicazione dell’onere complessivo previsto a carico del bilancio dello Stato o degli enti del settore pubblico allargato e la disciplina della relativa copertura finanziaria, è discusso e votato per primo, con gli emendamenti ad esso presentati. La votazione di questo articolo e degli emendamenti intesi a modificare la previsione dell’onere complessivo e la disciplina della copertura finanziaria avviene a scrutinio palese ”.

Inoltre, secondo questi parlamentari, si sarebbe dovuta attuare una soluzione che prevedeva l’obbligo di presentazione di una relazione analitica, da allegare ad ogni proposta di legge, che desse conto dei costi derivati sul bilancio statale; una verifica da parte dell’Ufficio parlamentare del bilancio sulla relazione stessa; la preventiva discussione e deliberazione assembleare sulla dotazione finanziaria della legge, al fine di ammettere al voto solo emendamenti non incidenti sul tetto di spesa prefissato.

Si auspicava, infine, la possibilità per la Corte dei Conti di adire la Corte Costituzionale sul rispetto delle norme in materia di copertura finanziaria delle leggi di spesa.

Questa proposta, decaduta con la fine anticipata della legislatura, fu immediatamente riproposta, all’inizio della X legislatura ( il 2 luglio 1987 ), dagli stessi firmatari e nell’identico testo.

Concludendo sulla relazione presentata dal Pci al termine dei lavori della Commissione Bozzi, questo documento sostenne alla fine che, tale organo, non sarebbe riuscito a risolvere il problema connesso delle garanzie da assicurare al parlamentare che intenda esprimere un

84

pubblico dissenso. Da qui il riaffiorare della questione riguardante il divieto di mandato imperativo.