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La situazione nel nuovo Millennio fino alla legge “ Gasparri ”

CAPITOLO TERZO

3. Operato delle Camere fino ai nuovi regolamenti del

3.1. La situazione nel nuovo Millennio fino alla legge “ Gasparri ”

All’inizio degli anni Duemila ci furono alcuni pareri della Giunta per il Regolamento, riguardanti le modalità di votazione nelle due Camere del Parlamento, che appaiono rilevanti ai fini della nostra ricostruzione.

In primis, nonostante fossero passati quattordici anni dalle riforme regolamentari di fine 1988, appare interessante riportare una testimonianza avuta nella seduta della Giunta per il Regolamento del 7 febbraio 2002.

Infatti, a quasi tre lustri dalle modifiche di fine anni Ottanta, in quella seduta emerse che il ricorso al voto segreto dovrebbe essere riservato esclusivamente alle votazioni riguardanti le persone; solo in quei casi si porrebbe, infatti, l’esigenza di tutelare le ragioni di coscienza ( in questo senso, per la maggioranza, l’onorevole Elio Vito; tra i contrari, per le opposizioni, l’onorevole Marco Boato per il quale “ lo scrutinio segreto è strumento di garanzia per tutti i deputati ” ) .

Continuando l’esame degli interventi della Giunta, come accennato in precedenza, mentre al Senato della Repubblica è ammesso il voto

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segreto anche solo per “ riferimento indiretto ” ad uno dei diritti elencati nella parte prima della Costituzione, alla Camera dei Deputati invece, secondo il parere della Giunta per il Regolamento emesso il 7 marzo 2002, vige il criterio della “ stretta attinenza ”, dunque il voto segreto è ammesso solo per questioni che introducono una disciplina significativamente divergente rispetto a quella esistente o che modificano le condizioni per l’esercizio dei diritti in questione.

Quando l'ammissibilità della richiesta di scrutinio segreta è controversa, entrambi i regolamenti assegnano al Presidente, sentita ove necessario la Giunta del Regolamento, la competenza a decidere in merito ( art. 49 comma 1 - quinquies R.C.; art. 113 comma 5 R.S.) . Con questo potere presidenziale di interpretazione nei casi di dubbio ( Giunta del Regolamento, 7 marzo 2002 ), si è voluto "sottrarre alla stretta logica dei numeri la decisione su materie in cui prevale la garanzia del singolo e delle minoranze" 66.

Proprio questa grande responsabilità del Presidente, connessa alla sua duplice funzione di esponente della maggioranza e di arbitro della legalità parlamentare, attirò in numerosi casi delle critiche sulle decisioni assunte in tema di ammissibilità del voto segreto; il ruolo della Presidenza fu, in quei casi, contestato anche dalle fila della stessa maggioranza di Governo e discusso con grande frequenza nelle cronache dei giornali.

Già all’inizio della legislatura, infatti, la Presidenza della Camera fu oggetto di aspri giudizi in seguito all’approvazione di emendamenti dell’opposizione o, addirittura, alla reiezione di provvedimenti governativi a causa della concessione del voto segreto.

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S. CURRERI, Il voto segreto: questioni applicative e prospettive di riforma, in Rassegna

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Il caso fu il progetto di legge di ratifica dell’ “ Accordo con la Svizzera sull’assistenza giudiziaria in materia penale ” ( A.C. 1507, poi legge n. 367 del 2001 ), in occasione del quale furono concesse alcune votazioni a scrutinio segreto sulle quali il Governo fu battuto; il Presidente della Camera ribadì l’ineccepibilità della sua decisione, ammettendo però di aver reso insoddisfatte maggioranza ed opposizione alternativamente.

Un ulteriore caso riguardò il disegno di legge di “ Delega del Governo per l’istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori nonché per la disciplina dei procedimenti in materia di separazione dei coniugi e di divorzio ” ( A.C. 2517 ), sul quale furono presentate due questioni pregiudiziali a firma Violante ed altri n. 1 e Castagnetti ed altri n. 2.

In quel caso, il voto segreto, aveva ad oggetto le pregiudiziali e venne ritenuto ammissibile in base al giudizio di prevalenza in quanto, il provvedimento, recava una disciplina fortemente innovativa rispetto a quella esistente, incidendo in modo significativo sui diritti degli articoli 29 e 31, secondo comma, della Costituzione.

In tale circostanza, le critiche provenienti dalla maggioranza, non verterono sulla qualificazione degli ambiti rientranti nell’articolo 49 del Regolamento ma proprio sul giudizio di prevalenza, dato che erano presenti norme con oneri finanziari. A tale obiezione l’opposizione replicò che, la Presidenza della Camera, aveva operato una valutazione non solo “ sulla quantità ma anche sulla qualità dell’intero provvedimento ”; dopo un acceso dibattito sui limiti e sulla portata dell’articolo 49 R.C., la Presidenza precisò che “ il criterio di prevalenza è sempre molto elastico, nel senso che la valutazione della prevalenza o della non prevalenza si articola in relazione alla natura

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del provvedimento ”. Il risultato di tale atteggiamento fu l’approvazione della pregiudiziale con conseguente reiezione del provvedimento governativo.

Proprio riguardo al giudizio di prevalenza, infatti, si era registrato un intervento della Giunta nel settembre 2002. Secondo questo parere, nei casi di oggetto composito di un progetto di legge, si procede ad effettuare il giudizio di prevalenza per statuire se sulla sua votazione finale possa essere ammesso o no lo scrutinio segreto, come stabilisce l’articolo 49 R.C.

Un giudizio di prevalenza che, il Presidente della Camera, ha ritenuto non debba fondarsi su criteri solo quantitativi, bensì su una valutazione in toto del provvedimento e delle sue preminenti finalità ( seduta del 25 settembre 2002 ) . Grazie a questa interpretazione, le questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate sulla proposta di legge in materia di “ legittimo sospetto ”, in relazione all'articolo 25 della Costituzione, furono votate a scrutinio segreto.

Le questioni pregiudiziali, dunque, devono essere votate con modalità analoghe a quelle adottabili per la votazione finale del progetto di legge, considerato che il voto favorevole sulle questioni pregiudiziali può causare la reiezione dell'intero provvedimento ed assumere quindi natura di deliberazione definitiva sul merito.

Diversamente si pone, invece, il problema per le questioni sospensive. In effetti, l'approvazione di una questione sospensiva, non costituisce una decisione definitiva, non determinando effetti sull'ordinamento né incidendo, in alcun modo, sul merito della proposta. La questione sospensiva, a differenza della pregiudiziale, incide sull'iter del progetto di legge che mira a sospendere, ma non comporta in sé, conseguenze sul merito dello stesso. Per queste ragioni, la Presidenza

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della Camera, ha ritenuto di non ammettere la richiesta di scrutinio segreto sulle questioni sospensive.

Sempre riguardo l’articolo 49 del Regolamento della Camera dei Deputati, ci fu una proposta di modifica presentata il 12 giugno 2002 dall’onorevole Pisicchio del gruppo La Margherita ( doc. II, n. 5 ), con l’intento di allargare l’area dello scrutinio segreto, prevedendo che potesse essere sempre richiesto per qualunque votazione.

Per far ciò propose di eliminare dal comma 1 dell’articolo 49 tutti i riferimenti riguardanti i diritti fondamentali della prima parte della Costituzione, le votazioni per modificare il Regolamento e quelle riferite alle leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato; di conseguenza avanzò la proposta di sopprimere anche il riferimento a queste materie contenuto nel comma 1 - quinquies. Questo testo non fu nemmeno discusso dalla Giunta per il Regolamento ( sarà ripresentato il 10 gennaio 2007 come doc. II, n. 4, con esiti analoghi rispetto a quelli del suo predecessore ) .

Un’altra situazione molto interessante verificatasi dopo la riforma del voto di fine 1988, della quale occorre dar conto, fu quella delle votazioni a scrutinio segreto richieste dalle opposizioni ( a scopo chiaramente ostruzionistico ) e sulle quali la maggioranza venne battuta o, comunque, ebbe gravi divisioni e fratture interne. Ciò avvenne nel corso della XIV legislatura ( 2001 - 2006 ) e la questione fu davvero emblematica poiché, nonostante la maggioranza di governo potesse contare su 90 deputati e 42 senatori in più rispetto all’opposizione, si ebbero comunque votazioni segrete contrarie all’Esecutivo in carica.

Vero è che, tali votazioni, non furono mai decisive e toccarono aspetti per lo più marginali dei provvedimenti in esame, anche se una volta

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esse comportarono la bocciatura di un progetto di legge al Governo 67.

Nonostante il suddetto vantaggio numerico, esse non furono solo espressione della libertà di coscienza del parlamentare, ma rappresentarono soprattutto un segnale di disagio da parte di esponenti della stessa maggioranza parlamentare di centro destra verso provvedimenti ad essa imposti dal Governo ( una sorta di ritorno dei “ franchi tiratori ” ) .

Infatti, tra il 2001 ed il 2005, la maggioranza governativa fu sconfitta diverse volte in votazioni su cui l’opposizione aveva chiesto lo scrutinio segreto: si pensi all’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge 20 agosto 2001, n. 336, recante “ Disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive ”; al già citato esame del disegno di legge sulla ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra Italia e Svizzera sull’assistenza giudiziaria in materia penale ( seduta del 27 settembre 2001 ); all’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge 12 ottobre 2001 recante “ Misure urgenti per contrastare il finanziamento del terrorismo internazionale ” ( seduta del 12 dicembre 2001 ); infine alla riforma del sistema elettorale ( poi legge n. 270 / 2005 ) nella seduta del 12 ottobre 2005.

Sempre in materia, bisogna richiamare due esempi di richieste di voto segreto avanzate dalle opposizioni ed accolte dalla Presidenza, le quali causarono forti dissidi e polemiche all’interno della maggioranza di governo.

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L'unico caso in tal senso riguarda l'approvazione, nella seduta della Camera del 5 novembre 2003, delle questioni pregiudiziali presentate dall'opposizione in relazione al disegno di legge sull'istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori e procedimenti in materia di separazione dei coniugi e di divorzio.

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Il primo riferimento è all’A.S. 1578, “ Modifica degli articoli 45, 46, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale ”, cosiddetta “ Legge sul legittimo sospetto ” o “ Legge Cirami ”, che ebbe ben quattro letture in un lasso di tempo molto breve. I conflitti sul metodo e sul merito del provvedimento si manifestarono attraverso lo strumento delle continue richieste di voto segreto soprattutto alla Camera, mentre al Senato i mezzi impiegati per dilatare i tempi d’esame furono altri, dai richiami al rispetto del Regolamento all’ampliamento del dibattito in discussione generale, infine la presentazione di numerosi emendamenti.

Anzi, proprio durante l’esame in prima lettura nell’Assemblea di Palazzo Madama, la richiesta di voto segreto fu avanzata dalla maggioranza per l’approvazione di un emendamento sostitutivo dei tre articoli originari del provvedimento, al fine di interrompere l’ostruzionismo delle opposizioni; in quella sede la votazione finale si ebbe a scrutinio palese ( nella stessa seduta, quella del 1° agosto 2002, su 59 votazioni solo una si svolse a scrutinio segreto ) .

Alla Camera dei Deputati, il voto segreto risultò ammissibile in quanto le norme in esame introducevano una disciplina sostanzialmente divergente rispetto a quella esistente, incidendo su principi e diritti costituzionalmente garantiti e richiamati dall’articolo 49 R.C. Di conseguenza, in seconda lettura, alla Camera le votazioni segrete furono 11 su 89, compresa la votazione finale; in varie occasioni la maggioranza fu in bilico, dando addirittura in un caso situazione di assoluta parità ( 273 favorevoli e 273 contrari ) 68,

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Si trattava del subemendamento n. 0.1.390.23, respinto proprio a causa della parità tra favorevoli e contrari. Il relativo emendamento n. 1.390 fu invece approvato, sempre a scrutinio segreto, con una differenza di 44 voti.

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contribuendo ad aumentare la tensione tra le parti. In terza lettura, i toni dello scontro andarono via via attenuandosi, al fine di cercare soluzioni che migliorassero il testo; al Senato non ci furono votazioni segrete, mentre alla Camera furono 20 su 21, ma questa volta il voto finale fu palese, segno evidente di voler fare confluire in modo certo e senza sorprese i voti della maggioranza sull’approvazione definitiva del testo ( seduta del 5 novembre 2002 ) .

Altro caso particolarmente delicato fu il provvedimento sulla disciplina del sistema radiotelevisivo ( A.C. 310 ), cosiddetta “ Legge Gasparri ”, il cui iter si rivelò molto travagliato.

Alla Camera dei Deputati, in prima lettura, nelle due sedute del 1° e del 2 aprile 2003, si registrarono 152 votazioni segrete su 621, inclusa la votazione finale del progetto di legge. Le norme invocate per sostenere la richiesta di scrutinio segreto furono l’articolo 6 della Costituzione sulle minoranze linguistiche, l’articolo 21 in tema di pluralismo ed il 31, comma secondo, sulla tutela dei minori.

La Presidenza dovette respingere in molti casi le richieste di scrutinio segreto sulla base del già richiamato criterio della prevalenza, in quanto le norme non erano tali da incidere direttamente sui diritti costituzionalmente protetti, oppure erano norme meramente organizzatorie o procedimentali.

In più occasioni, il Governo, fu battuto su emendamenti dell’opposizione votati a scrutinio segreto; anche in terza lettura le votazioni segrete furono molteplici ( nelle sedute del 1° e del 2 ottobre 2003 ci furono in totale 110 votazioni segrete su 357 ) e la votazione finale si ebbe nuovamente a scrutinio segreto.

Al Senato della Repubblica invece, nonostante le numerose votazioni segrete, il voto finale fu sempre palese, segno che questa Assemblea

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preferiva tale metodo di votazione; tuttavia, durante le varie letture, si riscontrò un aumento delle richieste di votazioni segrete: mentre sull’A.S. 2175 ci furono 16 votazioni segrete su 815 voti, sull’A.S. 2175 - B si registrarono 52 scrutini segreti su 104 ( seduta del 2 dicembre 2003 ) . Sembra evidente che, una valutazione così radicalmente diversa su di un identico testo, sia difficilmente riconducibile ai differenti criteri della “ stretta attinenza ” e della “ prevalenza ” cui, in tali casi, i Presidenti si ispirano. Essa appare, invece, frutto di quell’ineliminabile margine di discrezionalità e di elasticità, cui il Presidente è chiamato nel valutare la finalità primaria di un progetto di legge dal contenuto disomogeneo.

In conclusione, questi emblematici casi testimoniarono che, le richieste di voto segreto avanzate dall’opposizione, aumentarono nella XIV legislatura nonostante l’ampia maggioranza esistente in entrambe le Camere; ciò dimostra che il principale obiettivo dell’opposizione fu, ancor prima di battere la maggioranza, palesarne innanzi tutto le divisioni e le contraddizioni interne. Da questo punto di vista, il voto segreto, conservò la sua natura di strumento attraverso cui l’opposizione può far emergere le aree di dissenso nella maggioranza governativa.