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L'articolo 44 del decreto legislativo 33/2013 chiarisce quali siano i compiti assegnati agli organismi indipendenti di valutazione: a) la verifica della coerenza tra gli obiettivi previsti nel Piano triennale per la prevenzione della corruzione (e, con il d. lgs. 97/2016, non più nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, che è stato soppresso) e quelli indicati nel Piano delle performance;

b) la valutazione dell'adeguatezza dei relativi indicatori.

Questa norma è molto chiara: il Piano anticorruzione non deve essere un regolamento, che ripeterebbe le disposizioni già fissate dal decreto, ma deve includere vari contenuti, come l'accertamento della distanza dell'ente dai risultati che dovrebbe raggiungere in materia di trasparenza, la determinazione dei progetti operativi da compiere per avvicinarsi a quei risultati imposti dalle norme, e, insieme, la

fissazione di obiettivi, determinando gli indicatori per misurarli. Facendo un esempio, l'articolo 42 del decreto trasparenza detta specifici obblighi di pubblicità per i provvedimenti contingibili ed urgenti. Il Piano triennale anticorruzione non deve ripetere le prescrizioni già presenti nella norma, ma, al contrario, determinare come l'amministrazione controllata debba procedere per attuarle. Le operazioni si ripetono nello stesso modo per ogni tipo di

adempimento:

1) l'OIV esegue una ricognizione delle modalità seguite fino a quel momento dall'ente per pubblicare, nell'esempio, i provvedimenti contingibili ed urgenti, verificando allo stesso tempo se sono tutti stati appunto pubblicati;

previsioni del decreto 33/2013;

3) modifica le modalità operative utilizzate dall'ente elaborando specifici progetti, in modo da garantire la qualità dei livelli e dei sistemi di pubblicità previsti dalla norma. Per esempio:

a. acquisisce o modifica la piattaforma informatica sulla quale caricare i documenti, ai fini della pubblicazione;

b. crea l'apposita sezione sul portale; c. fissa la procedura di pubblicazione;

d. effettua un corso di aggiornamento per i dipendenti interessati e sviluppa una guida operativa;

e. rilascia il nuovo sistema;

f. inizia la pubblicazione secondo i nuovi schemi;

g. esegue la trasposizione sul portale, sempre nell'esempio, dei provvedimenti contingibili ed urgenti antecedenti alla modifica del sistema, a partire da una certa data;

4) fissa per ogni attività o progetto contenente un insieme di attività, indicatori di valutazione necessari, specificando quali risorse

finanziarie, strumentali ed umane serviranno. (Nel caso dell'esempio, si può pensare ad un programma per verificare i livelli di tolleranza su eventuali ritardi).

Insomma, mentre viene elaborato il Piano triennale per la prevenzione della corruzione, si possono realizzare

contemporaneamente progetti gestionali che incidano sul Piano della performance, sul Piano esecutivo di gestione e sul Piano dettagliato degli obiettivi.

Essendo il Piano anticorruzione triennale, può dettare tempistiche più lunghe di un anno, oppure programmi più urgenti. Per cui nella programmazione gestionale (Piano esecutivo e Piano dettagliato) verranno evidenziati i progetti prioritari, caratterizzati dalla durata annuale.

In questo modo, il compito degli OIV, è facilitato, e questi potranno attuare quanto previsto dall'articolo 44, ossia misurare il livello di trasparenza raggiunto e valutare la performance « sia organizzativa,

sia individuale del responsabile e dei dirigenti dei singoli uffici responsabili della trasmissione dei dati ». Ecco che il legislatore ha

voluto sottolineare che il rispetto della normativa sulla trasparenza ricade sull'intero vertice amministrativo, e tale misurazione è un contenuto obbligatorio ed indispensabile per il risultato della dirigenza e dei soggetti che garantiscono l'attuazione del Piano triennale per la prevenzione della corruzione.

L'altro soggetto incaricato della verifica dell'attuazione della normativa sulla trasparenza, è l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

Il decreto legislativo 97/2016 ha modificato l'articolo 45 del decreto trasparenza del 2013, sostituendo la denominazione di ANAC alla vecchia CIVIT (Commissione interdipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche),

precedentemente vigente, e ne ha modificato in parte i poteri. L'ANAC ha un vero e proprio ruolo di controllo nei confronti degli enti, infatti, il primo comma estende il suo potere di verifica in modo molto dettagliato, comprendendo anche “l'esatto adempimento” degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente.

Ovviamente, essendo la trasparenza assicurata soprattutto con la pubblicità, ANAC controlla anzitutto i siti istituzionali.

La norma precisa anche che l'Autorità può esercitare i suoi « poteri

ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle amministrazioni pubbliche ». Ovviamente, a tale potere ispettivo

corrisponde un obbligo in capo alle amministrazioni di consegnare tutto ciò che viene richiesto. Infatti, l'Autorità anticorruzione può

anche « procedere, entro un termine non superiore a trenta giorni,

alla pubblicazione dei dati, documenti e informazioni ai sensi del presente decreto, all'adozione di atti o provvedimenti richiesti dalla normativa vigente ovvero alla rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza ». Rispetto alla

precedente disciplina, il legislatore ha introdotto una novità: ANAC può anche imporre alle amministrazioni la pubblicazione, entro 30 giorni, di ciò che non è stato pubblicato.

Il mancato rispetto delle disposizioni del comma 1, e quindi la mancata pubblicazione, costituisce illecito disciplinare, secondo il comma 4 dello stesso articolo 45, rinnovato rispetto al suo

predecessore. L'ANAC, avvedutasi del fatto, segnala l'illecito all'ufficio per i procedimenti disciplinari dell'amministrazione interessata, affinché questo attivi « il procedimento disciplinare a

carico del responsabile della pubblicazione o del dirigente tenuto alla trasmissione delle informazioni ». Come si può notare, la

responsabilità non ricade solo sul responsabile della trasparenza, a meno che questi non coincida col responsabile della pubblicazione o col dirigente che doveva trasmettere le informazioni. Si ritiene, inoltre, che l'ufficio di disciplina dovrà successivamente informare l'Autorità delle azioni compiute e del loro esito. Rimane il problema, per gli enti locali in cui il responsabile sia il Segretario comunale, della compatibilità di esso con il ruolo di dirigente dell'ufficio di disciplina. La Corte dei conti della Sardegna ha risposto che tale incompatibilità non sussiste, ma si deve costituire l'ufficio di disciplina in modo specifico nel caso in cui agisca nei confronti del Segretario.20

Conseguentemente alle istruttorie, ANAC dovrà segnalare gli inadempimenti ai vertici politici delle amministrazioni, agli OIV, e,

se ritenga che ci siano danni erariali, anche alla Corte dei conti. Dunque, il mancato rispetto della normativa sulla trasparenza incide anche sulla responsabilità dirigenziale ed erariale.

L'ANAC deve rendere pubblici i suoi provvedimenti, caricandoli sul proprio sito, in modo da far sapere ai cittadini come operano le amministrazioni.

Nell'ultimo periodo del comma 4, è disciplinata una specifica competenza in capo all'Autorità anticorruzione, a proposito della mancata attuazione degli obblighi di pubblicazione sulla situazione patrimoniale dei componenti degli organi di governo e dei dirigenti (art. 14 d. lgs. 33/2013). L'ANAC deve, in tal caso, pubblicare « i

nominativi dei soggetti interessati per i quali non si è proceduto alla pubblicazione ».

L'Autorità anticorruzione, secondo quanto stabilito dal comma 2, controlla anche l'operato dei responsabili per la trasparenza, a cui può inoltre chiedere il rendiconto sui risultati del controllo di loro

competenza, così da assicurare che le sue funzioni non rimangano solo previsioni formali. Infine, l'ANAC può rivolgersi all'Organismo indipendente di valutazione per domandare ulteriori informazioni sul controllo dell'esatto adempimento degli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente, sulla base delle funzioni di verifica e auditing interno svolte da questi organismi.

In conclusione, ai sensi del terzo comma, ANAC si avvale « delle

banche dati istituite presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica per il monitoraggio degli adempimenti degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente ».

Il decreto trasparenza, in varie sue parti, dispone specifiche norme in tema di responsabilità dei soggetti chiamati ad attuarne le

disposizioni, ma contiene anche una norma di carattere generale: l'articolo 46, dal titolo “Violazione degli obblighi di trasparenza – Sanzioni” nella versione originale del decreto legislativo 33/2013, modificato in “Responsabilità derivante dalla violazione delle disposizioni in materia di obblighi di pubblicazione e di accesso civico” dalla novella del decreto legislativo 97/2016.

Le sanzioni possono quindi scattare in due casi: inadempimento agli obblighi di pubblicazione, e rifiuto, differimento e limitazione dell'accesso civico, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 5- bis. Il primo caso di inadempimento riguarda tutti i dirigenti o responsabili di servizio per i molteplici adempimenti di

pubblicazione previsti dalla norma, per cui cadere in errore è un rischio elevatissimo. Il secondo, invece, ha a che vedere con la riforma dell'accesso civico: riguarda tutta la dirigenza anche questo, ma si può estendere fino ai responsabili materiali del procedimento di accesso civico. Questa seconda sanzione, novità della riforma del 2016, vuole sicuramente favorire l'accesso civico, perché intende colpire atteggiamenti finalizzati a neutralizzarlo, attraverso provvedimenti di diniego all'esercizio di tale diritto “strumentali”, cioè adottati fuori dai casi previsti dall'articolo 5-bis. Tuttavia, le sanzioni previste dall'articolo 46 sembrano essere insufficienti, a causa dell'articolo 5 del decreto,che introduce l'istituto del silenzio- rigetto. La norma in esame, infatti, non prevede nessuna sanzione per il caso in cui il responsabile della trasparenza, o il dirigente, o il responsabile del procedimento, lascino decorrere 30 giorni dall'istanza, in modo da formare un diniego implicito. Questo

favorisce ovviamente atteggiamenti speculativi, dato che è molto più comodo utilizzare il silenzio-rigetto che esenta i responsabili

dall'istruttoria, invece necessaria ai fini dell'adozione di un provvedimento espresso, ma non espone al rischio di disporre un

rigetto che possa rivelarsi contrario ai vincoli fissati dall'articolo 5- bis, e dunque oggetto di sanzione. Il tanto criticato silenzio-rigetto dimostra di nuovo come venga vanificato il sistema di accesso civico ispirato al FOIA statunitense a cui il legislatore pareva voler aspirare. L'articolo 46 prevede tre tipologie di responsabilità:

a) responsabilità dirigenziale. Il riferimento è all'articolo 21 del decreto legislativo 165/2001, e, quindi, alla possibilità che come conseguenza degli inadempimenti si giunga al mancato rinnovo dell'incarico dirigenziale, alla revoca anticipata, fino anche alla risoluzione del rapporto di lavoro, come accade per qualunque obiettivo assegnato e non raggiunto da un dipendente. Anche l'Autorità anticorruzione ha ribadito la necessità di inserire l'attuazione degli obblighi di trasparenza e delle misure di

prevenzione della corruzione nell'ambito degli obiettivi identificati nell'atto di incarico o nel contratto di lavoro, ai fini del collegamento con la responsabilità dirigenziale21;

b) responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione. Questa è uno specifico tipo di responsabilità amministrativa ed erariale. Ciò è dato dal fatto che i media e la politica danno molto rilievo alla questione della trasparenza, cosicché il danno

all'immagine dell'intera amministrazione che si viene a creare in questi casi è molto incombente sull'operato di dirigenti e responsabili di servizio;

c) valutazione ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili. Questa responsabilità da risultato è connessa alla capacità dei dirigenti e degli uffici di adempiere ai tanti obblighi previsti dalla normativa.

Inoltre, il comma 2 dell'articolo in questione, chiarisce che « il

responsabile non risponde dell'inadempimento degli obblighi di cui al comma 1 se prova che tale inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile ». Dunque, in ogni caso, non si configura la

responsabilità oggettiva.

Il decreto trasparenza prevede, poi, sanzioni ad hoc per particolari casi di inadempimento.

La prima tipologia di sanzioni, secondo il primo comma, concerne le informazioni sulla situazione patrimoniale dei soggetti dell'articolo 14 del decreto trasparenza, ossia i componenti degli organi di governo ed i titolari di incarichi dirigenziali. La sanzione riguarda anche gli obblighi di pubblicazione, previsti dall'articolo 22, dei dati relativi agli organi di gestione e rappresentanza, preposti agli enti pubblici vigilati, agli enti di diritto privato in controllo pubblico e alle partecipazioni in società di diritto privato, secondo quanto disposto dal secondo comma. Inoltre, non colpisce il responsabile della trasparenza o gli uffici istruttori, ma il soggetto tenuto a fornire all'ente presso il quale espleta il proprio mandato i dati, che abbia omesso o reso in modo incompleto l'adempimento. La sanzione va da un minimo di 500 ad un massimo di 10.000 euro. Anche questo provvedimento deve essere pubblicato sul sito internet

dell'amministrazione interessata.

Il decreto 97/2016 ha introdotto un nuovo comma 1-bis che dispone l'applicazione della sanzione prevista anche nei confronti del

dirigente che non effettua la comunicazione relativa agli emolumenti complessivi percepiti a carico della finanza pubblica, dovuta ai sensi dell'articolo 14, comma 1-ter, e nei confronti del responsabile della mancata pubblicazione dei corrispondenti dati.

L'articolo 47 del decreto legislativo 33/2013 si era rivelato una delle norme di più complicata applicazione, perché al comma 3 in origine

stabiliva che « le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono irrogate

dall'autorità amministrativa competente in base a quanto previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 » senza specificare quale fosse

detta autorità. Intervenne l'ANAC, inizialmente operando una lettura della normativa vigente basata sulla valorizzazione dell'autonomia organizzativa delle amministrazioni, chiamate ad adottare un

regolamento per individuare i soggetti competenti per l'istruttoria dei procedimenti sanzionatori e quelli per l'irrogazione delle conseguenti sanzioni, appunto in conformità coi principi della legge 689/1981.22

Tale interpretazione aveva però portato ad un'attuazione eterogenea del regime sanzionatorio tra le varie amministrazioni e, quindi, conseguenze sul piano dell'effettività dell'applicazione delle sanzioni e della violazione del principio di uguaglianza in tema di trasparenza. Successivamente, l'Autorità anticorruzione aveva modificato tale suo orientamento, ed aveva assunto direttamente la funzione di soggetto competente ad avviare il procedimento sanzionatorio, anche per garantire l'applicazione della disciplina in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, così come richiesto dall'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione.23 Questa tesi già aveva spinto il

legislatore, con il decreto legge 90/2014, ad attribuire ad ANAC il potere di irrogare sanzioni pecuniarie in caso di mancata adozione dei Programmi triennali per la trasparenza e l'integrità, del Piano per la prevenzione della corruzione e dei codici di comportamento, affiancando tali poteri ai già esistenti in tema di vigilanza e controllo sull'esatto adempimento degli obblighi di pubblicazione. Per cui l'ANAC si era riservata l'attività di accertamento, di contestazione e di notificazione delle violazioni degli obblighi dell'articolo 47, 22 ANAC, determinazione n. 66 del 31 luglio 2013.

23 ANAC, Individuazione dell'autorità amministrativa competente all'irrogazione

delle sanzioni relative alla violazione di specifici obblighi di trasparenza (art. 47 del d.lgs. 33/2013), determinazione n. 10 del 21 gennaio 2015.

commi 1 e 2, ai sensi della legge 689/1981, al fine del pagamento in misura ridotta. Ciò anche prevedendo che, nell'ipotesi in cui non fosse stato effettuato il pagamento in misura ridotta dovuto ad ANAC, il Presidente dell'Autorità avrebbe dovuto darne

comunicazione al prefetto del luogo ove aveva sede l'ente in cui erano state riscontrate le violazioni, per l'irrogazione della sanzione definitiva ai sensi del decreto legge 90/2014. L'articolo 19, comma 7, di questo decreto, infatti, aveva attribuito al Presidente dell'ANAC il potere di segnalare « all'Autorità amministrativa di cui all'articolo

47, comma 3, del decreto legislativo 33/2013 le violazioni in materia di comunicazione delle informazioni e dei dati e di obblighi di pubblicazione previsti nel citato articolo 47, ai fini dell'esercizio del potere sanzionatorio di cui al medesimo articolo ». Dunque, già si

presentava il problema della mancata chiara definizione di questa “Autorità amministrativa”, che ANAC precisava non potesse essere individuata nel prefetto del luogo in cui si fossero verificate le violazioni. In conclusione, l'Autorità anticorruzione, con l'atto di segnalazione al Parlamento n. 2 del 11 febbraio 2015, ha ribadito la necessità di un intervento legislativo per definire con precisione il sistema sanzionatorio e i soggetti responsabili.

Il decreto legislativo 97/2016 è intervenuto in modo radicale, sostituendo il comma 3 con una previsione finalmente chiara e precisa: « Le sanzioni di cui al comma 1 sono irrogate dall'Autorità

nazionale anticorruzione. L'autorità nazionale anticorruzione disciplina con proprio regolamento, nel rispetto delle norme previste dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, il procedimento per

l'irrogazione delle sanzioni ». Adesso la legge indica esplicitamente

che l'autorità competente è l'ANAC, a cui viene demandato il compito di descrivere con proprio regolamento la procedura da

seguire, sempre nel rispetto però della legge 689/1981.

Tuttavia, secondo ANAC tale revisione dell'impianto sanzionatorio è insufficiente, perché non si è rafforzato il potere di ordine, per cui, ancora oggi, se l'ordine non viene rispettato l'Autorità anticorruzione può solo segnalare la violazione all'Ufficio dei procedimenti

disciplinari della pubblica amministrazione interessata, per

l'attivazione della responsabilità disciplinare e dirigenziale. ANAC auspica che all'inottemperanza dell'ordine possa far seguito una sanzione pecuniaria quale misura di extrema ratio che operi nei rari casi in cui le pubbliche amministrazioni non si adeguino all'ordine, e pure l'estensione della sanzione pecuniaria ex articolo 47 alla

mancata pubblicazione dei dati sugli incarichi conferiti dalle società (articolo 15-bis).24

1.10 L'ATTUAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI