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2. LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA ALLA LUCE DELLA LEGGE ANTICORRUZIONE

2.3 IL RESPONSABILE DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELLA TRASPARENZA ED IL

PIANO TRIENNALE DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE

L'articolo 8 della legge 190/2012, come modificato dal decreto legislativo 97/2016, stabilisce che « l'organo di indirizzo adotta il

Piano triennale per la prevenzione della corruzione, su proposta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, entro il 31 gennaio di ogni anno e ne cura la trasmissione

all'Autorità nazionale anticorruzione ».

Innanzitutto, come già detto nel precedente capitolo 1, paragrafo 1.8, il Responsabile per la prevenzione della corruzione ed il

Responsabile della trasparenza coincidono, a seguito della modifica della disciplina preesistente apportata dal decreto legislativo

97/2016. Pertanto, con la Delibera 831/2016, ANAC precisa che la figura unica sarà da ora in poi indicata col nominativo di

Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT).

L'articolo 1, comma 7, della legge 190/2012, è stato novellato dall'articolo 41, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 97/2016, prevedendo che « l'organo di indirizzo individua, di norma tra i

dirigenti di ruolo in servizio, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ». Viene superata la precedente

disposizione che considerava in via prioritaria i dirigenti

amministrativi di prima fascia come soggetti idonei all'incarico, anche nell'ottica di un'amministrazione con un numero ridotto di dirigenti di vertice. Nonostante ciò, è opportuno tenere di conto che il RPCT deve poter svolgere il proprio ruolo adeguatamente, con effettività e poteri di interlocuzione con gli organi di indirizzo e con l'intera struttura amministrativa, perciò, laddove è possibile, è sempre consigliabile mantenere in capo a dirigenti di prima fascia l'incarico. Il legislatore ha comunque ribadito che l'incarico sia da attribuire a un dirigente di ruolo in servizio, quindi la nomina di un dipendente con qualifica non dirigenziale deve essere motivata adeguatamente con riferimento alle caratteristiche dimensionali ed organizzative dell'ente, mentre la nomina di un dirigente esterno deve rimanere una assoluta eccezione, motivata anche in ordine all'assenza di soggetti interni aventi i requisiti previsti dalla legge.

Da sottolineare, inoltre, la previsione che il Responsabile abbia un'adeguata conoscenza dell'organizzazione e del funzionamento dell'amministrazione, sia dotato della necessaria autonomia

valutativa, che non sia in una posizione che presenti profili di conflitto di interessi e scelto, di norma, tra i dirigenti non assegnati ad uffici che svolgano attività di gestione e di amministrazione attiva, di conseguenza più esposti al rischio corruttivo. Altro requisito richiesto al Responsabile è l'esclusione di provvedimenti giudiziari di condanna o provvedimenti disciplinari a proprio carico.

Rimane ferma la previsione che negli enti locali la scelta ricada, di norma, sul Segretario, con estensione, da parte del decreto legislativo 97/2016, anche alla figura del dirigente apicale.

Sin da subito, si era notato il problema della scarsa indipendenza del Responsabile rispetto all'organo di indirizzo politico che lo nomina, mentre questa dovrebbe essere una caratteristica fondamentale di tale figura. Certamente, per creare una reale indipendenza ed autonomia dalle scelte politiche, sarebbe stato meglio agganciare tale soggetto anticorruzione con la magistratura.

Tenendo conto che i fenomeni corruttivi molto spesso si sviluppano in ambito politico, questa nomina potrebbe portare difficoltà nel caso in cui il responsabile-dirigente si trovi a dover segnalare casi di corruzione contro la stessa amministrazione che lo ha nominato. Inoltre, il Responsabile manca talmente di autonomia nell'esercizio della sua delicatissima funzione che non adotta il Piano triennale anticorruzione, ma solamente lo propone all'organo di governo, ovvero, negli enti locali, la Giunta comunale.

Nell'Aggiornamento del Piano triennale anticorruzione 2015, attuato con la determinazione numero 12 del 28 ottobre 2015, ANAC, a seguito della valutazione dei Piani triennali per la prevenzione della corruzione (PTPC) approvati dalle pubbliche amministrazioni fino a tale data, ha evidenziato come una delle cause della scarsa qualità dei Piani fosse individuabile nella non configurazione dei compiti e delle

responsabilità dei soggetti interni alle amministrazioni, con la conseguenza di una carente condivisione degli obiettivi di prevenzione della corruzione.

Ad esempio, un importante proposito dell'Aggiornamento 2015 è stato proprio suggerire soluzioni che portassero alla piena

consapevolezza e condivisione degli obiettivi di lotta alla corruzione anche dei componenti degli organi di indirizzo politico, fino ad ora quasi mai coinvolti. Infatti, alla luce della disciplina vigente precedentemente a tale aggiornamento, gli organi di indirizzo disponevano di competenze rilevanti nel processo di individuazione delle misure di prevenzione della corruzione e della nomina del Responsabile per la corruzione e l'adozione del PTPC. Ma la

responsabilità sulla qualità delle misure era molto attenuata. Infatti, i componenti degli organi di indirizzo politico potevano essere

chiamati a rispondere solo in caso di mancata adozione del Piano. Nulla era previsto sul suo processo di formazione che imponesse una consapevole partecipazione degli organi di governo.

Nel caso degli enti comunali, caratterizzati dalla presenza di due organi di indirizzo politico, uno generale, il Consiglio, ed uno esecutivo, la Giunta, ANAC ha ritenuto che sarebbe utile

l'approvazione da parte dell'assemblea di un documento di carattere generale sul contenuto del Piano, mentre l'organo esecutivo dovrebbe restare competente dell'adozione definitiva, cosicché la Giunta e il suo vertice (Sindaco), avrebbero più occasioni di esaminare e condividere il Piano.

Inoltre, deve essere posta particolare attenzione ad assicurare un pieno coinvolgimento dei titolari degli uffici di diretta collaborazione e dei titolari di incarichi amministrativi di vertice a cui non sia stato affidato il ruolo di Responsabile. Questo perché tali figure svolgono sia fondamentali compiti di supporto conoscitivo e di predisposizione

degli schemi di atti per gli organi di indirizzo, sia compiti di

coordinamento e di interpretazione degli atti di indirizzo emanati nei confronti degli organi amministrativi, rivestendo un ruolo chiave per il successo delle politiche di prevenzione della corruzione.26

L'articolo 41 del decreto legislativo 97/2016 ha previsto, inoltre, che l'organo di indirizzo politico dispone « le eventuali modifiche

organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei » al

RPCT, al fine di garantire che possa svolgere il proprio ruolo con autonomia ed effettività. Dunque, è auspicabile che il Responsabile sia dotato di una struttura organizzativa di supporto adeguata per qualità del personale e per mezzi tecnici, al compito da svolgere, e che gli vengano assicurati poteri effettivi di interlocuzione nei confronti di tutta la struttura, sia nella fase di predisposizione del Piano e delle misure, sia nel controllo delle stesse.

Per quanto concerne gli aspetti organizzativi, sembra necessaria ad ANAC la costituzione di un apposito ufficio dedicato allo

svolgimento di funzioni poste in capo al Responsabile, oppure, una integrazione di differenti competenze multidisciplinari di supporto a tale figura. Questa necessità di rafforzare il ruolo e la struttura organizzativa del RPCT è anche dovuta, come evidenziato nel precedente capitolo, alla nuova disciplina dell'accesso civico

introdotta dal decreto legislativo 97/2016: infatti, il Responsabile non solo ha la facoltà di chiedere agli uffici della propria amministrazione informazioni sull'esito delle istanze di accesso, ma deve occuparsi anche dei casi di riesame (art. 5, c. 7, d.lgs. 33/2013).

Il termine per adottare il Piano triennale, o il suo aggiornamento, è, secondo l'articolo 1, comma 8, la data del 31 gennaio di ogni anno. Nel regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, interno 26 ANAC, Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione,

alle singole amministrazioni, dovrà essere stabilito anche il termine entro cui il Responsabile della prevenzione della corruzione dovrà formalizzare il Piano e proporlo ufficialmente all'organo politico. Una volta approvato l'atto deliberativo col quale il Piano viene adottato, è ancora compito dell'organo di governo curarne la

trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. Inoltre, sempre tale norma, specifica il divieto assoluto di elaborare il Piano

anticorruzione avvalendosi dell'attività di soggetti esterni

all'amministrazione. Tale previsione da parte del legislatore appare un chiaro segnale di ricerca di efficienza e responsabilizzazione della dirigenza, ed anche della volontà di eliminare una possibile fonte di corruzione, dato che spesso gli incarichi di consulenza e

collaborazione a esterni possono nascondere indirette forme di tale fattispecie illecita.

Il successivo comma 9 dell'articolo 1 definisce indirettamente i contenuti del Piano anticorruzione, fissando le esigenze alle quali deve rispondere:

« a) individuare le attività, tra le quali quelle di cui al comma 16,

anche ulteriori rispetto a quelle indicate nel Piano nazionale anticorruzione, nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, e le relative misure di contrasto, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell'esercizio delle competenze previste dall'articolo 16, comma 1, lettera a-bis), del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ». Il citato comma 16 dell'articolo

1 della legge 190/2012, elenca le seguenti attività: a) autorizzazione e concessione;

b) scelta del contraente per l'affidamento dei lavori, forniture e servizi;

ausili finanziari, ed attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e per le progressioni di carriera.

Si tratta di un elenco generico di attività in cui più facilmente si può annidare il fenomeno corruttivo, ma, certamente, si può specificare in altri ambiti: ad esempio, estremamente sensibili sono i procedimenti per la concessione di appalti e le procedure di scelta del contraente, ma particolare attenzione va posta, precedentemente, anche sulla stessa individuazione del sistema di gara da utilizzare.

« b) prevedere, per le attività individuate ai sensi della lettera a),

meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione ». Il legislatore ha indicato

come uno degli strumenti principali per prevenire la corruzione, l'attività di formazione. ANAC, nella determinazione 12/2015, ha evidenziato come la formazione svolta negli anni abbia risentito delle scarse risorse a disposizione delle amministrazioni. Infatti, secondo l'Autorità, servirebbe una formazione più mirata relativamente alla individuazione delle categorie di destinatari ed in relazione ai contenuti. Sotto il primo profilo, la formazione deve riguardare, con approcci differenti, tutti i soggetti che partecipano, a vario titolo, alla formazione ed attuazione delle misure: Responsabile della

prevenzione della corruzione, referenti, organi di indirizzo, titolari di uffici di diretta collaborazione e di incarichi amministrativi di

vertice, responsabili degli uffici, dipendenti. Ulteriore

differenziazione deve essere fatta in rapporto alla diversa natura dei soggetti (pubbliche amministrazioni, enti pubblici, enti di diritto privato in controllo pubblico e meramente partecipati) tenuti all'adozione di misure di prevenzione e di trasparenza e ai diversi contenuti delle funzioni attribuite (enti territoriali generali, enti di

settore, enti di regolazione e enti di erogazione di servizi). Sotto il secondo profilo, la formazione deve riguardare tutte le diverse fasi: l'analisi del contesto esterno ed interno, la mappatura dei processi, l'individuazione e la valutazione del rischio, l'identificazione delle misure, i profili relativi alle diverse tipologie di misure (ad esempio controlli, semplificazioni procedimentali, riorganizzazione degli uffici, trasparenza). Inoltre, il tema della formazione è trattato dal comma 11 dell'articolo 1 che stabilisce che la Scuola superiore della pubblica amministrazione (senza creare nuovi costi, anche in materia di personale) allestisce appositi percorsi di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell'etica e della legalità. Con cadenza periodica e d'intesa con le amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori in cui è più elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione. Sarebbe stato il caso di estendere questa funzione anche alle altre amministrazioni, cosa che, nonostante questa lacuna, comunque in alcuni casi avviene tramite convenzioni ed accordi. « c) prevedere, con particolare riguardo alle attività individuate ai

sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano ». Il Piano deve

ovviamente dedicare particolare attenzione al ruolo del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza. Occorre dunque accrescere la conoscenza e competenza di questo soggetto mediante indispensabili e mirati interventi formativi.

ANAC, nella delibera 831/2016, ha sottolineato che l'atto di nomina del Responsabile dovrebbe essere accompagnato da un comunicato che invita tutti i dirigenti ed il personale a dare la necessaria

coinvolgimento dell'intera struttura organizzativa in tutte le fasi di elaborazione e attuazione del Piano.

Inoltre, con il decreto legislativo 97/2016 è stato ancora più chiaro l'intento di rafforzare i poteri di interlocuzione e controllo del

Responsabile nei confronti dell'intera struttura amministrativa. Infatti emerge che questa figura deve avere la possibilità di incidere

effettivamente sull'ente e che alla sua responsabilità si affiancano quelle dei soggetti che in base alla programmazione del Piano sono responsabili dell'attuazione delle misure di prevenzione.

Dal decreto legislativo di riforma del 2016, risulta anche la volontà del legislatore di creare maggiore comunicazione tra le attività del Responsabile e in particolare quelle dell'OIV, per sviluppare una comune linea di obiettivi di performance organizzativa e l'attuazione di misure di prevenzione. Infatti, da un lato si prevede la facoltà dell'OIV di richiedere al Responsabile informazioni e documenti per svolgere la propria attività di controllo (art. 41, c. 1, lett. h), d.lgs. 97/2016), dall'altro che la relazione annuale del Responsabile per la prevenzione, che riporta i risultati dell'attività svolta, e che deve essere pubblicata sul sito web dell'amministrazione, venga trasmessa oltre che all'organo di indirizzo dell'amministrazione, anche all'OIV. Infine, le modifiche del decreto legislativo 97/2016 hanno precisato che in caso di violazione del Piano sussiste la responsabilità

dirigenziale e per omesso controllo, sul piano disciplinare, se il Responsabile non prova di aver comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalità e di aver vigilato sull'osservanza del Piano. Resta comunque in capo al RPCT la responsabilità di tipo dirigenziale-disciplinare, prevista dall'articolo 1, comma 12, della legge 190/2012, per danno erariale all'immagine della pubblica amministrazione, in caso di commissione di un reato di corruzione, accertato con sentenza passata in giudicato, all'interno

dell'amministrazione. Il RPCT può liberarsi dalla responsabilità se dimostra di aver proposto un PTPC con misure adeguate e aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza dello stesso.

« d) definire le modalità del monitoraggio del rispetto dei termini,

previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti ». Il ritardo nello svolgimento dei procedimenti

amministrativi può essere indice sia di cattiva organizzazione che di corruzione. Per esempio potrebbe succedere che venga ritardato volutamente il rilascio di un provvedimento per spingere il

destinatario a cercare la via più breve o facilitata attraverso accordi illeciti.

« e) definire le modalità di monitoraggio dei rapporti tra

l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione». Tale previsione

sottolinea uno dei pericoli oggettivamente più comuni in tema di corruzione: l'esistenza del conflitto di interessi. Il dipendente o l'amministratore pubblico, anche secondo quanto previsto dalla Costituzione, deve perseguire il solo interesse generale con imparzialità e trasparenza. Nelle procedure per l'acquisizione di lavori, servizi e forniture, ad esempio, si deve scongiurare il grave pericolo della corruzione che, oltre a violare la fiducia nelle

istituzioni, determina rilevanti conseguenze sul piano dei costi degli appalti, che aumentano, e sulla distorsione della concorrenza, a beneficio non delle aziende più efficienti, ma di quelle più capaci a delinquere.

Compito del Piano anticorruzione è indicare possibili rimedi a queste situazioni, nella consapevolezza, tuttavia, che detti rimedi potrebbero

rallentare e appesantire le varie procedure.

« f) individuare specifici obblighi di trasparenza, ulteriori rispetto a

quelli previsti da disposizioni di legge ». Il legislatore prevede che le

singole amministrazioni aggiungano tutele e cautele, mediante il Piano, alle previsioni delle norme.

Per quanto riguarda i metodi di analisi e valutazione dei rischi, da parte delle amministrazioni, l'Autorità nazionale anticorruzione, già nell'Aggiornamento 2015 al PNA, ha fornito indicazioni generiche per la corretta programmazione di misure di prevenzione.

In particolare tali misure devono essere adeguatamente progettate, sostenibili e verificabili, ed è necessario che siano individuati i soggetti attuatori, le modalità di attuazione di monitoraggio e i relativi termini. Ovviamente, le predette indicazioni di ANAC non sono vincolanti, ma costituiscono linee guida.

2.4 IL PIANO NAZIONALE ANTICORRUZIONE: LA