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Componenti lagrangiane delle sollecitazioni attive per sistemi soggetti a forze

Sia ö un sistema olonomo soggetto a vincoli ideali e bilateri e a forze attive conservative che ammettono un potenziale U. Allora le componenti lagrangiane delle sollecitazioni attive si possono scrivere come:

ÉD = ƨ

ƃD

DIM: Dato che le forze attive sono conservative, esse per definizione ammettono un potenziale U tale che:

ó⃗ = ∇¨ = ìƨ

ÆD,ƨ

ÆE,ƨ

Æõî Sempre per definizione, abbiamo che:

ÉD = ó⃗ ⋅ ÆA

Quindi, sostituendo le espressioni di UF e della derivata parziale di P, otteniamo:

ÉD= ó⃗ ⋅ ÆA 76) Equazioni di Lagrange nel caso conservativo.

Per un sistema olonomo soggetto a vincoli ideali e bilateri e sottoposto all’azione di forze attive conservative, le equazioni di Lagrange si possono riscrivere nella forma:

K KLìÆℒ

ƃ̇Dî − Æℒ ƃD = 0 Dove ℒ = ¢ + ¨ è detta funzione Lagrangiana o Lagrangiana.

DIM: Partendo dalle equazioni di Lagrange, abbiamo che:

K KLìÆ¢

ƃ̇Dî − Æ¢

ƃD = ÉD

Ma il sistema è soggetto a forze conservative che ammettono un potenziale U, quindi:

K

Dato che il potenziale non dipende dalle velocità, le derivate di T+U rispetto alle ƒ̇D coincidono con le rispettive derivate dell’energia cinetica, ovvero possiamo scrivere:

Æ¢

ƃ̇D =Æ(¢ + ¨) ƃ̇D Quindi otteniamo la tesi:

K 77) Equazioni di Lagrange in prima forma.

Consideriamo un sistema ö soggetto a vincoli ideali, olonomi e bilateri con n gradi di libertà. Prendiamo in considerazione r coordinate del sistema DJ, … , D& con 4 > J (ovvero in numero superiore ai gradi di libertà). Tali coordinate saranno legate tra loro da s

relazioni di vincolo:

YX(DJ, … , D&, L) = 0 ℎ = 1, … , I

Con J = 4 − I. Ora, dato che i vincoli sono ideali, olonomi e bilateri, abbiamo:

ñMó⃗"− ê"P⃗"N ⋅ ¡A"

R

"QJ

= 0

Nella quale compare lo spostamento virtuale ¡A", che può essere a sua volta riscritto come:

In questo caso però, a differenza delle equazioni della seconda forma, le coordinate non sono indipendenti tra di loro e quindi non è detto che la somma si annulli ponendo ÉD =

´D per ogni k. La somma però risulta nulla se poniamo ÉD− ´D = ñ ªXÆYX

ÆDD

A

Dove ªX ∈ ℝ sono i cosiddetti moltiplicatori di Lagrange. XQJ

Dimostriamo che tale affermazione è vera:

ñ(ÉD− ´D)¡DD

Quindi il termine tra parentesi tonde nella precedente equazione è nullo, ovvero si ha che, ponendo ÉD− ´D = ∑ ªXUYUZ$

#

AXQJ , la somma ∑&DQJD− ´D)¡DD si annulla e la dimostrazione è conclusa.

In definitiva otteniamo un sistema I + 4 equazioni in I + 4 incognite dato da r equazioni di Lagrange e s equazioni di vincolo:

K

78) Funzione di Hamilton e Lagrangiana.

Sia ö un sistema olonomo di coordinate libere {ƒJ, … , ƒ8} soggetto a vincoli ideali e bilateri e a forze attive conservative. Allora la derivata temporale della funzione di Hamilton definita come

ℋ = ñ ^Dƒ̇D

8

DQJ

− ℒ

È legata alla dipendenza esplicita della lagrangiana dal tempo, ovverosia:

Kℋ

KL = −Æℒ ÆL

DIM: Deriviamo totalmente rispetto al tempo la funzione di Hamilton sfruttando la regola di derivazione del prodotto di funzioni:

Kℋ

Ora sviluppiamo la derivata totale della Lagrangiana considerando che è una funzione composta in più variabili, ciascuna dipendente dal tempo:

ℒ(ƒD, ƒ̇D, L) ⟹ Kℒ Ora analizziamo il primo dei tre addendi: dato che il sistema è olonomo e soggetto a vincoli ideali e bilateri e a forze attive conservative, sappiamo dalle equazioni di Lagrange in II forma che:

E infine, sostituendo nella formula che esprime la derivata dell’Hamiltoniana:

Kℋ

Da quest’ultimo risultato segue inoltre che, se la lagrangiana non dipende esplicitamente ÆL dal tempo ÄUℒU) = 0Å, allora l’hamiltoniana è un integrale primo del moto detto Integrale Generalizzato dell’Energia.

79) Hamiltoniana ed energia meccanica, Teorema di Eulero.

Consideriamo un sistema ö olonomo di n coordinate libere, con vincoli ideali e bilateri e soggetto a forze conservative. Se i vincoli esterni a cui è sottoposto il sistema sono fissi, allora la funzione di Hamilton coincide con l’energia meccanica:

n ≡ Ø = ¢ − ¨

DIM: Per dimostrare questo teorema, è sufficiente dimostrare la veridicità dell’identità:

ñ ^Dƒ̇D

8

= 2¢

Infatti, se vale questa, dalla definizione di Hamiltoniana possiamo dire:

ℋ = ñ ^Dƒ̇D

8

DQJ

− ℒ = 2¢ − (¢ − ¨) = ¢ + ¨ = Ø

Dimostriamo dunque l’identità. In generale, la definizione di energia cinetica è:

¢ = ñ1 2ê"8".

R

"QJ

E abbiamo che per i sistemi olonomi la velocità è esprimibile come:

8⃗" = KA"J, … , ƒ8, L)

E, dal momento che i vincoli esterni sono fissi, possiamo immediatamente dire che U!U)" = 0, ovvero:

8⃗" = ñÆA"

ƃDƒ̇D

8

Sostituendo dunque tale espressione della velocità nella formula dell’energia cinetica DQJ

otteniamo:

Possiamo ora risistemare le somme ottenendo:

¢ =1

Dato che le velocità lagrangiane non dipendono dall’indice i ma solo dall’indice k e dall’indice j, possiamo riscrivere il termine ∑ ê"UVU!"

#UVU!"

Ovvero abbiamo sostituito la sommatoria con una generica funzione dipendente dagli indici j,k e dalle coordinate libere. Dunque abbiamo, in forma più compatta:

¢ =1

2ñ ñ PWDJ, … , ƒ8)ƒ̇Dƒ̇W

8

DQJ 8

Dunque T è una funzione delle sole ƒWQJD e ƒ̇D. Consideriamo ora la definizione di funzione omogenea: una funzione Ö: ℝ? → ℝ si dice omogenea di grado j se:

Ö(ªDJ, ªD., … , ªD8) = ª\Ö(DJ, D., … , D8)

Possiamo quindi notare che T è una funzione omogenea di secondo grado nelle variabili ƒ̇D, infatti si ha:

Dunque ad essa si applica il teorema di Eulero per una funzione omogenea di secondo grado, secondo il quale una per una funzione omogenea di secondo grado e differenziabile (vedi pag. 328) vale l’identità:

ñ ÆÖ

ÆDDDD

8

DQJ

= 2Ö

Prima di procedere, dimostriamo il teorema di Eulero: deriviamo la funzione Ö(ªDJ, ªD., … , ªD8) rispetto alla variabile ª:

Se valutiamo tale derivata per ª = 1, otteniamo: DQJ

KÖ(ªDJ, ªD., … , ªD8) teorema di Eulero per una funzione omogenea di secondo grado:

ñ ÆÖ

ÆDDDD

8

DQJ

= 2Ö(DJ, D., … , D8)

Applicando dunque il risultato appena ottenuto all’energia cinetica T, abbiamo che:

2¢ = ñ Æ¢

Dove nella prima riga possiamo sommare il potenziale U a T in tutta tranquillità poiché esso non dipende dalle velocità delle coordinate libere, ma solo dalle coordinate libere stesse (e quindi la sua derivata rispetto alla velocità è nulla). Quindi abbiamo ottenuto il risultato che ci siamo prefissati di raggiungere all’inizio della dimostrazione e quindi, se i vincoli sono fissi, si ha:

n ≡ Ø = ¢ − ¨ 80) Il moto centrale è un moto piano.

Il moto di un punto P soggetto ad una forza centrale avviene sempre in un piano.

DIM: Consideriamo il seguente prodotto vettoriale, dove (A − C) è il vettore posizione del punto P soggetto alla forza centrale ó⃗ e 8⃗ è la velocità dello stesso:

(A − C) ∧ 8⃗

Si può affermare che tale prodotto è costante nel tempo: infatti se valutiamo la sua derivata otteniamo:

K

KL[(A − C) ∧ 8⃗] = 8⃗ ∧ 8⃗ + (A − C) ∧K8⃗

KL = (A − C) ∧ P⃗ = (A − C) ∧ ó⃗

ê = 0 Dove l’ultimo prodotto vettore è nullo in quanto, per definizione, la forza è centrale e quindi è sempre diretta come la congiungente tra il punto P e il punto fisso O. Se

chiamiamo G⃗ tale vettore, dato che la sua derivata è nulla, possiamo affermare che esso è costante in modulo e direzione e quindi, per le proprietà del prodotto scalare, (A − C) è sempre contenuto nel piano avente G⃗ come vettore direttore. Quindi il moto è piano.

Inoltre, considerando la velocità di P in coordinate polari, si ha che:

G⃗ = (A − C) ∧ 8⃗ = 44̂ ∧ M4̇4̂ + 46̇6>N = 4.6̇c>

G = 4.

81) Velocità areolare di un punto soggetto a forza centrale.

La velocità areolare di un punto soggetto ad una forza centrale ó⃗ è costante ed è uguale a:

— = 1 24.ã6̇ã

DIM: Consideriamo lo spostamento del punto materiale P per un tempo infinitesimo dt, ovvero dalla posizione A = A(L) alla posizione AO = A(L + KL). Tale spostamento sarà dato da 8⃗KL. Calcoliamo inoltre il seguente prodotto vettoriale:

(A − C) ∧ (AO− C) = (A − C) ∧ [(AO− A) + (A − C)] =

= (A − C) ∧ (AO− A) + (A − C) ∧ (A − C) = (A − C) ∧ (AO− A)

= (A − C) ∧ 8⃗KL

Ma, per quanto detto nella dimostrazione (80), si ha che (A − C) ∧ 8⃗ = G⃗. Quindi:

(A − C) ∧ 8⃗KL = G⃗KL = 4.6̇KL

Inoltre, se chiamiamo dA l’area infinitesima triangolare spazzata dal vettore posizione di P nel suo spostamento infinitesimo, abbiamo, per le proprietà del prodotto vettoriale:

|(A − C) ∧ (AO− C)| = 2KU 4.ã6̇ãKL = 2KU

KU KL =1

24.ã6̇ã

Per KL → 0, il rapporto $/$) rappresenta la velocità areolare e quindi infine otteniamo che:

— = 1 24.ã6̇ã

Formula che vale per tutti i moti centrali, tra cui anche le orbite dei pianeti.

82) Problema a due corpi.

Per problema dei due corpi si intende lo studio del moto di due punti materiali AJ, A. di masse êJ, ê. interagenti tra di loro ma altrimenti isolati, analizzato nel sistema di riferimento non inerziale che trasla con origine in uno dei due punti.

Iniziamo scrivendo la legge fondamentale della dinamica per ciascuno dei due punti:

ó⃗ = êJP⃗J ? − ó⃗ = ê.P⃗.

Si noti che, per il principio di azione e reazione, le due forze sono uguali in modulo e direzione e opposte in verso, quindi in riferimento al centro di massa del sistema si ha:

KÉ9⃗

KL = t9⃗(^) = ó⃗ − ó⃗ = 0

P⃗J = ó⃗

êJ ? P⃗. =−ó⃗

ê. Ora, sottraendo le due accelerazioni tra di loro, otteniamo che:

P⃗J− P⃗. = ó⃗ ì 1 êJ + 1

ê.î

Detto 4⃗ il vettore che individua la posizione del punto AJ di massa êJ, si ha che la differenza tra le due accelerazioni corrisponde alla derivata seconda di 4⃗, ovvero:

4⃗̈ = ó⃗ ì 1 êJ+ 1

ê.î Quindi, in definitiva:

ó⃗ = “4⃗̈

Dove “ = Ä?J

&+?J

'Å =??&?'

&_?' è detta massa ridotta del sistema ed è sempre minore di

ciascuna delle due masse, mentre assume valore massimo pari a `a quando êJ = ê., con ï = êJ+ ê..

Quindi lo studio del moto di AJ 4@I^?LLH P A. equivale a studiare il moto centrale di un punto avente la massa ridotta del sistema soggetto ad una forza centrale con centro in A. e modulo pari a quello della forza di interazione tra i due corpi.

83) Potenziale di una forza centrale che dipende solo dalla distanza.

Sia P un punto materiale soggetto ad una forza centrale ó⃗(4) che dipende solo dalla distanza di P dal punto fisso O e non dall’angolo 6. Allora ó⃗(4) è conservativa e il suo potenziale è dato da:

¨(4) = ™ ó(”)K”

&

&(

Definito a meno di una costante additiva.

DIM: Consideriamo il lavoro infinitesimo compiuto da ó⃗(4) = ó(4)4̂ per uno spostamento infinitesimo qualsiasi del punto materiale P:

¡q = ó⃗ ⋅ ¡A = ó(4)4̂ ⋅ ¡A

Lo spostamento infinitesimo di P può essere scritto, in coordinate polari, come:

¡A = ¡44̂ + 4¡66>

Quindi otteniamo:

¡q = ó⃗ ⋅ ¡A = ó(4)4̂ ⋅ M¡44̂ + 4¡66>N 6> ⊥ 4̂

= ó(4)¡4 E, integrando questa relazione infinitesima, troviamo il lavoro finito:

q = ™ ó(”)K”

&

&( = ¨(4)

Poiché tale lavoro dipende unicamente dagli estremi del percorso (raggio iniziale e raggio finale) per qualunque traiettoria e non dal percorso in sé, la forza centrale è conservativa e il lavoro stesso coincide con il potenziale il quale a sua volta è dipendente unicamente dalla distanza dal centro del moto. Inoltre, dato che il potenziale è definito a meno di una

costante, possiamo ignorare la costante di integrazione ¨(46).

Possiamo anche mostrare che il gradiente di tale potenziale coincide con la forza centrale ó(4). Innanzitutto notiamo che il gradiente in coordinate polari piane di una funzione Ö è

∇Ö =ÆÖ Æ44̂ +1

4 ÆÖ Æ66>

Quindi, considerando il potenziale definito come nella tesi:

¨(4) = ™ ó(”)K”&

&(

Otteniamo che:

∇¨ =ƨ

Æ44̂ +1 4

ƨ

Æ66>¨ K@^?JK? IHÜH KP 4

= ó(4)4̂ = ó⃗(4) Come volevasi dimostrare.

NB: le dimostrazioni dalla 84 alla 88 fanno parte della lezione 17 del 24/12/20. Di quella lezione NON sono da sapere la dimostrazione della terza legge di Keplero e come ricavare il valore dell’eccentricità (vedi nota a fine lezione 17 per ulteriori

informazioni).

84) Calcolo di un moto centrale per quadratura.

Il calcolo di un moto centrale si può ridurre ad una semplice quadratura, ovvero alla risoluzione di un integrale invece di un’equazione differenziale. Dato che la forza centrale, se dipende solo dalla distanza, è conservativa, vale il principio di conservazione dell’energia meccanica totale e quindi possiamo scrivere:

Ø = ¢ − ¨ = GHIL.

Considerando che la velocità in coordinate polari di un punto soggetto a un moto centrale è data da:

8⃗ = 4̇4̂ + 46̇6>

Otteniamo che:

Ø =1

2êM4̇.+ 4..N − ¨(4) =1

2ê4̇.+1

2ê4.G.

4a− ¨(4) =

=1

2ê4̇.+1 2êG.

4.− ¨(4)

Introduciamo ora la definizione di potenziale efficace:

¨‘(4) = ¨(4) −êG. 24. Da cui ricaviamo infine:

Ø =1

2ê4̇.− ¨‘(4) E quindi, esplicitando rispetto a 4̇:

4̇ = K4

KL = ±’2[Ø − ¨‘(4)]

ê

⟹ K4

÷2[Ø − ¨‘(4)]

ê

= ±KL Da cui infine otteniamo la cosiddetta quadratura:

™ KI

÷2[Ø − ¨‘(I)]

&

&(

= ±(L − L6)

85) Formula di Binet.

L’accelerazione radiale di un punto P soggetto ad un moto centrale è data da:

P& = −G.

4.◊K.Ä1 K64Å. +1

4ÿ

DIM: Consideriamo l’accelerazione radiale di un punto in coordinate polari. Essa è definita come:

P& = 4̈ − 46̇.

Se consideriamo il seguente prodotto, otteniamo immediatamente il secondo addendo:

−G. 4.

1

4= −4a.

4b = −46̇.

Ora consideriamo la derivata di r, che può essere vista come una funzione composta 4M6(L)N: Ora, derivando una seconda volta r, otteniamo che:

4̈ =K4̇

Quindi, sostituendo nella definizione di accelerazione radiale, otteniamo la tesi:

P& = −G.

4.◊K.Ä1 K64Å. +1

4ÿ

86) Calcolo della traiettoria per un corpo soggetto alla forza gravitazionale.

Consideriamo due punti materiali di massa êJ, ê. che interagiscono tra di loro mediante la forza gravitazionale:

ó⃗ = −òêJê. 4.

Per determinare la traiettoria, consideriamo il problema dei due corpi associato:

ó⃗ = êP⃗& GHJ ê = êJê. êJ + ê.

Dove l’accelerazione è puramente radiale in quanto il moto è centrale. Quindi, considerando l’accelerazione in coordinate polari abbiamo che:

−òêJê.

4. = êM4̈ − 46̇.N = ê ∑4̈ −4G. 4a∏ Ora, utilizzando la formula di Binet, abbiamo che:

−òêJê.

4. = −êG.

4.◊K.Ä1 K64Å. +1

4ÿ

Effettuiamo dunque un cambio di variabili ponendo ë = J& ottenendo:

òêJê. = êG.ŸK.(ë) K6. + ë⁄

ëOO+ ë =òêJê. êG.

Ora definiamo il parametro ^ = Ä=??L&?''Å2J. L’equazione differenziale diventa quindi:

ëOO+ ë =1

^ Essa è un’equazione differenziale del tipo

ëOO+ b.ë = P La cui soluzione può essere scritta in due modi:

ë = U cos(b6) + S sin(b6) + P b. H^^ë4?

ë = UOcos(6 − 66) + P b. Quindi, ponendo b. = 1 ? P =J,, otteniamo:

ë = UOcos(6) +1

^

Dove abbiamo posto 66 nullo in quanto esso indica l’angolo iniziale rispetto ad un asse di riferimento arbitrario che noi possiamo opportunamente scegliere in modo tale che 66 = 0. Ora definiamo l’eccentricità e come ? = UO^. Sostituendo dunque si ha:

ë =?

^cos(6) +1

^ 1

4 =1

^(? cos(6) + 1)

4 = ^

1 + ? cos(6)

Questa è l’equazione parametrica di una conica (circonferenza, ellisse, parabole o

iperbole), quindi la traiettoria di un corpo soggetto alla forza gravitazionale è sempre una conica. Inoltre possiamo dire che ? ≥ 0, perché, anche se trovassimo un valore di e negativo, potremmo considerare l’angolo Y = 6 + k ottenendo:

^

1 − ? cos(Y) = ^

1 + ?′ cos(6) GHJ ?O ≥ 0 In particolare abbiamo i seguenti casi:

x

? = 0 G@4GHJÖ?4?JõP 0 < ? < 1 ?ÜÜ@II?

? = 1 ^P4PmHÜP

? > 1 @^?4mHÜ?

Si consideri infine che e dipende dalle condizioni iniziali mediante c, in quanto G. = 4"8a"8. . 87) Determinazione dell’eccentricità.

Consideriamo un corpo che interagisce con un altro corpo mediante la forza di attrazione gravitazionale e che si muove secondo una delle orbite determinate nel punto (85).

Vogliamo trovare il valore di e. Consideriamo quindi la configurazione del corpo al perielio:

esso è il punto più vicino al centro del moto, quindi avremo che:

4̇ = K4 K6

K6 KL = 0

In quanto tale punto, avendo raggio minimo, è un punto di minimo per la funzione 4(6) e quindi è un punto stazionario (ha derivata nulla). Quindi, per ottenere il raggio minimo, consideriamo il valore massimo del coseno (1):

Ø = −¨‘(4cde ) = − ∑òêJê.

4?"8 − êG.

24?"8 . ∏ Risolviamo dunque tale equazione per ë?"8= &J

)"* :

êG.ë?"8. − òêJê.ë?"8− Ø = 0

ë?"8. −2òêJê.

êG. ë?"8− 2Ø

êG. = 0 ë?"8. −2

?"8− 2Ø

êG. = 0

⟹ ë?"8 = 1

^± ’1

^. + 2Ø êG. Ma sappiamo che &J

)"* = J_%

, , quindi:

1 + ?

^ = 1

^± ’1

^.+ 2Ø êG.

?

^ = ±’1

^.+ 2Ø

êG. êP ? ≥ 0

⟹ ? = ’1 +2Ø^.

êG. = ’1 + 2ØêG. ò.êJ.ê.. Ora, in generale per ogni r, abbiamo che:

Ø = 1

2ê4̇. −òêJê.

4 +êG. 24. Quindi, sostituendo, otteniamo che:

? = ‹1 +Äê4̇.−2òêJê.

4 + ê4..Å 4a.ê ò.êJ.ê..

Dove ê =??&?'

&_?' rappresenta la massa ridotta del sistema.

88) Leggi di Keplero.

In riferimento al sistema solare, valgono le tre seguenti leggi di Keplero:

1) Le orbite dei pianeti sono delle ellissi in cui il sole è uno dei due fuochi.

2) Il vettore posizione del pianeta spazza aree uguali in tempi uguali, ovvero la velocità areolare è costante.

3) Il rapporto f(',, dove ¢ è il periodo di rivoluzione del pianeta e P il semiasse maggiore, è costante ed è lo stesso per tutti i pianeti.

DIM: I punti (1) e (2) sono già stati dimostrati in precedenza, quindi ci occuperemo di dimostrare unicamente il punto (3). Se consideriamo l’area dell’intera ellisse orbitale, la quale viene compiuta in un tempo pari a T, otteniamo che:

— =kPm Ma noi sappiamo anche che — = 2G, quindi: ¢

2G =kPm

⟹ G =2kPm

⟹ ¢ =2kPm

Quindi, considerando il rapporto f(',, otteniamo:

¢.

Pb = Ä2kPm G Å

.

Pb = 4k.m. G.P Per le ellissi vale ^ =g(', quindi otteniamo:

¢.

Pb = 4k.m.

G.P =4k.^

G. = 4k.êG.

G.òêJê. = 4k.ê òêJê. Ora, considerando che ê =??&?'

&_?' è la massa ridotta, otteniamo:

¢.

Pb = 4k. ò(êJ+ ê.)

Si noti che tale rapporto dunque non dipende dalle condizioni iniziali, ma dipende

debolmente dalla massa del pianeta che orbita attorno al Sole. Supponendo che êJ sia la massa del sole, si ha che êJ ≫ ê. per ogni pianeta, quindi in prima approssimazione possiamo scrivere che:

¢.

Pb = 4k.

òêJ = GHILPJL?

E quindi tale rapporto è costante e approssimativamente uguale per tutti i pianeti del sistema solare, ovvero non dipende dal pianeta.

89) Rimbalzo elastico.

Consideriamo due punti materiali rispettivamente di massa ê ? ï che si muovono orizzontalmente l’uno contro l’altro con velocità ëJ ? 8J. Supponiamo che essi si urtino in modo elastico ad un determinato istante: allora essi procederanno in senso opposto rispetto a quello precedente con velocità rispettivamente ë. ? 8.. Dato che l’urto è elastico, non vi sono perdite di energia meccanica (si conserva l’energia cinetica) e si conserva anche la quantità di moto, ovvero possiamo scrivere:

1

2êëJ.+1

2ï8J. =1

2êë..+1 2ï8.. êëJ+ ï8J = êë.+ ï8.

Tale sistema di equazioni può essere risolto in modo più rapido se ci poniamo in un sistema di riferimento solidale al corpo di massa M (ovvero il punto M è la sua origine) e che si muove con velocità 8J. In tal caso le velocità dei corpi diventano:

ëJO = ëJ− 8J 8JO = 8J− 8J = 0 ë.O = ë.− 8J 8.O = 8.− 8J Quindi il sistema di equazioni diventa:

1

2êëJO.= 1

2êë.O.+1 2ï8.O.

êëJO = êë.O + ï8.O Se poniamo “ = ?`, dalla seconda equazione ricaviamo che:

8.O = “(ëJO − ë.O)

Mentre dalla prima, dividendo ambo i membri per J.ï, otteniamo:

“(ëJO.− ë.O.) = 8.O. ⟹ “(ëJO.− ë.O.) = “.JO − ë.O).JO − ë.O)(ëJO + ë.O) = “(ëJO − ë.O).

JO + ë.O) = “(ëJO + ë.O)

E ora possiamo riportarci al sistema di riferimento assoluto con le relazioni esplicitate all’inizio:

ë.− 8J = “ − 1

“ − 2(ëJ− 8J) ⟹ ë. =“ − 1

“ + 1ëJ+ ì1 −“ − 1

“ + 1î 8J =“ − 1

“ + 1ëJ+ 2

“ + 18J ë. = “ − 1

“ + 1ëJ+ 2

“ + 18J

Per trovare 8., basta sostituire tutte le grandezze: ovvero dove c’è M metto m, dove c’è m metto M, dove c’è ëJ ê?LLH 8J ? KH8? GOè 8J ê?LLH ëJ e così via. Ottengo dunque:

8. = 1“ − 1 1“ + 1

8J+ 2 1“ + 1

ëJ

8. =1 − “

1 + “8J+ 2“

1 + “ëJ

E queste relazioni appena trovate valgono in generale per ogni rimbalzo elastico con corpi di massa qualsiasi. Ora consideriamo il caso particolare in cui ê ≪ ï (e quindi “ → 0); in tal caso le formule trovare si semplificano parecchio diventando:

ë. = −ëJ+ 28J 8. = 8J

Formule che poi riutilizzeremo nel problema della “fionda gravitazionale”.

90) Fionda gravitazionale.

Consideriamo un satellite di massa ê che viaggia con velocità 8⃗J e un pianeta di massa ï ≫ ê che viaggia con velocità ∞J (non necessariamente parallela a quella del satellite).

Supponiamo che i due corpi si muovano l’uno verso l’altro e che possano interagire con la forza gravitazionale. Se le due velocità sono sufficientemente elevate e differenti, si avrà quasi sicuramente un’orbita aperta dell’oggetto di massa minore intorno a quello di massa maggiore, dunque in prima approssimazione possiamo approssimare l’effetto fionda gravitazionale con un urto elastico tale che “ → 0: tale effetto consiste nell’accelerazione di un satellite sfruttando il moto di un pianeta che avanza con velocità molto superiore, in modo da non dover consumare carburante. Dato che la velocità del satellite è tangente all’orbita, possiamo scriverla come somma di due contributi, uno parallelo alla velocità del corpo celeste e uno perpendicolare a questa direzione, ossia:

8⃗J = ë9⃗J+ ‡99⃗

Dove ëJ rappresenta la componente parallela. Parimenti la velocità finale del corpo, dopo essere stato accelerato, sarà la somma di due contributi:

8⃗. = ë9⃗.+ ‡99⃗

Quindi, avremo che la velocità finale del satellite sarà:

ë. = −ëJ+ 28J

Mentre quella del pianeta rimarrà pressoché invariata. Il pianeta durante questo “urto elastico” cede una quantità di energia (per esso irrilevante) al corpo di massa minore accelerandolo notevolmente senza variare la propria velocità. Ad esempio le sonde Voyager 1 e Voyager 2 sono state accelerate da Giove da 16 km/s a 26 km/s mentre il pianeta è stato rallentata di 102.Jm/s, velocità praticamente nulla dato l’ordine di grandezza.

L’angolo di incidenza del corpo rispetto al pianeta è individuabile mediante la formula della

conica per moto centrale sotto forza gravitazionale, considerando che il raggio, essendo l’orbita aperta, tende ad infinito:

4 = ^

1 + ? cos 6 ⟹ 1 + ? cos 6 =^

4 ≈ 0 ⟹ cos 6 = −1

? 91) La matrice di rotazione R è una matrice ortogonale.

Siano i,j,k i vettori di una terna fissa con origine in O, siano I,J,K i versori di una terna mobile con origine in un punto O’ appartenente ad un corpo rigido tridimensionale. Sia P un punto qualunque del corpo rigido e sia R la matrice di rotazione

t = …

ùZZ vZ ùii vi ù99 v9

Dove i coefficienti sono le componenti dei versori della terna mobile lungo i versori della terna fissa, tale che:

§

Dove il primo vettore colonna rappresenta le coordinate di (A − CO) rispetto alla terna fissa, mentre il secondo vettore colonna rappresenta le coordinate del medesimo vettore rispetto alla terna mobile.

La matrice di rotazione R è una matrice ortogonale.

DIM: Calcoliamo la distanza di P dal punto O’, origine della terna mobile, sfruttando le coordinate del vettore nella terna mobile:

ACO

∫∫∫∫∫. = (A − CO) ⋅ (A − CO) = („ ‰ Â) §„

‰ •

Ora calcoliamo nuovamente tale distanza al quadrato ma sfruttando le coordinate rispetto alla terna fissa:

Ovviamente tali distanze devono coincidere, in quanto il risultato deve essere

indipendente dalle coordinate scelte e dal punto P stesso purché sia il medesimo per entrambi i calcoli, quindi:

(D − D5! E − E5! õ − õ5!) § Sfruttando la matrice di rotazione, otteniamo che:

(D − D5! E − E5! õ − õ5!) § Quindi in definitiva deve valere:

„ „

tft = Ê

Il che implica che tf = t2J, quindi R è una matrice ortogonale.

92) Unicità della matrice % e formula dell’atto di moto rigido .

Esiste un’unica matrice Ω =$F$)tf, indipendente dai punti P e O’, tale che:

8⃗!− 8⃗5! = Ω(A − CO) Dove P è un punto qualsiasi del corpo rigido.

DIM: Consideriamo innanzitutto la formula la relazione che lega le coordinate del vettore (A − CO) rispetto alla terna fissa alle coordinate rispetto alla terna mobile solidale al corpo rigido e deriviamola:

• è nulla poiché nella terna mobile solidale al corpo rigido il punto P ha coordinate costanti. Inoltre, dato che la matrice R è ortogonale, essa è invertibile quindi possiamo scrivere: Quindi, sostituendo, otteniamo che:

8⃗!− 8⃗5! = Kt

Che costituisce la formula di atto di moto rigido per il corpo rigido tridimensionale.

Ora consideriamo un secondo punto O’’ del corpo rigido, anch’esso origine di una terna solidale di versori I’, J’, K’, tale che:

8⃗! − 8⃗5!! = ΩO(A − COO) (Δ)

Dato che COO è anch’esso un punto del corpo rigido, si deve avere che:

8⃗5!!− 8⃗5! = Ω(COO− CO) Ora sottraiamo la relazione (∗) con quella appena scritta:

8⃗! − 8⃗5! − 8⃗5!!+ 8⃗5! = Ω(A − CO − COO+ CO) 8⃗!− 8⃗5!! = Ω(A − COO) (Γ)

Ora eseguiamo la sottrazione (Δ) − (Γ), ottenendo:

O− Ω)(A − COO) = 0 Ma per l’arbitrarietà di P, si deve necessariamente avere:

ΩO− Ω = 0 ⟹ ΩO = Ω

Quindi la matrice Ω è unica e non dipende né dal punto P scelto né dall’origine del sistema di riferimento solidale al corpo rigido.

93) La matrice % è antisimmetrica.

La matrice Ω =$Ftf è antisimmetrica, ovvero Ω = −Ωf.

DIM: La matrice R di rotazione è ortogonale, quindi ttf = Ê. Derivando questa espressione:

K

KL(ttf) = 0 Kt

KLtf+ tKtf KL = 0 Ora trasponiamo il secondo addendo:

∑tKtf KL ∏

f

=Kt

KLtf = Ω ⟹ tKtf KL = Ωf Dunque, sostituendo, otteniamo la definizione di matrice antisimmetrica:

Ω + Ωf = 0 ⟹ Ω = −Ωf 94) Equivalenza tra % ' ( .

Data la matrice Ω antisimmetrica nella sua forma più generale:

Data la matrice Ω antisimmetrica nella sua forma più generale: