MIT (Pres.) PDC MISE-MIBAC-MDS- GIUSTIZIA-AMBIENTE Conferenza unificata Stato, Regioni e autonomie locali
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sito internet del soggetto aggiudicatore, che può non coincidere con la realizzazione del progetto di fattibilità. Sul punto l’omologo francese era più preciso: l’amministrazione aveva massimo 6 mesi per redigere il documento.
Viene apprezzata la valenza e l’efficacia delle modalità informative utilizzate, sulla scorta delle rilevazioni di accesso al sito dedicato; nel caso si registrino lacune, possono vagliarsi canali di divulgazione integrativi (brochure informative).
Entro trenta giorni dalla scadenza del termine, il coordinatore redige una relazione conclusiva contenente la descrizione sommaria delle attività calendarizzate, con l’indicazione puntuale dei partecipanti, delle posizioni assunte e delle petizioni verbalizzate.
Gli issues, se insoluti, sono opportunamente evidenziati, affinché il gestore pubblico si determini univocamente nel merito, adeguatamente motivando (cd. comply or explain approach). A tal uopo l’Amministrazione aggiudicatrice è richiesta di redigere un dossier finale entro due mesi dalla ricezione della relazione del coordinatore. AMMINISTRAZIONE AGGIUDICATRICE COORDINATORE DEL DIBATTITO COMMISSIONE NAZIONALE Individua il soggetto onerato di indire il dibattito pubblico. Redige il progetto di fattibilità ed il dossier di progetto dell’opera. Redige un dossier conclusivo entro 2 mesi dalla relazione del coordinatore Valuta il dossier di progetto (eventualmente ne richiede integrazioni entro il termine di 15 giorni). Gestisce e calendarizza il dibattito e lo esplicita in un documento di Monitora e promuove il contraddittorio, promuove modifiche al Regolamento relazionando al MIT.
134 progetto del dibattito pubblico ed in un piano di comunicazione. Redige una relazione conclusiva entro 30 giorni dalla scadenza (che è di 4 o 6 mesi)
Il dies a quo del dibattito pubblico è la pubblicazione sul sito del proponente (Amministrazione aggiudicatrice) del dossier di
progetto dell’opera e la durata fisiologica sono 4 mesi. È facoltà
del coordinatore del dibattito prorogare di altri 2 mesi la durata, ma solo a fronte di comprovata necessità e complessità dell’opera. Attesa la ponderazione, in chiave pubblica, dei plurimi interessi coinvolti si potrà convergere verso l’opzione zero (rinuncia motivata) ovvero sulla realizzazione dell’infrastruttura sulla scorta del progetto originario o della sua modifica ed integrazione all’esito dell’accoglimento di proposte correttive.
La risultante delle consultazioni (dossier e relazione conclusiva) vengo ribaltate nell’utilità dell'autorità competente alla presentazione dell'istanza di valutazione di impatto ambientale (la più volte citata VIA), termine iniziale del procedimento di cui
alla l. 241/90.
OPERE (criterio dimensionale)
(ne vengono elencate ben 12) Autostrade, strade extraurbane principali, tronchi ferroviari di raccordo alle lunghe percorrenze, aeroporti, porti marittimi commerciali, interporti, opere ed interventi inerenti la difesa del mare e delle coste, piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi, impianti di contenimento delle acque e/o che ne prevedano la
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veicolazione in Regioni diverse, elettrodotti aerei, infrastrutture energetiche (oleodotti, metanodotti, impianti di rigassificazione), infrastrutture ad uso sociale, culturale, sportivo, scientifico e turistico (si ricordi che in Toscana erano 5 ed in Puglia 6).
AMMINISTRAZIONE: progetto di fattibilità e dossier di progetto
(dies a quo quando è pubblicato sul sito internet e non già quando è materialmente redatto)
COORDINATORE: documento di progetto del dibattito pubblico e
piano di comunicazione
DIBATTITO PUBBLICO: incontri di informazione, approfondimento,
discussione e gestione dei conflitti, da tenersi preferibilmente nei territori direttamente interessati. Raccolta di proposte e posizioni di cittadini, associazioni e istituzioni. Durata 4-6 mesi (dies a quem)
COORDINATORE: Relazione conclusiva 30 giorni successivi al
dies a quem (quinto-settimo mese)
AMMINISTRAZIONE: Dossier conclusivo 2 mesi successivi alla
Relazione conclusiva (settimo-nono mese)
0 4 (6) 5 (7) 7 (9)
VIA,AIA, Dibattito pubblico Conf. di servizi
Dossier di progetto dies a quem Relazione conclusiva Dossier conclusivo
RELAZIONE CONCLUSIVA
Descrizione delle attività svolte, frequenza e gestione degli incontri, indicazione dei partecipanti, posizioni emerse e proposte formulate. Questioni dibattute ed irrisolte, cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore è richiesto determinarsi nel dossier conclusivo.
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DOSSIER CONCLUSIVO
Determina sulla realizzazione dell’opera all’esito del dibattito. Modifiche in accoglimento di proposte ed osservazioni, opzione zero. Comply or explain approach.
Informazione, trasparenza
Confronto argomentato Uguaglianza dei Metodo dialogico partecipanti
4.4 Il mismatching tra normativa e business plan
Il settore dei contratti pubblici rappresenta un driver ragguardevole nella creazione di ricchezza, e purtuttavia conosce plurime modificazioni, quasi a cadenza annuale. Beninteso, i correttivi, pur in parte auspicabili, hanno stravolto l’impianto originario generano incertezza negli operatori economici, inchiodati ai ben più severi parametri con cui hanno redatto il
business plan (cd. mismatching previsionale).
Altrimenti detto, le grandi opere abbisognano di stabilità del quadro normativo, in maniera da redigere piani economico-
finanziari credibili, che permettano di spesare l’ammortamento
dei copiosi investimenti fissi in tempi prevedibili.
Si pensi ad un’azienda che dopo aver fatto un importante investimento in immobilizzazioni materiali veda improvvisamente
Dibattito pubblico
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cambiare la normativa di riferimento, con la messa al bando della tecnologia acquistata (molte volte per esigenze di ordine ambientale).
La cornice è ancor peggiore laddove si ponga mente non alla normativa primaria, ma alle disposizioni attuative e regolamentari del Codice dei contratti.
Senza considerare i profili di incostituzionalità dei provvedimenti inerenti la dirigenza pubblica e i servizi pubblici locali (ritirati dal Governo in carica ratione temporis) e quelli sui cd. furbetti del
cartellino e partecipate, una parte irragionevole delle disposizioni sub primarie erano state appaltate all’ANAC.
Questa politica regolamentare cd. soft law, pare atipica ed inefficiente, nella misura in cui alimenta incertezza e conseguente contenzioso. A mente dell’art. 213 co. 2 del Codice dei contratti si tratterebbe di normativa flessibile a mezzo linee guida, bandi tipo,
capitolati e contratti.
Nei fatti rappresenta una certosina ricognizione della migliore prassi (cd. best practices), priva però del momento autoritativo, in guisa di moral suasion. Infatti il difetto di supremazia speciale si riverbera sulla mancanza del connesso potere sanzionatorio.
Tuttavia la violazione delle indicazioni emergenti dalla soprarichiamata politica regolamentare sarebbe sintomatica di eccesso di potere, onerando l’Amministrazione di fornire adeguata motivazione sulla deroga (cd. comply or explain
approach). L’onus probandi in capo all’Amministrazione è tanto
più gravoso quanto più sono pronunciate le tecnicalità della disposizione.
In effetti in questo caso viene fortemente circoscritto il margine di discrezionalità e l’atto amministrativo appartiene alla categoria
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dei provvedimenti vincolati103. Va da sé che nella fattispecie di cui si discorre è abbastanza arduo derogare al modello amministrativo, mentre al contrario è agevole dimostrare l’eccesso di potere.
Basti ricordare che dei sessanta regolamenti attuativi previsti, ad oggi, se ne contano circa la metà; taluni dei mancanti ineriscono alcuni nodi cardine della volutas legis riformatrice. Si tratterebbe delle disposizioni di cui agli artt. 38 e 77-78 D.LGS. 50/2016 che descrivono rispettivamente la qualificazione delle stazioni appaltanti e l’albo dei commissari esterni; al momento in cui si scrive i disegni sopraccennati sono rimasti inattuati. Tutto ciò che manca è disimpegnato dal Governo alla richiamata Autorità, la cui autorevolezza pare ballerina, in quanto sconta, di volta in volta, il cambiamento del sentimento politico e molte volte segue la parabola delle persone che ne sono poste a capo.
103
Consiglio di Stato, PARERE 1 aprile 2016, n. 855; Consiglio di Stato,
PARERE 2 agosto 2016, n. 1767; TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, SENTENZA n. 125 del 28 marzo 2018.
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Conclusioni
La tesi ha messo in evidenza il complesso sistema di relazioni in cui viene calato il dibattito pubblico. All’esito delle prime applicazioni, di cui si è ampiamente fatto cenno, può scorgersi una marginale concertazione degli obiettivi e delle strategie tra cittadini, enti periferici ed amministrazione centrale.
Ciò detto si registra un significativo aggravio procedurale (in termini di costi e di tempi) ed il rischio di un loop
procedimentale.
Resta il fatto che le esperienze del TAV Torino-Lione, del gasdotto
trans-adriatico e della riconversione dell’ex Ilva non devono
assolutamente replicarsi; pena la marginalizzazione dell’Italia dal consesso dei paesi avanzati.
In questo direzione può andare l’istituto di cui si discorre, a patto di sanare talune aporie che il lavoro ha registrato.
Pare che il legislatore, ed ancor più il potere esecutivo, abbiano voluto arginare la carica dirompente dell’istituto. Il dibattito pubblico, nella versione nazionale, si presenta meno incisivo sia della versione toscana che di quella d’oltralpe.
L’aver concepito la commissione nazionale perlopiù incardinata nei vari dicasteri e non in guisa di AAI, ne mina irrimediabilmente l’autonomia.
Muove nella stessa direzione la circostanza per il quale il
coordinatore del dibattito, nonostante il severo regime delle
incompatibilità, sia un intraneo dello Stato-apparato.
Altro aspetto di non poco momento sono le soglie di obbligatorietà dell’istituto, forse troppo alte (anche se opportunamente differenti da quelle della VIA).
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Sembra invece che proprio l’obbligatorietà del dibattito segni un punto a favore di quello italiano; l’istituto francese resta nella discrezionalità della CNDP ed è confinato alle tematiche ambientali. L’omologo nazionale invece prende in considerazione anche gli interventi che hanno importanti ricadute sociali e culturali.
È apprezzabile retrodatare la partecipazione al progetto di
fattibilità, quando vale ancora l’opzione zero. Francamente pare
più arduo giustificare assise deliberative massificate e pletoriche, in cui ognuno è legittimato a prendere parola mercé il solo sapere
pratico.
Addirittura tra i requisiti richiesti per la CPDP abbiamo rinvenuto il
seguente: avere un carattere socievole ed aperto. Davvero poco. Uno dei correttivi che si propone è di mutare la composizione della commissione, dando più spazio alle realtà territoriali ed al mondo delle imprese (stente il criterio maggioritario).
Occorrerebbe anche definire puntualmente i tempi per la redazione del progetto di fattibilità, dalla cui pubblicazione sul sito internet dedicato (dies a quo) decorrono i 4 (6) mesi di svolgimento del confronto pubblico.
Bisognerebbe limitare le contestazioni generiche e le mere petizioni di principio, onerando il partecipante di formulare proposte specifiche e puntuali.
Così facendo verrebbero disincentivati i contributi pretestuosi e si eviterebbe quella montée en géneralité che ha caratterizzato l’esperienza genovana.
Oltre alle considerazioni circa la democrazia deliberativa e partecipativa, il cui perimetro appare abbastanza indefinito,
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sembra che abbia maggior pregio la lettura del dibattito in chiave squisitamente giuridica.
L’istituto partecipativo testimonierebbe a tutti gli effetti una novazione giuridica. Il provvedimento licenziato all’esito di un procedimento democratico (diretto) appare blindato in termini processuali.
L’onus probandi che graverebbe sulla contestazione ha carattere più rigoroso e specifico, non potendosi limitare (lo si ripete) a mere petizioni di principio.
Dalla rassegna della giurisprudenza citata, sembra questo, per il momento, il maggior risultato del dibattito pubblico. Una linea di
pensiero a cui le giurisdizioni apicali sembrano dare continuità. Viene risolta così la problematica dell’accountability; il cittadino e l’ente di prossimità sono pienamente responsabilizzati per aver partecipato alla fase deliberativa.
A motivo di ciò non potrebbero in un secondo momento impugnare il provvedimento, essendo decaduti dallo jus
poenitendi.
Infine una glossa. Nella vicenda del ponte Morandi non opera il dibattito pubblico perché la disposizione esplicitamente non lo contempla per la manutenzione ordinaria, straordinaria e le ricostruzioni.
La nomina del commissario non varrebbe a giustificare l’assunto per il quale: se in Italia vuoi fare qualcosa devi prevedere poteri
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