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Strumenti di consultazione nel procedimento amministrativo

Spesa in infrastrutture ultimi 10 anni in mld di euro

3.3 Strumenti di consultazione nel procedimento amministrativo

sulle grandi opere. L’istituto dell’inchiesta pubblica

Finora l’ordinamento italiano faticava ad implementare pregnanti strumenti di consultazione.

LOMBARDI e LULLO rilevano, in maniera ineludibile, che «se si escludono gli strumenti partecipativi previsti dal Codice dell’ambiente e dalla legge generale sul procedimento amministrativo, purtroppo ancorati a tecniche di partecipazione deboli e formali, non vi sono possibilità concrete, per i cittadini, di inserirsi efficacemente nel processo decisionale. L’incremento del contenzioso giurisdizionale e la radicalizzazione della conflittualità sul territorio ne sono le

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dirette conseguenze, con evidente impatto sul procedimento amministrativo»51.

Dello specifico capo sulla partecipazione nella legge 241/90 si è abbondantemente detto prima.

Per quanto concerne il Codice dell’ambiente (D.LGS. 3 aprile 2006, n. 152) il riferimento è all’art. 24 bis per come introdotto dall'art. 13 D.LGS. 16 giugno 2017, n. 104, recante la disciplina

dell’inchiesta pubblica52 .

L’istituto del dibattito pubblico, di gestazione perlopiù francese ed inglese (cfr. débat public53 e public inquiry54) rappresenterebbe

51

C. LOMBARDI, A. LULLO, Il dibattito pubblico come strumento di

democrazia partecipativa (evoluzione e stato dell’arte), cit., p. 25. Concorde

A.AVERARDI, L’incerto ingresso del dibattito pubblico in Italia, in Giorn. dir. amm., 2016, p. 505 ss. La materia ambientale, atteso il carattere diffuso del bene, è antesignana della sensibilità partecipativa. Già l’art. 10 della

Dichiarazione di Rio (1992) adottata in sede di Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo sostenibile perorava l’approccio collaborativo.

La Convenzione internazionale di Aarhus del 25 giugno 1998, sull’accesso

all’informazione, la partecipazione della società civile al procedimento e la tutela del diritto di difesa in fase contenziosa giudiziale e stragiudiziale,

ratificata in Italia a mezzo la l. 16 marzo 2001, n. 108, esplicita ancor meglio l’istituto partecipativo. G. MORBIDELLI, Il regime amministrativo speciale

dell’ambiente, in AA.VV., Scritti in onore di Alberto Predieri, tomo II, Milano, p. 1121 ss.

52

Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (16 aprile 2014), di modifica della direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 14. L'art. 24 bis del Codice recita: «1. L'autorità competente può disporre che la consultazione del pubblico di cui all'art. 24, co. 3, primo periodo, si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto del termine massimo di novanta giorni. L'inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall'autorità competente». Pare allo scrivente che, nel caso si svolga il dibattito pubblico, l’inchiesta pubblica venga assorbita nel primo. Senato della Repubblica, IMPACT ASSESSMENT OFFICE, Una nuova forma di

partecipazione: il dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali, a cura

di STAFANO MARCI, Esperienze n. 35, settembre 2018, p. 25.

53

Unitamente all’enquête publique, il débat public valorizza il contributo del privato per gli aspetti di ordine ambientale, sociale e tecnologico specie in materia urbanistica. Il débat retroagisce la consultazione ad uno stato embrionale dell’infrastruttura, quello dell’an, ben potendo il procedimento arrestarsi sulla non realizzazione (cd. opzione zero). D. AMIRANTE,

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uno strumento attuativo del principio partecipativo, inteso a dare pregnanza al modello politico rappresentativo; con ciò corroborando la trasparenza dell’agere pubblicum e l’esercizio informato della sovranità popolare.

Per l’appunto siffatto modello pare alimentare efficaci flussi informativi che il decisore pubblico riversa nell’utilità della Comunità, soprattutto in tema di tempistiche realizzative dell’opera ed oneri finanziari correlati. Ciò detto, l’afflato partecipativo in materia annovera la commistione di elementi mutuati tanto della matrice politica quanto di quella amministrativa55.

Secondo PEPE: «si affermano, […], forme di partecipazione che,

da un lato, sono sganciate dalla titolarità di una specifica posizione legittimante e, dall’altro, dispiegano un’efficacia tanto giuridica (quale vincolo procedurale per il decisore) quanto politica, mediatica e sociale, mediante forme di coazione indiretta nei confronti delle Autorità preposte»56.

Codificazione e norme tecniche nel diritto ambientale. Riflessioni sull’esperienza francese, in Dir. gest. amb., 2002, p. 19 ss; M. VITTORI,

Dibattito pubblico anche in Italia: la svolta per una politica abituata a non decidere, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2013, p. 7 ss.

54

Si tratta del dialogo diretto con le comunità locali (public hearings e

inquires). Vi è una metodologia analoga adottata negli Stati Uniti che

risponde al nome di Consensus Building.

55

Parte della dottrina rinviene la sede appropriata delle disposizioni di cui all’art. 22 del D.LGS. 50/2016 (ius singulare) nella legge (lex generalis) sul procedimento amministrativo (l. 241/90) ovvero in un’autonoma disciplina recante attuazione del diritto di partecipazione alle decisioni pubbliche di cui all’art. 3 Cost (ius cogens). M.P.CHITI, Le modifiche al Codice dei contratti

pubblici: un “correttivo scorretto”?, in Gior. Dir. amm., n. 4/2017, p. 455 ss;

A.AVERARDI, L’incerto ingresso del dibattito pubblico in Italia, cit., p. 508; U. ALLEGRETTI, Un caso di attuazione del principio costituzionale di

partecipazione: il regolamento del dibattito pubblico sulle grandi opere, in www.rivistaaic.it, n. 3/2018, p. 462 ss.

56

G.PEPE, Dibattito pubblico ed infrastrutture in una prospettiva comparata, cit., p. 9.

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In questo senso è orientata la recente disposizione regolamentare che sarà esplicitata in appresso.

3.3.1 Il dibattito pubblico ed i fenomeni Nimby e Nimto

Innanzitutto il momento inclusivo che introduce un pregnante vincolo procedurale, prescinde dalla categoria notoria dell’interesse legittimo differenziato e qualificato; la disposizione in parola sembrerebbe operare già in presenza di interessi diffusi,

di interessi collettivi, semplici e finanche di fatto, essendo

(talvolta) inconferente addirittura il dato sulla cittadinanza (soprattutto nelle versioni regionali).

Il nodo conflittuale infrastrutturale origina dalla concentrazione del costo e delle esternalità sulla ristretta comunità territoriale ospitante; a fronte del quale ci sarebbero benefici diffusi all’intera economia nazionale.

Questa sperequazione degli oneri, spesso gravante su agglomerati e territori relativamente ristretti, alimenta i fenomeni di Nimby e

Nimto57.

Più nel dettaglio l’acronimo NIMTO (not in my term of office) distingue l’iniziativa oppositiva patrocinata dagli amministratori e rappresentanti delle istituzioni da quella intrapresa dalle comunità locali, cui si ascrive il più comune acronimo NIMBY (not in my

back yard). Di rado utilizzati gli acronimi, più radicali ed

integralisti, BANANA (built absolutely nothing anywhere near

anything) e NOPE (not on planet earth).

Il momento autoritativo, accentratore e verticistico esaspera le conflittualità con le comunità locali e gli Enti territoriali. La

57

L. TORCHIA, La sindrome Nimby: alcuni criteri per l’identificazione di

possibili rimedi, in F.BALASSONE,P.CASADIO (a cura di), Le infrastrutture

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struttura procedimentale che disattende le istanze Nimby e Nimto, viene sabotata e giocoforza dirottata verso le aule di giustizia, ingolfandole e saturandole ulteriormente58.

Viene da sé che stemperare le istanze oltranziste in fase preistruttoria ha riverberi sull’efficientamento della spesa pubblica e sul contenimento dei costi del dissenso.

In questa direzione muove il dibattito pubblico.

58

Per una rassegna giurisprudenziale: TAR Lazio, Roma, sez. II bis, 8

settembre 2015, sentenza n. 11098; Consiglio di Stato, sez. IV, 22 febbraio 2016, sentenze n. 719, 720, 721, 722, 723. Nei descritti casi il TAR ha ritenuto legittima la revoca di una delibera recante approvazione del progetto preliminare e dichiarazione di P.U. di un impianto di cremazione per salme, sulla scorta di una esacerbata contrapposizione della comunità coinvolta, che ha attivato lo jus poenitendi della PA. Il TAR del Lazio ha sganciato una bomba NIMBY?, con commento di G. VIRGA, Un allarme eccessivo, 12 settembre 2015, in www.lexitalia.it. In maniera affatto difforme il Consiglio

di Stato ha dichiarato inammissibili i ricorsi avverso la realizzazione

dell’autostrada A12 Livorno-Civitavecchia per carenza di interesse. Nel caso di specie i ricorrenti non avrebbero assolto l’onus probandi circa la concreta lesività dell’opera, allegando piuttosto nell’atto introduttivo del giudizio mere petizioni di principio. Più in dettaglio il giudicante ha ritenuto che «non è sufficiente a radicare l’interesse al ricorso la mera vicinitas […], richiedendo la piena dimostrazione dei pregiudizi puntuali, concreti o altamente

probabili, che deriverebbero dall’esecuzione del provvedimento impugnato».

Giustappunto si tratterebbe di un’opera già prevista dal Programma

Infrastrutture strategiche (PIS), di cui alla delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, attuativa della l. 443/2001 (cd. legge obiettivo). M. CALABRESE, Autostrada A12, via libera definitivo alla realizzazione anche

contro gli interessi locali, IlSole24Ore, EntiLocali&Pa, 25 febbraio 2016. Più

incisivi gli interventi del Giudice delle leggi; il riferimento corre alla sentenza n. 62/2015 con cui la Corte costituzionale, nello stigmatizzare farlocche attribuzioni di competenze, ha dichiarato l’illegittimità delle norme regionali di Calabria, Basilicata e Sardegna che vietavano lo stoccaggio di rifiuti radioattivi nei territori di competenza. G.MANFREDI, La Corte costituzionale,

i rifiuti radioattivi e la sindrome nimby, in Riv. giur. ambiente, 2005, pp.

1156-1158. Analoga impostazione nella sentenza n. 285/2013, questa volta per censurare la legge della Valle d’Aosta che vietava l’incenerimento, la termovalorizzazione e la gassificazione dei rifiuti. M. E. ALOTTO, F. VANETTI, Limiti alla potestà legislativa regionale in materia di smaltimento

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