• Non ci sono risultati.

La velocità è nemica del diritto? Differenza tra

semplificazione e deamministrazione

Per BOMBARDELLI: «si è intervenuti a più riprese e in vari modi sul procedimento amministrativo. […] Le principali azioni di riforma sono state rivolte alla riduzione del numero dei procedimenti, con la soppressione di quelli inutili o con l’accorpamento di quelli che si riferiscono alla stessa attività; alla riduzione del numero delle fasi del procedimento e dei tempi necessari per il loro svolgimento; alla previsione di diverse possibilità di deroga alla struttura sequenziale dell’attività; alla semplificazione documentale e al potenziamento dell’uso dell’informatica; all’introduzione di strumenti di contrasto dell’inerzia dell’amministrazione nell’adozione del provvedimento»27.

Siffatti istituti, spesso di novella gestazione, se scollati da una visione sistemica sono improduttivi di risultati. Anzi se snaturati ed artatamente manipolati possono importare nocumento al pubblico interesse, appiattendo le istanze sociali ad appetiti di minoranze strutturate e dominanti.

Si tratterebbe non già di una semplificazione, viepiù di una brusca accelerazione procedurale, tale da far raggiungere una velocità procedimentale irragionevole, insostenibile e, pertanto, pericolosa. Bene, l’eccesso di velocità, oltre il limite prescritto di

27 M.BOMBARDELLI, Il silenzio assenso tra amministrazioni e il rischio di

49

legge ed oltre quello suggerito dalle condizioni di marcia, è talvolta foriero di incidenti indesiderati. Fuor di metafora, un’istruttoria frettolosa può non individuare con precisione i contorni del pubblico interesse; e difficilmente può essere ascritta nel novero delle semplificazioni ponderate e ragionate. Argomentando meglio, l’omissione di talune fasi del procedimento ben può integrare un’accelerazione mediante elisione, giammai un efficientamento; al più si tratterebbe di una semplificazione con diminuzione del risultato, che per l’appunto sarebbe subottimale.

La semplificazione si ridurrebbe pertanto in un mero approccio semplicistico, e l’efficientamento ad una mera cancellazione di fasi procedimentali considerate ridondanti e superflue.

Quanto dianzi raccontato nella misura in cui non è dato riscontrare con certezza che tutti gli interessi in gioco siano strati effettivamente ponderati; l’accelerazione essendo la risultante dell’omissione e del saltum piuttosto che della buona amministrazione. Più banalmente verrebbero colpevolmente pretermessi primari interessi, travisando l’istituto semplificativo con la deamministrazione e confondendo la complessità con la complicazione28.

In effetti anche i moduli procedimentali di stampo contrattuale operano in una cornice affatto diversa da quella della

28

Viene in rilievo la differenza tra cum plicatum (serie di elementi omogenei ed autonomi) e cum plexus (interessi eterogenei posti a sistema e mutevolmente interrelati). La cura del pubblico interesse nelle moderne democrazie pluraliste annovera soprattutto elementi della seconda fattispecie. Non si tratterebbe di progressioni lineari (sequenza procedimentale) ma di causalità circolari e di sequenze iteranti. Meglio argomentando taluni sovraordinati interessi sensibili non dovrebbero essere bypassati; nei fatti la

salute, l’ambiente, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza sono immanenti all’iter procedimentale considerato nella

50

discrezionalità amministrativa. Il nomen iuris di partenariato pubblico-privato cela dietro il perseguimento dell’interesse pubblico (sovente travisato), piuttosto la pubblicizzazione dell’interesse del privato, produttore e consumatore che sia.

Nei fatti non sarebbe più la norma a descrivere il pubblico interesse, cui l’amministrazione darebbe esecuzione e concretizzazione. Il privato si ascriverebbe inopinatamente la selezione degli interessi meritevoli di attuazione a mezzo finanziamento, e vi darebbe corso con il placet e l’exequatur della pubblica amministrazione e degli apparati politici.

Il dibattito pubblico siccome slegato dal pernicioso criterio dell’interesse qualificato e differenziato (vale la capacità elettorale) potrebbe dare veste autorevole alle rimostranze di comunità altrimenti inascoltate.

Sentendosi parte di un meccanismo verrebbero responsabilizzate e da meri incisi dal provvedimento ne sarebbero a tutti gli effetti gli ideatori ed i gestori.

Un’amministrazione efficiente dovrebbe considerare l’adagio per il quale: «la difficoltà del provvedere non è una giustificazione del ritardare, o peggio dell’omettere».

Ben venga la dilatazione dei tempi del provvedimento per far posto al confronto, se è in gioco la sua riuscita dell’opera in termini di accettabilità e sostenibilità economico-finanziaria ed ambientale.

1.4.1 Il rischio amministrativo, il perenne sciopero di firme e la

sburocratizzazione

Altro termine invalso tra i più, e finanche arrivato al quivis de

51

approccio semplificativo; di quella semplificazione che si diceva realizzarsi a mezzo elisione.

Si scorge negli ipertrofici moduli procedimentali inefficienza ed inefficacia tali da scoraggiare anche il più paziente investitore. L’antieconomicità è riveniente soprattutto dalla intempestività dell’azione amministrativa, con dilatazione abnorme delle tempistiche di realizzazione dell’opera pubblica.

Per FOTINA e SANTILLI: «la pubblica amministrazione italiana, e il mondo delle opere pubbliche in particolare, ha totalmente perso il senso dell’importanza della variabile tempo, completamente incartata in una visione formalista, attraversata da riforme

paralizzanti e scioperi di firme, da un regime di responsabilità incerto (come dimostra anche il caso del Ponte Morandi), da una capacità tecnica di stare sulle cose debolissima»29.

Emblematico lo studio del Nucleo di verifica e controllo incardinato presso la Presidenza del Consiglio (acronimo NUVEC).

L’organismo ha monitorato circa 56mila opere pubbliche, di talché ne ha stimato i tempi di realizzazione. Nello specifico i lavori di importo maggiore a cento milioni di euro abbisognano di ben 15 anni e 8 mesi così ripartiti:

1) 54,3% tempi di attraversamento da una fase all’altra (quelli che venivano chiamati dianzi tempi morti);

2) 45,7% tempi effettivi (bando, progettazione, gara, lavori). Invero la dinamica infrastrutturale, che sarebbe meglio chiamare

inerzia ed immobilismo infrastrutturale, interesserebbe sia le

29

C.FOTINA,G.SANTILLI, Italia fragile e opere al ralenti: in media persi 8

anni in burocrazia, IlSole24Ore, 16 settembre 2018. L’articolo in parola cita

il viadotto Himera, sull’autostrada Palermo-Catania, crollato il 15 aprile 2015, la cui costruzione è (ancora) in fase embrionale. Secondo il rapporto 2011 dell’Osservatorio sui costi del non fare, il ritardo infrastrutturale avrebbe un costo stimato di 260 miliardi in 15 anni. Si veda www.costidelnonfare.it

52

opere costruende che, ancor più, quelle costruite. Pare sconcertante che la sopramenzionata partizione (si intende

costruende-costruite) assorba risorse in maniera affatto sperequata.

Per ogni euro che l’Amministrazione spesa in manutenzione e controllo, ne impiega ben dieci per la progettazione e realizzazione di nuove opere; che perlopiù restano incompiute. «In Italia negli ultimi 20 anni si sono spesi oltre 170 miliardi di euro per nuove opere; laddove per la manutenzione del più grande patrimonio infrastrutturale dell’occidente, stando al rapporto lunghezza delle reti/abitanti, si è investito meno del 10% di tale cifra. […] Nei 170 miliardi di cui all’apertura sono comprese anche le spese per centinaia di opere bloccate, abbandonate o mai avviate (magari dopo costosissime progettazioni)»30.

È infatti innegabile, perché chiaro ictu oculi, lo stato di penoso ammaloramento in cui versa il parco infrastrutture italiano (ponte Morandi ante crollo e piloni-viadotti della A24/A25 solo per numerare gli esempi con maggior eco mediatica).

Certo lo stadio in cui si trovano richiederebbe una pesante ed immediata manutenzione straordinaria. Il confronto ed il dibattito sarebbero nefasti a questo stadio.

Ed infatti, leggendo il regolamento attuativo dell’istituto (D.PCM. 76/2018), si scopre che non è previsto in caso di interventi di manutenzione, tanto ordinaria quanto straordinaria.

30

A.ZIPARO, Manutenzione, una goccia nel mare di miliardi, Il Manifesto, 19 agosto 2018. Ad abundantiam può leggersi Inland infrastructure investment

53

Spesa in infrastrutture ultimi 10