• Non ci sono risultati.

Il compromesso vincente

“Lorenzo, Lorenzo, que pasa?”. La faccia stravolta di Fernando Moran, ministro degli Esteri spagnolo, me la ricordo ancora in quella notte di giugno di tanti, troppi anni fa. Erano le ore concitate della chiusura del negoziato per l’ingresso della Spa-gna nella Cee, come allora si chiamava la futura Unione europea. Uno dei primi mo-menti storici, della mia carriera di giornalista. Qualcosa non stava funzionando più.

Non rammento se fosse uno dei soliti intoppi opposti da Margareth Thatcher, o l’en-nesima richiesta al rialzo di qualche altro paese, preoccupato che i due nuovi mem-bri, c’era anche il Portogallo in dirittura d’arrivo, costassero troppo in termini di ri-nunzie a fondi comunitari e posizioni.

Lorenzo era Lorenzo Natali, il commissario italiano che aveva gestito e portato avanti tra mille insidie l’intera partita dell’ampliamento dell’Europa a 12, dopo aver concluso con successo quella con la Grecia. La scena si svolgeva al pianterreno del palazzo del Consiglio, vicino alla zona riservata alla stampa. Ricordo la tranquillità rassicurante con cui Natali, il baffo folto, la pipa in bocca, andò incontro a Moran, sussurrandogli qualcosa all’orecchio. E quello, come ascoltando una formula magi-ca, acquetarsi. Come tante altre volte in quella lunga schermaglia tra lupi, Natali sa-peva di avere in mano la soluzione, il compromesso vincente. E così fu. Finì all’alba, con i giornalisti spagnoli che cantavano “Asturias patria querida” e con Moran in

la-Paolo Valentino

crime che indicava con la mano Lorenzo Natali, come per dire: “È stato tutto meri-to suo”.

Quanto in alto sia sempre rimasto Natali nella stima e nella gratitudine degli spa-gnoli, non solo della classe dirigente, ma anche del popolo, me ne accorsi qualche an-no dopo a Madrid, nel 1988, durante una conferenza dei cosiddetti Acp, i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico legati all’Europa dall’ormai storica Convenzione di Lomé.

Era sempre vicepresidente della Commissione, Natali. Ma ora nel suo portafoglio c’era la politica dello Sviluppo, primo italiano a occuparsene dopo l’eterna gestione francese. Di lui mi colpiva l’approccio umanistico con cui aveva affrontato l’incarico, nel quale rileggeva in chiave moderna la grande tradizione dell’illuminismo cattolico di La Pira, come lui fiorentino sia pur d’adozione.

Filosofia a parte, rimasi sorpreso dalla sua immensa popolarità nella capitale ibe-rica. Riconosciuto per strada e nei ristoranti. Salutato con grandi sorrisi. Sembrava che a lui, la nuova Spagna uscita dal franchismo legasse fisicamente il proprio passag-gio a nord-ovest, verso l’ancoragpassag-gio democratico che l’avrebbe affrancata per sempre dai fantasmi del passato e avviata sulla strada della modernità. A venti anni dalla sua scomparsa, di Lorenzo Natali mi piace ricordare questo ruolo di paziente architetto di ponti nella storia d’Europa. E sono sicuro che lui si sarebbe schermito, col suo sorriso un po’ triste, timido e buono.

Con il fratello Gianfranco I genitori, Giulio Natali e Giulia Pierucci

Bondicchi di Brolazzo

Con i fratelli Gianfranco, Cristina e Giuliana e un’amica durante una festa in maschera

Con due amici di università

1943, dopo essere stato richiamato alle armi, presso il reggimento Autieri di Firenze

1947, autunno, a passeggio per le vie dell’Aquila

1948, comizio in Abruzzo durante la campagna elettorale

1955, 12 settembre, il giorno del matrimonio

con Paola Speranza

con Paola

1966, aI cinema Imperiale dell’Aquila

festeggia la prima nomina a ministro della Repubblica

1966, a Venezia con la famiglia

1966, con il cardinale Confalonieri sul cantiere della galleria

Monte San Rocco dell’Autostrada Roma-L’Aquila

1967, Trieste, visita all’Italcantieri come ministro della Marina Mercantile

1967, settembre, Milano, con il

presidente del Consiglio Aldo Moro

alla inaugurazione del monumento ai marinai d’Italia

Con Bob Kennedv 1971, giugno, all’inaugurazione di una latteria, come ministro dell’Agricoltura

Con la famiglia nella casa di Rocca di Mezzo (in Abruzzo), poco prima di partire per l’incarico europeo

1976, Lussemburgo, giuramento alla Commissione

Bruxelles, prima riunione della Commissione Jenkins (1977-1981); Giro tavola: Roy Jenkins (a destra del tavolo); in senso orario; Emile Noél, segretario generale, Crispin Tickell, capo Gabinetto del presidente (seconda fila); Guido Brunner (Germania);

Christopher Tugendhat (Gran Bretagna); Richard Burke (Irlanda); Claude Cheysson (Francia); Finn Olav Gundelach (Danimarca); François-Xavier Ortoli (Francia); Lorenzo Natali (Italia); Raymond Vouel (Lussemburgo); Etienne Davignon (Belgio); Antonio Giolitti (Italia); Henk Vredeling (Olanda); Wilhelm Haferkamp (Germania)

Jimmy Carter e il presidente Jenkins

1979, febbraio, Atene, con Konstantinos Karamanlis, premier greco

1985, giugno, Milano, con Mario Soares, presidente del Portogallo

e Jacques Delors

Con Felipe Gonzalez, leader del Psoe e capo del governo spagnolo

Pranzo di lavoro nella campagna spagnola

con Gian Paolo Papa Con Juan Carlos re di Spagna

Con Enrico Berlinguer a Bruxelles re del Belgio

1985, giugno, Milano, con il presidente Delors e il presidente del Consiglio Bettino Craxi, al Consiglio

europeo

1985, 28-29 giugno, Consiglio europeo di Milano. Si riconoscono da sinistra: il capo del governo spagnolo Felipe González; il ministro spagnolo degli esteri Fernando Morán López;

Lorenzo Natali; il presidente Jacques Delors; il primo ministro portoghese Mário Soares; il ministro degli esteri portoghese Jaime Gama; il primo ministro danese Poul Schluter; il ministro degli esteri danese Uffe Elleman-Jensen; il primo ministro belga Wilfried Martens

1985, un momento dei lavori di un vertice europeo. Si riconoscono da sinistra il presidente Jacques Delors, Natali, il premier francese Jacques Chirac, il presidente francese François Mitterrand e altri leader europei

1987, Bruxelles, con Abou Diouf, presidente del Senegal della Repubblica

Dominicana

Con la famiglia in Camerun

L’ÉQUIPE