I miei incontri con Lorenzo Natali risalgono a molto prima che io fossi nominato al-la Commissione europea. L’ho conosciuto durante il suo primo mandato, quando rico-priva l’incarico delle relazioni con il Parlamento europeo. Io ne ero membro dalle elezio-ni a suffragio uelezio-niversale del 1979 e presiedevo la Commissione economica e monetaria.
Lorenzo, sempre disponibile, curioso di conoscere, vigilava sull’avvio del nuovo Parlamento e mi fece un’ottima accoglienza.
Ricordo alcuni pranzi di lavoro con Lorenzo e i suoi colleghi Etienne Davignon e François-Xavier Ortoli, in una atmosfera calorosa. Ho molto imparato durante que-sti scambi ai quali talvolta partecipava anche il presidente della Commissione Gaston Thorn.
Pur dovendo lasciare il Parlamento europeo nel 1981 per assumere l’incarico di ministro dell’Economia e delle Finanze del primo governo formato dal presidente della Repubblica François Mitterand, ho mantenuto i contatti con la Commissione europea. In occasione delle riunioni del Consiglio dei Ministri dell’Economia e delle Finanze, a cui partecipava attivamente. Ortoli, approfittavo per incontrare gli altri commissari e seguivo gli sforzi di Natali per la riuscita dell’allargamento a Spagna e Portogallo. Il processo non era ancora compiuto quando, nel gennaio 1985, mi inse-diai alla Commissione, ma il lavoro di fondo era stato ben condotto nonostante le
1985, giugno, Natali con Delors durante il Consiglio di Milano
difficoltà e le divergenze. Lorenzo poteva essere orgoglioso del suo lavoro, messo in risalto dalla dichiarazione del 24 ottobre 1984 firmata dal Primo ministro portoghe-se Mario Soares, dal presidente di turno della Comunità Jarret Fitzgerald e dal diret-tore dei lavori Lorenzo Natali.
Durante il primo semestre 1985, sotto la presidenza italiana e con l’appoggio di Lorenzo, anche se assegnato ad altri incarichi, fu possibile concludere con successo il negoziato e accogliere i capi dei governi spagnolo e portoghese al Consiglio europeo di Milano nel giugno 1985.
La vocazione di Lorenzo Natali
Uno dei momenti più delicati, se non il più esplosivo, è costituito dalla suddivisio-ne degli incarichi e delle responsabilità tra i membri della nuova Commissiosuddivisio-ne. Con-sapevole di tali rischi e dopo aver fatto il giro delle capitali, anticipai gli eventi e invi-tai i commissari a un seminario di riflessione a l’Abbaye de Royaumont nel dicembre 1984, molto prima del nostro insediamento ufficiale. Le colazioni di lavoro individua-li con ciascuno dei commissari, prima di questa riunione, mi avevano lasciato molto perplesso. Alcuni incarichi erano richiesti da più commissari, altri del tutto ignorati.
Ma volevo assolutamente accontentare Lorenzo, attirato da sempre dai problemi legati al sottosviluppo e dal relativo corollario di drammi come la fame, la penuria d’acqua e le lacune del sistema educativo. L’uomo idealista e generoso voleva racco-gliere questa sfida, nel quadro della Convenzione di Lomé, che sanciva gli aiuti fi-nanziari e le relazioni economiche con i paesi dell’Africa, dei Carabi e del Pacifico.
Ciò creava a me e ad altri colleghi non poche preoccupazioni, ma rimasi fermo nel mio intento e non ebbi mai a pentirmene.
Durante quei quattro anni Lorenzo visitò quei paesi in condizioni molto difficili, senza curarsi della propria salute: viaggi difficili, movimentati da incontri sul campo, spostamenti con piccoli aerei non sempre rassicuranti. Niente fermava Lorenzo nel-la sua volontà di comprendere e aiutare, e di renderci tutti più sensibili alnel-la situazio-ne di quei paesi.
Grazie alla sua arte fatta di disponibilità e di apertura agli altri, strinse relazioni personali con molti capi di stato di quei paesi, valorizzando il lavoro dei servizi re-sponsabili della Convenzione di Lomé.
L’amico vigile
La nostra amicizia crebbe con il passare del tempo e delle prove che la Commis-sione doveva affrontare.
Gli avevo chiesto, in qualità di vicepresidente, di accompagnarmi alle riunioni del Consiglio europeo, per beneficiare dei suoi consigli. Quando all’ordine del giorno vi erano determinati argomenti, lasciava il posto per il dibattito a Frans Andriessen o a
legiale, avendo bisogno di dibattere a fondo le proposte da presentare. L’Obiettivo 92 era quello di creare un grande mercato unico – con la necessaria riforma dei trat-tati e il loro ampliamento verso il sociale, l’ambiente e la moneta – e la sistemazione di un bilancio europeo perché la Commissione potesse prendersi carico con succes-so di questo nuovo impegno: “la realizzazione dell’Atto Unico”. A questo proposito ho sempre vivo il ricordo del caloroso abbraccio che mi diede Lorenzo quando, alle 4 di mattina, uscii dal Consiglio europeo nel gennaio 1988, dopo aver ottenuto l’ac-cordo del Consiglio sulle principali direttive del “Realizzare l’Atto Unico”, che di-venne il pacchetto Delors 1.
Di tutto ciò discutevamo, ed anche di altri argomenti legati alla vita quotidiana della Comunità europea, all’efficacia delle regole, alla preoccupazione di rilanciare un’econo-mia europea che, dal 1981 al 1984, aveva perso centinaia di migliaia di posti di lavoro.
Ciascun commissario aveva il suo parere. Qualche volta esprimeva il punto di vi-sta del suo paese, ma in questo caso Lorenzo – per non citare che lui – distingueva tra le preoccupazioni italiane e la necessità di una convergenza per valorizzare l’interes-se europeo. Il suo buon el’interes-sempio ci permil’interes-se di migliorare il metodo di discussione e di lavoro.
C’erano comunque momenti di tensione e nervosismo, anche da parte mia. Ma Lorenzo vigilava affinché il suo presidente ritrovasse la calma e l’assemblea la sua missione principale: esprimere una posizione coerente, se necessario coraggiosa, atta a convincere gli Stati membri.
Competizione, cooperazione e solidarietà
Cosa faceva correre Lorenzo, lo motivava, lo spingeva fino ai limiti estremi della fatica? Era semplicemente il suo ideale di solidarietà, certamente dovuto alla sua gio-ventù militante, vissuto nel compimento dei suoi incarichi nazionali, poi europei.
Appoggiava molto la formula con la quale proponevo di concretizzare il nuovo trattato, l’Atto Unico, strumento per il rilancio europeo: “La competizione che sti-mola, la cooperazione che rinforza, la solidarietà che unisce”.
Avendo condotto i negoziati con Spagna e Portogallo, il cui livello di sviluppo era sensibilmente inferiore alla media europea, insisteva sulla necessità di un aiuto strut-turale a questi paesi. E, inscritta in quel trattato, la coesione economica e sociale di-venne uno dei pilastri della costruzione europea.
Ma egli sapeva anche, meglio di chiunque altro, pensando soprattutto al Mezzo-giorno, che la solidarietà con i nuovi arrivati e l’apertura dei nostri mercati preoccu-pava alcune regioni italiane, francesi e … greche. Con questo spirito arricchì e poi sostenne il nostro proposito nei “Programmi integrati mediterranei” (Pim) per aiuta-re queste aiuta-regioni.
Non mancava poi di appoggiare, in Commissione, le proposte di miglioramento sociale che riguardavano la costruzione di un dialogo strutturato tra padronato, sin-dacati e Commissione, inserendo nell’Atto Unico miglioramenti per le condizioni di salute, igiene e sicurezza sui posti di lavoro e la proposta di una Carta dei Diritti dei lavoratori in collegamento con il Consiglio economico e sociale, approvata dal Con-siglio europeo nel dicembre 1989.
Una visione dell’Europa
Nel contesto attuale, dominato dall’oblio di ciò che ha provocato lo slancio verso un’Europa unita e dallo scetticismo, è bene ricordare la vita di un uomo interamente dedita ai suoi ideali di solidarietà e fraternità.
Dico spesso, rischiando di sembrare ossessivo: “i popoli che non hanno memoria non hanno avvenire”.
Lorenzo conservava viva la memoria dell’ultima grande tragedia europea. Cono-sceva il valore e l’esigenza dell’impegno al servizio degli altri per costruire un mondo di pace e di reciproco rispetto fra i popoli.
Oltre alle sue attività professionali e politiche si appassionò al sogno europeo, al-la lotta instancabile condotta da Altiero Spinelli fino all’adozione da parte del Paral-la- Parla-mento europeo di un progetto di trattato che ispirò molti di noi.
Lorenzo Natali dava corpo a questa visione dell’Europa, condivisa da generazio-ni di costruttori celebri o misconosciuti, grazie alle sue qualità di discernere. Certo, era necessario fissare il fine ultimo, ma anche le tappe, il come fare, scartare idee cer-tamente generose, ma non praticabili.
L’uomo che combatteva per l’uomo, l’attore europeo, faceva procedere le cose grazie alla sua apertura di spirito ma anche alla sua intelligenza nelle situazioni, e al suo buon senso.
Manuel Marin, un nostro collega, l’ha battezzato un giorno “Il Maestro”. Testi-monianza di affettuosa ammirazione condivisa per un uomo che io chiamavo, nel profondo di me stesso, “il Saggio”.
Ci manca, perché in assenza di memoria, di visione, di discernimento, la nostra Europa non ha mai avuto, come ora, tanto bisogno di saggezza. Facciamo fruttare questa eredità, trasmettiamola a coloro i quali, oggi come domani, vogliono un’Euro-pa indipendente e al tempo stesso generosa.