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Spinelli e Natali

Ho conosciuto Lorenzo Natali quando sono diventato assistente parlamentare di Altiero Spinelli, prima alla Camera dei Deputati durante la legislatura 1976-1979 e soprattutto al Parlamento europeo dal 1977 al 1986 quando Spinelli era entrato nel-la “cittadelnel-la delnel-la democrazia europea” grazie al voto degli elettori del Pci e Natali era subentrato a Carlo Scarascia Mugnozza alla vicepresidenza della Commissione europea sotto le presidenze di François-Xavier Ortoli, di Roy Jenkins, di Gaston Thorn ed infine di Jacques Delors.

Negli anni della militanza federalista, Spinelli aveva intessuto rapporti con quasi tutte le forze politiche italiane ad eccezione dei fascisti del Movimento Sociale Italia-no di Giorgio Almirante muovendosi secondo il principio della linea di divisione fra

“innovatori” e “immobilisti” affermato nel Manifesto di Ventotene del 1941. Fino a metà degli anni sessanta, la sinistra italiana – con impercettibili differenze fra i socia-listi ed i comunisti – era schierata dalla parte degli immobisocia-listi perché la costruzione europea era considerata come un’emanazione dell’egemonia americana ed il frutto

Pier Virgilio Dastoli

con Altiero Spinelli e la moglie Ursula nel giardino della loro villa di Sabaudia

della guerra fredda mentre le forze politiche cattoliche, repubblicane, liberali e so-cialdemnocratiche avevano sostenuto fin dal 1947 la strategia parallela della fedeltà atlantica e dell’impegno europeista schierandosi dunque dalla parte degli innovatori.

Con coerenza, Spinelli aveva intessuto rapporti di collaborazione con le forze politi-che innovatrici ed in particolare con De Gasperi ed Andreotti insieme a tutti i laici provenienti dal Partito d’Azione – nel quale Spinelli aveva militato dopo la fine della seconda guerra mondiale – e quelli appartenenti all’area liberale e radicale.

A partire dalla metà degli anni ‘60, prima con i socialisti di Nenni, di cui fu consi-gliere quando egli fu vicepresidente del Consiglio e ministro degli esteri, e poi con i comunisti italiani che iniziavano ad aprirsi ad una prospettiva di riformismo europeo simile a quello scoperto dalla Spd dopo Bad Godesberg, Spinelli iniziò a tessere le fi-la delfi-la sua azione europea utilizzando il luogo di dialogo “kennediano” de Il Mulino a Bologna e la fucina dei giovani ricercatori dell’Istituto Affari Internazionali a Roma.

Negli anni della Commissione europea (1970-1976), Spinelli ebbe molteplici oc-casioni di incontri con Lorenzo Natali ministro dell’agricoltura e l’ingresso del primo al Parlamento europeo e del secondo nella Commissione europea consentì di ripren-dere un dialogo che era iniziato nelle aule del Consiglio.

Il primo mandato da commissario di Natali spaziava dall’allargamento all’am-biente fino alla sicurezza nucleare ma a questi compiti, Jenkins aveva aggiunto anche le relazioni con il Parlamento europeo e dunque le occasioni di dialogo politico fra l’uno e l’altro non potevano non essere intense dato che Altiero aveva deciso di dedi-care la sua ultima battaglia politica al rilancio di una nuova sovranità europea.

Né il Parlamento europeo né la Commissione erano frequentati da una maggio-ranza di rivoluzionari federalisti e la complicità fra Spinelli e Natali si consolidò ra-pidamente grazie alla comune convinzione della necessità e dell’urgenza di una pro-fonda modifica del sistema istituzionale europeo per dare veri poteri al Parlamento e rafforzare il ruolo di governo della Commissione.

In materia ambientale e di sicurezza nucleare, Natali aveva trovato negli archivi della Commissione i dossier lasciati da Spinelli da cui emergeva con chiarezza che, al-l’inizio degli anni ‘70, i primi passi verso una politica europea – si direbbe oggi – per uno sviluppo sostenibile erano stati compiuti da Spinelli e dalla sua équipe e che da lui era nata l’idea di un programma pluriannuale comunitario.

In materia di allargamento verso i paesi mediterranei usciti dal totalitarismo fascista, Natali aveva trovato in Spinelli un acerrimo sostenitore della solidarietà europea a favo-re della Gfavo-recia, della Spagna e del Portogallo. Anche qui, Natali aveva trovato negli ar-chivi della Commissione i resoconti di un epico scontro fra Spinelli, paladino della de-mocrazia greca, e Ralf Dahrendorf che – a nome di un assurdo rispetto del principio in-ternazionale pacta sunt servanda – era di fatto schierato a fianco dei colonnnelli.

Fu tuttavia nelle due battaglie principali di Spinelli al Parlamento europeo – quella sul bilancio ed in particolare sull’ammontare della politica regionale e quella

mocristiani di Altiero negli anni ‘50’. In più occasioni a Spinelli e Natali si unì anche Antonio Giolitti che aveva ricevuto in Commissione il portafoglio della politica re-gionale.

In più occasioni, Natali riuscì a scuotere l’apatia politica della Commissione ed in particolare nel 1979 alla vigilia delle elezioni europee quando il presidente Jenkins era stato fortemente tentato da chi gli chiedeva di lasciar fuori la Commissione dalla comunicazione europea verso i cittadini-elettori e nel 1985 quando Jacques Delors fu fortemente tentato da chi gli suggeriva di adottare una linea di basso profilo sulla ri-forma delle istituzioni e di rinunciare alla convocazione di un negoziato diplomatico per la riforma dei trattati sostituendolo con banali e inutili “accordi di Milano”.

Un anno prima, Natali aveva coronato la sua carriera europea con le conclusioni positive dei negoziati per l’adesione alle Comunità europee della Spagna e del Porto-gallo e Spinelli aveva coronato la sua battaglia federalista con l’approvazione – a larga maggioranza dei deputati europei – del progetto di Trattato sull’Unione europea.

L’uno e l’altro hanno così apposto il loro sigillo sulla storia dell’integrazione europea.

Alla viglia della scadenza del mio mandato di direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, ho deciso di rendere omaggio a Lorenzo Natali dedicandogli la Sala Stampa della Rappresentanza opportunamente rinnovata.

LA STAMPA