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L’Europa: una realtà vivente e concreta

Sono passati poco più di vent’anni, eppure non ricordo molto del periodo (dal lu-glio 1985 alla fine del 1988) durante il quale ho lavorato per Lorenzo Natali alla Commissione europea. Pur avendo una memoria che può ricostruire i dettagli più minuti, ho tendenza a vivere nel presente, immaginando il futuro, piuttosto ricordan-do il passato. E soprattutto non me la sento di cercare di fare una valutazione d’insie-me del contributo di Natali alla costruzione europea ricorrendo a vecchie note di la-voro, alle agende di allora. Preferisco quindi limitarmi a pochi ricordi che emergono spontaneamente e molto vivacemente quando ripenso a quegli anni. Sono infatti ri-cordi che identificano alcuni elementi essenziali della personalità di Natali, almeno quale io l’ho percepita all’epoca e la rivedo oggi.

Il primo ricordo è il più vivo di tutti. Un po’ più di vent’anni fa, è un tardo pomerig-gio all’inizio dell’estate o alla fine della primavera, e la luce avvolge una piazza che è co-me una grandissima terrazza a strapiombo su un mare di colline e di montagne. Sullo sfondo di questa terrazza si raccolgono le case di una cittadina di cui non ricordo il no-me, spero che oggi sia ancora intatta, affacciata sulle montagne, sospesa fuori dal tempo, come allora. La piazza è un luogo perfetto per ritrovare amici o conoscerne di nuovi, e infatti è piena di gente, la maggior parte del posto, ma anche molti venuti da fuori.

Isabella Ventura

In un silenzio assoluto, Lorenzo Natali sta parlando dell’Abruzzo, dell’Italia, del-l’Europa, agli amici e agli sconosciuti che lo ascoltano, con una voce che risuona for-te attraverso l’aria trasparenfor-te: e attraverso le sue parole l’Europa diventa davvero vi-cinissima e concreta, non è più una concezione astratta, e l’Abruzzo ne è parte, come è parte dell’Italia; è un rapporto giusto ed equilibrato, quello che unisce le diverse entità istituzionali, le tre patrie, ognuna ha il suo ruolo che rafforza quello delle altre, un’armonia perfetta. Questo è il ricordo che preferisco, perché rappresenta bene quello che, per me, era il suo grande merito, quello di saper rendere, con parole sem-plici e forti, l’Europa una realtà vivente per quanti ne erano all’epoca ancora lontani.

Natali aveva la capacità di trasformare idee in concetti molto concreti e rilevanti per i suoi interlocutori.

Per Natali il rapporto tra l’Europa e i suoi concittadini non doveva però trasfor-marsi in una pretesa di assistenza da parte di questi ultimi, in una richiesta di sussidi;

questo rapporto lo concepiva come un’esigenza di solidarietà, di cooperazione attiva da ambedue le parti, che avrebbe permesso a tutti di dare il meglio di sé, nel quadro dei rispettivi diritti e doveri.

Questa capacità di coinvolgimento e al tempo stesso di rigore ha caratterizzato la sua relazione non solo con l’Italia e l’Abruzzo, ma anche i suoi rapporti con i politici ed i paesi con i quali ha lavorato nel quadro dei suoi mandati: l’allargamento, la poli-tica mediterranea, la cooperazione con i paesi Acp, in particolare dell’Africa. Natali era certo molto generoso, ma anche molto esigente.

Un altro ricordo riguarda il modo con cui Natali comunicava, la sua capacità e l’abitudine a parlar chiaro, senza le abituali ipocrisie del linguaggio politico, a quei tempi molto più “diplomatico” di quello a cui ora siamo abituati. Rivedo, come fos-se oggi, l’energia con la quale rimproverava un esponente di primo piano dell’econo-mia italiana d’allora, in visita a Bruxelles. Era evidente che si preoccupava più di pas-sare un messaggio senza equivoci che di mantenersi in buoni rapporti con un perso-naggio che avrebbe potuto essergli utile in futuro. Natali era certamente un abile e astuto negoziatore, ma non sopportava sotterfugi e ambiguità.

Infine penso che sia importante, per apprezzare nella giusta dimensione il lavoro di Natali, riconoscere che, per ragioni diverse, gli inizi e la conclusione della sua esperienza europea non si sono svolti in un contesto facile, tutt’altro. In effetti, a di-stanza di anni, confrontato con le difficoltà che abbiamo sotto gli occhi e davanti a noi, il passato ci appare spesso come un’isola felice, un mondo nel quale era più faci-le di quanto non sia oggi ottenere risultati, un’età dell’oro senza dubbi, dissensi, cri-tiche spesso violenti.

Non è stata un’isola felice. Natali ha avuto degli inizi non facili a Bruxelles, per-ché ci era arrivato senza un sostegno veramente forte del suo paese e dei media, in particolare italiani, che avevano preferito mettere in evidenza la sua mancanza di esperienza internazionale, la non conoscenza delle lingue straniere, i recenti

contra-non solo a contribuire ai successi delle Commissioni delle quali è stato membro, ma addirittura a orientarne gli equilibri.

Questo è stato particolarmente vero nell’ultimo periodo del suo ultimo mandato, quando la Commissione era accusata dai media di inerzia, e messa alle strette dai ten-tativi degli Stati membri di ridurla ad un segretariato senza responsabilità politiche.

Questa situazione aveva ripercussioni pericolose sugli equilibri interni della Com-missione, ed è stato Natali, con la sua capacità di dialogo e di energia positiva a tene-re insieme l’istituzione, sotto la guida del ptene-residente (che non per nulla ha poi tenta-to, senza successo, di ottenere il rinnovo del suo mandato). Natali ha sempre aiutato i suoi interlocutori, i suoi amici, i suoi colleghi.

Per questo, ricordarlo oggi può, tra l’altro, aiutarci ad affrontare i nostri progetti individuali e collettivi con più ottimismo e speranza.