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Comunicazione e formazione nel digitale

Nel documento La relazionalità tra reale e virtuale (pagine 36-49)

La comunicazione digitale e le sue potenzialità

2.1 Comunicazione e formazione nel digitale

L’irruzione degli strumenti informatici, prima nelle strutture e organizzazioni industriali, poi nell’esistenza quotidiana dei singoli individui, porta in primo piano il problema dell’identità, ma soprattutto della costruzione del Sé in un mondo in cui la percezione dominante è quella di un cambiamento così dinamico da determinare stati di insicurezza e instabilità cui far fronte attraverso un adattamento attivo al mutare rapido di relazioni sociali, situazioni contingenti, bisogni e interessi. Da qui una serie di studi specifici sul ruolo da attribuire alla comunicazione attraverso gli strumenti elettronici, ma soprattutto quegli spazi virtuali entro i quali imparare a muoversi senza perdere il senso di un’identità in costruzione, che comunque necessita sia di opportunità relazionali online sia di quelle offline. Una volta consapevoli del potere che la Rete e le connessioni assumono nel darci orizzonti illimitati di contatti e di conoscenze, occorre non dimenticare quanto altrettanto determinanti siano i rapporti mediati dalla fisicità, dal corpo, dal contatto reale con quanti entrano nella sfera delle nostre relazioni.

Mentre allora, soprattutto negli anni novanta, ha prevalso, in ambito soprattutto sociologico, l’idea che ormai non si dovesse più parlare di un’identità stabile, ma di tante identità fluide, occorre oggi prendere atto di quanto incerta e molteplice sia la definizione stessa di identità, pur sempre entro ciò che il virtuale prospetta e fa sperimentare insieme a quella realtà concreta, cambiata profondamente rispetto al passato, ma di cui è impensabile poter fare a meno.

Nell’ambito degli studi sulle relazioni online si è parlato più volte di un vero e proprio dissequestro dell’esperienza, come lo ha definito Thompson36, ad opera dei media elettronici, per i processi di costruzione dell’identità, così da dare l’idea di una vera e propria liberazione dagli schemi tradizionali entro i quali si costruiva l’identità stessa a partire dal gender, dalla classe sociale, per esaltare il moltiplicarsi delle esperienze mediate, in virtù delle quali la Rete aprirebbe incredibili possibilità che l’esperienza reale non è in grado di offrire. Tuttavia è da respingere un’opposizione netta tra

virtuale e reale, visto come il virtuale rappresenti una delle possibili modalità in cui

questo si manifesta. Certamente il virtuale si oppone a ciò che sia dato una volta per tutte. Questo sta a indicare come la virtualizzazione possa configurarsi come un’opportunità di liberazione dal “qui e ora” e da tutte quelle coordinate che strutturano il soggetto come determinato, insomma un’operazione di riapertura di possibilità. Ciò significa superare l’opposizione tra virtuale e reale senza demonizzare né l’uno né l’altro termine, al contrario viverli come modalità diverse di costruire se stessi, e comunque tra loro complementari. Si tratta insomma di reinventare l’identità a partire da spazi virtuali, senza rinunciare ai “corpi”, da non considerare soltanto ed

36 Cfr. J.B.Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità. Una teoria sociale dei media, Bologna, Il

esclusivamente nell’ambito delle etnie, dell’età, del genere. Si giunge così a superare in parte quel postmodernismo radicale che ha inteso negare il valore delle relazioni fisiche nella costruzione dell’identità, addirittura parlando di identità prive di contenuti solidi a cui ancorarle. C’è oggi una rinnovata attenzione per l’importanza assunta dalla vita quotidiana sia come luogo di appropriazione delle tecnologie telematiche sia per la rivalorizzazione dei rapporti interazionali. Se il web è lo spazio in cui prevalentemente ci si pone in relazione con una molteplicità di interlocutori che siamo noi a scegliere, la realtà è quella che ci chiama a misurarci con quanti entrano nella sfera dei nostri rapporti indipendentemente dal fatto che lo vogliamo o meno.

Sostiene Riva in merito:

Nell’interazione faccia-a-faccia il soggetto è il suo corpo. Dall’espressione del volto al movimento delle mani, ogni gesto riflette il soggetto che lo rende «visibile» all’altro; intuitivamente, per esempio, io capisco immediatamente che il mio amico Andrea vuole un caffè più dolce semplicemente vedendo la sua mano che si muove verso la zuccheriera. Al contrario, nei nuovi media, la fisicità e l’immediatezza del corpo reale vengono sostituite da un corpo virtuale, composto da una pluralità di immagini parziali e contestualizzate. […] In pratica, il soggetto diventa, per i propri interlocutori, quello che comunica.37

Allo stesso modo Gabriella Pravettoni può affermare:

Essere digitali significa essere ciò che le nostre dita fanno trapelare di noi attraverso lo schermo. Abbiamo depositato il corpo, momentaneamente, dietro la tastiera. Ci siamo estesi al

37 G.Riva, Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media, Bologna, Il Mulino, 2014,

di là di noi stessi tramite il cursore. Tabula rasa: di noi possiamo fare e dire ciò che vogliamo.38

Questo spiega come gli studi sulla comunicazione nella Rete abbiano subito nel tempo cambiamenti significativi nelle loro prospettive di indagine. Mentre infatti tra gli anni settanta e ottanta del Novecento la Rete è stata pensata soprattutto come un canale capace di generare effetti sugli scambi comunicativi, ma anche sui comportamenti e sulle relazioni sociali in Rete, si è passati poi, negli anni novanta, a pensare la Rete stessa come cyberspazio, quindi un vero e proprio luogo, uno spazio sociale abitato, capace di elaborare e dar vita a particolari culture di Rete e dunque da studiare prevalentemente in senso etnografico e più ampiamente sociologico. Sostiene a tale proposito Giuseppe Riva:

Il cyberspazio che unisce alcune caratteristiche delle reti sociali tradizionali –interazione, supporto e controllo sociale- con le caratteristiche del web-multimedialità, è creazione e condivisione di contenuti. Grazie al cyberspazio è possibile far entrare nella propria rete sociale anche «amici digitali», ciò persone mai incontrate dal vivo. […] Tuttavia trovarsi nel cyberspazio non significa necessariamente essere parte di una comunità.39

Occorrono infatti tempo, per comprendere le caratteristiche della Rete digitale, e disponibilità così da adattare la propria modalità di interazione a queste caratteristiche. Tuttavia anche nel mondo reale creare una vera comunità è difficoltoso, intanto perché non sempre si conseguono interazioni frequenti, entrando in gioco vari fattori quali il ritmo intenso di vita di ciascuno, l’assenza di persone che abbiano interessi simili, ma

38 G.Pravettoni, Web Psychology, Milano, Guerini e Associati, 2002, p.46

talvolta anche la timidezza, problemi a cui i social media danno una risposta efficace in quanto essi facilitano i contatti, dando la possibilità di un’interazione istantanea e priva di ostacoli, già a partire dal fatto di non doversi preoccupare del proprio aspetto per scrivere i contatti stessi. Rimane comunque la consapevolezza di quanto le comunità costruite intorno ai social media richiedano più tempo per creare legami stabili fondati sulla reciproca fiducia. Questo porta a dover sovrapporre una comunità digitale a una reale. In tal senso Riva può affermare che:

i social network permettono per la prima volta la creazione di reti sociali ibride – contemporaneamente costituite da legami online e da legami offline- dando vita a un nuovo spazio sociale l’«interrealtà».40

L’interrealtà dunque può rappresentare un punto di incontro e di equilibrio; nella costruzione del Sé, tra relazioni faccia a faccia e la Rete digitale. Si legge ancora in Riva:

A caratterizzare l’interrealtà è la fusione di reti digitali online e di reti sociali offline mediante lo scambio di informazioni tra di esse. È anche grazie all’interrealtà che il nativo digitale riesce a usare i social media per creare relazioni affettive in grado di uscire dal mondo digitale e diventare reali.41

In anni più recenti ci si è spostati comunque su studi che investono le modalità in cui i singoli individui includono la Rete all’interno della propria vita quotidiana ed è questo l’aspetto che più direttamente interessa riguardo al tema dell’identità visto come grande importanza sia da attribuire al rapporto tra relazione sociale e costruzione del

40 Ivi, p.140 41 Ibidem

Sé. In merito si può affermare con Enrico Menduni, Giacomo Nencioni, Michele Pannozzo relativamente a chi si avvale della Rete, che

non ha alcun senso continuare a chiamarlo «utente»; noi siamo gli utenti della sua pagina (google). Dobbiamo chiamarlo: «abitante», «partecipante»,«membro attivo di una comunità». Quindi, un’interattività molto maggiore molto più paritaria (anche se mai completamente).42

Non si tratta di rinunciare agli apporti delle ipotesi decostruzioniste, quanto piuttosto di riportarle su un terreno di confronto costruttivo in cui la quotidianità dell’esistere non perda la sua importanza, al contrario si arricchisca e si potenzi di rinnovato valore, cosicché i processi di costruzione dell’identità in Rete mai perdano di vista la portata strutturante delle relazioni sociali faccia a faccia. Per questo diventa determinante la valutazione dell’impatto potenziale delle tecnologie su quanti ne facciano uso e sui contesti di vita in cui essi se ne avvalgono. Se Internet ha, da una parte, la capacità di veicolare contenuti sociali ed emotivi e quindi di dare un apporto alle relazioni personali più significative, accade che comunque continui a essere la realtà di ogni giorno a consolidare o modificare, entro un confronto con i dati oggettivi, quanto la comunicazione mediata dalla rete è in grado di offrire e prospettare. Questo fa comprendere come anche online possano replicarsi gli aspetti sociali dell’identità quali appunto l’età, l’etnia, il gender, tutte categorie apparentemente eliminate dalle ipotesi decostruttive del postmodernismo. Sostiene in merito Simone Tosoni:

Le potenzialità decostruttive dell’identità in Rete sono anzi ricondotte precisamente alla possibilità del soggetto di

42 E.Menduni, G.Nencioni, M.Pannozzo, Social Network. Facebook, Twitter, Youtube e gli altri.

muoversi liberamente tra differenti identità sociali replicate online, indossandole come maschere.43

Questo testimonia come oggi, dopo tendenze che opponevano fortemente virtuale e reale, ci si muova entro la possibilità di una ricognizione critica che si avvalga di apporti sociologici da ricondurre comunque a una relazione più equilibrata tra online e

offline ai fini della costruzione dell’identità. Tosoni afferma infatti che si tratta di sperimentare sul campo la tenuta e le potenzialità di un approccio ai processi di costruzione dell’identità in Rete attento al portato (strutturante) delle relazioni sociali.44

Giuseppe Riva ha ben evidenziato come si possa addirittura parlare di un «scienza delle reti» che studia le proprietà delle aggregazioni sociali, ma anche le modalità in cui queste si trasformano; esse infatti riducono le distanze relazionali; è sufficiente una catena di poche persone per mettere in relazione una di esse con qualunque altra sul pianeta. Per questo è facile sapere tutto di tutti e contattare chi ci interessa. A questo si accompagna la facilità con cui nascono legami deboli, poiché ad esempio un utente di Facebook può avere dai 150 amici e oltre, ma questo comporta in effetti la debolezza dei legami. Ogni comunità infine ha come un proprio capitale sociale formato da quei vantaggi che essa offre ai suoi componenti, ma c’è anche una struttura che li produce. La distribuzione non va però verso tutti i membri e questo può determinare disuguaglianze, dovute ai legami che i membri hanno all’interno delle reti virtuali. Anche questo contribuisce alla costruzione dell’identità in Rete, considerando il peso delle relazioni sociali che sono importanti, ma soggette a legami deboli. 45

43 S.Tosoni, Identità virtuali. Comunicazione mediata da computer e processi di costruzione

dell’identità personale, Milano, FrancoAngeli, 2004, Introduzione, p.15

44 Ivi, p.17

Certamente è ormai venuta meno l’idea di una identità come essenza e quindi di un nucleo immutabile e coerente, ma gli studi sui media hanno ben evidenziato come essa debba essere letta in termini relazionali e quindi come risultato di operazioni di costruzione anche simbolica. Questo consente di recuperare il ruolo positivo dei media da intendere come strumenti che permettono di sperimentare nuovi linguaggi, pratiche discorsive e anche relazioni situate in contesti mutevoli. Siamo insomma di fronte alla costruzione di un’identità da intendere come un prodotto continuamente rinnovato di un’operazione di costruzione

messa in atto dagli attori sociali sullo sfondo di risorse simboliche di origine anche mediale. O meglio: di operazioni plurali di costruzione e di patteggiamento con i propri orizzonti esperienziali e con i propri altri significativi dove, in un mondo ipermedizzato e globalizzato, nessun ordine o sistema simbolico è più in grado di garantire, a priori, unitarietà e coerenza.46

Si riconferma così l’idea di un’identità mai unificata, al contrario

costruita in modo trasversale attraverso discorsi, pratiche, posizioni differenti, non necessariamente compatibili, tanto da non riguardare un ideologico «ritorno alle radici», ma piuttosto «un venire a patti con i propri percorsi».47

Così la costruzione del Sé si lega alla complessità dell’azione sociale ed è fatta di momenti interazionali e di altri in cui c’è bisogno di negoziazione e di appropriazione simbolica del significato delle esperienze che, mentre rimandano al ruolo svolto dall’alterità, dalle relazioni e dai soggetti con i quali si interagisce nel mondo virtuale, parallelamente chiedono di misurarsi con la concretezza delle relazioni faccia a faccia.

46 Ivi. p.21 47 Ibidem

In tale contesto si comprende meglio il ruolo del digitale nel campo della comunicazione, ma soprattutto viene in primo piano il problema del rapporto tra comunicazione e formazione, viste le ampie potenzialità del mondo digitale di contribuire alla costruzione di un’identità che tuttavia non può esclusivamente costruirsi nella relazione virtuale. È nella mediazione intesa come negoziazione continua, ma anche rielaborazione compiuta dal soggetto nell’ambito di un processo formativo reale che è possibile pensare la costruzione in divenire di un’identità nella mutevolezza del reale e delle situazioni vissute. Questo coinvolge inevitabilmente la tecnologia e il ruolo dei media, poiché comunque la prima è sempre tensione verso il futuro mentre non perde la capacità di guardare al “qui e ora” e quindi alla contingenza. Si comunica dunque in molteplici modi e con innumerevoli canali, ma occorre non dimenticare come la comunicazione non coincida necessariamente con l’apprendimento, tanto da richiedere che si eviti la confusione semiotica e quella delle informazioni che possono costituire perfino un ostacolo. Così Scienze dell’educazione e Scienze della comunicazione hanno in comune il bisogno di avvicinamento reciproco visto come l’atto educativo sia comunque un fatto comunicativo e relazionale tanto da richiedere un’integrazione profonda tra educazione e comunicazione, che hanno in comune la mediazione, il dispositivo, l’interattività, l’esigenza di una costante negoziazione. È la componente della mediazione a costituire una delle esperienze formative a forte carattere relazionale e la coordinazione avviene molto spesso attraverso i media, così da rafforzare l’immagine della conoscenza come fatto prevalentemente sociale e relazionale. Come evidenziano Carlo Galimberti e Francesca Cilento Ibarra,

l’immagine che l’attore fornisce di sé nelle interazioni online non è frutto unicamente delle proprie scelte individuali, ma si precisa nel corso dell’interazione con l’altro/con gli altri. Essa va considerata come il risultato di un’azione congiunta sensibile alle caratteristiche dell’ambiente all’interno del quale ha luogo.48

Esistono tuttavia differenze profonde tra il mondo della comunicazione, soprattutto quella attraverso il web, e la formazione stessa. Nella prima si conversa, si chatta, si fa

surfing, si dà luogo a quelle che spesso vengono definite “comunità virtuali” e si può

anche discutere, dialogare, ma questo avviene spesso in maniera estemporanea.49 Nella formazione intanto si presuppongono esperienze diverse tra i soggetti che entrano in gioco e soprattutto essa prevede che, a partire da certi prerequisiti individuali, si fissino specifici obiettivi. Si tratta dunque di due mondi diversi, di cui individuare correttamente i confini, senza tuttavia niente togliere all’apporto integrato di ciascuno di essi. La comunicazione non è identificabile con la formazione perché non soltanto si può comunicare molto e apprendere poco, ma soprattutto l’informazione e la comunicazione non sono immediatamente riconducibili all’apprendimento. Così la ricerca educativa è chiamata a individuare un punto di incontro tra questi mondi attraverso la Pedagogia dei media e tutti quegli indirizzi della ricerca educativa che siano interessati al rapporto tra media ed educazione.50 Questo presuppone che la Pedagogia dei media sia un’area a forte connotazione transdisciplinare perché i media,

48 C.Galimberti, F.Cilento Ibarra, Tra riproduzione dell’identità e negoziazione del soggetto in Rete, in

A. Talamo, F.Roma (a cura di), La pluralità inevitabile. Identità in gioco nella vita quotidiana, Milano, Apogeo, 2007, p.261

49 Cfr. M. Massarotto, Social Network. Costruire e comunicare identità in Rete, Milano, Apogeo, 2011,

pp.15-20

50 Cfr. A.Calvani, A.Fini, A.Ranieri, La competenza digitale nella scuola, Trento, Erickson, 2010,

in particolare gli strumenti digitali, sono specchio di un’epoca e quindi strumenti di orientamento e addirittura di potenziale manipolazione degli atteggiamenti, mentre possono trasformarsi in nuove opportunità di partecipazione democratica, di acquisizione di linguaggi e di veri e propri modi di intrattenimento. Per questo si parla con insistenza di varie modalità di educazione nei media, ai media, con i media. Mentre infatti la prima pone l’attenzione sul soggetto e sulle modalità in cui è possibile fruire di questi strumenti, valutando al tempo stesso i modi in cui i media cambiano i comportamenti, i modi di pensare soprattutto dei giovani, nell’educazione ai media l’interesse si sposta sugli strumenti, sugli oggetti tecnologici che si collocano entro un progetto educativo. Infine l’educazione con i media dà la misura di quanto questi strumenti possano davvero arricchire il processo formativo. Entro tale contesto diventa più facile comprendere le molteplici connotazioni che una Pedagogia dei media può assumere soprattutto nell’ambito della Rete visto come sia addirittura necessario liberarsi da una sorta di inquinamento dovuto all’eccesso e alla confusione delle informazioni e , soprattutto, dagli abusi. Per questo è possibile parlare anche di un’

Ecologia dei media che non può comunque esaurire l’aspetto della formazione. Torna

così in primo piano il problema di come educare ai media significhi non perdere di vista la dimensione etica essendo necessario rendere consapevoli gli utenti, particolarmente i giovani, delle implicazioni dei rapporti talvolta abusati di Internet , della Rete, dei social network e di tutte le opportunità che il web determina. Questo significa superare anche l’atteggiamento difensivo che ha prevalso inizialmente verso gli strumenti informatici che veicolano l’informazione con la Rete, nella convinzione che questi potessero scontrarsi o comunque attenuare il valore dei saperi cosiddetti

colti ai quali si accede prevalentemente attraverso i libri. Sostengono in merito Menduni, Nencioni e Pannozzo:

La nascita dei media popolari già nel Novecento ha fatto emergere forme di disprezzo delle classi colte per la cultura «bassa», ormai travolte dalla Storia, e vive preoccupazioni per i pericoli (alcuni veri, altri solo presunti), in particolare per la gioventù, insiti in tali media e nelle nuove pratiche sociali che si affermavano.[…] Ci si preoccupa di due fenomeni fra loro opposti: l’eccesso e il difetto di relazione.51

È accaduto così fino agli anni settanta quando molti si preoccupavano di tutelare i giovani dall’influenza corruttrice dei media. Parlare invece di educazione ai media e

con i media significa sviluppare consapevolmente le capacità di interpretazione, di

negoziazione, di valutazione critica, valorizzando al tempo stesso quelle opportunità che i social network oggettivamente offrono. È dunque l’atteggiamento critico quello che, in campo pedagogico, va considerato come obiettivo centrale insieme a modalità creative e consapevoli di utilizzare il web. I media, in epoca contemporanea, non possono essere più considerati mezzi dai quali doversi difendere o comunque canali paralleli della formazione, al contrario ambiti “normali” della conoscenza e quindi vere e proprie risorse. Si tratta di favorire la capacità di selezionare le informazioni e soppesarne nel contempo l’attendibilità per poi riutilizzarle in contesti propri e nuovi. Quando allora si parla di Ecologia dei media non si intende configurare un’area di studio specifica, al contrario evidenziare, una volta di più, esigenze di natura educativa, comunicativa, etica, visto come il termine “ecologia” rimandi necessariamente al concetto di regolazione, tanto da richiamare la necessità di un

51 E.Menduni, G.Nencioni, M.Pannozzo, Social Network. Facebook, Twitter, Youtube e gli altri:

ristabilimento di un equilibrio, della creazione e della proposta di aree di buon uso di

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